AH, LE MIE LISTE: CAPITOLO SECONDO

Torno sulle liste di editori che chiedono contributi per la pubblicazione, sempre o in alcuni casi. Con alcune novità, alcune precisazioni, alcune riflessioni da sottoporvi.
Prima le precisazioni.
Iacobelli, presente nelle liste di editori “doppio binario”, stilate da Writer’s Dream secondo un’accezione vasta, che includeva sia gli editori che saltuariamente chiedono denaro per la pubblicazione sia quelli che chiedono una forma di contributo più generica (iscrizione a un concorso per valutazione di manoscritti, per esempio), mi ha inviato questo testo, in cui specifica di aver chiesto fino a qualche tempo fa contributi, ma di non seguire più questa pratica. Accolgo la precisazione (ho inserito nella pagina la specifica) e pubblico, con il loro consenso, la mail:
A seguito di una segnalazione che inserisce la nostra casa editrice fra gli EAP e doppio binario, sentiamo l’urgenza di una rettificare le informazioni riguardo la nostra attività editoriale.
La casa editrice Iacobelli nasce sei anni fa come costola di una tipografia che vanta una tradizione di quattro generazioni di stampatori ed è rinomata nel panorama dell’editoria romana.
La fatica di sopravvivere nel mondo editoriale ci ha imposto inizialmente di  viaggiare su due binari: quello a pagamento, attraverso la valutazione di manoscritti inviatici di autori esordienti e la proposta, qualora i testi rispondessero ai nostri canoni, di acquistare un numero di copie che consentisse di ripagare i costi di stampa, e quello non a pagamento, che tuttavia ci ha permesso di pubblicare ben pochi volumi nei primissimi anni.
Da tempo però abbiamo deciso di abbandonare questo doppio binario per provare a camminare con le nostre gambe.
Ci teniamo a precisare che non è certo nostra intenzione condannare o biasimare le case  editrici che contemplano la possibilità di ricevere un contributo per la pubblicazione.
È chiaro che sarebbe il sogno di tutti gli editori pubblicare quello che più li appassiona, ma tutti facciamo i conti con le vendite e l’interesse del pubblico, per cui questa potrebbe risultare una soluzione di comodo che in un certo qual modo sostenga l’impresa, soluzione che peraltro anche noi abbiamo adottato, pur senza slittare nella sfera del print on demand.
Oggi la Iacobelli editore, a cinque anni dalla sua nascita, con passione e innumerevoli sforzi, continua a perseguire l’obbiettivo prefissato da tempo: pubblicare libri belli, perché curati in ogni fase, e necessari, perché cercano di capire di più il presente reale nascosto da quello virtuale.
Non siamo ancora diventati grandi, ma crediamo che siano scelte come questa a farci sentire un po’ più grandi di ieri.

