Dice l’Aie (Associazione Italiana Editori):
” Tra 2007 e 2010 l’uso del Web per informarsi sull’ultimo libro che si è comprato passa dall’11% al 19%; le classiche recensioni dal 19% al 15%, il consiglio del libraio dal 15% all’8%”.
Bene. Resta sul tappeto la questione principe: ovvero il misterioso algoritmo che decreta la vendibilità di un libro al massimo nei primi trenta giorni di vita, sui quali viene calcolata la sopravvivenza futura. La rete informa, come è giusto, a libro letto: ma se il libraio, dopo giorni trenta (al massimo) decide che quel libro è morto, quanto influisce davvero il parere dei lettori Internet sulla circolazione del libro medesimo?
poco…ma nel caso di un ebook?
Lo scopriremo. Spero presto.
Vorrei la risposta dei librai… ma dico anch’io tre cosette:
1) in media, dagli editori arrivano novità ogni mese, esclusi agosto e dicembre. ogni 30 giorni il libraio deve fare posto alle cose nuove, e quindi si libera di ciò che ha venduto zero & non gli piace/interessa/ispira ecc ecc
2) l’efficienza della rete di distribuzione è uno dei fattori che dovremmo tenere in considerazione: se ho rispedito indietro un libro che non si è mosso e i clienti me lo richiedono di nuovo (per esempio per una sfavillante recensione letta in rete o che ne so), se non è di un editore microscopico, può arrivare in libreria in pochissimi giorni.
3) Il declino dei consigli del libraio lo metterei in relazione al numero di acquisti nei megastore… sono troppo cattivo?
Personalmente per le novità mi affido completamente alle mie libraie di fiducia (sono una madre e due figlie). Ma spesso leggo le novità quando non sono più tali… altro che 30 giorni di esposizione!
Non compro quasi mai libri nei supermercati o nei megastore, perché mi sembrerebbe di fare acquisti impulsivi; invece i libri devo prima scoprirli, farmene venire la voglia e solo dopo cercarli (anche in biblioteca, nelle librerie degli amici, con il bookcrossing, ecc.).
Mosca bianca? Può essere, chissà!
Se si parla del versante grande distribuzione, morto in che senso? La strategia è probabilmente quella di favorire la ristampa on-demand. La “stampa preventiva” è rischiosa e inefficiente, credo. Un libro fa la sua comparsata in vetrina o sugli scaffali giusti per poi scomparire molto rapidamente. Segue e accompagna un codazzo di recensioni “istant” e segnalazioni nei luoghi giusti. Poi, i libri che interessano verranno richiesti direttamente ed eventualmente alla casa editrice (o allo store ad essa collegato con evidenti benefici economici) che valuterà se e quante copie ristamparne. Tanto i pochi davvero interessati alla lettura sono compresi nell’insieme di coloro che trafficano con il web.
Per esempio per il libro di Eco (che certo è assolutamente fuori scala, ma determinate informazioni pare vengano somministrate con riluttanza a meno che non possano servire a incrementare il famigerato hype) nei giorni in cui stava uscendo il suo nuovo libro era stata prevista una tiratura di 50mila copie rivelatasi immediatamente insufficiente tanto che il libro è andato in ristampa lo stesso giorno in cui è nato. Le richieste si attestavano sulle 140mila copie (il primo giorno, poi dice che in Italia non si compra…). Solo per esempio: la tendenza è tenersi bassi.
Chi lo sa se la direzione verso la quale il mercato editoriale si sta indirizzando farà delle librerie non il luogo dove andare a comprare “quel” libro, ma quello dove andare a vedere (o incontrare) cosa è uscito di nuovo, magari a cadenza settimanale. Il luogo dell’evidenza, insomma, con i tempi (e i modi) del mercato cinematografico.
Non sono i librai a decretare la morte precoce dei libri, ma le strategie dei grandi gruppi editoriali e della distribuzione loro asservita.
molto, lunga vita ad amazon.
Solo a me fa strano che ancora si guardi in rete solo nel 19 per cento dei casi?
Il restante 20 per cento che manca che fa? Passaparola direi…
D.
Sono d’accordo con Binaghi, nel senso che, tranne in rare eccezioni, riuscire a smuovere l’inerzia della massa critica d’opinione letteraria in soli trenta giorni, può farlo solo un grande gruppo editoriale. Ma forse è anche vero che la regola dei trenta giorni vale solo per titoli dei grandi gruppi.
