VITA, DESTINO, SAN CRISPINO, WU MING: SULLA DICOTOMIA, DI NUOVO

Giusto un anno fa, tornando a Roma, scrivevo un breve post preoccupato. Questo:
“Qualcosa si ripresenta. Qualcosa da cui dovevamo stare in guardia e che abbiamo già dimenticato. La distinzione fra “noi felici pochi, noi colti, noi nel giusto”, e “gli ignoranti, la plebaglia arrabbiata e volgare, che ci calpesta i fiori e ci contagia con la sua saliva”. Non giustifico i no mask. Affatto. Ma voglio capire. Perché sono il frutto di decenni avvelenati evidentemente, e se non comprendiamo il processo, le cose vacilleranno ancora, e ancora, e ancora”.
Fui costretta a diverse rettifiche. Non era stato colto il sarcasmo di quei “noi felici pochi” (che in origine era il discorso di San Crispino di Enrico V secondo Shakespeare: “Noi felici, pochi. Noi manipolo di fratelli: poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello, e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata, e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui”), e tanto meno quello che si riferiva alla presunta plebaglia. Da una parte e dall’altra, si pensava che davvero considerassi chi prendeva una posizione diversa da quella che si riteneva giusta come spazzatura, oppure che mi ritenessi parte di un gruppo di eletti.
Un anno dopo, le cose vanno peggio. Lo respiro nell’aria, non solo sui social: è uno di quei momenti dove nessuna ragionevolezza riesce ad appianare la spaccatura che si allarga e diventa abisso, e che contrappone chi non dovrebbe essere contrapposto, perché condivide gli stessi timori, e dubbi molto simili.
Con questo spirito torno al blog, e per carità, con considerazioni spicce, già fatte, già sentite. Ma proviamo a fare un esercizio di apertura. Detto da vaccinata, qualche giorno fa mi sono chiesta in quale assurda realtà parallela mi trovassi, dopo aver religiosamente esibito il greenpass su un treno ad alta velocità con relativo distanziamento di posti per poi trovarmi su un regionale affollatissimo dove il suddetto greenpass non serviva. Bene, a tal proposito proverei almeno a leggere i Wu Ming, qui. Fra l’altro, questo passaggio:
“Oggi, come «negazionista» nel 2020, «no vax» è il nome separatore [1] usato per annullare ogni sfumatura e criminalizzare il dissenso. Il complesso politico-social-mediatico chiama «no vax» anche chi, come noi, ritiene utile il vaccino contro il Covid, ma critica il lasciapassare e alcuni aspetti della vaccinazione, ovvero della «politica attraverso cui attivamente si producono, distribuiscono ed inoculano i vaccini». Il nome separatore non solo non aiuta a indagare e comprendere quel che sta accadendo, ma dà proprio una grossa mano a occultare, mistificare, omologare posizioni diverse e alimentare l’idea di un tentacolare nemico pubblico: il «no vax», contro cui bisogna «difendere la società».
Stiamo parlando di un fenomeno composito, pieno di differenze al proprio interno: quello che, tagliando con l’accetta, abbiamo a volte definito «antivaccinismo». Oggi nemmeno quest’espressione rende l’idea, perché mette insieme semplice scetticismo, riluttanza, timori fondati e infondati, fantasie di complotto e discorsi più sensati, e mette insieme tutti i vaccini e qualunque circostanza”.
L’articolo è lungo e importante, leggetelo con calma, come si raccomanda. E provate, proviamo, a cominciare questo mese approfondendo, pensando, scavallando l’escalation di violenza e di accuse di molti giornali. Perché quel che stanno facendo è cosa gravissima. Mai vista. O meglio, vista in altri tempi, che non dovrebbero mai tornare.
“Quando io e lei ci guardiamo in faccia, non vediamo solo un viso che odiamo. È come se ci guardassimo allo specchio. È questa la tragedia della nostra epoca. Come potete non riconoscervi in noi, non vedere in noi la vostra stessa volontà? Il mondo non è forse pura volontà anche per voi? Vi si può forse indurre a esitare? Vi si può fermare?». Liss avvicinò il viso a quello di Mostovskoj. «Mi segue? Non parlo bene la sua lingua, ma vorrei che mi capisse. Voi credete di odiarci, ma è solo un’impressione: odiando noi odiate voi stessi. Tremendo, vero? Mi capisce?”
Vasilij Grossman, Vita e destino

3 pensieri su “VITA, DESTINO, SAN CRISPINO, WU MING: SULLA DICOTOMIA, DI NUOVO

  1. Letto l’articolo dei Wu Ming, condivisibile in tutto, anzi, leggendolo ho trovato ragionamenti che hanno dato forma a idee, pensieri e domande che in questo tempo di pandemia avevo e non riuscivo a esplicitare, sono vaccinato e ho scaricato il certificato verde, ma non riesco a sentirmi allineato al modo generale di trattare il problema pandemia, e oltre al dubbio sulle modalità dettate dal governo, ci sono notizie, legate alla ripresa economica, delle quali non trovo riscontro nella vita delle persone “normali”, ma che rafforzano invece quel capitalismo che del controllo sulle persone per nuove forme di profitto, legate allo sfruttamento dei lavoratori e alla privatizzazione di sanità, servizi, beni comuni, sta facendo strategia facendole passare per innovazioni necessarie alla nazione e allo sviluppo, di chi? L’ultima notizia legata alla transizione ecologica, rispolvera il nucleare dando ad intendere che le nuove centrali sarebbero non inquinanti, così come se niente fosse, certo da Cernobyl in poi passi avanti ne sono stati fatti, ma le scorie restano e che ne facciamo? Di acciaieria a Taranto non se ne parla più? Si i Wu Ming hanno ragione, dividere, demonizzare, separare, addossare colpe e responsabilità è facile e veloce, ragionare confrontarsi fra persone è difficile e faticoso, ma fa emergere la verità, che è la base della società civile, o si rischia la fine della rana in una pentola d’acqua a cui, piano piano, si aumenta la temperatura, alla fine non può più muoversi e muore.

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