Questa mattina ho pensato a Viola, la ragazzina di Venite venite B-52 che Sandro Veronesi scrisse esattamente trent’anni fa. Viola che si inginocchia davanti alla finestra e prega “Venite, venite, B-52. Venite qui, buttatela qui la bomba, venite e spazzate via tutto”. Ci ho pensato leggendo i giornali, leggendo dell’ennesima follia dell’attuale governo israeliano e dell’escalation di una guerra di cui non si vede la fine. Si dirà che era il 1995, altri tempi, anche se una guerra atroce, quella in Bosnia, ci stava attraversando. Si dirà che è un romanzo (e poi si scoprirà, in quel bel romanzo di Veronesi, il motivo dell’implorazione di Viola). E che comunque ancora in minima parte molti noi conservavano la certezza di poter ancora vedere la pace, anche se i fatti ci stavano smentendo, anche se avremmo dovuto capire, e molti di noi in effetti hanno capito, e alcuni non hanno resistito a quella comprensione.
C’è molto e c’è poco da dire, c’è da restare impietriti e chiedersi cosa deve accadere ancora. C’è da provare a recuperare le parole degli altri, anche se quegli altri non sono più vivi. Penso a José Saramago. Penso al discorso che tenne a Madrid nel marzo del 2003. Allora c’era la guerra in Iraq. Allora si immaginava però che ci fossero movimenti in grado di fermarla.
“Senza pace, senza una pace autentica, giusta e rispettosa, non ci saranno diritti umani. E senza i diritti umani – tutti, uno per uno – la democrazia non sarà mai altro che un’offesa alla ragione, uno scherzo. Quelli di noi che sono qui fanno parte della nuova grande potenza mondiale. Ci assumiamo le nostre responsabilità. Combatteremo con il cuore e il cervello, con la volontà e l’illusione. Sappiamo che gli esseri umani sono capaci del meglio e del peggio. Loro (non ho bisogno di dire i loro nomi ora) hanno scelto il peggio. Noi abbiamo scelto il meglio”.
Non torniamo a dormire, per favore.
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