Ho ricevuto una smentita anche da Besa. Ho fatto loro notare che esisteva in rete un lungo articolo dove si specificava che la casa editrice praticava, appunto, il doppio binaro. Pochi minuti dopo l’autore dell’articolo (risalente a qualche anno fa) mi ha comunicato che l’articolo stesso era impreciso. Ho allora fatto presente a Besa che nei materiali forniti da Writer’s Dream era documentata una richiesta agli autori di non inviare manoscritti se non finalizzati alla pubblicazione con contributo.
Mi è stato risposto che al momento, causa assenza della direzione, è troppo complesso fornire spiegazioni. Dunque, per ora reinserisco Besa nell’elenco del doppio binario.
Ho invece spostato Robin da “a pagamento” a “doppio binario” dopo le reiterate precisazioni di un’autrice che, contratti alla mano, afferma di non aver pagato nulla.
Qui, peraltro, ci starebbe una considerazione. Anzi, ci sta.
Pubblicare le liste non significa mettere all’indice nessuno. Significa informare e non condannare. E’ proprio il clima da “si fa ma non si dice” ad avvelenare i pozzi: che se ne parli, serenamente e senza sentirsi demonizzati.
Altre precisazioni: ho tolto quegli editori che, con toni diversi, hanno specificato che non chiedono contributi e che erano stati messi  in lista per l’organizzazione di concorsi rivolti agli esordienti. Si tratta di Giulio Perrone e, come si constata dai commenti all’altro post, di Delos Book.
A proposito di toni: ho tolto dunque dal doppio binario anche Socrates, che invitava gli esordienti a leggere i loro libri prima di inviare manoscritti. In questa fase, preciso, tolgo non appena mi arriva una segnalazione, consulto il materiale a disposizione e, eventualmente, reinserisco. E così faranno le altre persone che stanno pubblicando le liste. Questo è, ovviamente, un work in progress. Ma sarebbe bello che potesse svolgersi senza insulti e scene madri. Trovare le parole “stronza, cialtrona, infame” in una ventina di bacheche Facebook (questo ha fatto l’editrice di Socrates) non rende certo propositiva la discussione.
Propositivo, invece, e correttissimo, è Piero Manni: mi ha inviato una mail di cui lo ringrazio e che pubblico. Augurandomi che il confronto possa essere sereno, sia da parte degli autori che degli editori. Grazie.
Vorrei, brevemente e schematicamente, chiarire le ragioni di Manni.
1. L’accelerazione dei processi di concentrazione editoriale, non solo e non tanto della produzione quanto e soprattutto della promozione e della distribuzione, stanno mettendo in ginocchio la piccola editoria. Alcuni piccoli chiudono, altri (nella convinzione che la lettura sia lo strumento principale della crescita personale e sociale) insistono, magari ricorrendo a risorse racimolate al di fuori della casa editrice.
2. Ci sono libri, che possono risultare importanti ed utili, che sono in partenza “fuori mercato”, per i quali ossia si sa già che la vendita non coprirà i costi di produzione: tutta la poesia, ad esempio: ci saranno in Italia sette, otto poeti i cui libri vendono quelle seicento copie necessarie a raggiungere il fatidico break even point; l’editore è uno che ha una azienda, i cui conti a fine mese non possono essere in rosso, altrimenti dopo sei mesi chiude. Che facciamo? non pubblichiamo più poesia? E anche per tanta narrativa, specialmente quella innovativa, originale, vale lo stesso discorso; ed anzi vale per tutta la narrativa di autori nuovi pubblicati da piccoli editori la quale, salve pochissime eccezioni, in libreria non ci arriva. Che facciamo, gli esordienti non si pubblicano più?
3. Quando arriva in redazione uno di questi libri che ci convince, proponiamo all’autore di sobbarcarsi le spese, preventivamente chiarendo sino alla pignoleria che offriamo in cambio in termini di promozione e di distribuzione: in alcune occasioni è successo che un libro, per i propri meriti e col nostro supporto, ha conseguito risultati maggiori di quelli ai quali ci eravamo impegnati. I dattiloscritti che rifiutiamo, dando comunque una risposta nei tempi ragionevoli indicati nel nostro sito, sono di gran lunga maggiori di quelli che accettiamo.
4. Ovviamente, pubblichiamo poi i libri “a rischio imprenditoriale”: qualche volta va bene, qualche volta sbagliamo, qualche volta fingiamo (quale editore non capisce che pubblicare “Tutte le poesie” o “Itto itto” del grande e sconosciuto Edoardo Cacciatore, due volumi di 6-700 pagine ciascuno, non porterà grandi incassi?). Paghiamo con puntualità i diritti agli autori di ambedue i binari.
5. In casa editrice, lavoriamo in quattro di famiglia: solo uno percepisce un salario, gli altri tre hanno un diverso reddito. Che ci azzecca (una citazione colta ci sta sempre bene)? Nulla, così, per aggiungere elementi di chiarezza…
6. Non vedo nella lista del doppio binario alcuni nomi importanti: Mondadori, Rizzoli, Einaudi,  e le altre decine di grandi e stimati editori che pubblicano a spese delle Università, di enti pubblici, di fondazioni, comunque con risorse pubbliche che passano attraverso canali di rado trasparenti. E non dovrebbero stare nella lista anche una buona fetta di quotidiani i quali vengono finanziati coi nostri denari o “in chiaro”, per legge deprecabilmente a rischio (e questi sono i casi migliori), o mediante scambi occulti di pubblicità contro condiscendenza e silenzi?
In conclusione, io credo che la questione delle pubblicazioni a pagamento sia più complessa di come viene presentata; un elemento, ad esempio, del quale si tien poco conto è che ci sono delle differenze, anche all’interno delle liste (non di proscrizione, mi auguro), tra editore e editore. Ma, si sa, il pensiero unico e debole consiste nella semplificazione e banalizzazione: pazienza.

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