4. DISPOSIZIONI

Non ho letto il saggio di Hanna Rosin, La fine dell’uomo, appena uscito negli Stati Uniti. In compenso, leggo che tutti ne stanno parlando, naturalmente in modo diverso a seconda delle testate. Come detto altre volte, diffido sempre un po’ dei proclami gonfi di entusiasmo, né mi sembra, sinceramente, che le donne abbiano preso il potere in settore alcuno (peraltro, il giorno in cui  si smetterà di parlare di “potere” sarà un bel giorno). Nel caso particolare, a me sembra che la crisi economica, sulla lunga durata, non azzererà le disuguaglianze, ma finirà con l’aumentarle, riportando in auge i vecchi ruoli (casa e famiglia, per essere esplicite).
Detto questo, leggo con non poco stupore l’intervista rilasciata ieri da Ida Magli a Libero. Anche qui, mi ripeto: senza le lezioni universitarie di Ida Magli non sarei quella sono. Le devo la gran parte della mia formazione intellettuale e ancora oggi le sue parole di qualche decina di anni fa sono attualissime.  Per questo motivo non credo affatto che la sua posizione attuale sia solitaria, e vorrei capire motivazioni che mi sfuggono, e anche eventuali ragioni di autocritica per sapere come si sia arrivati a un fraintendimento simile.
Dice dunque Ida Magli (l’intervista non è on line), che “gli uomini sono ancora ai posti di comando e di questo mi rallegro. Le donne, anziché contrastare l’uomo, avrebbero fatto meglio ad avviare una riflessione su due temi: l’immigrazione e il predominio gay”.
Avete letto bene. E dunque, andiamo avanti.
“Nel 2030, quando i musulmani avranno il predominio nel nostro continente, non sarà solo la fine della donna, costretta dall’Islam a un ruolo di minorità, ma anche del maschio europeo”. “L’élite omosessuale, sempre più presente nei luoghi di potere, è l’immagine del maschio che fa a meno della donna. L’uomo gay indica la morte della società, condannandola a essere sterile”.
Allora, in cosa abbiamo sbagliato? A me viene in mente che è da mettere sotto accusa la famigerata coazione a ripetere, lo svuotamento di contenuti e la loro riduzione a reazioni-indignazioni-dichiarazioni identiche a se stesse a favorire la diffusione di questo pensiero. Che, ribadisco (e chiunque frequenti luoghi che non siano quelli privilegiati e dotti e – almeno in apparenza – levigati dall’appartenenza a un mondo di buone letture, lo sa benissimo) non è isolato.
Andiamo ancora avanti.  Dice ancora Ida Magli:
“Credo che le cose perdano valore quando se ne impadroniscono le donne. Penso alla psicoanalisi. Era una scienza nobile, fin quando era nelle mani degli uomini, dai padri fondatori in poi. Non appena si è creata la figura dell’analista donna, la psicoanalisi ha perso influenza, per lo meno nel nostro continente. Lo stesso vale per la scuola e la comunicazione. Gli uffici stampa sono pieni di donne, ma questo dimostra soltanto che le donne sono uno strumento di comunicazione fra maschi”.
Prima di saltare sulla sedia, riflettete sulle ultime tre righe: che sono drammaticamente vere. Ma nella prospettiva opposta a quella intesa da Ida Magli. Esistono professioni che vengono considerate – a torto, a torto, a torto – meno autorevoli “in quanto” vengono affidate alle donne (e non perchè le donne le rendano tali).
Infine. Alla domanda “c’è almeno un aspetto positivo nell’emancipazione della donna?”, l’antropologa risponde così:
“Il femminismo ha provato a intercettare il potere dei maschi e ha creduto di raggiungere il successo facilmente senza una riflessione su quello che ciò avrebbe comportato. L’unica conseguenza è che, con l’emancipazione femminile, si è distrutta la famiglia e si è abbassata la natalità”.
Ricordatele, queste ultime parole. Perché le sentirete ripetere molto spesso, nei prossimi mesi. E allora, che si fa, eh? Perché è facilissimo bollare la signora come traditrice: molto più difficile, e per me imprescindibile, fare quel che la stessa Magli sosteneva negli Ottanta, in appoggio ai movimenti. Agite sull’immaginario. Lavorate sui simboli. O perderete. Ci siamo riuscite, e riusciti? Se, per l’ennesima volta, guardiamo al mondo delle bambine e dei bambini, la risposta è no. Dunque, strategia vuole che si lavori su questo.

