Sembra niente, quel nastro rosso e bianco che chiude l’accesso alla tua strada, la strada vecchia. Quella dove hai una casetta adesso e dove c’era la casa della tua famiglia. Quella che hai visto cambiare negli anni.
Gli anni Settanta, prima. Quelli della ristrutturazione della mezza età, perché gli abitanti erano ormai tranquilli e sazi dopo la guerra ed era il momento di rifare le case, che un tempo erano bianche e costruite di pietra legno e cotto e davano sul fiume e c’erano i bagni esterni che sporgevano, e la strada vecchia, via IV novembre, era davvero la strada dove le corriere si fermavano e la gente era tutta in strada ad attendere le novità, e c’era fango e c’erano sassi e i solchi della carreggiata sui sassi, e anche un po’ di paglia. La strada vecchia è stata rifatta con le pietre bianche della cava da Giovanni Marucci, che è un architetto e suona negli Old Boys a Ferragosto, Rolling Stones e Rino Gaetano, e ora ha visto la sua casa di Camerino crollargli addosso. Poi è stata rifatta di nuovo, come le case, che erano a due a due ed erano interrotte da un vicolo, da cui si scendeva per raggiungere gli orti o il fiume o si saliva per la montagna, e in ogni casa si dormiva al piano di sopra e gli animali erano nella stalla al piano di sotto.
Quando la strada vecchia era davvero vecchia, passavano i carbonai all’alba insieme alla capraia, e la colazione si faceva all’arrivo della lattaia col grembiule blu che portava il latte caldo nei misurini e nei bidoni, e il latte aveva la pellicina di grasso ma bevi, dicevano, che fa salute. Il latte con le pellicine andava bevuto nella cucina delle zie che profumava di mele, sotto la scala a pioli che serviva per salire nelle camere da letto.
Poi aprirono quella che si chiamava la Variante, ovvero la Statale 77, e la corriera non passava più dentro al paese, e l’autista, che si chiamava Delio, non suonava più il clacson dalla piazza per farsi sentire da Agostino, che subito preparava una filetta di pane per la signora Rosa e una per la signora Gina, e le passava a Delio attraverso il finestrino.
La strada vecchia era quella dove c’erano gli orti e dopo il terremoto del 1997 vennero spianati per far posto ai container, e solo da poco si provava di nuovo a coltivare i pomodori e le zucchine. Era quella degli infiniti nascondini dei miei figli bambini. Quella che guardi mentre ti siedi a scrivere tutti i libri che hai scritto fin qui. Quella dove abita Maria, la signora delle chiavi, perché ha le seconde chiavi di tutta la strada, caso mai qualcuno le dimenticasse, o avesse bisogno di accendere la caldaia un giorno prima dell’arrivo. Maria organizza il presepe vivente trasformando le vecchie stalle nella bottega del fabbro o del falegname, e festeggia le spose del paese facendo della strada vecchia il set di una favola, con le ragazze giovani vestite da cameriere con la crestina e un vero calesse per gli sposi e una Venere di gesso sotto il salice della fontana, e infine Maria decora la strada con gigli e uva, e taglia le rose dai giardini per lanciarne i petali.
C’è un nastro bianco e rosso, da ieri, che chiude la strada vecchia dove sabato ero andata con trepidazione, a raccogliere storie, a guardare, e ognuno aveva la sua storia della serata di mercoledì. I lampi, il buio, la scossa.
Non c’è nessuno, nella strada vecchia.
C’è molto da dire e molto dirò, in questi giorni, perché non si dimentichino i nomi e le storie dei borghi distrutti. Oggi ogni parola è per quel nastro rosso e bianco, e per tutta la lunga parte della mia vita che è racchiusa là dentro.
Senza conoscerti se non dalla radio, eppure a volte mi pare di avere in te un’amica se non altro per i tanti libri che mi hai aiutato a scoprire, ma conoscendo ed amando quei luoghi e tanti altri nella nostra terra, ti giunga il mio abbraccio fraterno.
Luigi