ECCO, IO, PER ESEMPIO…

La vostra eccetera ha ricevuto ieri sera un’amabile tirata d’orecchi: da queste parti, era il senso, troppa politica e pochi libri. Obiezione ineccepibile, visto il titolo del blog e le consuetudini personali e professionali della sottoscritta.
Ma è anche vero che è difficile sottrarsi, di questi tempi: ognuno a suo modo. Dunque, dal punto di vista squisitamente letterario, sono attualmente impegnata, come detto, nella lettura di Hitler, che ha un suo preciso perché politico peraltro, come spiega l’autore qui:
Francamente sarei felice se altri scrittori affrontassero la materia, magari criticando la mia personale prospettiva, ma comunque contribuendo al tentativo letterario (finora rimosso) di disgregare la mitologia e l’immaginario (non la memoria) che si sono eretti sul fondamento del carnefice del Terzo Reich. In un periodo di devastante dilagare di revisionismo e di pubblica incoscienza e dimenticanza di quanto è stato e quanto continua a essere, ritengo che l’opera letteraria debba esprimere una valenza politica, che sta proprio nel lavoro sull’immaginario: da un lato si tratta di costruire un immaginario, dall’altro – ed è il caso di Hitler – di decostruirlo. Poiché il mio Hitler affronta la prospettiva storica e la prospettiva metafisica secondo i dettami della teologia della Shoah, sarebbe importante (e il successo estero di Littell lo ha confermato) che oggi venisse praticata la disgregazione, la deviazione e la dissoluzione di un periodo storico la cui lezione stenta a essere recepita a tutt’oggi e che questo venisse letterariamente fatto affrontando la traiettoria sociologica, quella storica pura, quella documentale e, al di fuori di Hitler ma non del nazismo, quella finzionale. Del resto, ho informazioni che proprio intorno a queste tematiche stanno lavorando alcuni dei migliori scrittori italiani. Se il contagio letterario si allarga, sono felice in quanto intellettuale.
Letture in corso, e in parallelo: diverse. Ne parlerò al momento giusto.
Intanto, servizio all’utenza. Non riporto qui le decine di titoli “giovanilisti” su amori, gelosie e tvb vari che affollano o stanno per affollare le librerie (e basta, su!).
Riporto, invece, un’intervista redazionale a Federico Platania, in uscita con Fernandel.
Controcorrente rispetto al tema ormai largamente battuto del precariato, Il primo sangue si propone come un romanzo su una certa stabilità da tre soldi che non diventa mai benessere. Come mai questa scelta?
I miei personaggi hanno tutti in comune la caratteristica, ormai piuttosto rara, di avere un “posto fisso”. Così accadeva per i dodici protagonisti di Buon lavoro, il mio libro del 2006, e così accade per Andrea, l’antieroe di questo romanzo. In questo modo mi sembra che risalti ancora di più l’incertezza di fondo che minaccia ognuno di noi al di là della stabilità economica che, in molti casi, è proprio “da tre soldi”. Andrea, ad un certo punto, non si accontenta più. Complice anche il mondo che lo circonda.
Qualcuno ha definito Il primo sangue un noir sociale: ti ritrovi in questa definizione?
Io direi che Il primo sangue è “anche” un noir sociale. I temi trattati sono molti: c’è l’ossessione per il denaro, c’è l’incomunicabilità tra il singolo e i gruppi (famiglia, chiesa, compagnie di amici o colleghi di lavoro), c’è il fascino del male, qui rappresentato da un cane che ha qualcosa di ultraterreno. Ma, certo, c’è anche un fatto di sangue, verso cui tutta l’azione narrativa tende, e questo fatto di sangue è scatenato da un disagio collettivo. Per cui, sì, Il primo sangue è anche un noir sociale.

Proprio a questo proposito: quanto ha contato la cronaca vera, il “disagio collettivo” nell’ideazione de Il primo sangue? Come pensi che sarà accolto questo romanzo dai nostri padri e dalla generazione dei “babypensionati”?
La cronaca, come spesso accade, ha superato la finzione. Nel mio romanzo la periferia è descritta in modo visionario, temibile e caotico, ma le tensioni reali che si sono avute negli ultimi tempi tra rom e italiani, ad esempio, sono andate oltre, con esiti ben più violenti. Quanto all’accoglienza che potrà avere Il primo sangue presso le vecchie e nuove generazioni, non è facile dare una risposta. Presso i nostri padri era diffusa una cultura del sacrificio, perché ai loro tempi il sacrificio dava frutto. Oggi ci si sacrifica perché non c’è alternativa. E i frutti non si vedono. Allora può capitare che qualcuno, come fa Andrea nel romanzo, si chieda se non sia il caso di tentare la strada del male per uscire dal disagio opprimente in cui vive.
Infine, news sul libro: domani la vostra eccetera sarà a Torino insieme ad Alessandra C. Quindi, posto una chiacchierata fatta ieri mattina con la bravissima Mariella Zezza di Rainews 24.

9 pensieri su “ECCO, IO, PER ESEMPIO…

  1. Nessun problema a rivelare che l’autore della tirata di orecchie sono io. Ovviamente è stata una opinione, ben certo di poterla esprimere serenamente data l’amicizia e la stima nei confronti di Loredana.
    Non c’è alcun dubbio che Loredana medesima adoperi il termine “tirata d’orecchie” in termini scherzosi. E peraltro un post come questo è (a mio avviso) senza dubbio interessante.
    La mia opinione è che tanto Hitler quanto Mussolini siano state delle tragiche, orribili, catastrofiche, disumane distorsioni del nazionalismo.
    Due regimi, due dittature nate grazie al disfacimento della società e dell’economia.
    La Germania, sconfitta dalla guerra 15-18, e li’Italia, benchè vittoriosa, ma talmente a pezzi come se in realtà quella guerra l’avesse persa.
    Situazioni del genere sono quanto di meglio per l’ascesa dell’uomo forte che può rimettere in sesto le cose. Il leader, quindi, raccoglie i favori indistintamente dalle classi disagiate che sognano il riscatto, quanto dalle classi agiate che vedono minacciati i loro beni.
    Man mano, però, a un concetto di nazionalismo che potrebbe anche essere “sano”, si sostituisce la bramosia del dominio sull’universo mondo con le conseguenze che poi diventano irreversibili.

  2. Sono curioso per il libro di Genna (e ho acquistato ma non ancora affrontato Littell); credo però, Enrico, che la “bramosia di dominio” di cui parli sia proprio ciò che è necessario demistificare. Cioè: temo sempre che un discorso su Hitler vada a parare su una sua presunta follia, dove io vedo invece un progetto molto lucido (petrolio e gas nel mar Caspio e nel Baltico, enormi pianure in Polonia e Francia per far da granaio alla Germania, milioni di persone deportate a lavorare nei lager). E quindi, tradotto in termini contemporanei: controllo delle fonti energetiche, controllo delle risorse alimentari, manodopera a costo quasi zero.
    Che ne pensi/pensate?

  3. @ davide:
    era quello che avevo espresso con “bramosia di dominio sull’universo mondo”. In pratica, non so se c’è ancora qualcuno che crede che Hitler sterminasse gli ebrei perché hanno il naso strano. Fatto è che, ovviamente, lo fece essenzialmente per depredarli. Ma, altrettanto ovviamente, ammantare tutto quello con la salvuaguarda della razza ariana, gli procurò un numero considerevole di proseliti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto