ATTENZIONE, VIRUS

Questo è un post sgradevole, siete avvertiti.
Lo è necessariamente, perchè la sensazione di star correndo un rischio si fa più forte di giorno in giorno.
Il rischio riguarda la “questione femminile”, ed è quello che la medesima, esplosa a grande popolarità mediatica dopo il caso Noemi-D’Addario, venga ora edulcorata, addomesticata, resa innocua.
Primo esempio.
Il Ministero per le Pari Opportunità sembra ormai impegnato in mille battaglie: sembra, anzi, avocare a sè la primogenitura e la gestione di quelle battaglie (purchè vengano condotte secondo i suoi dettami: ne ho avuto, di recente, il sentore, parlando con una donna non italiana che voleva organizzare una conferenza nel suo paese). Un esempio su tutti: la  recente giornata contro la violenza sulle donne, con invio dei braccialetti bianchi a non pochi organi di informazione affinchè, nelle proprie sedi, promuovessero l’iniziativa. Bene, benissimo (o quasi: quanto aiuta l’esternazione didascalica di Claudia Mori a X Factor? Poco, e ne abbiamo già parlato).
C’è un però: ed è che quello stesso Ministero, anzi, la ministra Mara Carfagna, si è così espressa in aula un anno fa, nel giugno 2008:

Il Governo ha piena contezza della gravità del fenomeno della violenza sulle donne e del suo costante aumento nel Paese nel corso degli ultimi anni. In tale ottica, appaiono pretestuose ed eccessive le critiche rivolte al taglio operato nei confronti del Fondo per la lotta alla violenza alle donne, posto che si è proceduto ad esso nella consapevolezza che i centri di contrasto alla violenza dovranno costituire oggetto di una seria riflessione in quanto solo il 2,8 per cento delle donne si rivolge ad essi. A ciò si aggiunga che presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito un Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità le cui risorse ammontano a 72 milioni di euro: grazie ad esso sarà quindi senz’altro possibile promuovere un ampio spettro di azioni di contrasto alla violenza sulle donne”.


Peccato che pochi giorni fa la senatrice Pd Vittoria Franco ricordasse :
In Italia occorre sostenere i centri antiviolenza con risorse adeguate, visto che i dati dimostrano che laddove sono presenti il fenomeno diminuisce. E’ necessario sostenere e tutelare le donne che decidono di denunciare le violenze subite, e devo dire che su questo tema specifico aspettiamo ancora che il governo stanzi risorse adeguate.
Esempio numero due: più piccolo, ma non meno significativo.
La COPEAM è la Conferenza Permanente dell’Audiovisivo Mediterraneo: agisce all’interno della Rai, e al suo interno è attivo un gruppo di donne  che si interroga su genere e televisione. Fin qui, tutto molto bene.
Il gruppo donne COPEAM  è presente agli appuntamenti cardine come Cartoons on the bay e Prix Italia, con tavole rotonde titolate con grande pertinenza (tipo “Dalla Pimpa alle Winx”) ma con  contenuti che sembrano non voler disturbare troppo il manovratore.
E’ il caso, si teme,  dell’incontro che si terrà a Torino il 25 settembre. Titolo: Donne tra memoria e futuro. Argomento: la televisione e la rappresentazione femminile. Roba forte e roba urgente, soprattutto. E nel comunicato stampa questo viene sottolineato:
I rapporti tra i generi messi in scena nelle trasmissioni televisive non sono interpretabili senza un riferimento a ciò che avviene nella società, dove questo stesso tema è al centro di un conflitto irrisolto in cui permangono discriminazioni che tendono a mantenere la donna in un ruolo di subordinazione e dipendenza.  La televisione è sicuramente uno dei luoghi di produzione dei valori sociali e tuttavia non è essa ad inventarli né è essa la detentrice di un potere trasformatore illimitato.
Certo che no. Ma il ruolo della televisione non è neanche trascurabile, specie dalla fine degli anni Ottanta ad oggi. Benissimo: è esattamente di quel periodo che la tavola rotonda NON si occuperà, rivolgendosi esclusivamente a quella degli anni Settanta e Ottanta. Dopo di che, buco e salto nel fantastico mondo dei new media, con Caterina Guzzanti che propone la sua “ragazza Facebook”.
Si discuterà di Miss Italia? No. Si mostreranno le immagini de Il corpo delle donne di Lorella Zanardo? Neppure. Si farà un’analisi del corpo femminile in pubblicità? E perchè mai? Passato e futuro. Il presente non interessa.
Ora, i famosi “stati generali su genere e comunicazione” sono tutt’altro che un’utopia (ci stiamo lavorando): e sono urgentissimi. Perchè il rischio (rieccolo) è quello che, moltiplicandosi le iniziative trendy sul femminile, i discorsi vengano annacquati, e l’attenzione su problematiche sociali, culturali, politiche ancora irrisolte si abbassi. Per saturazione.
A meno che, certo, chi partecipa a quegli appuntamenti abbia il coraggio di rovesciare il tavolo: come mi auguro facciano, a Torino, le donne che a quel tavolo siederanno.

