LE TROPPE NIPOTI DI ANAIS NIN

Mentre Diario pubblica un’inchiesta sullo stupro,
corredandola da fotografie pubblicitarie che riguardano il corpo femminile, Liberazione
va in edicola con un inserto dedicato alla pornografia, inclusivo di
riabilitazione di Gola profonda (“Una bomba onesta
brillata sul perbenismo borghese con fortissima ironia, la stessa che molte
donne americane non colsero”).

Ora. Alcune femministe, sempre americane, hanno utilizzato
il termine raunch per definire l’equivoco: perché di equivoco
si tratta. Laddove, per convinzione anche femminile, il porno sarebbe la via
dove passa il nuovo women power. E’ la stessa idea che ha portato
svariate intellettuali, anche nostrane, a definire liberatorio Sex and the
City
.
E’ lo stesso concetto con cui si liquida il femminismo storico come
una faccenda da talebane frustrate. Ed è alla luce di questo meccanismo che la sottoscritta si pone non pochi dubbi nei confronti della caratterizzazione della scrittura “femminile”, oggi,  come scrittura erotica.

Una sessantina di anni fa, Simone De Beauvoir cercò di
dimostrare che l’identificazione della donna con il proprio destino sessuale
era una delle cause della sua subordinazione. Bene (anzi, male): credo che
siamo ancora allo stesso punto, sia pur subdolamente mascherato. E credo che
anche in campo editoriale occorra una riflessione seria: per parlarci chiaro,
mi piacerebbe che qualche scrittrice avesse voglia e coraggio di compiere la
stessa analisi che Valerio Evangelisti fece a proposito del genere. E
che, come in quel caso, dicesse: “Basta con i percorsi obbligati e i luoghi
comuni”. Laddove al “commissario umano, il giudice senza macchia, l’assassinio
seriale” andrebbero sostituiti la single votata all’amplesso intellettuale e la
maniaca del sesso consumista, la lady Chatterley in sandali a stiletto e
l’investigatrice senza mutande.

Qualche mese fa, recensendo questo libro, Giovanna
Zucconi denunciò come la “collusione femminile con la pornocultura dominante”
fosse estremamente alla moda, anche in ambito libresco. Curiosamente, però,
quando si parla di gialli si trova sempre un volontario pronto a sparare contro
il perverso Meccanismo del Mercato, mentre gli editori che puntano sulla scrittrice erotica -per il medesimo motivo-
sembrano sfuggire all’anatema. Forse perché, in gran segreto, si continua a
pensare che mentre le ragazze si baloccano a scrivere di amplessi, gli altri si
dedicano alle cose serie, alla letteratura, alla politica, al mondo.

7 pensieri su “LE TROPPE NIPOTI DI ANAIS NIN

  1. Forse, essendo maschio, mi si potrà dire che non ho titolo per parlare di questo argomento, ma sono d’accordo con Loredana. Il tipo di revisione che viene sollecitato nel post è auspicato, atteso e invocato fin dal ’68. Ma tarda ad arrivare. Anzi, non si vede proprio.

  2. Lolip,
    ho esaurito le poche energie seguendo altrui commenti e forzando la mia stanchezza a farne altri.
    però, non so:
    ‘Una sessantina di anni fa, Simone De Beauvoir cercò di dimostrare che l’identificazione della donna con il proprio destino sessuale era una delle cause della sua subordinazione. Bene (anzi, male): credo che siamo ancora allo stesso punto, sia pur subdolamente mascherato’
    mi veniva voglia di abbracciarti.
    Un solo invito: sii tu la Valeria Evangelisti che auspichi 🙂
    besos

  3. L’abbraccerei anch’io, pur se il mascheramento non mi pare granché subdolo. Parlo per esperienza personale, se proponi un certo genere di lavoro, hai buone probabilità di essere ascoltata. Diversamente molto ma molto meno.
    Alla fine credo sia fin troppo facile giocare con le legittime aspirazioni di tante ragazze. Io, nel mio piccolo, l’anatema lo lancerò. Ma varrà ben poco, credo.

