Sto ricevendo molte mail dai librai di Feltrinelli o da persone che in Feltrinelli lavorano. Ho deciso di pubblicarle tutte, e non perché abbia qualcosa contro Feltrinelli, visto che è stata anche la mia casa editrice e continua a pubblicare bellissimi libri: semplicemente, vorrei che si capisse cosa accade all’interno di un grande gruppo editoriale oggi. E, soprattutto, cosa ne è dei lavoratori della cultura. L’invito al racconto è sempre aperto a tutte e tutti: potete usare i contatti di questo blog, collegati alla mia mail.
Questa lettera è molto forte e illuminante: per tutelare il “vecchio feltrinelliano” ho nascosto il suo nome con quello di Pim, da Pim Casaubon, il narratore de Il pendolo di Foucault.
“I librai sono scoraggiati non tanto per il buono pasto, ma perché si chiede loro di diventare soldatini sempre sorridenti. Ai nostri librai è stato detto che devono “accogliere” il cliente, posizionandosi vicino all’entrata, e chiedergli sempre se possono aiutarlo. Ma molti clienti che entrano in libreria vogliono essere curiosi degli affari loro. Forse, fra il libraio scorbutico e il libraio iper sorridente e invasivo servirebbe una sana via di mezzo.
Per altro, è stato già annunciato che i librai a breve dovranno indossare una divisa elegante, che immagino l’AD o la capa del dettaglio stiano facendo disegnare a qualche amico della moda.
Non basta: un tempo le diverse librerie Feltrinelli potevano scegliere molti dei libri da ordinare ed esporre, in base alle specificità del territorio e al gusto dei libri. Oggi le scelte vengono dall’alto. Inoltre, le librerie Feltrinelli sono oramai invase dai libri “di casa”, spezzando un delicatissimo equilibrio costruito nel tempo. Quell’equilibrio dava certamente molta visibilità ai libri Feltrinelli (su cui, come la dottoressa Carra ci ricorda sempre, marginiamo di più), ma dava spazio anche a tanti editori piccoli e grandi, sostenendo appunto la bibliodiversità. Così invece le librerie perdono il loro valore culturale, e infatti molti lettori colti dicono che siamo diventati indistinguibili da altre catene.
In Feltrinelli il problema vero non è neanche che il top management provenga dalla moda, ma che non faccia il minimo sforzo per capire il settore librario.
Poi c’è Panoplia, di cui avete scritto, che strozza i piccoli editori. Non avete però scritto di un altra prassi usata in Feltrinelli, ossia gli editori che si è deciso di marginalizzare, perché non pagano abbastanza e hanno basse rotazioni.”
Tag: Librerie Feltrinelli
Forse susciterà discussioni meno accanite rispetto al gradimento o meno di una serie televisiva, ma insisto sul lavoro culturale (su cui ieri è intervenuto Il Post, sottolineando i rischi della mancanza di bibliodiversità nelle librerie). Anzi, lascio spazio alla lettera che ho ricevuto da Otello Baseggio, ex libraio ed ex direttore di una libreria Feltrinelli, che ha acconsentito (grazie!) alla pubblicazione sul blog.
“Assistiamo a un salto all’indietro di cinquant’anni, quando le librerie, anche le Feltrinelli, organizzavano il proprio assortimento per bandiere editoriali e collane; proprio le Feltrinelli abbandonarono quel sistema per riorganizzare l’offerta in ragione degli interessi dei lettori e perciò ampliarono enormemente l’offerta traducendola in settori veri e propri”.
“L’attuale contrasto tra librai e dirigenza ha trovato la sua miccia nell’euro e cinquanta, ma trova motivazioni profonde lontane e attuali: la centralizzazione da anni va di pari passo con la verticalizzazione, quali due ruote dentate collaboranti in senso antiorario, con processi che via via sottraggono ai librai competenze di scelte, proposte, ordini novità, riordini di catalogo, rese”
“Giorgio Belledi, ahinoi scomparso qualche anno fa, straordinario libraio e direttore a Parma, sosteneva che in Italia i libri non si vendono perché non lo si vuole: aveva e ha ancora ragione; mancano progetti e piani di sviluppo nel business dei libri, impera da anni l’ossessione dei tagli senza contropartite che allarghino la base di lettori acquirenti, non ci sono piani di sviluppo dei servizi, oggi assai arretrati, di profilazione dinamica del fronte di offerta, di efficienza e innovazione dei processi operativi, di formazione continua dei librai, di organizzazione ed empowerment degli stessi”
Eccetera. Eccetera.