TRE CONSIDERAZIONI SUL SUPERSOGGETTO EDITORIALE (E SUI LAVORATORI)

Nei giorni scorsi ho aderito all’appello promosso da Umberto Eco e altri autori, non solo di Bompiani. Lo trovate qui sotto. Vorrei aggiungere solo alcune considerazioni.
Primo. La situazione che si è venuta a creare non nasce all’improvviso. Che ci sia un serissimo problema nel sistema editoriale italiano è faccenda che noi cassandre si ripete da anni. Si deve, certo, sia alla crisi economica generale sia alla disaffezione dei lettori attratti da altro (lettura in rete, attività ludica su smartphone, anche autopubblicazione, e dunque scrittura che esclude la lettura di testi altrui, e succede più di quanto si creda). Ma si deve anche all’inseguimento del lettore in fuga con sistemi che sono, in realtà, suicidi: sfruttamento fino a renderli aridi  dei filoni considerati vincenti (dal fantasy all’erotico alla narrativa “sentimentale”), overbooking (pubblico e pubblico e non importa quanto il libro resta in libreria, tanto fino alle prossime rese non devo risponderne), passo indietro di molti direttori editoriali rispetto alle intuizioni dei commerciali. Significa che, anche se è noiosissimo ripeterlo, l’editore è ANCHE un manager, ma il prodotto che vende non è simile agli altri prodotti.
Secondo. Dacché finanza è finanza, ci si fonde, o si acquisisce, per licenziare. E questo non è un fulmine a ciel sereno. Da anni si tende a far fuori le professionalità interne per affidarsi ai service. Che  non sono il male assoluto, ma non possono sostituire l’esperienza e le capacità di chi conosce la voce di un autore, che è unica e irripetibile, e non la considera soltanto una commissione fra le altre. E’ la filosofia dell’all you can eat: potrai pure mangiare tutto il sushi che vuoi a 19 euro e 90 centesimi, ma nel sushi ti mettono la maionese e il risultato non è propriamente soddisfacente. La questione dei lavoratori dei due gruppi, fin qui ignorata, dovrebbe essere invece prioritaria: il SuperSoggetto non porterà soltanto al monopolio contenutistico e distributivo, ma all’eliminazione di chi rende possibile il libro, almeno in moltissima parte.
Terzo. La questione Berlusconi. Per me, e lo dico francamente, non è quella centrale. Questa non è un’operazione politica, ma finanziaria. Che poi quel mondo di concepire la finanza, l’economia, il mondo sia frutto del berlusconismo o se il berlusconismo sia invece frutto di quella visione economica è cosa che decideranno gli storici. Qui si tratta di sfoltire, unificare, ottimizzare. Libri o saponi, poco conta. E questo, credo, dovrebbe allarmare persino di più.
L’appello
Noi autori della casa editrice Bompiani (insieme ad alcuni amici che pubblicano presso altri editori, intellettuali e artisti) manifestiamo la nostra preoccupazione per il ventilato acquisto della Rcs Libri (che comprende le case editrici Adelphi, Archinto, Bompiani, Fabbri, Rizzoli, Bur, Lizard, Marsilio, Sonzogno) da parte della Mondadori. Pur rispettando l’attività editoriale della casa acquirente ci rendiamo conto che questa fusione darebbe vita a un colosso editoriale che non avrebbe pari in tutta Europa perché dominerebbe il mercato del libro in Italia per il 40 per cento. Un colosso del genere avrebbe enorme potere contrattuale nei confronti degli autori, dominerebbe le librerie, ucciderebbe a poco a poco le piccole case editrici e (risultato marginale ma non del tutto trascurabile) renderebbe ridicolmente prevedibili quelle competizioni che si chiamano premi letterari. Non è un caso che condividano la nostra preoccupazione autori di altre case: questo paventato evento rappresenterebbe una minaccia anche per loro e, a lungo andare, per la libertà di espressione.
Non ci resta che confidare nell’Antitrust.
Gli autori
Giorgio Agamben, Milena Agus, Roberto Andò, Nanni Balestrini, Sergio Bambarén, Franco Battiato, Tahar Ben Jelloun, Ginevra Bompiani, Pietrangelo Buttafuoco, Rossana Campo, Luciana Castellina, Furio Colombo, Mauro Covacich, Michael Cunningham, Andrea De Carlo, Roberta De Falco, Paolo Di Stefano, Luca Doninelli, Maurizio Ferraris, Mario Fortunato, Fausta Garavini, Enrico Ghezzi, Paolo Giordano, Giulio Giorello, Hanif Kureishi, Raffaele La Capria, Silvana La Spina, Lia Levi, Loredana Lipperini, Dacia Maraini, Mario Martone, Michela Marzano, Marco Missiroli, Laura Morante, Carmen Moravia, Luisa Muraro, Edoardo Nesi, Aldo Nove, Nuccio Ordine, Roberto Peregalli, Sergio Claudio Perroni, Aurelio Picca, Thomas Piketty, Lidia Ravera, Antonio Scurati, Amina Sboui, Toni Servillo, Simona Sparaco, Susanna Tamaro, Giuseppina Torregrossa, Chiara Valerio, Giorgio Van Straten, Sandro Veronesi, Drenka Willen.

