FANTASMI

Abbiamo un grosso problema con i fantasmi, da ultimo. In parte, non li riconosciamo. E se li riconosciamo non li ascoltiamo. In questi giorni ho letto spesso ammonimenti contro i progressisti, o “sinistri” come amano chiamarli le persone schierate a destra, in quanto ancorati al fantasma del Novecento: non si può più leggere la realtà con i criteri del secolo scorso, dicono. Il mondo è cambiato, dicono. Inutile rimanere inchiodati alle antiche utopie, che a un certo punto della storia recente sembravano potersi realizzare. Basta con le categorie di destra e sinistra, basta con il passato, usiamo le opportunità che abbiamo davanti, addio cari fantasmi.
  E’ una lettura che ha il suo fascino. Ma temo contenga parecchi errori: perché molti di quei fantasmi sono ancora presenti, e pronti a fare qualcosa di più che sospirare nelle nostre orecchie. Vanno visti, capiti, ascoltati, per poter ripartire. Certo, la sinistra non ha saputo e forse non sa guardare i fantasmi e soprattutto quel che ha intorno, o è appena un po’ più in là. Ma ha visto altro, che molti non vogliono vedere. Per quello mi arrabbio, e non poco, quando si sostiene che le destre vincono perché da sinistra ci si occupa di “frivolezze” come il linguaggio inclusivo, o i diritti delle persone trans, o i diritti in assoluto, “mentre i problemi non sono questi”. I problemi sono connessi: la povertà, la mancanza di lavoro, lo sgretolamento della sanità, la solitudine, la disperazione, la paura sono tutte questioni interconnesse con il non riconoscimento di esigenze e anche disperazioni che non comprendiamo, non vediamo e non vogliamo riconoscere.