UN #LUNEDI'

Avviene, specie di questi tempi, di vivere divisi. Di sentirsi chiusi in se stessi, in cerca non soltanto della scrittura che possa restituire un senso a quanto si è sbriciolato, ma del senso stesso: perché no, non è stata una passeggiata, e per quanto giustamente si riempiano le strade e i bar, e per quanto le mie bolle social mi mostrino mari e boschi e musei, io non riesco, per mio limite, a essere ancora quella di prima, e forse non voglio esserlo, o almeno non ancora. E insieme accade anche, comunque,  di sentirsi protesi sul mondo, cercando di capire cosa avviene, il più possibile.
Eppure in questo preciso momento su Twitter le tendenze sono Marco Mengoni e  lunedì,visto che è lunedì, e anche 8 giugno, giustamente. Ma è l’8 giugno 2020. Da quattro mesi la mia vita, e non solo la mia, è mutata, e non è che si debba parlare solo di contagi e mascherine, ma magari si potrebbe, dovrebbe, tentare di ragionare sulla nostra afasia nel dire quanto ci è accaduto, e accade.
Penso alle pagine culturali dei giornali, dove mi piacerebbe trovar traccia di una discussione importante, anche se spostata sul generazionale, tra Bifo e Mackda Ghebremariam Tesfaù, sulle reazioni a quanto ci è avvenuto. Mi piacerebbe leggere sulle proteste Black Live Matters  di ogni parte del mondo qualcosa che vada al di là della riduzione a cronaca della piazza da una parte, e dall’altra ad automatismo da meme. Mi piacerebbe che la parola cultura, soprattutto ora, non scivolasse di nuovo verso il commento dello Scrittore Autorevole (bianco e maschio, ovviamente) o il pettegolezzo editoriale in rimonta. Mi piacerebbe persino che i giornali italiani scopiazzassero il New Yorker, maledizione, e cercassero di capire che seguire i social non significa solo registrare le reazioni a questo o quell’avvenimento, ma scavassero dove non si guarda (qui, per dire, cosa avviene a proposito di razzismo tra i fan del K-Pop).
Dal momento che è, e va bene, #lunedì ed è anche #8giugno, mi piacerebbe che non si facesse finta di niente. Che si provasse a restituire, con tutta la difficoltà del caso, e che sia benedetta anche la difficoltà, che quanto è accaduto e accade ancora non ha solo conseguenze sanitarie ed economiche, ma che riporta a galla infiniti irrisolti, disuguaglianze in primo luogo, e che si provasse a discutere di come gli strumenti che possediamo e che abbiamo ritenuto validi fin qui non bastino più, e che lo svuotamento di significato delle proteste attraverso il meme o l’articoletto stavolta porterà conseguenze più pesanti. Mi piacerebbe che ammettessimo che non sappiamo cosa dire, e che le parole di prima non ci bastano. Preferirei questo all’incoscienza, che fra poco sarà anche un’incoscienza allegra da crema solare, con cui si pensa di essere tornati quelli che eravamo. Non è così. Non può essere così.
Buon #lunedì, comunque.

3 pensieri su “UN #LUNEDI'

  1. Lo sarà se rimuoveremo. Cosa che mi pare stia già accadendo, salvo che la realtà non ci giochi qualche brutto tiro…

  2. Carissima Loredana,
    ho letto il tuo post e l’ho condiviso con chi mi è vicino tra amici e famigliari, perché questi “Cento giorni” di tempo dilatato hanno necessità di essere rielaborati.
    Non so se per qualche mese questo periodo di tempo altro e diverso scorrerà come un fiume carsico come una falda e poi tornerà in superficie sotto forma di nuovo romanzo per nuovi tempi (parlando a livello letterario), ma so di per certo che viviamo tempi in cui la parola ha bisogno di non essere diluita, destrutturata alla strega di una orwelliana neolingua: senza parole non saremmo esseri umani; senza parole diverse, ma chiare e non ambigue non c’è democrazia, secondo me 🙁
    Con la cultura non si mangia: si vive 🙂
    Un caro saluto!

  3. Cara Loredana,
    Leggerti è sempre meraviglioso. Grazie per dare compiutezza in parole a quello che sento!
    Maria Teresa

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