UNA FRAGOLA IN ALTALENA

La recensione a Il corpo delle donne uscita oggi su Repubblica.

“Lei è una missionaria, crede che il mondo si possa cambiare”. La frase, arrogante quanto rivelatrice, viene pronunciata nel corso della trasmissione L’Infedele: l’autore che la urla è Cesare Lanza, la presunta missionaria è Lorella Zanardo, fino a quel momento manager e da allora nota come l’ideatrice de Il corpo delle donne, uno dei documentari più visti, dibattuti e importanti della rete. Il video (realizzato con Cesare Cantù e Marco Malfi Chindemi), parte da un progetto in apparenza molto semplice: mettere in fila, tutte insieme, le immagini del corpo femminile così come vengono proposte dalla televisione italiana, con ogni pretesto e in tutte le fasce orarie, incluse quelle in cui sono presenti i bambini. Il documentario è diventato un culto: milioni di donne, via Internet, si sono indignate davanti al sedere marchiato della ragazza issata fra i prosciutti col pretesto di un provino, e alla risata sguaiata di Pino Insegno che appare, a commento, nell’angolo in basso.

“E’ quello che la gente vuole”, si giustificano autori, produttori, dirigenti davanti alle donne spogliate, zittite e umiliate in decine di programmi di intrattenimento. Per spiegare che non è così, Lorella Zanardo ha scritto un libro che esce con Feltrinelli e che ha lo stesso titolo del video, Il corpo delle donne (pagg. 204, euro 13,00), e che si rivela coraggioso e, per paradosso, intimo esattamente come il documentario. Perché a fianco della denuncia ci sono le reazioni dell’autrice, e le emozioni stupite e sofferte che hanno accompagnato la realizzazione del progetto. I fatti, insomma, accanto alle sottostimate “impressioni”: che però rendono i primi ancora più incisivi.
Anche il video nasce da una sensazione. E’ l’ottobre 2007, e Lorella Zanardo decide di visitare, con il figlio undicenne, una mostra sugli anni Settanta. Ma alla Triennale di Milano si inaugura anche una seconda mostra, destinata a celebrare i vent’anni di Striscia la notizia. Madre e figlio si imbattono dunque in una fila sterminata di giovani e adulti, quasi tutti molto “televisivi” (pettorali in vista o tacchi alti). Appare il Gabibbo e la folla impazzisce. Appare “Melissa” e le urla salgono al cielo. Zanardo ci riflette, ne parla con gli amici, decide di tentare di decostruire i modelli che quasi nessuno mette in discussione. Gli autori optano dunque per un approccio alla Michael Moore. Gli strumenti teorici, si dicono, esistono. Ci sono i testi di Baudrillard, Debord, Popper. Occorre qualcosa che renda gli spettatori consapevoli non solo dei propri diritti, ma “della possibilità che abbiamo tutti di incidere sulla società in cui viviamo, di contribuire alla costruzione di un mondo nuovo”.
Il lavoro preliminare consiste nella visione di decine di programmi per centinaia di ore. Davanti agli occhi degli autori sfilano le riprese porno-soft di Buona domenica, la telecamera di Mezzogiorno in famiglia che fruga fra le gambe di Stefania Orlando mentre si dondola sull’altalena cercando di afferrare con la bocca una fragola appesa a una canna da pesca (a sostenerla, Tiberio Timperi). C’è Carmen di Pietro ipnotizzata da Teo Mammucari per costringerla a togliersi i vestiti: la scena viene mostrata anche ai suoi figli (che hanno assistito in precedenza ad una sua esibizione in un incontro di wrestling ai limiti del porno-soft). E c’è molto altro. La conduttrice di Domenica in Salute che presenta una ragazza con il seno piccolo sottolineando che il medesimo le ha comunque consentito “di avere un fidanzato”. Il chirurgo plastico che in Celebrity bisturi visita Brigitte Nielsen rilevando che così “grassa” si trova in una “situazione di emergenza”, e la apostrofa: “con un aspetto cosi non avrai mai successo, non avrai mai i soldi”. Le tre ospiti de I fatti vostri, vincitrici del concorso Miss Chirurgia Estetica, che esibiscono i risultati. Alla donna che si è operata al seno per consolarsi dopo la separazione, il conduttore dice: “Eh, se faceva prima l’intervento magari suo marito non se ne andava”. L’inquadratura ginecologica, alle 19.40, del sedere di Belen Rodriguez che sale le scale, mentre il pubblico spalanca la bocca per lo stupore, o perché così richiede il copione.

Gli esempi sono infiniti e agghiaccianti. Ma quello che gli autori non si aspettavano era che il corpo femminile, già ridotto a puro abbellimento, venisse anche schernito, deriso, sopraffatto. Chi sono gli autori? si chiede Zanardo. E prosegue: “perché non è possibile, semplicemente, avere delle trasmissioni, come in qualsiasi altro stato dell’Unione Europea, dove l’intrattenimento non significa l’umiliazione delle donne?”. Forse le risposte non verranno. Nel libro, però, sono indicati i possibili rimedi: parlare, mostrare, destrutturare le immagini invitando chi guarda – specie i più giovani – a capire. Funziona, come testimoniano i numerosi commenti giunti sul blog della Zanardo e qui riportati: riflessioni di donne e di uomini che dalla televisione si estendono a ragionare sul femminismo, sugli schematismi vecchi e nuovi, su tutto quel che è possibile mettere in atto per modificare un sistema simbolico e sociale insostenibile Perché la condivisione è il modo – forse l’unico – per superare la gabbie che ci costruiamo da soli e imparare a guardare oltre. A corollario de Il corpo delle donne, per esempio, si possono leggere le storie raccontate da due giornalisti del New York Times, Nicholas D. Kristof e Sheryl WuDunn, che per anni hanno girato il mondo occupandosi della questione femminile. Il volume in cui sono state raccolte si chiama Metà del cielo e lo pubblica Corbaccio (pagg. 385, euro 19). Leggendolo insieme a Il corpo delle donne si può almeno intuire come spezzare l’oppressione – o l’umiliazione – del femminile potrebbe davvero cambiare il mondo.

