Una settimana così fornisce spunti di riflessione per un anno intero. O almeno dovrebbe. La chiudo con l’ultima citazione da “Morti di fama”. Questa. Ci vediamo a Pordenonelegge domenica.
“Secondo Armando Favazza, psichiatra, professore emerito all’università del Missouri-Columbia e autore nel 1987 di Bodies Under Siege, primo testo accademico sul fenomeno dell’autolesionismo, “ferire se stessi senza intenzioni suicide [NSSI, Non Suicidal Self Injury, autolesionismo a impianto non suicidario, il nuovo termine accettato nella letteratura medica] sembra essere un metodo sempre più diffuso per sfuggire agli episodi di depersonalizzazione e dissociazione, causati dall’alienazione e dalla perdita di contatto umano derivati da un’eccessiva frequentazione dei social network. Senza contare”, continua nell’e-mail in cui ha risposto alle nostre domande, “l’annientamento dell’identità personale, spesso sostituita da numeri, password e tormentoni ripetuti all’infinito. L’NSSI diventa così uno dei tanti sistemi di compensazione e adattamento, non diversi da quelli riscontrati in chiunque sia stato oggetto di molestie sessuali o profondi traumi o sia affetto da un grave disturbo istrionico di personalità. Una specie di urlo che basterebbe ascoltare. L’errore è credere che la questione riguardi solo i giovani; in realtà, in base alla mia esperienza sul campo, tocca qualsiasi fascia d’età. Ma si sa che agli adolescenti è più semplice imputare qualunque cosa.”
Ciao Loredana, in queste settimane, in realtà mi riaffiora un antico pensiero.
E’ vero che il web è uno strumento ed è chi lo usa a determinarne il “bene” e il “male”.
Ma se un bambino si fa male col giocattolo, bisogna togliergli il giocattolo prima che compia qualcosa di irrimediabile.
Detto in modo più concreto, mi domando: ma i pro della rete, della sua esistenza, sono davvero più dei contro (in quantità e qualità)?
Il mondo degli ultimi 16 anni, facendo i rispettivi calcoli, è migliore del precedente grazie alla rete?
Domanda stupida e senza risposta. Però forse un sollecito al cervello lo manda…
E chi potrebbe non ascoltarlo l’urlo? È talmente assordante che solo chi affetto da una totale mancanza d’udito e di insensibilità ad ogni pur lieve vibrazione… e ce ne sono, e anche sono maggioranza. L’urlo si leva da ogni angolo: dal mare; dal deserto; dalle città; dalle guerre; dalla rete… dai gesti, ma anche i pochi che lo avvertono, sono incapaci di dargli ascolto; qualcuno lo ascolta e ne soffre, ma è del tutto impotenti per intervenire in qualche modo… e poi ci sono anche di quelli che si adoprano a mettere silenziatori.
E via con Buongiorno: Allegria Allegria; e con Benigni: “La vita è bella”.
Alla scuola dove insegno c’è un’alunno che soffre di ludopatia, è seguito da uno psicologo e noi docenti, lo teniamo d’occhio con discrezione perché con gli adolescenti bisogna stare attenti a non essere troppo invasivi, si rischia di ottenere il risultato opposto. Ogni tanto cade in stato catatonico, è capace di stare muto e immobile per ore e costituisce una presenza “inquietante” all’intorno della classe. Ma il problema sono quegli studenti, una classe più o meno costituita dalla stessa tipologia di persone, molto taciturni, sempre collegati agli auricolari, apparentemente tranquillissimi. Non chiacchierano tra loro, interagiscono poco con l’insegnante, sono fin troppo ubbidienti. Ma a volte hanno improvvisi scatti di rabbia e agiscono sempre in modo concordato: io li chiamo “i silenziosi” perché è come se avessero rinunciato all’uso della parola, magari urlassero il proprio dissenso; e la cosa mi preoccupa assai.