BADINTER: CAMBIARE LE PRATICHE

La retorica sul femminile è altissima, in questi giorni. Si tratti di massaggiatrici, madri mancate (ignobile la polemica sull’aborto di Nilde Jotti), candidate “con la marcia in più” (parola di Sgarbi e Berlusconi), le donne vengono usate come armi politiche. Niente di nuovo, certo. Per questo motivo, credo sia interessante leggere l’intervista che la già citata Elisabeth Badinter ha rilasciato a Maria Grazia Meda su D. In questi giorni convulsi è il minimo che, pur affannata, posso fare.

Nei paesi ricchi, un numero crescente di giovani donne sta dimostrando che l’assoluto materno non è poi così assoluto. A modo loro, prefigurano uno stile di vita nuovo, in reazione alla retorica maternalista dominante e all’assenza di forme concrete di sostegno nella cura dei figli, da parte dello Stato ma anche dei padri. È una delle tesi formulate nel nuovo saggio di Elisabeth Badinter Le conflit. La femme et la mère (ed. Flammarion), fresco di stampa e già oggetto di polemiche.
Nota teorica del femminismo, la filosofa francese esplora la profonda crisi d’identità della donna contemporanea, combattuta tra il desiderio di maternità e il bisogno di realizzarsi professionalmente. Sottolineando come nella nostra società, che mette i figli al centro di tutto, i doveri della buona madre non coincidano con gli interessi della persona realizzata.