12 pensieri su “ATTENZIONE, VIRUS

  1. Hai centrato il punto, Loredana: dal passato al futuro, senza scomodare troppo l’attualità. Sono pienamente d’accordo su tutto ciò che hai detto.
    E sono d’accordo anche sul fatto che non è (SOLO) un problema di berlusconismo, ma di:
    (1) NON volontà (a destra come sinistra) di criticare e scomodare persone, posizioni, assunti non criticabili né scomodabili, pena l’ostracismo dai posti e salotti “giusti” (ecco perché il tuo post è mooolto antipatico, brava!);
    (2) difficoltà collettiva (sociale e potremmo dire… antropologica?) di guardare ciò che sta sotto gli occhi di tutti, che sta vicino, sta in casa, sta dentro di noi (ed ecco perché pochi commenti quando scrivi post come questo…).
    Diceva qualcuno che il peggiore difetto degli esseri umani non è la miopia, su cui tutti accusano tutti (“visione miope” e compagnia bella), ma la PRESBIOPIA: non si vede ciò che è vicinissimo.
    Ovviamente non sto parlando di presbiopia legata a ragioni anagrafiche, anzi capita spesso il contrario: ci vuole molta esperienza ed equilibrio, inclusa una buona dose di coraggio, per guardare molto vicino e vedere davvero qualcosa.
    Però alcuni/e questo coraggio cominciano ad averlo.
    Confido nel fatto che sia contagioso, perché, una volta che hai preso coraggio e visto qualcosa, è molto liberatorio.
    🙂
    Ciao!

  2. E’ vero Loredana, questo rischio c’è, ci vogliono far credere che mettendoci un bel fiocchetto all’occorrenza rosa o bianco abbiamo fatto il nostro passo avanti verso l’emancipazione. L’aspetto visivo basta alla causa…brutta situazione, dobbiamo tenere occhi e orecchie bene all’erta.