15 pensieri su “4. DISPOSIZIONI

  1. Dopo lo spiazzamento iniziale che fare? Andare avanti triplicando fatica, impegni e sforzi, nel quotidiano tutti i giorni, con le tante persone con cui viviamo che purtroppo condividono questi pensieri.
    Gli stessi pensieri li ha espressi ieri una mia collega 26enne: “In fondo noi donne siamo mamme e casalinghe per natura per noi non è così insopportabile l’idea di perdere il lavoro!”
    Segue mia tirata di venti minuti sull’emancipazione femminile e sulla parità! Spero di aver aperto una piccola breccia nella fortezza delle sue certezze, questa mi sembra l’unica strada, lunga, faticosa e incerta ma fermarsi ora non si può!
    PS Chiaramente Lippa oggi porterò alla mia collega i tuoi libri e “Il corpo delle donne” voglio vedere se dopo sosterrà la stessa tesi 😉

  2. L’ennesim* intellettualon* che scambia la causa con l’effetto. Complimenti anche a lei, e grazie per avercelo fatto sapere. A posto anche Ida Magli.
    Perché lo fa? E’ ipocrita? E’ superficiale? E’ vittima di pregiudizi la cui forza ha sottovalutato? Quale delle tre sarebbe una giustificazione valida? Nessuna. Quindi ciao Ida, è stato bello. Sì, lavoriamo con chi è più piccolo, lavoriamo sull’immaginario; quindi te non c’entri.

  3. Laura, la questione del “per natura” è quella centrale, secondo me. Lorenzo, il problema è che i piccoli sono bombardati. Su Facebook ho linkato un blog di mamme con sfilza di acconciature per il primo giorno di scuola (non è uno scherzo).

  4. Che si fa – si lavora dal basso, si sta in rete, si lavora sull’immaginario, si moltiplicano le storie, ci si fa sentire, non ci si perde d’animo.
    E anche se non basta, si va avanti.

  5. Sono bombardati, è vero, ma sono più sensibili e più curiosi – quindi molto meno ottusi degli adulti. I pregiudizi li sentono, prima di capirli, per questo ci si riesce benissimo a comunicare oltre gli stereotipi di genere.
    Sempre che lo si voglia fare, ovviamente.

  6. Che si fa? parlo per me: continuo a vivere/lavorare nei miei piccoli ambiti sull’immaginario sul simbolico e sul reale femminile senza chiedermi cosa è accaduto alla povera Ida Magli -anche se penso che spesso la biografia spiega più cose della teoria – sono tempi durissimi e le ragioni che spingono a questo regresso sociale e culturale mi sono abbastanza chiare già da qualche anno, contrastare questo processo non è affatto marginale, l’aspetto di “guerra alle donne” della politica contemporanea va affrontato e non sottovalutato.
    Affrontato con ogni mezzo.

  7. C’è chi invecchia in armonia con il mondo circostante e regala saggezza alle e ai giovani. C’è chi si arrocca su una posizione obsoleta e passata e vive di vecchia gloria.
    Ida Magli: a parte i lettori di qualche quotidiano che come sappiamo, non vengono letti, nessuno sa più chi sia. Per far sì che un pensiero resti attuale, è necessario che sia sostenuto dalla modestia permettendoci di essere in relazione con le generazioni che seguono.
    Che Bisogna rispettare e ascoltare. Nulla di tutto ciò trapela dall’intervista. Magli dimostra di non sapere nulla di cosa stanno pensando e facendo le ragazze. Quello che sa, probabilmente lo legge nei giornali che nulla conoscono del pensiero dei giovanissime/e.

  8. La Magli sta seguendo la stessa deriva che fu della Fallaci, e non mi starei troppo a preoccupare di una persona che sta semplicemente invecchiando male. Certo, che il suo approdo siano opinioni reazionarie e radicali (sempre in senso reazionario) è un problema, perché sta a significare che quell’approdo in questa nostra società esiste, ed è frequentato. Lavorare sull’immaginario e per il futuro è di certo la strada maestra per cambiare le cose in modo sensibile. Confesso però che, pur essendo da sempre allergico ai discorsi che vogliono ingabbiare le persone con la scusa della natura (sempre variabile, a seconda delle comodità contingenti dell’ingabbiatore), osservando crescere i miei due maschietti spesso ho come una sensazione di vertigine, vedendoli mettere in atto comportamenti che né in casa, né al nido possono aver imparato. Ma proviamo lo stesso a forzarlo, questo confine. O almeno, andiamo a vedere dov’è che risiede davvvero.

  9. Che dire, un’antropologa che dopo una vita di studio esterna queste cose… mi chiedo se stia bene. Il suo ‘ragionamento’ appartiene ai grandi classici dell’omofobia, d’altra parte, si sa, sessismo e omofobia camminano da sempre insieme. Quando ha parlato di ‘predominio gay’ ho riso; fa leva come molti sulle paure più profonde delle persone, una cosa così facile da fare soprattutto in un periodo così critico, e magari è spaventata anche lei. Il problema è che questo tipo di ‘argomentazioni’ ( vista l’ ‘autorevolezza’ della mente da cui escono) vengono riprese da chi fa comodo usarle per costruire strategie discorsive anti-femminismo e anti-gay. Complimenti a voi tutti per la voglia di lottare e l’energia che avete!

  10. Mentre leggevo ho pensato la stessa identica cosa di Maurizio, la Fallacizzazione dell’ ormone che parte per ignoti lidi e ti fa ciao ciao con la manina (ecco, certe volte bisogna parlare a livello del tuo interlocutore).
    E mi viene da pensare che forse è giusto così, è giusto che nessuno può monopolizzare il ruolo di maestro per 50 anni. Ci sono momenti in cui ti dice cose formative e altri in cui, evidentemente le dice ad altri. E sta a noi prenderci quello che ci serve e lasciar perdere il resto.

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