E’ molto carina, la ragazza: ha capelli biondi, lunghi,
lisci, raccolti in un’educata coda di cavallo. Si avvicina al tavolo stringendo
fra le mani un foglietto piegato in quattro: sopra, scritte a stampatello, le
sue domande per Pulsatilla. Domanda numero uno: raccontando nel suo
libro la “spazzatura del mondo” lei identifica la nostra generazione con quella
stessa spazzatura (la forma interrogativa non c’è, ma pazienza). Altra
domanda: nel suo libro lei usa la parola artista parlando di se stessa.
“Dunque-lei-si-ritiene-un’artista?”. Alla ultima “a” di “artista” le labbra
della ragazza si serrano in una smorfia che, nelle intenzioni, vorrebbe
esprimere disprezzo, ma lascia trapelare l’autocompiacimento per un compito ben
svolto. Ha diciott’anni, frequenta uno dei licei classici più stimati della
Puglia.
Passo indietro. La vostra eccetera si trova, con gioia, a
Bari, in una delle giornate conclusive di Ottobre piovono libri. C’è una
nuova sede per la Biblioteca comunale, negli ex locali del macello: spazi lindi
ed efficienti, scolaresche di svariate età, politici, scrittori, critici e
quant’altro. Ci si rincontra, ci si abbraccia, ci si chiede vicendevolmente
conto dei libri letti e scritti e in corso. C’è il sole, sembra primavera e
tutto va bene. In particolare, alla vostra spetta il compito di coordinare un
incontro su “La scoperta della scrittura, la scoperta della lettura”: c’era
stato un antipasto perugino su tema praticamente analogo il mercoledì
precedente, dove, fra le molte altre cose, si era discusso del come non
aumentassero i lettori su carta ma aumentassero in assoluto i lettori, che
dunque utilizzavano altri supporti rispetto al libro. Si era parlato di blog e
di coda lunga, di fandom e di cultura popolare. Cose note, da queste
parti.
A Bari, pensavo, le tematiche potevano essere riprese e
discusse con maggior disponibilità di tempo e di approfondimento, anche in
virtù di una platea composta da studenti delle scuole superiori. E con un
bel tavolo di relatori: Marco Rossi Doria, Marilena Lucente e,
appunto, Pulsatilla.
Beh, per discutere si è discusso, e bene, e a lungo. Però
un paio di episodi mi danno da pensare.
Episodio uno: si parla di lettori e di Internet, e del
come – è Pulsatilla ad avere la parola – all’ansia da prestazione di lettrice
adolescente (tutti i romanzieri russi, ed Erasmo da Rotterdam, e questo e
quest’altro, purchè sia tanto) si sia sostituito in lei un altro
atteggiamento che, oltre alla carta, include anche la rete eccetera eccetera.
In platea, in piedi, un gruppo di professoresse scalpita: e scalpita così
visibilmente che la vostra invita la più scalpitante a prendere la parola.
“Siamo venute qui per parlare di LIBRI e voi state parlando di INTERNET”.
Ricordo educatamente il titolo dell’incontro, dove si parlava di scrittura e di
lettura e non dei supporti relativi, ma la signora incalza “Abbiamo preparato i
nostri allievi a parlare di LIBRI”. Sia: si passa dunque all’episodio
Due: si apre la discussione e accade quel che la vostra
stava intuendo. Ovvero, un bel quarto di platea azzanna Pulsatilla. Ragazze,
soprattutto, graziose e sorridenti mentre porgono domande al veleno (cui
Valeria risponde benissimo, peraltro). Gli altri studenti reagiscono
energicamente. Dal gruppo delle scalpitanti chiede più volte la parola un’altra
insegnante che scandisce come “estetica ed etica debbano andare sullo stesso
piano”. Fine, saluti, grazie di tutto. Ma. Dal gruppo delle anti-Pulsatilla si
stacca una ragazza furibonda, mi si avvicina, mi dice: sa cosa è successo? E’
successo che le insegnanti sono arrivate in classe definendo La ballata
delle prugne secche spazzatura, e invitandoci a farlo a pezzi. Molte delle
ragazze non lo hanno neanche letto: hanno semplicemente obbedito. Quest’anno
abbiamo gli esami.