  4. E’ verissimo, ma come dici tu pare che sia un problema da tenere ben nascosto sotto il tappeto. Poi, per quanto valga il mio parere, “Gola Profonda” rimane un cagatone col botto ben farcito di maschilismo, (da rozzo quale sono so bene cosa sia l’ironia raunch, ma là dentro non ce n’è l’ombra), Sex and The City una ruffianata che perpetua un coacervo di clichè e via banalizzando. Ora sto zitto, non dovrebbe spettare a me parlare in questo thread.

  5. “mentre le ragazze si baloccano a scrivere di amplessi, gli altri si dedicano alle cose serie, alla letteratura, alla politica, al mondo”.
    di questi altri che si dedicano alle cose serie ne vedo proprio pochi.
    come se poi la politica o, peggio, la letteratura fossero “cose serie” o più serie del sesso.
    nella mia rozza e materialistica visione del mondo il sesso, strucca strucca, è quasi sempre lo scopo ultimo e personale sia del fare letteratura che del fare politica.
    è importante e giusto che allora qualcuno, femmina o maschio che sia, si dedichi alla narrazione del sesso in quanto tale, che entri nel merito puntuale e fattuale del momento clou (e premio) dell’esistenza di ciascuno di noi.
    come tale il sesso è tra le cose più serie che ci tocchi di conoscere e praticare: ma questo è solo un aspetto della questione.
    o.t. e senza ironia.

  6. A proposito di pornografia, probabilmente la verità sta nel mezzo: non hanno ragione le fissate puritane come Andrea Dworkin, che vedono nel porno sempre e soltanto la schiavitù femminile, e non hanno ragione le raunchiste, che vedono nel porno la via maestra della liberazione (probabilmente si sono sopravvalutate le sparate libertarieggianti di pornoartiste come Annie Sprinkle).
    A rigore, il porno è semplicemente un genere della cultura popular, ma è indiscutibile che si tratti di un genere molto… sui generis.
    Quel che è interessante analizzare deriva proprio dalla sua peculiarità:
    1) il porno ha un’incredibile capacità di prefigurare linguaggi che poi verranno utilizzati nel cinema “rispettabile” (l’ideologia di Dogma 95 deve tutto, ma proprio tutto, al porno fai-da-te e specialmente al sottogenere “gonzo”, cosa che i cinéphiles non hanno capito ma che Lars Von Trier ha ammesso nelle parole e pure nei fatti, mettendosi a produrre anche pellicole porno)
    2) Soprattutto, il porno ha una lunghissima “coda lunga”, molto più lunga di quanto si verifichi altrove. Più di qualunque altro genere, il porno è diviso in un numero incredibile di sotto-generi e sotto-nicchie, che ormai con la rete sono sfuggiti a ogni possibilità di catalogazione. Siamo praticamente alla personalizzazione, alla produzione on demand, ai generi creati su misura per piccolissime comunità di gente che si arrapa soltanto vedendo la tal scena etc.
    A questo proposito, Nadine Strossen, nella sua difesa della pornografia, magari si sbilancia in alcune affermazioni avventate, ma almeno una cosa la azzecca in pieno: nel porno si realizza “l’infinitezza del desiderio”, che è un modo un po’ lezioso di chiamare la “coda lunga” dei consumi.
    Ecco, la cosa davvero interessante del porno è che questa cosa è iniziata moooolto prima che in ogni altro settore della produzione culturale.
    3) In realtà, *tutte* le metamorfosi produttive ed espressive del cinema degli ultimi trent’anni sono avvenute prima nel porno: il passaggio dalla pellicola al nastro magnetico, con conseguente passaggio dalla sala all’home video; il passaggio dall’edicola alla rete; la messa in commercio di cd-rom prima e dvd poi; l’e-business…
    Studiando le trasformazioni in corso nella pornografia (e non è indispensabile sorbirsi i film, per farlo: quel che è eccitante per Tizio risulta *nauseabondo* a Caio, io se vedo qualcuno eiaculare su un paio di occhiali non solo non mi eccito, ma mi deprimo fortemente, per cui mi astengo, però leggo di quel che accade), si possono comprendere meglio le trasformazioni in corso nell’industria culturale tutta.

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