Non crede che le donne siano corresponsabili di questa contraddizione, continuando a farsi carico in via esclusiva della cura dei figli?
“È difficile fare altrimenti: l’ideologia dominante confina le donne in quel ruolo, colpevolizzando chi esce dai ranghi. La grande novità, a mio parere potentissima, è che oggi esiste una scappatoia: non avere figli”.
Le childfree pongono una nuova domanda al femminismo.
“Childfree o childless, sono donne totalmente nuove, che prefigurano uno stile di vita e di coppia inedito. Mostrano alla società che si può avere un’esistenza pienamente realizzata senza figli. E questo è un vero shock”.
Perché?
“Quando il 20 per cento delle donne fertili – e le cifre Usa suggeriscono che stiamo arrivando al 30 – decide di non fare figli, viene messa in discussione l’essenza della femminilità”.
Secondo lei sono le pioniere del nuovo femminismo?
“Costruiscono una nuova identità femminile che non ha bisogno della maternità per definirsi. E questo costringe le donne e la società a ribaltare il punto di vista di fronte a una nuova concezione della libertà”.
Secondo recenti indagini, le donne che hanno almeno il diploma sono poco inclini ad avere figli. C’è una correlazione tra status e rifiuto della maternità?
“Potremmo immaginare uno scenario orwelliano dove le meno abbienti e meno istruite troveranno nella maternità l’unica possibilità di realizzarsi. Penseranno: piuttosto che fare un lavoro alienante mi dedico al più bel mestiere del mondo. Ma è uno scenario che fa paura, e spero non si realizzerà”.
Lei dice che le childfree sono le sole a riflettere sulla maternità…
“Sono le prime donne nella storia dell’umanità a riflettere seriamente sulle implicazioni e le conseguenze di questa scelta. E si astengono. Trovo più stupefacente che la società trovi normale il non riflettere: la più isterica, pericolosa, irresponsabile delle donne fa un figlio e nessuno si stupisce”.
Auspica un principio di precauzione sul desiderio di maternità?
“Perché no? Ci vorrebbe un dibattito pubblico sulla necessità di riflettere seriamente su una decisione irreversibile che ti cambia la vita per sempre”.
Nel libro sottolinea la sofferenza delle donne di fronte a certe scelte.
“C’è una fortissima contraddizione tra la retorica sulla gioia suprema della maternità e il fatto che la società tratti le madri come paria. Non solo sono malviste sul lavoro, ma socialmente diventano invisibili. Non a caso oggi molte giovani donne, vedendo le amiche trasformarsi in mamme al cento per cento, schiave del bebé, cambiano idea e decidono di aspettare. Ecco la contraddizione: tutto le spinge a desiderare un figlio, ma razionalmente sanno che è una trappola”.
Non in Francia, dove si registrano la più alta natalità d’Europa e un tasso d’occupazione femminile elevato.
“L’esempio della cattiva madre francese è interessante”.
Cattiva?
“Nel senso che non segue ciecamente i precetti della pedopsichiatria moderna. La donna francese affronta la maternità con una certa nonchalance, anche perché qui, contrariamente che in altri paesi, nessuno oserebbe criticare una donna che non allatta e che manda i figli molto piccoli all’asilo nido. Ma anche in Francia le cose si fanno difficili: cominciano a mancare le strutture pubbliche, e purtroppo non sento più una rivendicazione chiara da parte delle donne di una partecipazione dello Stato e dei padri nella cura dei figli”.
Sono cambiate le priorità: ora vogliamo sfondare il soffitto di cristallo.
“Ha notato che fare una bella norma sulle quote rosa in parlamento o nei CdA non costa nulla? I politici fanno bella figura e le donne pensano di aver vinto una battaglia. Poi a casa, nel quotidiano, non cambia niente”.
Qual è il nuovo discorso femminista?
“C’è un grande silenzio, perché tutto quello che poteva essere ottenuto con una legge è stato ottenuto. Adesso si tratta di cambiare le mentalità e le pratiche, soprattutto nel privato”.
Da qui la mancanza di nuovi modelli forti?
“Già, ormai cadiamo in estasi di fronte a Laetitia Casta col pancione sulla copertina di Paris Match. I media esaltano tutte queste dive incinte, rafforzando un’ideologia strisciante secondo cui la vera realizzazione passa attraverso la maternità. Ecco i modelli che proponiamo alle nuove generazioni: la donna realizzata nella maternità oppure la vittima”.
Si spieghi meglio.
“L’8 marzo è diventata la festa delle vittime, delle oppresse, delle escluse. Celebriamo le vinte e non le vincitrici. Insomma, insegniamo alle ragazzine a proteggersi dal mondo, invece di spronarle a dominarlo”.
Uno dei divari tra uomini e donne è nel modo di proiettarsi nel futuro.
“Gli obiettivi maschili sono omogenei: qualsiasi uomo punta ai soldi, al potere, allo status. Mentre le donne hanno interessi e obiettivi conflittuali, che spesso non convergono. Ecco un freno formidabile al femminismo”.
Lei sostiene che l’obiettivo più importante per una donna è l’indipendenza economica assoluta: non la ritiene una questione superata?
“Al contrario, va ribadita continuamente: abbiamo perfezionato i grandi discorsi sulla parità e una retorica inquietante sulla maternità, ma nessuno parla più di vera indipendenza economica. Non sproniamo pubblicamente le giovani a farne il principale obiettivo. Il risultato è una moltitudine di donne preparatissime che accettano lavori part-time, sottopagati. Si precarizzano da sole con il più indifendibile degli argomenti: così posso occuparmi dei bambini. Conosco trentenni brillanti che decidono di avere un figlio e smettono di lavorare per tre anni: una follia!”.
Bisogna ragionare in termini di coppia: il reddito più elevato è in genere quello del compagno.
“E se lui perde il lavoro? Se si separano? Il messaggio che dovremmo difffondere incessantemente è l’indipendenza economica assoluta; un discorso assente nel dibattito pubblico”.
Stando alle recenti indagini, le donne sono sempre più infelici.
“Non mi stupisce: è come se stessimo correndo i cento metri con una tonnellata sulle spalle. Se vogliamo essere madri perfette e realizzarci professionalmente, la vita diventa un inferno”.
Insomma, il vero ostacolo alla parità non è il sessismo ma la maternità?
“Se deve adempiere al ruolo di madre perfetta imposto dalla società – allattare a tempo indefinito, non affidare il bambino a una baby sitter, accettare un lavoro part-time per seguirlo nel quotidiano, insomma mettersi al suo servizio – non vedo come una donna possa trovare il tempo per realizzare altre aspirazioni. Indipendenza e parità non si costruiscono con le leggi: sappiamo che la radice delle diseguaglianze non è sul posto di lavoro ma in ambito domestico. Le quote rosa non hanno mai intaccato le differenze, meno che mai le disparità di stipendio”.
Quale consiglio darebbe a una trentenne?
“Non lasciare per nessuna ragione il lavoro ed essere indipendente economicamente. Per il resto, fare quello che le pare”.