In un contesto come questo, dove i libri si comprano sempre più in megastore o via internet, non mi sorprende che il ruolo del libraio finisca per essere sempre più marginalizzato.
Io purtroppo devo confessare un gravissimo delitto…
Prendo i libri in biblioteca!
Ebbene sì. Dove li trovo anni e anni dopo le uscite. Sono un pessimo utente del sistema “letteratura”.
punto per Ekerot!
Un editore scopre cher in Rete ci sono un sacco di blog che chiedono a gran voce che un suo autore – che chiameremo China M. – venga ristampato. L’editore crea un “re-print on demand” e lo pubblicizza. Copie ristampate: 3 in due mesi. articoli sulle CE che non ristampano China M. a strafottere. La Rete è buona sola per il marketing virale.
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Loredana: un’intervista ad un librario come si deve? Che ne dici?
devo ancora sciogliere un grande mistero, che poi è il solito antico dilemma su uovo e gallina… e cioè: perché una casa editrice sforna 90 uscite l’anno? Il numero è così esatto perché dove lavoro io siamo su questi numeri. Non è fisicamente possibile seguire 90 titoli, accompagnarli verso il lettore. Quindi, alcuni vengono sacrificati, altri li si butta nel mare perché sembrano più attrezzati per cavarsela da soli, solo alcuni sono “sostenuti”… Non so. Sono perplessa.
Quando ho fatto la domanda al responsabile marketing, mi ha detto: i librai hanno bisogno di rinnovare continuamente la proposta ai potenziali lettori (= acquirenti, clienti). E’ davvero così? Di nuovo: sono perplessa. Mi piacerebbe molto sentire il parere di un libraio. Davvero la libreria è un luogo dove si va per “vedere che c’è di nuovo”, e se non c’è si esce a mani vuote? C’è un modo per interrompere il circuito vizioso?
Perché, come già abbiamo detto altre volte, fare 90 novità l’anno per un editore medio-piccolo significa lavorare sempre di fretta, sempre in urgenza, senza far posare la pagina, senza poterci riflettere… perché “tanto quanta vita vuoi che abbia questo libro?”.
Sono perplessa (ma questo già l’ho detto).
Dimenticavo: le biblioteche AUMENTANO il numero di lettori e quindi anche di libri venduti. Dove esiste un buon sistema bibliotecario le librerie prosperano. Dati alla mano.
GL, mi interessa il rapporto tra biblioteche e librerie. Ho avuto certe discussioni al riguardo che… lasciamo stare. Dove posso trovare queste statistiche? Grazie.
forse,con tutto il rimpianto per gli scritti che in altre circostanze avrebbero potuto avere destini migliori a discapito della letteratura partorita dal marketing,è il caso di scomodare darwin anche quando non è in gioco la laicità di uno stato.Magari ricordando il connery di scoprendo forrester tutto sommato abbastanza fiero che il suo libro fosse talmente buono da alimentare una domanda costante e inesorabile.Non tutti gli oblii vengono per nuocere
http://lightwaveengine.gotdns.com/Data/Music/Soundtracks/Hans%20Zimmer%20-%20Film%20Music%20of%20Hans%20Zimmer%20Disc%202%20-%2007%20-%20You're%20So%20Cool.mp3
Faccio come Ekerot! Uso le biblioteche.
Ma poi, quando un libro preso in biblioteca mi cattura, voglio averlo sempre con me (io sono un gran ri-lettore). E lo acquisto.
E’ vero, i titoli sono troppi e quasi tutti in passivo.Ormai gli editori puntano tutto sul bestseller,poco impora se di qualità o no.
Ci sono editori che hanno in catalogo un fottio di titoli,poi vai a vedere il fatturato e ti accorgi che praticamente lo fanno due,tre autori.
Alcuni esempi:
Saviano e Giordano (mondadori),la Mayer e Melissa,tremilioni di copie (fazi),Stieg Larsson,milioni di copie,Camilla Lakberg,200000 (marsilio),la Barbery,L’eleganza del riccio (E\O)…
Son tutti alla caccia del colpo grosso,cosa naturalmente molto pù importante per i piccoli e medi editori.
La promozione è riservata ad un gruppetto di scrittori,gli altri vengono praticamente trascurati.