Trentatre anni fa, in questo libro, Elena Gianini
Belotti ha dedicato pagine bellissime alla formazione del branco femminile: che
avviene sui banchi di scuola (per fortuna non sempre: vedasi quel che fa lei,
per esempio). Chissà se
alla ragazzina con la coda di cavallo qualcuno ha suggerito di leggerlo.
Tanto per essere all’altezza della MIA leggenda: splendidi brani dalla “Ballata delle prugne secche” nel MIO BLOG, in data 28 agosto u.s.
P.S. Un bacio a Titonco- come-apro-bocca-te-stronco.
@ Boe e Garufi (ma anche gli altri)
1. Non credo di essere un carbonaro, e neanche un partigiano del genere (anche perché a volte sembra esestere un “genere dei generi” di cui non capisco il significato). Ad esempio, non capisco Ammanniti a quale genere appartenga. Quando ho scritto sul genere noir, ho cercato di indicare alcuni criteri (soggettivi) in grado di distinguere un “buon” noir da un “cattivo” noir”, fornendo esempi degli uni e degli altri.
2. Non la metterei sul piano delle vendite: in tanto perché arrivare primi o secondi in una classifica che complessivamente im dice che i libri vnduti sono pochi non mi sembra una gran gloria; poi perché le classifiche settimanali non tengono conto del lungo periodo: Calvino, Pasolini, Levi, Kafka, ecc. vendono costantemente, anon dopo anno, pur senza esser mai, in una specifica settimana, nella top 10 (ma i Meridiani a 12.90 euro qualche sorpresa l’hnno riservata, no?).
3. Io ho una fissazione, quella della critica testuale. per me un critico (che sia ferroni o l’ultimo studente di Lampedusa) quando fa critica deve avere come riferimento il testo di cui sta parlando: altrimenti non siu capisce di cosa si sta parlando, altrimenti i testi diventano intrscambiabili. Sulla stessa rivista leggo la stroncatura e l’elogio di due romanzi che a me sono molto piaciuti, del primo si critica il caos di voci, nel secondo si appreza la polifonia: in entrambi i casi non c’è uno straccio di analisi, neanche come esempio, del testo. Cosa mi impedisce di scambiare una recensione per l’altra? Un tal libro mi dice che l’opera di Calvino è una litote, e non mi fa alcuna osservazione sula ricorrenza delle litoti in Calvino: allor aposso dire anch’io qualunque cosa, ad esempio che calvino è superiore a Pasolini perché è nato sotot il segno di Saturno, tanto non devo dimostrae se è vero oppure no. Su una rivista che dovrebbe avere (se quel che dicono i suoi redattori ha un senso) una particolare attenzione alla lingua leggo una stroncatura di “Gomorra” nella quale si dice che il suo autore scrive male, senza alcun esempio: perché non ne dovrei pensare male (del “recensore” e della rivista che lo pubblica)?
E qual è la differenza tra questi critici (alcuni blasonati e baronati) e la ragazzina col pizzino in mano? Nesuna: per fare critica testuale i testi bisogna leggerli, non fermarsi alla quarta di copertina e alle prime 10 pagine. Io non difendo il “genere”, difendo quegli studenti (che per fortuna esistono) che leggono sia Ammanniti che Fenoglio, che iniziano a leggere libri con Agatha Christie e all’esame parlano con cognizione di causa di “Menzogna e sortilegio” (a scanso di equivoci: non insegno italiano). Però, difendendo i lettori di libri contri i lettori di pizzini, penso di fare anche un discorso critico, cioè sulla critica (e sui critici che sparano c*****e, come Magris e Volpi su Cioran).
l’ultimo post è mio, ho cliccato su post invece che su anteprima e così non ho corretto i refusi, che sono molti, chiedo scusa e vado a prendere un altro caffé.