73 pensieri su “BADINTER: CAMBIARE LE PRATICHE

  1. mi sembra un po’ fuorviante parlare di una dittaturà del bebè sulla vita delle donne. é vero che esiste un conflitto interiore tra vita/denaro e maternità, ma non penso proprio che la bilancia pesi, o rischi di pesare, maggiormente dalla parte della maternità. é vero al contrario che si rinuncia ai desideri più viscerali, agli istinti più profondi per obbedire all’imperativo produttivistico; non per niente la tendenza a rinunciare completamente alla maternità si registra in quei luoghi dove la “retorica consumistico-produttivista” (altro che retorica maternalistica) è dominante.
    Questo non significa che la realizzazione della donna passi per forza dalla maternità, ma stiamo rischiando di farci stritolare dalle ruote della macchina (nello stile di tempi moderni), nel nome della libertà rischiamo di metterci un cappio al collo.
    con affetto e stima

  2. Se da un lato trovo del tutto condivisibile questo discorso, dall’altro – almeno qui – mi sembra terribile il fatto che di fatto si rinunci alla lotta per una qualche forma di ri-umanizzazione delle condizioni di lavoro.
    L’indipendenza economica come un fine in sé ha senso in una società come la nostra, però è proprio una società lavorocentrica come la nostra ad avere poco senso!
    Concordo, è allarmante che la maternità in questa società diventi un o lusso supremo che si concedono le star o un destino inevitabile per una nuova classe di proletarie… ma proponendo l’indipendenza economica assoluta come fine in sé al centro della curva di gauss su cui distribuiamo per censo la popolazione femminile, cosa otteniamo?

  3. “Ecco la contraddizione: tutto le spinge a desiderare un figlio, ma razionalmente sanno che è una trappola”.
    Per quale motivo desideriamo generare un figlio? Per amarlo? Perché così fanno tutti, perché in due non si è una vera famiglia, perché temo la mia morte…?
    FORSE l’unico non-condizionamento è l’amore, quell’improvviso impulso che ti spinge a voler amare un essere “nuovo”.
    Al primo impulso, altre pratiche meno nobili (?) , ma utili, ci tormenteranno:l’accudimento e l’educazione. Per l’appunto trattasi di una trappola!
    Per questi è necessario avere tempo, concentrazione, lungimiranza; un essere umano non cresce da solo. DUE genitori super impegnati faranno come potranno, delegando ai nonni, alle tate e via dicendo, sperando di fare bene.
    “La grande novità, a mio parere potentissima, è che oggi esiste una scappatoia: non avere figli”.
    Sì, centomila volte sì. Soprattutto se averli è come non averli ossia lasciarli al nido per 8 ore o più.
    Timidamente proposi questa alternativa al mio compagno. Prima reazione: incredulità.
    Seconda: ma quando saremo anziani, a chi lasceremo ecc. ecc. Qui scatta potentissimo il condizionamento culturale.
    Bene, mi sono lasciata convincere e nostro figlio è nato. Noi abbiamo imparato ad amarlo e vederlo crescere è davvero una bella esperienza. Non penso, però, che sia questa la prospettiva giusta per iniziare una storia d’amore con un bambino.
    Oggi mi trovo a casa, leggo Lei cara Lipperini, ho ripreso a studiare, pausa pranzo tranquilla, piccolo sport e pomeriggio con pargolo (letture, gioco, mani in paste varie, giardini…).
    Tutte attività che, con il lavoro (anche part-time,) sarebbero vietate o pesantemente ridotte. Se mio marito decidesse di amare un’altra? Sarebbero senz’altro dolori.
    Ogni tanto rifletto su questo e so perfettamente che la Badinter ha ragione da vendere sull’indipendenza economica.
    Mary

  4. Mi rendo conto sgomenta che la stampa non fa che bombardare le donne:
    non allatti ? tuo figlio sarà obeso (ieri su repubblica, quando per esperienza i piccoli obesi che vedo sono quelli allattati “naturalemte”), violento, evasore fiscale, serial killer etc..e lavori (quindi non sei né ricchissima né proletaria) ? come sopra, mormora la bambina.
    così come è imposta e dipinta oggi la maternità è un incubo, e penso che se dovesse essere veramente questa esperienza totalizzante la natura pietosa ci avrebbe lobotomizzato congenitamente.
    i media dovrebbero smetterla innanzi tutto di portare avanti queta retorica pronatalista in un pianeta/paese sovrappopolato dove la generazione di chi ora dovrebbe figliare sta messa come sappiamo. e poi, rendere la maternità una scelta POSSIBILE, smetterla anche con questa retorica della NATURA. la scienza può migliorare la natura con epidurale, latte articificale etc, a chi non sta bene consiglio di rinunciare a QUALSIASI CURA MEDICA e godersi un’aspettativa di vita di 40 anni.

