SCRIVERE A PUNTATE

L’idea di Zoom è questa: una collana digitale Feltrinelli a basso prezzo. Ovvero, come leggo, “al costo di 0,99 euro i primi venticinque titoli della collana, disponibili su tutte le piattaforme di vendita online in formato ePub (DRM Adobe)”.
Primo titolo, con il capitolo d’esordio scaricabile gratuitamente da oggi, Bandùna. Lo scrive, a puntate settimanali, Alessandro Mari,  autore di Troppo umana speranza (Premio Viareggio, 2011), con uno sguardo alla tradizione della pubblicazione a puntate. Un estratto qui sotto:
Affiorano dall’oscurità. Visi di uomini. Entrano nel cono di luce della torcia, si lanciano contro di lui, inveiscono, sputacchiano di foga e indietreggiando svaniscono. Sono centinaia, o forse neppure una decina.
“Chi sei? Fuori il nome!”
“Ti manda il Barone?”
La notte ha occhi di stelle, e altrettante mani invisibili che percuotono lo stomaco, le reni, rompono il respiro. Il nordico però non reagisce. L’hanno scoperto, abili lo sono senz’altro, così pratici dei dintorni da muoversi nel buio pesto con strategia, sicché a lui non rimane che mettere in scena un poco di tempra. Perché l’istruzione che si riceve per le strade non è un apprendistato alla sopportazione, alla furbizia e alla prevaricazione. Non solo. La sopravvivenza è una lingua, la cui sintassi è anzitutto la teatralità.
“Ti sei mangiato la lingua?”
“Diamolo ai porci. Loro sì che scopriranno se ce l’ha ancora, una lingua.”
“Riportiamolo all’Asino che Sale e buttiamolo di sotto, dentro i morsi della fragaglia: i pesciolini son ghiotti di muscolo!”
Poi una voce di donna attraversa le altre come un dardo scagliato dentro una nuvola di temporale. Il volto è nell’alone della torcia. Linee e spigoli. Duri gli zigomi, aguzzo il mento, prominenti le arcate sopraccigliari. La fronte ariosa; il naso, invece, tondo come un bulbo di fiore. Nel poco di luce gli occhi scintillano come smeraldi. Virginali.
Protende il collo nella posa di una chioccia; poggia le mani sui seni e raccoglie i gomiti contro il torace come volesse tenere le ali a riposo.
“Il vostro nome, ve ne prego.”
Il nordico alza la testa malgrado la presa maschia ai capelli, rinviene dal dolore delle percosse, e le fa la cortesia.
“Caspar.”
“Sarebbe un nome?” sbotta qualcuno prima di assestargli un cazzotto.
Il nordico dondola la mandibola; ne prova la tenuta, sfiora i denti con la punta della lingua per sincerarsi che non difettino, poi precisa: “Il mio nome è Caspar.”
“Lombardo?” chiede mordace un uomo.
“Ha l’aspetto di quei damerini del settentrione d’Europa. In certi porti ne ho visti alcuni tali e quali a femmine, lo giuro.”
“Da dove venite?” torna a farsi sentire la donna.
Il nordico attende il suo volto.
“…”
“Da dove? Ve ne prego.”
La fronte, gli zigomi, il mento fuoriescono dall’oscurità. Le labbra sono le ultime, già immobili.
“Dal nord.”
“Da dove!” s’infuria un uomo.
“Dov’è la vostra casa?” specifica la donna.
“Non ho una casa da molto tempo.”
Uno della masnada, da dietro le quinte della notte, prorompe in un frigno farsesco: iattura, non ho una casa, non ho una casa. Un altro incalza: “E sei venuto a cercartela qui?”
“…”
“Hai deciso di parlare solo con la Papessa?” lo schiaffeggiano.
“…”
“Questo qui mi farà uscire dai gangheri! Papessa, sarà mica l’uomo che hai nascosto per tutto ’sto tempo e che t’ha tolto la voglia di noialtri?”
“Perché siete venuto?” dice la donna senza controbattere, e riappare. Assieme alla lama di un rozzo temperino.
“Perché siete venuto?”
La voce è dura quanto la punta della minuscola lama che oramai carezza l’ombelico del nordico.
“Per l’ultima volta: perché?”
“Volevo andare al terremoto.
Per un istante ci sono solo il crepitare della torcia e il chiasso lontano.
“Come avete detto?” sussurra poi la Papessa.
“Raccontala a un altro!” s’intromette un uomo.
“Sei venuto per capire come gabbarci. Una spia del Barone, ecco chi sei!”
“Finitela!” inveisce la Papessa, e le sue parole si propagano algide e bianche quanto un giorno di gennaio.
“Mica vorrai berla? Quelle tue orecchie di donna devono essere marce.”
“Come avete appreso la nostra storia?” domanda lei.
“Voci. Volta a volta differenti, ma tutte parlavano di voi. E due settimane fa ho deciso di partire.”
“Perché?” insiste lei.
“Perché non mi resta altro che andare al terremoto.”

3 pensieri su “SCRIVERE A PUNTATE

  1. Il DRM in realtà parrebbe social, quindi solo un più pratico watermark (evviva).
    Finalmente un utilizzo creativo del libro digitale, anche in Italia! Brava Feltrinelli e bravo Mari, lo leggerò.

  2. ciao cara, ho letto il tuo pezzo su D del 10 dicembre. Sei fantastica, mi hai fatto morire dal ridere e mi hai insegnato che esistono i troll!
    Buon lavoro e a presto! (e non hai il culo sceso)

  3. Hey, come mai così pochi commenti a questo post? E io che speravo di venire qui a imparare qualcosa da chi la sapeva lunga su questi argomenti… E’ che la letteratura a puntate ha sempre esercitato un certo fascino su di me, ma non so se sarei disposta a pagarla, sono stata abituata a leggerla (l’ho fatta anche una volta, è stato stupendo) in rete for free per cui, non so, sono intrigata e al tempo stesso cauta sull’idea di Feltrinelli.

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