VIDEO KILLED THE RADIO STAR

Piccolo annuncio. Nasce oggi R2Cult: lo trovate qui. All’interno, c’è una breve rubrica curata da me, Internet Club. Questa volta si parla di narrazioni in rete, e dell’apocalittico intervento del Times secondo il quale il web uccide le trame complesse in narrativa. Su Facebook ci sono già alcuni interventi molto interessanti di Claudia Boscolo e Alessandro Bertante. Parliamone.

12 pensieri su “VIDEO KILLED THE RADIO STAR

  1. grazie Loredana, se riesco a compilare un sunto del commentario che si genera magari poi lo metto in rete come post. Vediamo se funziona senza spargimenti di sangue stavolta 🙂

  2. Per come la vedo, Macyntire ha annusato che il pranzo era pronto, ma ha poi sbagliato casa.
    Peraltro non è che ci voglia chissà quale intuito per capire che la rete sta cambiando il modo di comunicare. Non si capisce però, perché debba esserlo in peggio.
    Il discorso è – spesso – il solito. Ossia confondere la grande maggioranza con tutti. Come se prima tutti leggessero l’Ulisse di Joyce a colazione. E adesso, invece, guardano quante notifiche sono giunte sul faccialibro.
    Evidentemente Macyntire non legge con attenzione questo blog, dove Loredana ha pressoché ripetuto costantemente che non bisogna confondere contenuto e contenitore.
    E aggiungo. Il pericolo della rete, è proprio quello che – come fu per la tv – la maggiorparte degli utenti ne ignora le possibilità. Le reali chances. E questo significa che se a dirigere l’orchestra ci vanno dei mentecatti, allora il rischio di imbecillimento è dietro l’angolo. Non c’entra con la trama o col periodare pallido e assorto.
    C’entra coi contenuti.
    *
    Detto ciò, mi perdonino per l’ot. Ma ho scorto magno cum gaudio che giusto sotto l’articolo di Loredana c’era un libro. “Lettera da una sconosciuta” di Zweig, di cui consiglio la lettura e subitissimo dopo la visione del film di Ophuls. Erano anni che non lo beccavo in libreria…

  3. Letto il pezzo! Carina la rubrica… 🙂
    E rilancio dal titolo, anche perché il giochetto è pure in tema, velendo: faccio presente che l’ultimo album di Robbie Williams, appena uscito, gioca sul celebre titolo degli anni ’80 e si chiama “Reality killed the video star”…
    e si potrebbe continuare.
    😉

  4. Infatti il problema come dice Ekerot è proprio che quando Macityre guarda al grande successo di storie iniziate tramite sms dal cellulare e poi trasformate in Giappone in best seller, ne deduce che l’antico bisogno di narrazione non è stato indebolito dalla più recente tecnologia, e però trae la conclusione sbagliata: cioè che la narrazione non è morta ma è stata oscurata da un eccesso di informazione frammentata. Per lui il fatto che queste storie siano scritte con il linguaggio frammentato della comunicazione su twitter e FB cela un desiderio di narrazione, e non si rende conto che la narrazione invece c’è, ed è articolata per sentenze brevi e concise come quella antica che cita lui (lui si riferisce alla Bibbia, ma lo stesso discorso vale per tanti altri testi dell’antichità) e non è meno ricca di spunti, di vibrazioni intellettuali, di possibilità di creare associazioni e analogie, come sostiene Carr che lui stesso cita.

  5. Nella mia esperienza personale da quando ho iniziato a passare del tempo su internet e in particolare sui blog e sui social network ho (purtroppo) ridotto di molto il tempo che dedico alla lettura.
    Almeno nel mio caso questo e’ dovuto al fatto che leggere un post su un blog, per ovvie ragioni, richiede decisamente meno tempo rispetto a un libro ma anche e e soprattutto per la possibilita’ di interazione che e’ possibile avere attraverso i commenti.