  5. mia madre, oggi 65 anni, mi ha detto fin dalla più tenere età: “la prima libertà è quella economica”. era ed è una emancipazionista, convinta che non c’è differenza fra uomo e donna. io ho fatto la mia piccola strada avvicinandomi invece al femminismo della differenza e ragionando sul corpo, sul desiderio, sul partire da sé… e oggi mi trovo di nuovo con quel primo e unico ammonimento di mia madre ‘tra i piedi’. è verissimo, è sacrosanto, ed è tanto più spiazzante in un momento in cui il lavoro per cui hai studiato non c’è o non è per te donna, soprattutto se hai avuto l’ardire di avere ben due figli. ero consapevole, credo, delle contraddizioni della maternità e i figli li ho voluti lo stesso: con i figli cerco di tenermi aggrappata al lavoro e continuare, insieme alla altre, a ragionare. condivido il discorso della badinter sulla mistica intrappolante della madre in Italia, però mi chiedo: non avere figli è davvero una soluzione? se non li desideri d’accordo, ma se li desideri? allora rinunciarvi è l’ennesimo abdicare ad un sistema maschile che ti opprime una volta di più. ci sono nuove strade da inventare per essere madri, questo sì, e per fare questo ci vogliono alleanze di donne (madri e non) che lavorino per smontare l’imbroglio del conciliare famiglia e carriera e si autorizzino a essere imperfette. un saluto
    federica

  6. Ma siamo proprio sicure che tutti gli uomini desiderino soldi potere carriera, e tutte le donne si struggano fra un privato di affetti e obiettivi di famiglia e maternita’, e un pubblico almeno idealmente simile a quello maschile, di ambizione sfrenata?
    Mi sembra un po’ tranchant messo cosi’. Ci sono o ci sarebbero anche, e per fortuna, uomini e donne con aspirazioni diverse e piu’ sfumate.
    Che, per dirla con il compianto Troisi, fra un anno da leone e cento da pecora ne sceglierebbero volentieri cinquanta da orsacchiotto.
    Come giustamente dicono alcuni commenti piu’ sopra, l’indipendenza economica e’ cosa sacrosanta, ma attenti a non cadere nella trappola di una vita lavorocentrica, sempre piu’ esigente e sempre meno gratificante, come quella che viene proposta oggigiorno ai “fortunati” non estromessi dal mondo produttivo.
    Va bene che siamo messi cosi’ male che se una donna ammette di non volere figli viene esecrata come sacrilega (ricordo in proposito una risposta sprezzante, di fuoco, data da un celebre sessuologo da salotto tv a una lettrice in una rubrica di giornale): in effetti, occorrerebbe maggiore consapevolezza di scelta, ma e’ difficile capire quanto questa sia condizionata o meno.
    Io credo che solo in una societa’ meno pressata sul tema della maternita’ assoluta, con maggiori servizi e condivisione dei ruoli, con piu’ rispetto e tutela della madre che lavora, si potrebbe parlare di scelta libera.
    Senza contare un altro argomento, meno gioioso. Ne parlo perche’ sono appunto ora in quella stagione della vita.
    Lo stesso problema di cura legato agli eventuali figli, lo stesso conflitto di tempi ed esigenze, si ripropone, pressante e drammatico, molto piu’ deprimente per sua stessa natura e per l’eta’ in cui avviene, per i genitori anziani. E li’ non c’e’ scelta che tenga.

  7. Come sempre, i miei dubbi: ma siamo proprio sicuri che allattamento naturale e artificiale siano la stessa cosa (nel terzo mondo pare proprio di no, chiedete alla Nestlè)? Non sarebbe meglio che anziché trasformare le donne in pescecani non diversi dagli uomini, siano questi ultimi a occuparsi della prole allo stesso modo in cui lo fanno le donne? Non sarebbe meglio se la politica si imponesse sui diktat dell’economia capitalista e lavoro-centrista, per cui uomini e donne devono avere diritti sulla famiglia e sui figli sui quali non si discute (è stato citato l’orario di lavoro, ma vogliamo parlare dell’assurda cultura del trasferimento, del nomadismo lavorativo, della costrizione a rapporti a distanza forzati?)?

