Leggo che sulla catastrofe di Pylos ci si assicura che l’Italia sta facendo il suo dovere.
Non mi sembra. Non per quanto riguarda le informazioni che ci arrivano. La notizia in alto ora riguarda “gli youtuber assassini”. Per capire cosa è avvenuto a quei cinquecento morti, di cui cento bambini, bisogna cercare qua e là, fermarsi sulla pagina Facebook di Nawal Soufi, per esempio, che da giorni racconta le ore disperate di chi era sulla barca. Questo occorre fare per sapere delle telefonate, diciannove, che dalla barca sono arrivate. Chiedevano acqua, cibo, soccorsi. O semplicemente affidavano le loro parole, le ultime: “Sento che questa sarà la mia ultima notte”.
Cinquecento persone, cento bambini.
Quanto a noi, ancora oggi non riusciamo a capire, non riusciamo a trovare gli strumenti per essere nella storia che cambia adesso, e in quel flusso siamo immersi, e alle nostre caviglie salgono i detriti delle scelte sbagliate, come quella di un’Europa solo finanziaria, ma era da tempo che bisognava capirlo, e non solo dirlo. Ma agirlo. Ognuno nelle proprie scelte. Cosa possono fare i narratori, se non provare a cercare le parole, e ripeterle, anche se un cuscino di versi sotto la testa di un morto, come diceva Fortini, serve a ben poco?