16 pensieri su “TRE CONSIDERAZIONI SUL SUPERSOGGETTO EDITORIALE (E SUI LAVORATORI)

  1. Posso aggiungere una cosa al tuo ragionamento che condivido perfettamente?
    A me fa anche un po’ impressione questo passo qui: “ventilato acquisto della Rcs Libri (che comprende le case editrici Adelphi, Archinto, Bompiani, Fabbri, Rizzoli, Bur, Lizard, Marsilio, Sonzogno)”. Insomma un buco nero supermassivo che vuole inghiottire un altro buco nero. Evento da evitare, ma non dovremmo anche domandarci come abbiamo permesso che si formassero, questi buchi neri?

  2. Il supersoggetto editoriale mi spaventa come lettrice e come cittadina.
    Ho la sensazione che questo “monopolio librario” porterà a una contrazione dei posti di lavoro nel settore senza migliorare l’oramai annoso problema di vendite e guadagni che riguarda gli scrittori emergenti, le piccole case editrici, le librerie indipendenti, insomma la filiera tutta e soprattutto senza affrontare seriamente la questione della qualità dei libri sfornati ogni benedetto dì… cristina

  3. Prima sensazione: tagliare dipendenti , lavoratori, persone, esseri umani (ma spesso in economia, oggi, le due ultime espressioni valgono poco e niente).
    Seconda sensazione: libro, intelletto, contenuto, qualità (ma sovente in economia, oggi, gli ultimi tre elementi valgono poco o niente).
    Mi viene da pensare, cosa ci rimane?

  4. Le diseconomie di scala insegneranno a questi signori che le loro politiche industriali applicate ai libri nel lungo periodo non funzionano. E sarà una lezione severa. Nel frattempo bisognerà soffrire un po

  5. Una corporazione vuole arricchirsi, non vuole andare in perdita e non può andare in perdita, essa non ha la facoltà di creare denaro perciò licenzia, manipola gli esseri umani, riduce le sperimentazioni. Lo Stato come reagisce di fronte alla mercificazione di questa finanza?
    Non sono d’accordo con diamonds: la potenza di tale corporazione può applicare anche ai libri le metodologie del mercato corporativo. Ha la capacità di formare desideri così come un mcdonald, una cocacola, una ford… Non ho fiducia, purtroppo.

  6. come in ogni altra occasione posso sbagliarmi, ma secondo me non puoi costringere qualcuno a diventare un lettore forte costringendolo. Puoi riuscire ad allargare la platea dei lettori occasionali, perdendo appassionati. A meno che miracolosamente non riesca a creare una holding in cui il management sposa la causa dei libri e non quella del profitto. Ma sto parlando di ipotesi letterarie(e penso in particolare a “gli ultimi fuochi” di fitzgerald, e al protagonista, Monroe Star, che dopo una serie di successi da botteghino decise di fare un grande film in perdita per premiare il pubblico).Queste considerazioni scaturiscono come conseguenza della visione delle vetrine delle librerie in franchising, e dalla lettura, con qualche brivido, di molte rubriche culturali

  7. Ma se siete così contrari al monopolio perché non pubblicate con editori indipendenti o in selfpublishing?
    A me sembra di un’ipocrisia pazzesca l’appello. L’unica cosa di cui hanno paura gli autori è di non avere più potere contrattuale con l’editore.
    Se sono tanto convinti che si pubblichi troppo allora si rifiutino di scrivere altri libri e di pubblicarli.
    A me sembra davvero tutto molto ma molto incoerente.
    E diciamocela tutta, dei piccoli editori non importa niente a nessuno.

  8. Quante verità assolute, Rosa, e quanto astio 🙂 Come fai a sapere di cosa hanno paura gli autori? E cosa c’entra il monopolio con il self publishing? E perché non dovrebbero esserci alternative se non l’uno o l’altro? E da quando dei piccoli editori non ci si interessa? Non qui, mai.