  8. ho come l’impressione che le posizioni espresse nell’intervista siano eccessivamente nette, come già suggerito da alcune persone. Trovo per di più preoccupante la crescente percentuale di donne che sceglie di non avere figli. Se cresce ancora l’occidente non ha scampo alcuno. Se la cultura che viene fuori dal femminismo è “niente figli” temo che si sia di fronte a una cultura suicida.
    È auspicabile che si scelgano sane vie di mezzo, i 50 giorni da orsacchiotto insomma.

  9. ma per favore…lavorocentrismo, capitalismo..la realtà VERA del mondo del alvoro dipendente è che devi lavorare 12 ore al giono NON PER FARE CARRIERA o seguire chissà quali velleità, ma semplicemente per non essere cacciato via.
    e poi, basta pure con la retorica bucolica del bel tempo che fu: mia nonna aveva 9 figli, i più grandi guardavano i piccoli e si andava in campagna a lavorare..la verità vera è che bisogna trovare chi ti mantiene, e allora il discorso cambia

  10. m a riperfavore…l’OCCIDENTE in crisi demograafica, è questo il problema vero? beh..era lo stesso problema affrontato dal nazifascismo…ci sono 6 milairdi di uomini, ma non ABBASTANZA EUROPEI?
    ma via…

  11. L’intervista è superinteressante e almeno anche se non sei d’accordo ha il grande merito di costringerti a pensare. Non lo so però se mi piace, ho una percezione di fastidio davanti a una specie di confusione ideologica, tra trappola della maternità come socialmente indotta e trappola della maternità come psicologicamente necessaria, per cui le donne che non farebbero figli sarebbero quelle che svicolano la trappola – che è illusorio psicologicamente, e la filosofa che è in me ci vede un’impossibilità logica. E a parte che di moderno pedo-psichiatria la Bandiner me pare un tantinello poco informata (e come al solito! Perchè quando si pensa alla psicologia si pensa sempre all’archeologia, senza andarsi a guardare lo statuto attuale della ricerca – ma c’è un fitto scambio da un secolo tra ricerca psicologica e critica femminista – e la ricerca psicologica l’ha ascoltata e ha raddrizzato i suoi tiri, e manco l’altro ieri….)
    Però concordo molto sulla questione dell’indipendenza economica – la vivo come dire sulla mia pelle. Ma devo dire anche che mi piacerebbe che a questo discorso si accompagnasse un ripensamento collettivo della responsabilità genitoriale: perchè è stato un errore e una iattura addossare la genitorialità solo alle donne, ma (ora me picchiano) credo che i figli siano davvero una delle cose importanti della vita: ma non è tanto o solo per certe gioie bestiali e anteriori all’umano, ma per una questione anche di trasmissione del se, dell’eredità storica di un gruppo. I figli sono figli miei, ma anche figli del branco. Non so spiegarmi.
    E’ questo che non toillero quando vedo che nella metro non posso scendere col passeggino, o quando vedo che non mi rinnovano il contratto perchè incinta: perchè si pensa che il bambino è solo della madre.
    (la sintassi è da incubo me sa – perdonate ma devo scappare!)

  12. @ simona: guarda che se per non essere cacciato via devi lavorare 12 ore al giorno è proprio grazie all’economia iper-neo-capitalista di cui sopra. La cosa grave è che negli ultimi tempi anche le culture progressiste (femministe comprese) l’hanno accettata quasi senza battere ciglio. Perché bisogna sempre stare dalla parte degli emarginati, basta che a esserlo siano sempre gli altri.

  13. @daxman: “trasformare le donne in pescecani non diversi dagli uomini”.?
    ma ancora siamo al cliché delle donne prive “per natura” di aggressività, spirito di competizione etc perché investite del sacro ruolo di incubatrici? gli organi riproduttivi ci renderebbero qualcosa di diverso da un essere UMANO che quando si relaziona con altri esseri umani in ambito lavorativo, professionale, sociale, etc prescinde dalla propria funzione riproduttiva? o non possiamo prescindere?