12 pensieri su “UNA FRAGOLA IN ALTALENA

  1. Come si dice, un viaggio di migliaia di chilometri comincia con il primo passo.
    Al di là di tutte le considerazioni pessimistiche a cui possiamo lasciarci andare (e di motivi ne abbiamo a bizzeffe: uno solo per fare un esempio), io credo che quello di Lorella Zanardo sia stato un passo fondamentale, perché oltre alle parole per dirlo, c’è bisogno pure di uno sguardo per guardare. E questo sguardo nel filmato c’è, e dobbiamo appropriarcene. E’ ancora elitario? Be’, quante rivoluzioni sono nate da gesti elitari?

  2. molte delle “chicche” che citi non le conoscevo proprio, ma non mi sorprendono.
    La situazione italiana si articola a mio avviso in due sotto-generi: quello palesemente incentrato sullo sfruttamento di un certo tipo di immagine femminile, e quello in cui non c’entrerebbe nulla ma viene comunque usato come accalappia-ascolti e quindi – indubbiamente – finisce per essere ancor di più propugnatore di modelli. Una cosa è un programma come “SOS Patata”, per dire (ahimé, è esistito pure quello) e una cosa il talk show “normale” (anche se la definizione è squalificante sia per il termine “normale” che per il termine “talk-show”) dove il profluvio di gonadi femminili è più sfondo che protagonista. Il che contribuisce a sdoganare anche l’eccesso.
    Aggiungo solo una considerazione: siamo proprio sicuri che negli altri stati dell’Unione la situazione sia tanto migliore? Dico per ignoranza.

  3. No, perchè gesto elitario? Lo sguardo è quello di una persona che ha visto, approfondito e riflettuto, su immagini e scene che chi vede tanta tv, vede tutti i giorni. Il fatto è che molti poi non ci vogliono pensare… anche gli insegnanti: ho parlato de il corpo delle donne ad una amica che mi aveva raccontato affranta dei video girati dalle sue alunne nei bagni della scuola e poi messi su youtube, e che non potevano considerarsi solo una ragazzata. Niente, spallucce, troppa fatica.
    Nel link postato da Anna Luisa c’è una risposta al fatto che no, all’estero non siamo a questo punto – quindi, perchè?

  4. Tenuto conto dei tempi, dell’oggetto e del soggetto in questione è già molto che non le abbia detto: lei è buona solo per una missionaria. La paura è la migliore alleata di certa aggressività maschile, solo che a forza di alleanze l’una si è confusa nell’altra, producendo i danni che contiamo tutti i giorni senza farci bastare le dita di due mani. in ogni caso, ai mie occhi Lanza è uno sfigato, Lorella no. Buona giornata

  5. Mi dispiace ma sono completamente in disaccordo sull’efficacia e il valore di un’operazione come quella portata avanti ne Il corpo delle donne (parlo del documentario, ma mi sembra che il libro vada nella stessa direzione). Credo infatti che si inscriva in un tipico circolo vizioso progressista, che rifiuta di ammettere alcuni dati di fatto piuttosto evidenti, e ragiona così partendo da basi completamente falsate. Se ne è parlato qui, muovendo proprio da una vicenda che ha coinvolto il sito di Repubblica: http://ilgranderoe.wordpress.com/2009/12/21/una-repubblica-fondata-sulle-tett/

  6. Chi sono gli autori di queste trasmissioni?
    In uno dei commenti precedenti è stata citata la trasmissione “la Pupa e il Secchione” e vado a curiosare in rete. Tra i quattro autori due donne.
    Credo che non si debba restringere l’analisi sulle visioni maschili del femminile, esiste una visione omologata e acritica di uomini e donne, una visione senza “vita”, verso tutto. Anime soffocate dal nulla.

  7. che buffo, Borghezio che rievoca le tradizioni latine quando gli fa comodo e per il resto del tempo milita in un gruppo che rivendica le appartenenze “celtiche” e aborre la cultura dominante imposta da “roma ladrona”.
    casi subumani a parte, io ringrazio il lavoro della Zanardo anche perchè denuncia situazioni di cui, per indole depressiva, tendo a tenermi alla larga. mediatiche e non. il suo documentario mi è parso molto letterario, con la voce fuori campo molto più efficace rispetto alle immagini mostrate – parlo da un punto di vista strettamente cinematografico. forse un libro, o un documento scritto, renderebbero il tutto più importante e più completo. il suo documentario è necessario, è stato già detto…soprattutto a fronte dei maschilismi di ritorno, tanto attivi anche sul “libero” web, che ben si collegano anche a revisionismi di altra natura.parlo dell’esercito degli “uomini vittima”, delle associazioni di padri separati (che fanno di una casistica incerta basata sul dolore di un singolo una dietrologia assurda), ma anche di quelli ancor più pericolosi che tentano di trovare una giustificazione teorica “alta” alla discriminazione e al soffocamento delle individualità.

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