Un anno esatto da quando le Marche (e l’Umbria, e parte del Lazio e dell’Abruzzo) si sono ripiegate su se stesse. Quali parole devo ancora trovare?
Una settimana esatta da quando la Val di Susa si consuma fra le fiamme. Quali parole, ancora?
Noemi, per le Marche.
Cristina e Veronica, per la Val di Susa.
Noemi Bolzonetti: il terremoto
Monti.
Monti azzurri dai dolci pendii su cui la nebbia scivola lieve “come uno scialle di donna”.
Campi, chiese e case, orti e torrenti, e quella brezza leggera che sa di pace e di terra, che sa di Storia e di noi.
E poi una notte,
dalle viscere della Terra,
dalla sua grotta incastonata nei secoli,
la Sibilla levò il suo grido
e tu, misera, cadesti.
Certe notti la speranza svanisce: cade, come una donna stanca, e davvero sembra indicare “con la mano nuda una tomba ignuda”. In quelle notti sembra che il tempo si fermi, che la vita non riesca a riprendere, eppure è proprio allora che la vita svela la sua devastante bellezza, la sua potenza, la sua legge.
Una volta una donna di nome Oriana Fallaci parlò in un libro della guerra a Beirut e in quel libro descrisse un palazzo, un palazzo di nove piani “piegato su un lato: ogni piano scivolato sull’altro, come una torta scioltasi al Sole”.
La Sibilla ci costringe, anni dopo, a guardare la stessa immagine: a Camerino, colpita dal terremoto del 2016, un palazzo si sciolse al Sole. Perché la vita ha una legge, che è una e non varia: l’Entropia. Legge di distruzione, di morte, che con la sua equazione ci svela una natura diversa, non creatrice, ma volta al caos, al disordine. Ed è sorprendente scoprire come il segreto della vita si nasconda in una semplice questione di probabilità, capire che i pezzi di un puzzle buttati a terra difficilmente cadranno ricomponendo un’immagine ordinata. Ma nonostante questo noi viviamo ogni singolo giorno credendo in quell’immagine ordinata, riponiamo ogni speranza in quella probabilità illusoria e ci convinciamo che la vita debba essere così.
Almeno finché la Sibilla non grida.
Solo a quel punto ricordiamo di un anno non lontano, ma forse già dimenticato.
Solo a quel punto ricompare l’immagine della chiesa di San Francesco d’Assisi, che da un primo “strappo” in quella volta azzurra, si richiuse su se stessa inghiottendo ogni cosa in una nuvola di polvere. Ma è lo “strappo nel cielo di carta”: noi, marionette nel nostro teatro, ci ritroviamo lì con il fiato sospeso, a contemplare la vera natura delle cose, finalmente consapevoli della nostra fragilità. Ed è proprio in quel momento che il dramma diventa opportunità, che si inizia a “sentire il pensiero farsi più puro dove più turpe è la via”, che le nostre antiche città richiuse su se stesse iniziano a raccogliere le forse. Perché la tragedia non ci mostra soltanto una Natura Matrigna forte della sua legge distruttiva, la tragedia è anche una vecchietta che dopo anni parla di nuovo con la sorella, una ragazza che ha perso i genitori e nonostante questo sorride, una donna che a settantotto anni ha perso tutto, ma ringrazia Dio che tutti i figli stiano bene. E non importa che a volte pianga, non importa che a volte il dolore sia così forte da togliere il respiro: andare fin sul fondo del vaso di Pandora significa passare inevitabilmente per i mali del mondo, ma è proprio sul fondo che si nasconde la speranza.
Una notte,
dalle viscere della Terra,
dalla sua grotta incastonata nei secoli,
la Sibilla levò il suo grido.
Ma una Sibilla non parla in modo chiaro:
quella notte non gridò per ricordarci che quella legge di morte e distruzione è l’unica possibile, ma per mostrarci semplicemente che essa è la “più probabile” e che esiste una sola variante in grado di rendere il naturale caos, ordine,
la distruzione, ricostruzione,
la morte, vita:
noi.
Cristina e Veronica: gli incendi in Val di Susa
Le scriviamo dalla Valle di Susa in merito ai gravi incendi che la stanno colpendo da ormai otto giorni. Abbiamo tristemente notato la sostanziale assenza, in pratica fino ad oggi , oltre che delle istituzioni tutte, dei mezzi di comunicazione. purtroppo, radio tre compresa, escluso suo intervento degli scorsi giorni.