Il gusto di pubblicare certe rarità,certe chicche va sempre più esaurendosi,ed il libraio stesso (con poche lodevoli eccezioni) ha sempre meno tempo da dedicare al cliente per il via vai continuo di nuovi arrivi e rese,specie nelle grande catene.
Feltrinelli impone di raggiungere assolutamente un certo target ad ogni sua libreria,e se dopo un breve tempo il libro non si vende,lo spazio va ad altri.
Naturalmente i problemi sono tanti,e molti già accennati nei commenti,fatto sta che le librerie diventan sempre più simili a negozi qualunque,il ritmo è frenetico ed il vecchio libraio che discuteva della bontà o meno di un titolo col cliente,sta diventando un ricordo.
Mirco: i dati devi estrapolarli da solo, purtroppo. In pratica basta pensare che una libreria, secondo le regole del mercato insegnate nelle Scuole Librai, hanno bisogno di un agglomerato urbano di circa 20000 persone per poter andare avanti dignitosamente. Quindi, se tu prendi una città di centomila abitanti questa potrebbe supportare al massimo 4 librerie. Invece, dove esistono più poli bibliotecari, le librerie aumentano.
Ti faccio l’esempio della mia città (Bz, 96000 anime), che ha una biblioteca a quartiere (molto ben fornite) (e alle volte anche due) e che riesce a far funzionare sette librerie.
son d’accordo con binaghi e trovo interessante quelc he ha scritto danae.
e buona giornata
Di fronte a 30.000 nuove uscite l’anno – a questo proposito gli editori sono degli incontinenti – il libraio ha il compito di leggere e proporre libri che ritiene validi coadiuvato in questo anche da quella cerchia di lettori forti, che sempre si crea attorno a una piccola libreria, che a loro volta leggono e propongono secondo i propri gusti (almeno questa la mia esperienza da utente prima e da operatore poi).
Mi piace definire la mia libreria una libreria slow book: i libri validi rimangono sugli scaffali a tempo indeterminato, altri non vi appaiono neanche, alcuni neanche se vengono ordinati!
E poi, a proposito di ordini, oggi è possibile ricevere un libro dal distributore in una settimana o anche meno potendo, così, soddisfare, pressocché, qualsiasi richiesta ed evitare di riempirsi di libri che nella maggior parte dei casi non faranno altro che contribuire all’inquinamento e alla deforestazione.
In un mondo ideale la stampa on-demand sarebbe la migliore soluzione auspicabile visto, tra le altre cose, che siamo tecnicamente pronti da 30 anni! Ma andatelo a dire agli editori e anche ad alcuni autori….
Anche la letteratura, che doveva staccarsi da certi algoritmi e aiutava far staccare, è divenuta parte del meccanismo consumistico, è divenuto un oggetto da cui succhiare guadagno. Mercificazione (tutto è così ora: con i soldi si può acquistare ogni cosa. C’è una pubblicità che lo fa notare e non è da sottovlautare o da ridere).
Un libro dura trenta giorni? Forse è così per l’oggetto consumistico, ma un libro vero dura per sempre, si trasmette di generazione in generazione, perché insegna valori che sono attuali in qualsiasi epoca.
Comprendo il sistema e per questo lo trovo negativo.
il parere del libraio o quello dell’editore?
il problema principale è sempre il vile denaro, queste librerie e case editrici dovranno pur guadagnarci qualcosa, giusto? e la mediocrità si vende sempre meglio; l’unica arma che ci resta (forse) è la scuola, dare un minimo di senso critico alle persone future che potranno ordinare i loro libri 30 giorni dopo e oltre, oppure cibarsi in biblioteca.
Una “piccola precisazione” (concordo con Binaghi e Bassini) e esplicito un aspetto fondamentale del discorso: non solo la distribuzione è “asservita” ai grandi gruppi, bensì i grandi gruppi editoriali SONO la distribuzione – e questo cambia la prospettiva di molto – si veda ad esempio Feltrinelli, padrone di OGNI anello della catena (è editore, promotore, distributore, libraio in catena).
Entrare in una Feltrinelli, nella migliore delle ipotesi, ha il sapore ormai di entrare in una maxi-cartolibreria. In una Fnac c’erano talmente tanti articoli disparati che, una vota, stavo per cercare anche il prosciutto.