  14. @ zauberei: io devo addossarmi parzialmente i costi “sociali” dei figli altrui? questo mi sta bene, ma in un altro mondo, dove ilbene collettivo è un valore.
    ma QUI e ADESSO, quando tutti si fanno i fatti propri, e la società certo non si accolla altri tipi di costi (es se hai genitori anziani con pensioni ridicole, fratelli disoccupati e devi mantenerli), e certo i bambini attuali non pagheranno la mia (inesistente) pensione…o una società pernsa a tutti, o a nessuno. non vedo perché i figli degli altri debbanoe ssere una mia priorità.

  15. Forse mi sono spiegato male, o in maniera incompleta. Non condanno il pescecanismo perché “non adatto alle donne-angeli del focolare” ma perché è sbagliato a prescindere, anche negli uomini. Innegabilmente, però, è all’interno di una cultura maschilista occidentale che si è formato il capitalismo aggressivo di cui parliamo. E’ per questo che dico che le donne, se si appiattiscono su modelli maschilisti, finiscono per peggiorare la situazione. Quindi, niente gara a chi è più pescecane. Semplicemente, basta essere pescecani.

  16. e poi, scusami simona, leggo adesso il tuo secondo post. Vabbé che le cose non vanno benissimo, però questo non ci autorizza a diventare più nichilisti e cattivi di un personaggio di Sin City! Pure perché pensare “se tanto tutti rubano, perché non devo rubare pure io” è terribilmente reazionario.

  17. Mi interessa soprattutto la prospettiva darwiniana di questo punto di vista, interessante per molti altri versi.
    Per la prima volta, nella storia della vita su questo pianeta, l’intelligenza e la capacità di integrarsi con il proprio ambiente sono *un ostacolo* e un disincentivo alla riproduzione, e non un elemento che la favorisce. L’evoluzione culturale sta cominciando a sovvertire, e non più solo a accompagnare, le leggi dell’evoluzione biologica.

  18. @simona direi che il nazifascismo centra come i cavoli a merenda, ma se lo scopo del femminismo è di non fare più figli come estremo luminoso gesto di autonomia della donna a mio modesto avviso siamo davanti a posizioni irragionevoli. Perché poi alla fine un maschio da una femmina in cosa si differenziano in termini strettamente naturalistici, per il fatto che una è adatta alla generazione di prole e l’altro no. Neghiamo questo dato di fatto e a questo punto a mio avviso (sarà che sono un retrogrado cui piace la donna donna e non la donna uomo) ci troviamo di fronte al problema dell’eliminazione del genere. Per assurdo eh! Tutti nè uomo nè donna, tutti angeli. Sarà contenta la Rice.
    E anche la retorica delle donne incubatrici ha mi auguro fatto il suo tempo, certo i figli non possiamo farli noi maschi anche con tutta la buona volontà di questo mondo. A meno di non incorrere in scelte che aprirebbero altri scenari polemici. Questo basta. A me sarebbe piaciuto illo tempore prendermi il congedo parentale, ma non era nemmeno ipotizzabile, ero io a quel punto a rischiare il posto non mia moglie. Quindi attenzione a generalizzare che non è che i maschi al lavoro siano messi tanto meglio delle donne. Parlo di posizioni lavorative normali eh, la normale impiegatura varia e assortita che forma larga parte della forza lavoro.

  19. Eleas: sì, ma a questo punto (oso) forse dovremmo essere noi maschi a rivendicare i nostri diritti sessuali e genitoriali di fronte, in questo caso, al mondo economico/lavorativo. Magari non solo per pulirci la coscienza e fare una buona azione, ma semplicemente perché stare con la propria compagna e con la propria prole è una gioia, un bene, e un diritto, irrinunicabile.

  20. Dax mi trovi assolutamente d’accordo è che posto davanti al ricatto più o meno esplicito o stai qui e lavori o ti cerchi un altro posto non è che uno possa stare a far molta filosofia eh

  21. @ Eleas.
    e no. dire “Trovo per di più preoccupante la crescente percentuale di donne che sceglie di non avere figli. Se cresce ancora l’occidente non ha scampo alcuno”, a fronte di una innegabile sovrapopolazione del nostro pianeta, per me significa usare la natalità come arma demografica, significa che “dobbiamo” moltiplicarci per non soccombere di fronte ad “altri” più prolifici di noi.
    l’arma demografica era avallata dagli intellettuali da Corrado Gini in giù, (Gini, con un amedia di 4 figli per donna, già paventava la “fine” dell’occidente) a fronte della miseria oggettiva del paese, per giustificare l’espansione dello stato fascista. E nel fascsmo non mancava certo il darwinismo sulla pelle degli altri (eheh..la moderna “flessibilità??): la competizione esasperata tra individui avrebbe selezionato “i migliori”.
    Stessa storia col nazismo: politiche pro-nataliste per giustificare il bisogno di spazio vitale.
    Questo per replicare ai “cavoli a merenda”.