  3. Ciao Loredana,ho iniziato a seguire il tuo blog dopo aver letto il tuo prezioso libro. Io sono laureata in scienze della comunicazione da 3 anni, specializzata sulle comunicazioni di massa. Quello che mi è sembrato mancasse nei nostri discorsi all’università era appunto uno sguardo “critico” al mondo dei media, come se ci sforzasse di essere “neutri” per risultare scientifici. Le prese di posizione politica erano roba da anni 70 (per esempio Adorno sulla musica moderna o gli studi sociali su donne e media in Inghilterra).
    I miei professori non vedevano l’ora di poter negare il potere di mistificazione della TV che, che loro stessi avevano sostenuto 30 anni prima, ormai considerata una visione marxista e dunque superata. Ma mi chiedo, come fai tu nel tuo post: ma sarà vero che “ La televisione è sicuramente uno dei luoghi di produzione dei valori sociali e tuttavia non è essa ad inventarli né è essa la detentrice di un potere trasformatore illimitato”? Quando la TV è l’unica fonte di informazioni sulla realtà e quando le informazioni fornite sono univoche e ingannanti, siamo proprio sicuri che la TV non sia in grado di manovrare o peggio sedare le menti? Intanto è sicuramente vero che è in grado di decidere l’agenda dei media, per cui molti argomenti vengono esclusi a priori (v.l a violenza sulle donne, menzionata solo nell’ottica razzista dello scontro fra culture, fra noi e gli stranieri).
    E comunque più dei telegiornali manipolano le trasmissioni leggere in cui vengono forniti modelli di comportamento caratterizzati da una visione ideologica della realtà che viene presentata come normale, quando in realtà è una visione reazionaria, sessista,razzista. Penso ad esempio alle finte situazioni reali dell’”Italia sul due”,(adesso non so se lo fanno, quando ero all’università me ne ricordo) in cui venivano proposti i problemi “reali” delle famiglie. Per esempio i genitori che non accettano che il figlio ami una donna divorziata o che la figlia ami un uomo straniero. Comportamenti presentati come normali quando in realtà seguono modelli di comportamento reazionari.
    Peggio ancora le pubblicità, ugualmente subdole ma più dannose perché l’informazione viene fornita in modo martellante e continuativo, non all’interno di una narrazione ma in modalità didascalica appunto, come a fornire un esempio, uno schema da seguire. Una visione della realtà che finisce per far apparire normale che una donna debba provare vergogna in spiaggia indossando un poncho invernale per nascondere la pancia gonfia (causa stitichezza nella fattispecie) che rovina il suo fisico scheletrico.
    Ciao Loredana!

  4. Be’, sì, il post è antipatico, ma anche la situazione non scherza. Quindi il post, in quanto sommamente antipatico, è sommamente opportuno.
    E comunque: l’affermazione “la televisione è sicuramente uno dei luoghi di produzione dei valori sociali e tuttavia non è essa ad inventarli né è essa la detentrice di un potere trasformatore illimitato” è più che discutibile.
    La distinzione tra “invenzione” e “produzione” di valori sociali è campata per aria.
    I valori sociali si inventano, oibò, producendoli… attraverso comportamenti condivisi.
    Che l’invenzione di un valore sociale sia schiodata dalla produzione di qualcosa che quel valore esprime o veicola o interpreta mi sembra improbabile.
    In realtà, che l’invenzione di qualcosa sia schiodata dall’espressione comunicabile del qualcosa che è stato inventato è -ne sono piuttosto certa- del tutto improbabile.
    Il fatto è che la televisione non inventa né “produce” valori sociali per il semplice motivo che non è in grado di comportarsi.
    Fa una cosa più sottile: è uno strumento straordinariamente potente (in un paese dove pochi leggono, e pochissimi capiscono quel che gli capita di leggere) per diffonderli, promuoverli, renderli comprensibili e desiderabili e adottabili attraverso la narrazione e la rappresentazione.
    Insomma, la tv rimastica valori sociali (e molta altra roba) rendendo tutto quanto digeribile, comodamente e senza pensiero, per pubblici molto vasti.
    Offre “esempi” e “modelli”: il modo più efficace che c’è per insegnare qualcosa. E soprattutto qualcosa che riguarda i comportamenti.
    In sostanza: la tv non inventa valori, ma ne promuove alcuni proponendo modelli di comportamento che rimandano ai valori implicitamente promossi.
    Il punto è: quali valori sociali? L’avvento delle tv private nei primi anni ’80 (chi c’era dovrebbe ricordarselo) ha scardinato con grande violenza, rivoluzionandolo in un tempo davvero breve, il pacificante, soporifero, apparentemente immutabile pacchetto di valori tradizionalmente veicolato dalla tv di stato. E anche tutte le regole consolidate del settore, comprese quelle non irrilevanti della raccolta pubblicitaria (che riguardano, signori, i danée. I soldi, insomma).
    Non parlare di ‘sta roba significa non poter (non voler?) dire e, magari, capire quel che è successo. E quel che sta succedendo.
    Sigh.
    Il guaio ulteriore è che parole sfuocate creano rumore. E nel rumore tutti i discorsi si equivalgono, e niente più significa niente.
    Sarà per questo che si continua a parlare, cercando un senso, quasi solo in rete?
    Ciao.

