Ci sono persone che attirano odio, qualunque cosa facciano o dicano. Hanno certamente anche consenso, e ammirazione, e affetto, ma c’è una vastissima parte di commentatori e commentatrici che reagiscono come i cavalli al nome di Frau Blücher in Frankenstein Jr.
Ad attirare odio, spiace dirlo (anche perché la precisazione attirerà a sua volta i distinguo di coloro che nitriscono – magari in modo meno clamoroso – davanti al sospetto di femminismo) sono le donne: per meglio dire, un certo tipo di donne. Ovvero: autorevoli, visibili, poco etichettabili in questa o quella schiera o appartenenza. Donne competenti ma non miti, sorridenti ma affilate quando serve.
Due studiose ci stanno lavorando, per capire cosa scatti nella mente di molti e molte.
Per chi sostiene che l’attacco verbale non sia violenza, inviterei alla lettura di questi commenti, uno per uno. Anche quando non riguardano – come spesso avviene – la persona fisica, mirano alla ridicolizzazione, allo scherno, alla riduzione a macchietta, alla – direbbe la meravigliosa psicologa sociale Chiara Volpato – deumanizzazione della persona in questione.