  22. @simona. il tuo punto di vista è paradossale e non condivisibile (nel senso che non lo devi rendere noto agli altri) perchè non universalizzabile. Tu in sostanza dici: noi donne emancipate per rimanere tali non dobbiamo fare figli; sottintendendo che i figli li devono fare le altre, perchè qualcuno li dovrà pur fare! e allora? avremo una società dove le povere, le meno istruite, le immigrate (non noi insomma!) faranno figli (per portare avanti la specie) e noi ce la goderemo allegramente. Insomma la nostra libertà a spese di quella delle altre! non è questa la sociètà libera ed equa che sogno.

  23. @simona: estremizzo ulteriormente allora se preferisci, se tutte le donne del mondo ragionassero come badinter saremmo una razza in via di estinzione, lasciamo perdere l’occidente, ne parlavo perché solo noi ci poniamo il problema, altrove o non hanno scelta per i problemi ben più seri che vivono nel quotidiano o vedono nella famiglia un valore piuttosto che un disvalore. Che poi in sostanza il figlio diventa un disvalore. Una vera diciamolo palla al piede e per carità lo sono.

  24. @alice: il mio punto di vista non è quello che tu hai riportato (che non ho nenache capito).
    se leggi il mio primo post puoi renderti conto che sostanzialmente me la prendo ferocemnte con una società schizofrenica che colpevolizza le donne (non solo se non fanno figli ma sopratutto se, facendoli, non si immolano rinunciando a tutto) e nello stesso tempo le obbliga (come obbliga TUTTI, uomini e donne) a sacrificare la propria vita al lavoro NON per fare chissà che carriera, ma solo per non perdere il lavoro.
    quanto alla colpevolizzazione delle nullipare, ho solo cercato (tabù) di ricordare gli antecedenti storici prossimi delle politiche pronataliste.
    ecco. scusate la fretta, l’enfasi, e le banalità. tutto ciò è stato detto meglio da altri.

  25. @ eleas: se tutte le donne del mondo ragionassero come badinter non ci sarebbero (state) persone/donne come le mie nonne con 9 e 8 figli (e niente soldi), ci sarebbero donne che hanno un numero ragionevole di figli e , sicuramente, se non fossimo 6 miliardi su questo pianeta staremmo un po’ meglio, visto che le risorse non sono infinite.
    direi che il genere umano, nonostante queste cattive donne recalcitranti, non ha mai corso seriamente pericoli di estinzione. e dai sù.

  26. @simona se badinter ragiona e può ragionare come fa adesso non è per suoi meriti assoluti, ma perché dopo secoli s’è arrivati a una concezione di donna non schiava (fatto che le permette di fare la femminista), ma a me ripeto pare che l’immagine di donna proposta da badinter vada parecchio (troppo?) oltre l’indipendenza economica, va oltre la femminilità, oltre il genere. La donna che sceglie di non essere madre sarà pure felice e indipendente, ma è del tutto donna? È un mezzuomo?

  27. @ simona
    “direi che il genere umano, nonostante queste cattive donne recalcitranti, non ha mai corso seriamente pericoli di estinzione”. Lo vedi che dai per scontato che, nonostante ci siano donne recalcitranti, ce ne saranno delle altre non tali?
    il punto è: quando ci chiediamo se un comportamento è giusto o meno dobbiamo interrogarci se esso sia universalizzabile, se possa essere seguito da tutto il genere umano (qualcuno si ricorda il buon vecchio Kant e il suo imperativo categorico? perchè è proprio a quello che faccio riferimento). Perchè se non è così siamo solo delle ipocrite: seguiamo una regola di condotta che speriamo che le altre non seguano!
    adesso sono stata più chiara?