@Sergio Garufi. Temo che il giudizio di troppi lettori, anche in passato, sia sempre partito dal sentito dire. La cultura “ai tempi di google” c’era anche prima che nascesse google (sfumatura più sfumatura meno, ovviamente…). Conosco tanti lettori che non hanno idea di cosa sia google, eppure restano in superficie, fanno della letteratura, come giustamente dici tu, “argomento di conversazione per battutisti”. Temo che non siano mai esistiti i tempi migliori della letteratura.
@Girolamo. L’ultimo studente di Lampedusa lo trovi in spiaggia 😉
Be’, io un po’ di sympathy for the devil (l’insegnante) la proverei anche. La scrittura sul web è tutto sommato un fenomeno relativamente nuovo, almeno in Italia. Ancora non emergono categorie e strumenti di analisi in qualche modo formalizzati, consolidati (sempre ammesso che debbano esserci) e il confronto con il testo scritto è inevitabile, anche per la “forma” in qualche modo simile (o che ambisce ad esserlo). Non di rado la scrittura sul web scimmiotta seriosamente i modelli della “letteratura alta” e ha ben poco di ipermediale, di intrinsecamente disomogeneo, non commensurabile con il testo lineare stampato. Se poi la “diversità” la fa il contesto (la comunità dei bloggers, per esempio) be’, allora la trasformazione in libro è un vero salto mortale. C’è insomma un problema di “digestione” da una parte e anche un problema di “traduzione”. Se alla fine si arriva comunque ad un libro capisco che sembri abbastanza ovvio giudicare il tutto secondo categorie consolidate (un po’ tipo ‘hic Rhodus, hic salta’). Trovo quindi abbastanza comprensibile lo spaesamento – anche irritato – di chi ha una formazione “pre-web” se non “pre-pc” (passatemi le definizioni). Ho già visto (come studente e come figlio) accadere qualcosa di simile con i fumetti, i cantautori, la letteratura e il cinema di genere: masse di insegnanti formatisi su Croce scettici, sprezzanti ma anche incuriositi e provocati, sfidati a confrontarsi con oggetti culturali “bassi” per la necessità e il desiderio di mantenere in primo luogo un rapporto con gli allievi. In molti oggi è palpabile la disperazione per l’ignoranza che devono fronteggiare. Non parliamo del solito “pò” con l’accento, ma della mancanza dell’armamentario minimo che si richiede per leggere/scrivere, contestualizzare, interpretare. Dietro a reazioni rabbiose o miopi forse c’è anche un retropensiero del tipo “ma che scrivi a fare se poi mi metti San Francisco in Brasile [fatterello reale]”
Il concetto di “Cultura Alta” da preservare dall’ assalto “der Monnezza” fa molta presa sui chi legge poco, e se ne può così giustificare dicendo che tanto ormai quello che si pubblica oggi è tutto spazzatura, e quindi è meglio fermarsi ai classici già letti a scuola. Lasciarsi indottrinare è comodo. E, come ipotizzavo prima, anche “fotogenico”
http://www.thewriteratwork.com/site/archives048.asp
thewriteratwork.com/site/archives048.asp
@ Nicolò
…spero con un libro in mano 🙂
Sergione,
in realtà, spiegandoci, siamo meno in disaccordo di quanto tu creda. Ho la sensazione che parliamo di cose diverse.
Come dice Nicolò la cultura a “pizzichi e bocconi” è sempre esistita, da ben prima di Google. Io mi ricordo da neostudente universitario lo sfoggio di nullità culturali che snocciolavano citazioni da libri mai letti o dischi mai ascoltati.
Quello di cui io parlavavo è quello che chiamo “l’effetto IBS”. Fateci caso: andate a vedere libri che hanno venduto molto in Italia, indifferentemente se di genere o non di genere, se di giovani o di vecchi, se di uomini o di donne, se di italiani o stranieri. Appena il libro in questione diventa un successo editoriale nei commenti dei lettori su IBS scatta una vera e propria mutazione genetica. Dapprima si leggono solo commenti positivi, di lettori entusiasti, poi, d’improvviso entrano a gamba tesa i commenti negativissimi, non circostanziati, aggressivi, volgari.
