ACHILLE, LA TARTARUGA, IL MONDO DEL LIBRO. E LA LOMBARDIA.

Achille non raggiungerà mai la tartaruga. Il tempo non si ferma, o quando si ferma siamo fermi noi. Ci vorrebbe Zenone, o comunque ci vorrebbe qualcuno che prova a riflettere, fermandosi a sua volta, sulla nostra mutata concezione del tempo.
Sono nata in un tempo che cominciava ad accelerare, e che ha aumentato il ritmo fino al parossismo di ieri l’altro. Ieri l’altro, prima di tutto questo, quando le spunte sull’agenda, rigorosamente a mano, non bastavano, e quando avevi una pausa, un tempo di riposo, lo usavi per mettere meno a tutto quello che non eri riuscita a fare,  e ordina i libri sugli scaffali, e sgombra gli scatoloni, e togli le foglie dal povero giardino gelato, e finisci un lavoro, e due, e tre, e anche quattro, e manda mail, e prendi appunti, e studia, pelandrona. E ricordati che domani hai la sveglia all’alba perché hai un treno, due lezioni, una presentazione. E preparati lo zaino, i vestiti, i trucchi, i quadernini di appunti. Studia e zitta. E che tentazione, tutte le volte, di quella dérobade, dello scarto del cavallo davanti all’ostacolo, verso il tempo lento dei libri da scrivere, dei libri da leggere, delle passeggiate solitarie, della sigaretta fumata davanti al mare, o alla montagna. E tanto non lo potevi fare, bionda, non seccare: cerca i gatti gironzoloni, lava i piatti, prepara lo zaino, spunta gli impegni sull’agenda. Sorridi. Sorridi.
Questo era ieri, e oggi siamo relativamente fermi. Dico relativamente, perché chi ha il privilegio (sottolineo, privilegio) di lavorare da casa e soprattutto di essere vivo, al momento, molto spesso finisce col lavorare di più, molto di più, nel tentativo di far quadrare un bilancio che non quadrerà mai.
Comincia a farsi strada, in me almeno, che il prima fosse sbagliato. Che molte cose che avrei potuto non fare le facevo per abitudine. Non so se sia un bene o un male, ovviamente. Non credo che nessuno di noi, oggi, sia in grado di saperlo e di dirlo. Sappiamo però che dobbiamo trovare strade diverse, ed è fatale che sia così e l’auspicio è che si cerchino subito, invece di scannarci fra noi, come altrettanto fatalmente avviene: proprio nel mondo del libro, che mai come oggi avrebbe bisogno di lucidità e, sì, di comunione di intenti per uscire fuori dal disastro, come scriveva ieri Nicola Lagioia su Internazionale:
“C’è bisogno che le parti si parlino tra loro, discutano e – al di là delle cifre stanziate, che pure sono fondamentali – affinino strumenti d’intervento, misure ad hoc (ogni settore ha le sue peculiarità), verificandone in tempi brevi la praticabilità con i referenti istituzionali. Mentre il governo sta fronteggiando una spaventosa crisi sanitaria, e una partita complicatissima in Europa, dovrebbero essere insomma gli addetti ai lavori a farsi avanti, e dovrebbero farlo dando un segnale di unità mai visto prima. Editori, librai, distributori, bibliotecari – cui vanno riconosciuti moltissimi meriti per come hanno resistito in queste ultime stagioni – dovrebbero superare silenzi, diffidenze e ostilità reciproche (vedi la recente battaglia sugli sconti), portare il discorso al di là delle associazioni di categoria (ci sono tra l’altro importanti editori che non fanno parte di nessuna di esse), ammettere che in un periodo di crisi gli obiettivi che li uniscono sono più di quelli che li dividono, trovare pochi ma fondamentali punti cari a tutti e battere su quelli”.
Non so se succederà, sono un filo pessimista purtroppo, perché più un mondo si percepisce come piccolo (e non lo è, né è ininfluente) più si scontra. Ma è quello che occorrerebbe fare, e insieme occorre pensare e pensare e pensare, perché dobbiamo ridisegnare parecchie cose, se solo se smettesse di sguainare le zanne e gli ego.
Perché le zanne, semmai, andrebbero sguainate altrove. Per chiedere conto della catastrofe lombarda, e di quei morti che continuano a salire, e di tutti coloro che chiusi nelle loro case, e non poche volte soli, bruciano di febbre, prendono la tachipirina come raccomandato al telefono, non un tampone, non un soccorso, e aspettano di capire se vivranno o moriranno.

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