  5. Ma come si fa a non banalizzare il discorso, quando anche per le ragazze adulte (e laureate) di questo paese la massima punta di femminismo (brutta parola poi questa, per loro) è la campagna pubblicitaria della Dove? Considerato l’infame livello dell’istruzione che ci ritroviamo, (piaciuto l’ossimoro ‘ragazze adulte’?) e tutto il contesto politico e mediatico e di consumo, cosa si fa?
    Urge aiuto, allora è vero. Io porto sempre la discussione a casa, anche per strada a volte, e ogni volta mi prendono per un pazzo.

  6. Concordo con Anna Maria quando dice che le parole sfuocata creano rumore, e nel rumore tutti i discorsi si equivalgono.
    E allora ben vengano parole nette e antipatiche.
    Peraltro a me pare incomprensibile questa cautela nei confronti del potere della televisione, quando lo stesso Berlusconi ha detto recentemente “La televisione è il grande veicolo di democrazia per influire sulle masse”, formulazione che in modo molto più articolato era già stata anticipata dal Piano di rinascita democratica della P2, , documento ormai ampiamente pubblico e su cui Gelli, se interrogato, risponde senza nessuna timidezza e con molto compiacimento.
    Oltretutto che ci si serva della televisione per influire positivamente (ognuno interpreti questo aggettivo come vuole) sui comportamenti delle persone anche alla luce del sole non è un segreto. In questa intervista lo psicologo Albert Bandura è molto esplicito e mi sembra che non esprima dubbi sulla capacità della televisione di influire in modo determinante sui comportamenti.
    Poi, certo, si può anche criticare questo approccio al discorso, si possono portare altre testimonianze e altri studi a disconferma di certe affermazioni, ma partire con una dichiarazione del tipo “La televisione è sicuramente uno dei luoghi di produzione dei valori sociali e tuttavia non è essa ad inventarli né è essa la detentrice di un potere trasformatore illimitato” mi pare quanto meno un po’ ambiguo.

  7. Ieri sera avevo postato faticosamente un intervento che non vedo pubblicato.
    Niente di che, era solo per dire che non è vero che certi post antipatici non sono apprezzati, anzi.

  8. Sono assolutamente sconfortata dall’esibizione di maschilismo becero da parte di Berlusconi e di altri personaggi pubblici, che umilia e riduce ad oggetto d’uso le donne. D’altra parte è l’indirizzo ignobile con cui si è mossa la propaganda insita in moltissime trasmissioni televisive da quando sono operanti i network privati, poi imitati da quelli pubblici. Questo riguarda anche altri atteggiamenti come il disprezzo o al massimo la pietà per il “diverso” di colore, di paese, di abilità, di orientamento sessuale, religioso o politico, i quali soggetti vengono additati come brutti sporchi farabutti: i nemici.
    Quello che mi preoccupa molto è la sostanziale indifferenza da parte degli operatori del settore di protezione ai deboli, di politici democratici, cattolici progressisti, femministe (parola e pensiero sempre valida).
    Le associazioni d’altra parte, sono deboli, divise, velleitarie, senza chiare parole d’ordine condivise da tutte le forze moralmente interessate, le stesse dimostrazioni ed i convegni sono troppo autoreferenziali, e molto elitarie dal punto di vista culturale.
    Anche l’informazione è schizofrenica: da una parte cita casi pietosi o scandalosi di violenza sulle donne, dall’altra mette in mostra pezzi anatomici femminili viventi spesso con commenti scherzosi volgari tipici di certi “cumenda” o “cav” milanesi o di personaggi stanziali nei bar di provincia del nord e del sud, o ancora in bocca a malavitosi di tutte le consorterie nazionali.
    Sarebbe ora che le associazioni femministe e culturali progressiste, a Torino ve ne sono parecchie, come, credo, in tutta Italia, allarghino tra di loro l’intercomunicazione e le iniziative usando anche un qualche mezzo di informazione non di partito. Intanto un sito web unico sarebbe comodo, io personalmente sono sulla mail list di 5 organizzazioni che si occupano, molto astrattamente, di questi problemi, col risultato che conosco le iniziative quando hanno già avuto luogo, e leggo commenti tutti molto simili ed ovvi. grazie

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