In Italia il successo scatena invidie terrificanti.
Poi: ho, per varie ragioni che non sto a spiegarvi, molti contatti con scuole di mezza Italia. Be’, vi assicuro che di tutti i professori che ho conosciuto, quelli che in generale leggono meno libri, meno romanzi, e meno che mai di autori viventi, sono proprio quelli di lettere. Spesso gli insegnati di ginnastica sono molto più curiosi.
Ciò detto senza generalizzare, ovvio. Ho conosciuto insegnati di lettere straordinari, etc. etc. Però quando scoprono che sono uno scrittore (non succede semrpe perché ho rapporti di lavoro che non c’entrano con la mia attività scribatoria) sfoggiano subito il solito rosario di scrittori morti 100 anni fa. I più aggiornati arrivano a Montale. Vincenzo Consolo è una giovane promessa, per loro. Allora io chiedo: “conosci Tiziano Scarpa?” (tanto per fare uno dei 100 esempi possibili). Be’, dovreste vedere, per la maggior parte delle volte, il loro sguardo da pesce lesso.
(Quando uno di questi mi risponde affermativamente, quasi sempre me lo faccio amico!)
@ Biondillo
Proprio per questo quella che Wu Ming1 definisce “casta residuale” non può essere considerata “ormai innocua” come la ritiene Boe. Perché invece è ancora in grado di nuocere, esercitando il suo potere DISSUASIVO dalla lettura dei contemporanei, su chi oggi non aspetta altro che una nuova scusa per NON leggere.
Egr. Arch. Biondillo,
dopo aver letto la sua infamante irrisione al nobile e defunto Cioran (cfr. “la settimana del depresso 2″” in NI), Le comunico che ritengo ufficialmente chiuso ogni nostro rapporto.
Tanto Le dovevo
Sergio Garufi
alessandra, la gente che non legge troverà sempre scuse e giustificazioni per non farlo. del resto non c’è bisogno di andarle a cercare molto lontano in una cultura che bolla la lettura (e la letteratura) come cose da sfigati, con gli “eroi culturali” di turno dire di essere fieri di non aver mai letto un libro e avuto successo lo stesso.
e poi, magari, sono più contenti loro, che ne so io?
Per un breve ma intensissimo attimo, durato solo il tempo di leggere il titolo, ho pensato che la Sig.ra Lipperini avesse letto il mio blog…
Visto che così non è le lascio l’indirizzo ;-))
magari può servire ricordare che cosa legge la gente che non ha delle forti basi culturali e soprattutto non ha remore a predere tempo leggendo autori “indegni”.
Gonzo
Gonzo, sul tuo blog recensisci esattamente le stesse cose di cui si è sempre parlato qui: King, Thompson etc.
Thompson? e chi è? io invece vi leggo proprio per trovare queste risposte…non volevo essere arrogante era solo un commento terra terra. Leggo anche voi comunque, sia mai mi dovessi acculturare un pochetto.
è interessante il disprezzo con cui si parla di queste studentesse. sono più che sconcertata. qui si consuma un esempio lampante di paternalismo. siete sicuri di come pensate?
@ paolab
Se leggi attentamente, vedrai che io (e non solo io) manifesto un certo disprezzo non per le studentesse fogliettomunite, ma per quelle insegnanti (=quelle mie colleghe) che credono di essere pervase dallo spirito di missione e di indottrinamento. E baso il mio disprezzo non solo sul gonzoreportage della Lipperini – sulla cui autenticità metto la mano sul fuoco – ma soprattutto sulla mia esperienza personale e sulla mia decennale lotta contro i fogliettini, le domande “suggerite” e il mammismo/babbismo pedagogico dei suggeritori.
Ciò non mi impedisce di stimare e difendere – l’ho scritto – quegli studenti che pensano con la propria testa e giudicano secondo libertà. Nel reportage Lipperini sottolinea come le fogliettomunite fossero un quarto della platea, e come il resto della platea abbia energicamente reagito. Se permetti, è una percentuale che strappa un sorriso di soddisfazione: chi non vorrebbe vivere in un universo nel quale i servi obbedienti non superano il 25%?
