1. “Il professore di Oxford non perdonò mai ai nazisti di essersi impossessati di ciò che più amava – la filologia germanica, l’epos nordico – e averlo trasformato in mito tecnicizzato a uso e consumo del suprematismo tedesco”.
(Wu Ming 4, prefazione a J.R.R. Tolkien, Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm, Bompiani)
2. Elenco dei libri utilizzati come scudi dagli studenti, qui.
3. Intervista dove Bruno Munari cita la pratica appresa in Giappone e che, in tempi di sanguinosa caccia alla minuzia, andrebbe ricordata. La frase è: “La perfezione è bella ma stupida, bisogna conoscerla ma romperla. La regola non deve uccidere la fantasia”. Tanto per.
A questo proposito c’è una storia di Rikyu che evidenzia molto bene il pensiero dei Maestri del Tè riguardo alla pulizia. Rikyu un giorno stava osservando suo figlio Sho-an che scopava e innaffiava il sentiero del giardino.
« Non è ancora pulito », disse Rikyu quando Sho-an finì il suo lavaro e gli ordinò di cominciare di nuovo. Dopo un’ora di lavoro il giovane disse al padre:
« Padre, non ho più niente da fare. Ho lavato i gradini tre volte, ho versato l’acqua sulle lanterne di pietra e sugli alberi; muschio e lichene scintillano di un fresco verde. Non ho lasciato in terra né una foglia, né un ramoscello ».
«Giovane scriteriato! », esclamò il Maestro del Tè, « non è così che si scopa un sentiero »,e Rikyu scese nel giardino, scosse un albero e sparse per terra le faglie d’oro e porpora, lembi del manto di broccato autunnale! Quello che Rikyu voleva non era solo ordine e pulizia ma anche bellezza e naturalezza.
(Okakura Kakuzo – Il libro del Tè)
Questi “opliti” del nuovo millennio che si muovono all’unisono protetti da scudi-libro sono un vero spettacolo a vedersi. Era ora che qualcuno focalizzasse l’attenzione su una trovata così creativa che, almeno a livello di immaginario, riesce a neutralizzare con forza l’ignoranza dei manganelli.
Non pensate che simbolicamente ed iconicamente vi sia un legame sotterraneo tra gli Uomini-libro di Bradbury e i Book-block di questi ragazzi?
p.s. ho letto la lezione grammatica di WM1, quindi perdonatemi “tra gli Uomini-libro di Bradbury e iL Book-Bloc”.
Wiesława Szymborska, ne La Cipolla, racconta dell’ ‘idiozia della perfezione’ 🙂
Munari era un Dio. Ho detto!
Oh yes, si scrive “Book Bloc”, come del resto si scrive “Black Bloc”. Senza la “k”.
http://en.wikipedia.org/wiki/Black_bloc
“Bloc” è una cosa: “blocco” nel senso di spezzone di corteo, persone che si tengono in ranghi serrati, o anche alleanza tra persone o nazioni o gruppi sociali, es. il “blocco d’ordine”. “Block” è un’altra cosa: “blocco” nel senso di embargo, o di serrata, oppure il “blocco” dello scrittore, writer’s block, o ancora: un blocco di cemento, un blocco di legno etc.
Si chiama “Black Bloc” perché è lo “spezzone nero”.
Quindi questo lo abbiamo chiamato “Book Bloc” perché è lo “spezzone dei libri”.
Solo in Italia è in uso scrivere “Black Block”, che al massimo può andare bene per una tavoletta di cioccolato fondente 🙂
Ooops… mi era sfuggita questa intervista di alcuni giorno fa. Me ne sono accorta solo ora. Mica male la lettura/interpretazione unitaria dei titoli scelti come scudo. Visto che è in tema con il thread di oggi, la linko.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/28/proteste-studenti-wu-ming-senza-una-nuova-narrazione-ogni-battaglia-e-persa/79292/comment-page-2/#comments
WM1 non fa una grinza!
Cred’io ch’ei credette ch’io credesse che significasse “isolato”, come unità di un quartiere.
Dannate omofonie, omonimie e via!
Significa atque illum, semper in secundam accetionem, id est: “blocco” di case. Nec facit grinzam.
WM1 e Ekerot, a parte le grinze … sono in giro anche dei romanzi sui “Black bloc”! Persino in Italia … nella scarrufata editoria nostrana!
ovvio: scarruffata! Pardon!
Neanche il black block di fondente al 92% facit grinzam, anzi: quondam ca fusse, sempre buono sarebbe.
l’ultima frase può quasi volgersi ad un manifesto.
Regola… e… regola. Che regola? diciamo subito che potrei quasi amare le regole davanti alle nonsensate pagine di Pasto Nudo. Jo son tarato? Darsì darsì.
Una volta Italo Calvino parlando di uno slogan, ”la fantasia al potere”, disse di andarci cauti. Le forme si devono riempire.
Personalmente, non amo quelle forme artistiche viziate da una libera incomunicabilità. La comunicazione sarà sempre l’ancora pesante e poco amovibile su cui risalire in superficie. Alle regole bisogna lavorargli ai fianchi. Sono maneggevoli il 90/95 % dei casi, ma ci vuole tenacia, tempo e virtù. Altrimenti oggi non parleremmo l’italiano, ma un savio latino di Ennio, oppure una lurida lingua di coloniali asserpolati alla Madre Grecia. Oppure avremmo gracchiato come le cornacchie. mmmbbbò
Per la prefazione a “Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm” un grazie infinito.
Il Book Bloc arriva a Londra:
http://artsagainstcuts.wordpress.com/2010/12/06/book-bloc-comes-to-london/