Riassumendo la situazione in Valle si è rivelata assai drammatica sin dal suo incipit
L’allarme al 112 dato alle 9.40 di domenica mattina 22 ottobre era già successivo rispetto ad altre segnalazioni precedenti.
un grande fumo si è levato sopra Chianocco in seguito a diversi focolai sulla linea scendente della montagna
Il primo intervento c’è stato verso le 10 il fuoco forse era ancora contenibile nel valloncello e lo è stato almeno fino verso le 11. Poi le correnti ascensionali l’hanno fatto decollare verso l’alto ed è diventato incontrollabile..
Il primo canadair è intervenuto verso le 13 quando il fuoco aveva già raggiunto in altezza Balmafol devastando le aree limitrofe.
Altri focolai si sono accesi a Caprie, Rubiana, e sotto la Sacra di San Michele
nei giorni a seguire focolai hanno preso in val Sangone e Chisone e poi valle Po, Varaita, Locana, Valchiusella. Alla cronologia si può risalire attraverso ricerche sul web.
Oggi 28 ottobre 2017 Mompantero continua a bruciare. Nella notte sono state sgomberate due borgate ed in mattinata è stato dato ordine di sgombero dell’intero comune, alcuni abitanti hanno rifiutato di andarsene ed hanno organizzato un gruppo di lavoro per ripulire da foglie e ramaglie di modo che il fuoco non possa trovare terreno fertile per espandersi.
Nel frattempo è stat evacuata la casa di riposo adiacente e i 150 degenti alloggiati a Susa.
La situazione è comunque molto critica, il fumo vola alto anche perché il vento soffia con raffiche a velocità molto sostenuta.
Oggi hanno operato, oltre ai VVFF ed agli AIB, anche un elicottero dell’esercito e due canadair. l’elicottero dell’esercito, a detta di alcuni, non è in grado di rifornirsi all’epicentro di Bussoleno, perché non ha le abilità e competenze tali da poter pescare in una vasca di 20 mt di diametro
Da fonti di carabinieri e VVFF pare che stiano arrivando altri canadair almeno un dei quali dalla Croazia.
In ogni caso di notte sono sospese tutte le operazione aree.
Intanto l’autostrada A 32 Torino Bardonecchia è stata chiusa in direzione Bardonecchia dall’uscita di Chianocco, mentre scendendo verso Torino è obbligatoria l’uscita a Oulx. Il fumo portato dal forte vento limita la visibilità e si rischiano inoltre incidenti cai causato dalla cenere.
Ad oggi ci risulta sia stato effettivamente (finalmente!!!!!!) dichiarato lo stato di calamità, tale da consentire la provenienza di aiuti da altre regioni e nazioni.
Per quanto riguardo le operazioni in loco ci risulta che da noi fino ad oggi non sia arrivato nessun supporto da fuori provincia, mentre per certo in Val Chisone, nel comune di Cantalupa, dove il sindaco è stato di fatto il usati da curiosi.
La linea ferroviaria resta per ora aperta anche se i macchinisti lamentano lo slittamento delle ruote sui binarprimo a segnalare pubblicamente la difficoltà e a chiedere supporto, sussistono aiuti provenienti dalla provincia di Belluno e Savona oltre ad altri forse dall’Emilia Romagna.
Quello che notiamo qui è anche l’assenza, almeno pubblica, di dichiarazioni dei sindaci competenti, escluso il presidente della Unione Montana di Bassa Valle Sandro Plano come da suo comunicato stampa in calce del 27 ottobre scorso, e il Presidente dell’unione comuni dell’alta Valle , dello stesso giorno le dichiarazioni del Sindaco di Avigliana Andrea Archinà concernenti, sostanzialmente, solo ragioni disalute pubblica in merito alla qualità dell’aria.
Solo oggi si sono espressi pubblicamente il sindaco di Novalesa e la sindaca di San Didero come segue:
“Presidente Gentiloni,
la tragica situazione che stiamo vivendo noi cittadini piemontesi sconvolti da boschi e case in fiamme è ancora più dolorosa perché ignorata a livello nazionale. Abbiamo bisogno di aiuto dalle istituzioni e non di silenzio.
Loredana Bellone sindaco di San Didero(To)”
Le immagini degli incendi in Val Susa e territori limitrofi di questi giorni fanno male.
Ecco le poche parole espresse da Chiara Appendino il 26 ottobre
Come Città Metropolitana di Torino stiamo monitorando con attenzione la situazione e concertando insieme alle altre Istituzioni – Regione Piemonte in primis – tutte le iniziative necessarie per superare questa emergenza.
Sono vicina ai cittadini, ai sindaci e agli amministratori che in queste ore si trovano nell’allerta e ringrazio tutti coloro che si stanno spendendo per affrontarla.
Un pensiero in particolare va alla famiglia e agli amici di Alberto Arbrile, 26 enne di Cantalupa, deceduto nel tentativo di domare le fiamme.
