DUE RIFLESSIONI E UNA MAIL

Ci sono un paio di cose su cui ragionare, e una che vi propongo di fare.
La prima prosegue la riflessione che facevo venerdì scorso sui rischi della banalizzazione ed edulcorazione del discorso sulle donne, che stiamo avvertendo in parecchie/i. Specie quando il “risveglio” alle problematiche di genere avviene con i  riflettori puntati sull’argomento, giusto in tempo per prendersi la luce e risparire.
Dunque? Dunque, ci stiamo pensando, e a breve vi daremo notizie sui famigerati stati generali.
Intanto, qui c’è l’articolo dell’Observer.
Secondo argomento: la televisione. Che la televisione del presente sia tutt’altro che trascurabile quanto a narrazione del discorso,  è ulteriormente testimoniato da un’intervista  rilasciata da Piero Chiambretti a Repubblica. Cosa fa Chiambretti? Annuncia che nel suo nuovo programma si occuperà di “questione morale”. E precisa, però:
“Si vede Mediaset come il diavolo tentatore del malcostume, ma se negli anni 80 è stata pioniera di una tv scollacciata bisogna contestualizzare: erano anni in cui l´ombelico poteva essere motivo di contestazione. Poi da lì c´è stata la degenerazione”.
A parte un errore marchiano relativo alla  storia della televisione (lo scandalo dell’ombelico, nel caso quello di Raffaella Carrà, risale al 1971), il tentativo di far passare Drive In come ventata liberatoria per un’Italia sessuofobica è quanto meno risibile.  Nel 2006, Antonio Dipollina lo sottolineava molto bene:
“La tv non si è mai fatta mancare la figura della giovane e bella ragazza con compiti decorativi. E questo è un punto fermo. Il problema data dal momento in cui diventano protagoniste, vere, assolute. In cui nascono programmi inconcepibili senza la presenza dei metri quadri di tette esibite. Qualcuno ricorderebbe allo stesso modo Drive In se fosse stata solo una sfilata di cabarettisti bravi? E dire che Drive In (Tinì Cansino, Lory Del Santo eccetera) non aveva inventato nulla. Antonio Ricci era il capo nobile di una gang di malfattori che operavano nelle tv locali lombarde. Il regista Beppe Recchia, soprattutto, il quale aveva concepito il seguente programma: Il Pomofiore, una sorta di Corrida più smandrappata, i concorrenti si esibivano, il pubblico votava lanciando sulla scena dei pomodori (o fiori) finti. A quel punto entravano in scena loro: una decina di ragazze in abitini succinti e con misure toraciche dalla quarta in su (sotto la quarta non può essere vero amore, recita un detto immortale). Le quali si chinavano a raccogliere mentre un volontario con la telecamera passava tra di loro inquadrando dall’ alto: ogni operazione poteva durare anche un quarto d’ ora. Quello “era” il programma, gli autori scrivevano e ideavano partendo da quello. Senza le tette, non ci sarebbe stato il resto. Il successo inevitabile (da Drive In, appunto, alle decine di imitazioni negli anni) ha fatto sì che l’ esibizione femminile scosciata, nuda e cruda, diventasse il punto fermo della tv corriva, che intanto allargava gli spazi. Prezzi bassi (nel senso del costo dei programmi), alta resa. Non se ne sarebbe più usciti, non solo: dall’ esibizione pura alla richiesta, precisa, verificabile, che le ragazze in questione appartenessero a un genere, diciamo, non impegnativo sotto alcun punto di vista, meno che mai quello di possedere talenti artistici o colloquiali, il passo è stato brevissimo”.
Ma cosa fa Chiambretti per difendere contemporaneamente Mediaset e cavalcare la tigre della “questione femminile”?: Ecco.
“Lanciamo una campagna contro la chirurgia plastica selvaggia, eleggeremo miss silicone, con attrici e giornaliste che fanno il mea culpa”.
Facile: se esiste un colpevole, sono le donne che si gonfiano e si tagliuzzano: mai il sistema narrativo che le induce a. Un po’ come dire  che le Noemi se la vanno a cercare.
Non ho nulla contro Piero Chiambretti, e sarebbe sbagliato farne un capro espiatorio. Quel che intendo dire è che distogliere lo sguardo da questo come da altri “dettagli” è rischioso: come rischioso è utilizzarli per il proprio, stramaledettissimo, quarto d’ora di celebrità. Salvo poi passare ad altro.
Ps. E la cosa da fare? Semplice: mandare una mail. A Paolo Garimberti, presidente della Rai. Indirizzo: p.garimberti@rai.it.
Perchè? Non sono certo la prima a dirlo, ma l’orizzonte di Raitre non è affatto luminoso. E il rischio, molto concreto, è quello che davvero alcuni programmi spariscano dal palinsesto. Dunque, se avete voglia, il testo della mail è questo:
“Caro presidente,
come spettatori e come cittadini  le chiediamo di difendere l’identità di Rai tre, i suoi programmi e la sua attuale direzione, che ha garantito fin qui qualità di programmazione e completezza di informazione”.
(per chi è su Facebook, qui il gruppo)

9 pensieri su “DUE RIFLESSIONI E UNA MAIL

  1. Sono d’accordo, passo all’invio.
    Comunque volevo segnalare, per chi non l’avesse ancora appreso dai giornali, che la stampa estera qualche giorno fa intitolava così : ” Berlusconi e l’ira delle donne italiane” e si parlava dei movimenti che stanno sorgendo contro di lui. Ogni tanto qualcuno si ricorda che sotto la patina viscosa della zuppa, sotto c’è il liquido bollente.

  2. 1. Concordo e invio.
    Fai bene invece ad attaccare Chiambretti, non è un uomo stupido e ho la sensazione che questo gli impedisca di illudersi sulla qualità delle sue scelte. E poi qusta cosa di attaccare le donne ridicilizzandole è solo un trucco per vestire di nuovo una vecchia pratica: “uh che cozza!” mica altro.

  3. Il discorso sulle tv private negli anni ’80 è spinoso.
    I due programmi di punta per quanto riguarda l’esibizione del corpo femminile erano Drive-in, per l’appunto, e Colpo Grosso. Ma programmi in stile Colpo Grosso (se non proprio lo stesso format) c’erano anche in Francia, Germania, Scandinavia, Spagna. Tutti paesi dove la questione femminile ha fatto passi da gigante rispetto a noi. Al punto che si son create situazioni paradossali: in paesi dove le donne sono più integrate nel mercato del lavoro, riescono ad arrivare in maggior numero a posti di potere, il rispetto di genere è molto più sentito, ci sono stati anche in anni recentissimi programmi sexy (non mi riferisco ovviamente alle chatline e simili, che sono un’altra cosa) che in Italia sono praticamente finiti nei primi anni ’90. Il mezzonudo che appare ad ogni ora sui nostri canali è meno consapevole e padrone di sé, in definitiva più donnaoggetto, del nudo integrale che appare di notte altrove.

  4. Chiambretti è un abile venditore di fumo (comunicatore si direbbe oggi…), che marcia sopra a qualsiasi cosa. Con l’aggravante di voler sembrare progressista e “contro il sistema”. Secondo me merita di essere attaccato visto che sa benissimo quello che fa!

  5. Mail inviata.
    Il mea culpa della donne siliconate la trovo un’idea stupida e odiosa, una cosa da santa inquisizione. Per uno che giocava a fare il diavolo mi pare un bella capriola.

  6. Fatto.
    Mi sa tanto che gli italiani scambiano continuamente il cinismoe la mancanza di dignità per senso pratico, e il degrado per realismo. E poi spiegano, spiegano, discutono…

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