  6. Io invece sono abbastanza d’accordo, e chiedo aiuto alla Lipperini che senza dubbio rappresenta un punto di vista diverso, ma soprattutto più preparato. La questione, secondo me, è che stiamo pericolosamente confondendo oralità e scrittura. Non che siano tanto vicine, in certe epoche storiche, dall’essere travasate l’una nell’altra, ovvio, tuttavia la chat, i social network, le mail, twitter, non raccoglieranno pure un bisogno (decisamente primario, irriflessivo) di narrazione, ma in che forma? Non siamo una nuova epoca della scrittura che ha vinto sull’immagine – come qualcuno pensa – perché non si tratta di cultura scritta. È cultura orale. I giovani utilizzando la tastiera, scrivono, certo, ma non c’è un minimo momento di riflessione tra il pensiero e la scrittura. La scrittura si pensa prima di scriverla. Anzi, si può dire che la scrittura non è il gesto, ma il fatto che “esce più tardi”, è di secondo grado rispetto al pensiero che la produce. Al contrario dell’oralità.
    Ora, citare la Bibbia, utilizzare questi esempi altisonanti, secondo me è furbetto, perché è evidente che facciamo finta di non chiederci cosa diavolo si scriva in queste piattaforme – e ogni volta che andiamo a guardare non è che ci si commuova per la loro bellezza, dai, diciamola tutta… – e il COSA è importante rispetto a questo COME che ci piace tanto e sul quale spremiamo i concetti più raffinati. Inoltre, se parliamo di bibbia, o parliamo di qualunque altro testo che abbia queste caratteristiche, dobbiamo ammettere che lo conosciamo perché qualcuno, da qualche nel tempo, ha fatto un’operazione di editing, ha ricucito, tagliato, risistemato, reso omogeneo. Insomma, ha “scritto” per davvero.
    Cioè ha affrontato la complessità. Quello che secondo me – e qui do ragione all’apocalittico Times – non si riesce più ad affrontare. Questa iper-frammentazione, questa oralità egotica, drogata dal mezzo che spinge sottovuoto miliardi di parole sottoutilizzate, questa rete che rischia ancora, pur nei suoi sommovimenti, di trasformarmi in una serie di finestrelle dove tutti stiamo a guardare e il lettore principale delle nostre produzioni siamo noi stessi.. insomma, non è poi così umanistica.

  7. Marco, a mio parere l’autore è, più che furbetto, non abbastanza informato: è lo stesso che accusò Wikipedia di essere il Male, per esempio.
    Quel che tu dici è vero in parte: ci sarà anche, e c’è, una maggioranza di utenti di social network o di blogger che usano in modo “orale” la tastiera. Ma il Times parla di narrativa. E a me non sembra affatto che gli autori che frequentano la rete, o che addirittura vengono dalla rete medesima, usino trame più semplificate e meno profonde. Nè i loro lettori.
    Lost è tutt’altro che semplice. Lo stesso Dan Brown, che piaccia o meno, è tutt’altro che semplice quanto a plot. Guardiamoci indietro e pensiamo a testi di dieci o vent’anni fa: sicuramente sono molto più elementari quanto a trama. Parlo solo di trama, perchè questo mi sembrava il punto toccato dall’autore.
    Sicuramente, dopo Internet, si scrive di più. Ma si scrive in modo diverso da persona a persona. E si legge di più, anche se in modo diverso da persona a persona.

  8. Sono un asino totale, non so scrivere e soprattutto non me ne importa una mazza di quello che dice, come si chiama?, Ben Mecintaiar. Quando ero studente non ho mai superato pagina 207 (un fantasy, mi sembra) di un qualsiasi libro. Io sono un sintetico di natura, essendo piccino fisicamente e come disse il mi’ babbo, ho messo tutto me stesso in poco spazio.
    Sono fortemente convinto che non importa scrivere 400 pagine per un concetto da tre righe. Forse quando non c’era la televisione, la radio, lo sport tre volte la settimana, la discoteca, l’enoteca, l’emeroteca (che è? Boh…) il grande fratello, il fratello grande, il cinema, i centri commerciali e soprattutto il lavoro (che mecintaiar non credo conosca), certo uno sapeva assai come passare il tempo. Allora si facva du’ bocce come cocomeri maturi con mattoni terrificanti, intendo libri che a stamparli ci vuole più che a scriverli. Se poi vado a vedere anche l’attuale qualità degli scrittori prolissi viventi (che quelli morti non scrivono più) mi metto le mani tra i miei capelli perduti (metafora…).
    Io mi diverto a scrivere racconti assassini, ovvero quelli che secondo mecintaiar (ma lo pagano per scrivere queste cose?) uccidono la letteratura.
    Sono brevi, per il bagno.
    Perchè sono fortemente convinto che sia l’unico luogo in cui si legga rilassati… solo che non lo possiamo tenere occupato molto…
    Ciao, maremma bischera!!!

  9. La rete uccide la narrazione?
    Chi toglie il punto interrogativo trasformando la domanda affermazione incorre in un grande errore metodologico. Infatti si tratta di affermazione deduttiva, basata sulla osservazione.
    Ritengo che l’esperienza della rete, la sua diffusione su larga scala, sia troppo breve nel tempo per poter portare a conclusioni su qualcosa che ha secoli di storia , in questo caso la narrazione.
    Siamo in fase di espansione del fenomeno e non di consolidamento quindi qualunque affermazione non può essere definitiva. Siamo nella fase in cui si avvertono sintomi, non malattie.
    A volte sintomi positivi, come nel caso del citati e-book.
    Il tema del mordi e fuggi non è relegato alla rete e alla narrazione, ha ben altre cause in fenomeni indotti a bella posta per aumentare il rapido consumo di tutto.
    Se manca l’approfondimento e la voglia di dedicare tempo, questo non dipende dalla rete.
    Che direbbe Carter? Racconti brevi con trame minimali ma piccoli capolavori sui quali lavorava in modifica per anni e anni.
    Detto fuori dai denti mi sto abbastanza stufando dell’opinionismo selvaggio che in questo caso viene anche distribuito in pillole …piange quindi del suo stesso male
    mara

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