A tutti i territori interessati va la nostra più sincera vicinanza e la garanzia di un impegno totale.
Ci ha molto colpito sapere che sempre nel comune di Cantalupa la cittadinanza è stata coinvolta in operazioni di contenimento e sorveglianza del territorio, certo decisamente molto meno vasto ed impervio, organizzate dal comune su turni volontari.
Alcuni dati da rilevare:
Proprio il 1° ottobre scorso è stato stipulato nuovo contratto con AIB – Protezione Civile del Piemonte a soli 200000 euro, molto meno di degli altri anni o di quanto fatto per altre regioni, ad esempio la regione Puglia ha stipulato un contratto di 2 mil di euro. A questi vengono aggiunti i soldi che i comuni a seguito richiesta della protezione civile chiedono in regione.
vedi convenzione al link.
La gestione della protezione civile avviene su base comunale, per cui ogni municipio deve avere una sua disponibilità di persone, ed ogni comune chiede alla regione contributi specifici in relazione alle richieste della Protezione civile locale e in base agli interventi fatti.
I VVFF del fuoco lamentano che con gli stessi soldi si potrebbero dare mezzi e uomini ad un corpo dello stato, come il loro, garantendo uniformità di intervento, e che non abbia senso che la Protezione civile di fatto disponga degli stessi , e spesso molto migliori, mezzi, che siano attribuite loro gli stessi ambiti di operatività e intervento, quando si tratta di una organizzazione su base volontaria con contributi pubblici, di più facile accesso che non loro stessi.
Mentre gli stessi VVFF lamentano mancanza di mezzi adeguati, di soldi necessari per le manutenzioni , mettendo a repentaglio non solo gli interventi stessi ma anche la sicurezza degli stessi uomini.
Inoltre c’è da notare che prima dell’entrata in vigore dell’attuale legge che ha accorpata la forestale al corpo dei carabinieri, di fatto gli uomini del corpo forestale erano a disposizione del DOS (direttore operativo di spegnimento, ovvero il comandante logistico dei VVFF sul campo ), ora ciò non è più possibile data la dipendenza dei forestali dal ministero della difesa.
La Regione Toscana, da un po’ di tempo, invece, per esempio, il denaro di queste convenzioni lo concede per la prevenzione degli incendi e non per il loro spegnimento, questo pare abbia notevolmente risotto gli incendi sul territorio di competenza.
Ci risulta che i VVFF dispongano di due mezzi speciali, di cui non conosciamo altre generalità, che sarebbero meglio adatti a questo territorio e situazioni ma talmente non ancora dispiegati.
Per quanto riguarda lo stato calamità naturale, questa viene sì richiesta dal presidente della regione ma deve essere autorizzata dal governo.
Ed, in questo momento storico, lo stato italiano è impegnato a far fronte agli stati di calamità naturali per le regioni colpite dai terremoti, pertanto le disponibilità finanziarie scarseggiano.
Probabilmente, dunque, se anche lo stato di calamità naturale fosse stato tempestivamente richiesto dalla regione, probabilmente non sarebbe stato concesso dallo stato per ragioni economiche.
L’effetto della proclamazione dello stato di calamità naturale è quello, tra gli altri, di raddoppiare il numero degli uomini VVFF ed i turni nonché quello di poter fare arrivare supporto da VVFF di altre regioni.
Certamente, se fosse stato proclamato con tempestività, già nella giornata di lunedì gli incendi avrebbero potuto essere contenuti. Ora è comunque tardi, anche perché a causa della conformazione naturale delle zone colpite, lo spegnimento, ad ora, risulta pressoché impossibile.
I canadair ed gli elicotteri, oltre al fatto che con il vento fortissimo non possono praticamente operare, o comunque operano con grande difficoltà, possono andare a rifornirsi di acqua solo in zone lontane dalla Val di Susa (Viverone, per esempio) o in zone difficili da raggiungere con il vento forte come il Moncenisio.
Le zone montane della Val di Susa non possono essere raggiunte da mezzi di terra poiché sono scoscese e non ci sono strade.
Ciò che si può fare, al momento, è contenere il fuoco e mettere uomini e mezzi a protezione delle case.