@PaolaB. Dott.ssa PaolaB., vuole forse consegnarci dei fogliettini di carta per le domande e le risposte, per essere ancora più sicuri?
Cordialmente,
Nicolò La Rocca
Nessun professore ha dettato le domande sul libro di Pulsatilla; nessun professore “del liceo classico più stimato di Bari” crede che internet non possa essere veicolo di cultura e di comunicazione efficace; nessun professore ha proibito la lettura del libro di Pulsatilla; il giudizio su “La ballata delle prugne secche” non è assolutamente collegato con quello sui blog; mi dispiace la strumentalizzazione fatta da Loredana Lipperini sui commenti scaturiti più dalle banalità dette da Pulsatilla con l’aria di chi “lei sì che ha capito il mondo e la cultura”, che dalla lettura del libro; libro che, francamente, vorrei avere il diritto, come lettrice e non come “prof. addetta ai lavori”, di definire brutto; i ragazzi in generale e gli alunni del “liceo classico più stimato di Bari” in particolare sanno ben pensare con la propria testa anche se, talvolta, quello che pensano coincide con l’incartapecorita, antiquata, pseudocoltasolosesitrattadiclassici, reazionaria, e censoria classe docente.
Confermo punto per punto quello che ho scritto e quello che mi è stato riportato da una delle studentesse. Lei ha tutto il diritto di trovare brutto un libro, come lettrice e anche come professoressa: io mi riservo quello di raccontare e riportare qui le frasi pronunciate in pubblico, come quella relativa a Internet (tutta Internet, non solo la minima parte occupata da Pulsatilla). Mi dispiace solo che, ancora una volta,lei non riesca a cogliere l’opportunità di un confronto, ma si limiti ad enunciare convinzioni granitiche come quella relativa alla presunta supponenza di Pulsatilla.
Davvero non capisco perchè-e il motivo glielo spiegherò dopo-lei si ostini a ritenere una semplice opinione, ovviamente diversa dalla sua, un enunciato che non ammette repliche. Che poi io non riesca a cogliere “ancora una volta” l’opportunità di un confronto è un’affermazione che mi fa sorridere;aver letto il suo blog ed essere intervenuta per difendere la mia posizione di schizzata su “etica e d estetica” non si può, in qualche modo, qualificare come uno scambio dialettico…sebbene con mezzo informatico? Lei ha ragione quando dice che qualcuno ha censurato internet e blog in quel contesto, ma era una voce isolata, non del mio liceo (“il più stimato tra quelli di Bari”)e non condivisa dalla maggior parte se non da tutto il pubblico di docenti e studenti presente. La invito,pertanto,a non formulare lei giudizi “granitici” che trasformino tutte le erbe in un livellante ed anonimo fascio. E ora spiego perchè ci tengo, sebbene in ritardo, ma in compenso a freddo, a chiarire il mio parere sulla interpretazione che lei ha dato di quello che è successo: si è dato il caso che abbia letto il suo Don Giovanni e l’abbia trovato bellissimo. Si dà il caso, poi, che debba prepararle il pubblico (di studenti!) che interverrà all’incontro del Presidio del libro Cartesio a Triggiano il 15 dicembre. Avevo bisogno, pertanto, di resettare la brutta immagine che lei sul blog ha dato di me e degli alunni del liceo che in questo momento rappresento. Per onestà verso di lei e verso di me, l’ho voluto fare:per iniziare un confronto, e non per finirlo.
Sempre disponibile al confronto, quando anche l’altra parte dimostra disponibilità e quando vengono forniri chiarimenti importanti. Sono felicissima di sapere che quella della sua collega era una voce isolata (perchè, mi perdoni l’insistenza, in quell’occasione sono stata l’unica a confutarla). Ancor più felice di apprendere che riprenderemo il discorso su etica ed estetica, complice un personaggio non-etico come Don Giovanni 🙂
A presto.