ADAGETTO DEL WEEKEND

Questo weekend è più duro, sì. Intanto, siamo alla fine di un’altra settimana, la seconda. Abbiamo passato il primo momento di adrenalina e forse euforia. I video, i consigli di lettura, le presentazioni in streaming, i film, le serie, il giardinaggio, i libri, il pane, le torte, il lavoro a maglia, la ginnastica sul tetto, o in corridoio, o dove capita. I flashmob sui balconi. Chtulhu, quando capita. Gli oroscopi (mamma, come non invidio gli astrologhi in questi giorni). La musica.
Abbiamo stretto i denti, e pensato che sarebbe stato facile. Non è facile, e lo stiamo constatando giorno dopo giorno. Ci riuniamo attorno ai bollettini del tardo pomeriggio, restiamo immobili, preda di un’orrida fascinazione, davanti al telegiornale, e finito uno si passa all’altro, finché è ora di cena. Siamo spaventati, smarriti, piccoli. La mattina ci svegliamo con la stessa domanda di quando abbiamo chiuso gli occhi: sto sognando? succede davvero? E poi piangiamo un po’, e andiamo avanti, non sapendo bene dove.
E’ così per tutti, e forse nella settimana che verrà saremo appena più sereni, o forse no, forse invece la rabbia crescerà e ci affacceremo al balcone a urlare più forte contro i runner, o magari qualcuno, come fa già ora un mio contatto che forse bannerò, chiederà su Facebook: “Qualcuno sa se nei tabacchi ci sono anziani che vanno a giocare alle slot, gratta e vinci etc..?”, e altri risponderanno indicando con precisione luogo e ora, come se questo fosse utile, come se questo compensasse il nostro sgomento (scontento è un po’ troppo poco). Forse qualcuno non smetterà di piangere. Forse no.
Che consiglio può dare una che è nella stessa situazione, fatto salvo il non piccolo conforto di poter lavorare da casa? L’opposto di quel che ho sempre pensato. Sono stata sempre convinta della necessità di sguardi lunghi e di progetti a lungo termine: oggi sento la necessità di progetti piccolissimi. Preparare la trasmissione, che oggi va in onda da casa, nella camera che è stata di mia figlia fino a qualche mese fa. Concedersi quel bicchiere di vino a diretta finita, sperando che vada tutto bene e i gatti non mastichino i cavi e non miagolino nel microfono. Cercare un buon film per la sera. Al massimo, progettare un avanzamento della ripulitura e potatura in giardino per domattina, ma non oltre. E’ un privilegio, ne sono consapevole. Questo non mi salva dal dolore.
Lo so che pensiamo tutti la stessa cosa, pensiamo che eravamo felici e non lo sapevamo. Ma ora che ce lo siamo detti, proviamo a cercare altre felicità, magari piccole, insignificanti. Siamo creature che non rinunciano mai a sperare, e questo è quanto di più prezioso abbiamo. Buon weekend, commentarium, e che sia il più sereno possibile.

4 pensieri su “ADAGETTO DEL WEEKEND

  1. “Quando l’esperienza del vivere si fa pesante all’anima e si fatica a trovare l’energia vitale necessaria per stare alla ricerca di senso, può accadere di esperire la fatica di sostenere il flusso continuo dei pensieri e delle emozioni”.
    Luigina Mortari, Aver cura di sé.
    Pensare è fatica e dolore in questi giorni: penso a mia madre lontana, sola, con i suoi quasi ottanta anni. Penso ai miei figli, li ho qui con me, li guardo e li vedo forti e coraggiosi, ma anche fragili e spaventati, se guardo meglio. Penso al compagno della mia vita, sopravvissuto al cancro.
    Mi concentro sulle piccole cose che mi hanno sempre dato conforto, nei tanti momenti duri di un’esistenza come tante.
    Ti abbraccio, da lontano si può.

  2. Quando eravamo felici? Credo che essere felici non sia legato ad un periodo, ma attimi. Si può essere sereni, contenti, per periodi, ma per come la vedo io la felicità è uno scatto, un frammento, un nanosecondo che dopo uno schiocco di dita sparisce come dopo un risveglio in mezzo ad una notte profonda. Oggi quell’attimo l’ho visto negli occhi di mia figlia, nei suoi 21 anni, dal poggiolo che salutava e rispondeva agli auguri fatti attraverso una mascherina dall’unico passante (col cane al guinzaglio) giù in strada. E ne arriveranno altri, oggi, domani, perché qualcosa cambierà in futuro, ma non i nostri sacrosanti, intimi, plateali, segreti, timidi, inaspettati, attesi, desiderati, scontati, esplosivi, unici, frammentati, veri , attimi di felicità.

  3. Quindi anche in questo caso, mi piace pensare che la malattia non ha influito sulla percezione delle emozioni, delle piccole e grandi cose che ci trapassano.

  4. Buona sera Loredana,
    che dire? Qualche giorno fa scherzavo con una mia amica e le raccontavo che non mi capitava di vedere mia moglie così spesso da quando ci eravamo sposati, quattordici anni fa. Poi, continuando a fare battute sciocche, le dicevo che in effetti, approfittando della Covid-follia, la convivenza forzata stava accelerando il processo di distruzione dell’ultimo servizio di piatti e che stavamo per mangiare in ciotole o, forse, presto saremmo tornati ai truogoli. Questa situazione di quasi divertimento iniziale ci sta facendo in qualche modo regredire verso stadi di barbarie. A mo’ d’esempio dirò che oggi, in chat con DS e colleghi docenti, ben due colleghi miei si sono presentati in video col pigiama! Non so che dire, sul serio. Sul finire del tuo post dici: “Questo non mi salva dal dolore”. Mi hai riportato a Cameron e al suo bel romanzo, Un giorno questo dolore ti sarà utile. Da quando viviamo ciò che ancora non riusciamo pienamente a comprendere sono certo che questa è davvero Storia, e Storia che si vive globalmente. Ho avuto un attimo di paura. Ho sentito che la nostra specie poteva vacillare. Ho visto che, poi, siamo solo una tra le tante ipotesi di vita sul pianeta e che nessuno sta qui per sempre. Quando capiremo, forse, ciò che noi stessi abbiamo voluto, saremo in grado di trasformare, spero, in utilità tutto questo dolore. I Tartari si sono fatti aspettare tanto da Giovanni Drogo e, alla fine, sono arrivati. Capiamo sempre tardi la portata delle nostre azioni, a quanto pare. Nel mio angolo di reclusione, ho ricreato per me un universo-Bastiani da dove, approfittando della deriva della didattica a distanza, ho deciso di fare giornalmente video in cui leggo libri. Scrivo su fb una lista di titoli e chiedo di scegliere pagine, capitoli e autori. Trascorro i pomeriggi leggendo per me e regalando distrazione agli altri. Questo mondo, una volta così grande, adesso così globalizzato, è divenuto ad un tratto ancora più piccolo. Non pensavo potesse accadere, ma paradossalmente ci sono molte più persone attorno adesso. Sembra assurdo dirlo, da rischiarci il linciaggio, ma sono convinto che un giorno si vedranno anche dei lati positivi emergere da questa inconcepibile vicenda. A.

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