Sulla Valsusa: a me risulta che Paolo Chirio, il sindaco di Caprie, si sia ammazzato di fatica per giorni, intervenendo nei soccorsi in prima persona, praticamente senza dormire, e che Piera Favro, sindaca di Mompantero, priva di personale e di mezzi, si sia messa di persona a fare viabilità e posti di blocco, e abbia bivaccato giorno e notte in comune per gestire quel poco che poteva gestire, fino all’ultimo istante in cui il paese è stato evacuato (poi per fortuna risparmiato, stanotte il fuoco è stato fermato a pochi metri). Ho visto che la sindaca di Almese Ombretta Bertolo ha promosso subito una raccolta fondi per i vigili del fuoco, e l’ha difesa via social dai sapientoni che la definivano una “bufala” e invitavano a non donare… In generale tutti i sindaci dei comuni coinvolti si sono fatti un mazzo impressionatne, in assenza di fondi, di mezzi, di soccorsi, di attenzioni (a parte certe attenzioni pelose come quelle di Foietta). Chiarisco anche che il comunicato del 27 ottobre era firmato in primis da Plano ma sottoscritto da tutti i sindaci dei comuni dell’Unione Montana. Insomma, mi sembra che, a fronte di enormi e appariscenti responsabilità a Torino e a Roma – nella politica e nell’informazione, nella redazione de “La Stampa”, in giunta regionale, nella città metropolitana – criticare proprio i sindaci della valle sia ingeneroso.
Su «La Stampa» è partita la narrazione tossica che dà la colpa ai sindaci.
Su Chiamparino che dice al sindaco di Chirio «più segnaletica, meno bandiere No Tav» ha già scritto Alpinismo Molotov:
http://www.alpinismomolotov.org/wordpress/2017/10/30/stampa-la-logica-dei-roghi/
Contemporaneamente, usciva un altro articolo, dove si denunciava il silenzio intorno agli incendi in Valsusa… sul giornale che nei primi cinque giorni, benché fosse evidente l’entità del disastro (il più grande incendio mai scoppiato sulle Alpi) e nonostante le numerose sollecitazioni, si è rifiutato di portarlo in cronaca nazionale, relegandolo a notiziola di provincia. Sì, proprio “La Stampa”. E a chi viene data la colpa di tale silenzio? Ma pensa un po’: agli amministratori di valle:
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«Hanno cominciato gli amministratori locali a non proporzionare le loro richieste di assistenza per i rischi che correvano i loro territori e i loro abitanti, forse un po’ per l’orgoglio di far da soli e un po’ per quella consueta ritrosia piemontese che rifugge il lamento […]
Da una parte, la presunzione, alimentata da scarsa consapevolezza della gravità dei pericoli e delle enormi difficoltà di far fronte alla vastità del territorio devastato dalle fiamme, di possedere forze sufficienti per il controllo e lo spegnimento degli incendi. Dall’altra, il timore, del tutto incomprensibile, di esagerare un allarme che, invece, aveva tutti i motivi per essere gridato con quella forza che la situazione richiedeva.»
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Peccato che sia falso: i sindaci hanno fin da subito lanciato l’allarme e richiesto interventi proporzionati. Semplicemente, hanno fatto notare che mandare l’esercito sarebbe stato di dubbia utilità.
L’articolo più avanti dice anche:
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«Da parte delle organizzazioni di volontariato, infine, che da Nord a Sud del nostro Paese si sono sempre mobilitate con grande entusiasmo, con grande senso di solidarietà, ma anche con grande capacità operativa, non sembra che, in questo caso, si sia avvertita la solita disponibilità a intervenire. »
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E così, quei volontari sia della valle sia di fuori, quelli che praticamente non hanno dormito per una settimana, hanno assistito in ogni modo i vigili del fuoco, hanno combattuto contro le fiamme senza che gli articoli de “La Stampa” (ricordiamolo, per giorni sempre e solo in cronaca locale) li nominassero mai, ecco, per “La Stampa” quei volontari non sono nemmeno intervenuti.
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L’articolo attribuisce le responsabilità di questo silenzio anche ad altri soggetti: alla Regione, al governo nazionale… Dà persino la colpa al riserbo e al “bon ton” piemontesi… Curiosamente, però, mancano i media. Se un fatto importante non diventa una notizia, di chi è la colpa principale, se non di chi si occupa professionalmente di prendere i fatti e farne notizie? E la più grande defaillance da denunciare, in questo caso, non dovrebbe essere quella di un certo giornale nazionale che ha storicamente sede a Torino? Un giornale che non metteva gli incendi in prima pagina nemmeno quando in città l’aria era resa irrespirabile dal fumo? Da Torino a Bussoleno ci sono poche decine di chilometri, chi avrebbe dovuto rompere il silenzio per primo?
L’intenzione non era criticare l’operato dei sindaci della valle, in particolare i sindaci dei piccoli comuni coinvolti che si sono adoprati fisicamente nell’emergenza, quanto sottolineare l’assenza di dichiarazioni pubbliche che forse, forse, hanno contribuito al ritardo nei soccorsi