  9. Cara Rosa, molto terra-terra mi verrebbe da dirti: prova a campare del tuo talento e del tuo lavoro e poi riscrivi il tuo post. Così, per dire.
    Quanto ai monopòli, mi verrebbe da farti una domanda ingenuotta-ingenuotta: come consumatrice ti sono mai convenuti? Sempre così, per dire.

  10. Eh sì, tra il monopolio e il self publishing c’è un mondo.
    Direi un mondo di opportunità che, proprio, le piccole case editrici, possono
    offrire a tutti coloro che desiderano,campare del loro talento e poi le coraggiose librerie indipendenti che offrono titoli, vetrine, serate di lettura.
    Ecco…dimenticavo, in questo mondo ci lavorano tanti “esseri umani”…
    Può bastare?

  11. qualche considerazione però va fatta: come mai l’appello contro la concentrazione aziendale che fa perdere posti di lavoro viene fatta solo x il caso Mondadori-Rizzoli? Quando RCS (che di taglio di posti di lavoro se ne intende eccome, guardate alla storia dei settimanali dismessi da questa casa editrice) ha acquisito Bompiani, Adelphi, ecc ha mantenuto tutti i posti di lavoro? quando si realizzano le concentrazioni bancarie che producono lo stesso effetto ma su scala numerica ben superiore i firmatari dell’ appello si distraggono o ritengono che la cosa non sia interessante?
    il piano industriale della fusione quanti posti di lavoro in meno prevede? dove? con quali strumenti? io non lo so, ma i firmatari si?
    oppure si tratta di una comprensibile (eccome!) difesa corporativa? se è così va bene, ma non cerchiamo di differenziare la difesa di questi posti di lavoro da quella di altri posti di lavoro (non sono panettoni o biscotti o che so io …). Che RCS sia garanzia di qualità di ciò che viene pubblicato non credo sia sostenibile (non più di Mondadori), che il duopolio (perchè di questo si tratterebbe se la fusione determina un monopolio) sia garanzia di concorrenza più del monopolio stesso mi pare dubbio (non lo abbiamo constatato proprio con le Tv di un signore che qualche implicazione nella vicenda in argomento ce l’ avrebbe …). E gli autori Mondadori che posizione hannoe che muterebbe domani o che è già illiberale oggi?
    per capire

  12. Sono in grado evidentemente di rispondere solo a una domanda: credo che la fusione preveda un taglio del quaranta per cento dei posti di lavoro. Questa è la cifra che circola, e altrettanto evidentemente sarà bollata ufficialmente come falsa. Io la ritengo plausibile, invece, ed è per questo che insisto nel mettere in evidenza la questione del lavoro. Senza per questo considerare diversi e meno gravi, e mi auguravo risultasse ovvio, i tagli e i licenziamenti che riguardano altri settori. Ma mi occupo di libri, e conosco le dinamiche che riguardano i libri, per questo prendo posizione sull’industria del libro al di là della facile indignazione.

  13. @Michele
    Certo le considerazioni ci stanno tutte e ognuna di queste fusioni commerciali meriterebbe uno sguardo lungo e profondo, bisognerebbe saperne di più.
    Numeri, vantaggi, svantaggi, insomma chi ci rimette e chi ci guadagna, economicamente parlando.
    Emotivamente scrivendo non posso fare a meno di pensare agli “ultimi”.

  14. Gentile Luca Perilli, ma lei che ne sa di me e di quello che faccio di lavoro?
    Le do una lezioncina, prima di dare valutazioni personali sugli altri bisognerebbe almeno sapere che lavoro fanno e a quanta gente danno lavoro.
    Gentile Loredana, viste le poche, pochissime recensioni su libri di editori indipendenti sui giornali, giornali con cui collaborano magari anche i suddetti autori, mi viene da pensare che degli editori indipendenti non freghi niente a nessuno. Non c’è spazio sui giornali? E nemmeno nei loro blog e nei loro profili facebook, su twitter? A livello pratico questi autori si sono mai veramente preoccupati della bibliodiversità o si sono svegliati, guarda a caso, solo ora?
    Per non parlare della storia dei posti di lavoro tagliati.
    Improvvisamente ci si preoccupa della loro sopravvivenza solo quando c’è una manovra che rischia di intaccare i propri interessi, permetta anche che mi venga qualche dubbio sulla buona fede e gli ideali. Preferisco tutto sommato che la gente dica la verità: sono preoccupato del mio giardinetto.
    Mi sembra quello che è successo nel mio settore. Stessa cosa, tanta ipocrisia e quando c’è stato qualcosa da dare tutti guerrieri da facebook ma concretamente nulla.

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