  28. Didascalico: l’indice di natalità è a picco in TUTTO il mondo e in TUTTE le culture. Immigrati da paesi ad alta natalità che emigrano in paesi a bassa natalità rapidamente si adeguano agli standard del paese ospite.
    Paesi ad alta natalità che godono di un buon tasso di sviluppo economico vedono progressivamente scendere la propria natalità.
    Ovvero, se ci dobbiamo estinguere ci estinguiamo tutti, non solo l’Occidente ‘corrotto’ dal pensiero femminista. Anche in aree dove le donne sono sottomesse (tipo l’Islam) la natalità è generalmente in calo.
    Il fattore è, chiaramente, di tipo tecnologico ed economico, più che culturale. In Occidente il declino del pensiero femminista negli ultimi anni non ha visto alcun aumento significativo della natalità, anche in paesi dove l’antifemminismo è praticamente cultura di stato (tipo l’Italia).
    Del resto c’è maternità e maternità: ai bei vecchi tempi chiunque potesse permetterselo sbolognava i figli immediatamente a balie e serve e istitutori e collegi così da potersi godere le gioie della maternità e della paternità con più comodo (e naturalmente i figli morivano spesso molto giovani, così che era poco saggio affezionarsi troppo).
    Quanto al discorso dell’indipendenza economica della donna non c’è proprio nulla da aggiungere: è tutto lì. Se gli uomini, che per il momento detengono ancora praticamente tutte le leve del potere, non ritengono di dover modificare le pratiche correnti nei rapporti fra i sessi è puro interesse personale per una donna non fare figli (fino al caso estremo di essere licenziate se incinte).

  29. @simona: mettila così allora un uomo e una donna senza figli sono due persone che hanno rinunciato a una parte di sé. io mi sentirei molto meno completo senza i miei figli, la mia esperienza umana come uomo sarebbe mostruosamente differente
    @sascha pericoloso mettere la bassa natalità in relazione alla tecnologia, diciamo che lo stile di vita moderno non aiuta ad avere figli? Perché sopravvivere che tu sia uomo o donna poco importa implica uno sforzo talmente elevato da non poterti permettere più di un paio di figli e magari ne vorresti ben di più.

  30. alice: sono più chiara, e uso il mio linguaggio:
    1. io come individuo non beneficio di alcun vantaggio/esternalità positiva dalla riproduzione altrui, ma al limite ne subisco svantaggi (sopvappopolazione, inquinamnto, esaurimento risorse, abbassamento livelli welfare etc)
    2. se da questo momento in poi il genere umano smette di riprodursi io non subisco conseguenze palpabili, visto che salvo l’intervento di catastrofi esterne non è probabile un’estinzione immediata
    3. ergo, la mia posizione è universalizzabile, eprché on voglio che altri facciano quello che io non faccio.

  31. “La donna che sceglie di non essere madre sarà pure felice e indipendente, ma è del tutto donna? È un mezzuomo?”
    a questo punto direi un’aliena…
    Trovo bellissima l’intervista a E Badinter, i suoi argomenti sucitano un fastidio che onestamente fatico a comprendere.

  32. Indici di fecondità nel 1981 e nel 2001:
    Italia 1,7 – 1,3
    Spagna 2,5 – 1,2
    Russia 2,0 – 1,2
    Giappone 1,8 – 1,3
    Corea del Sud 3,2 – 1,5
    Filippine 5,0 – 3,5
    India 5,3 – 2,5
    Messico 4,8 – 2,8
    Brasile 4,4 – 2,9
    Sudafrica 5,1 – 2,9
    Iran 5,3 – 2,6
    Algeria 7,3 – 3,1
    Egitto 5,3 – 3,5
    etc etc etc
    Le uniche eccezioni si trovano nei paesi africani più catastroficamente disorganizzati e, curiosamente, negli Usa (1,8 – 2,1).
    Ora, se non mettiamo questi dati in relazione con la tecnologia contraccettiva e con lo sviluppo economico come spieghiamo l’esistenza di uno stesso trend in Italia, Russia, Giappone, Filippine, Messico e Iran?
    Diamo pure tutta la giusta importanza alle idee ma cerchiamo di non scordare mai la base materiale.

  33. non è fastidio sono domande, sono inquietudini, il termine mezzuomo è messo lì perché sembra che la al solito l’indipendenza di una donna derivi da quanto sia mascolina e questo lo trovo contraddittorio.

  34. Eleas, come detto altre volte, le risposte “di pancia” non possono offuscare analisi che si basano anche su dati scientifici e su approfondimenti sociali e culturali. La propria piccola parte non è il tutto.
    Trovo offensivi i termini in cui parli di una filosofa di rara lucidità come Badinter, permettimi.

  35. Eleas, ho detto che se non è la tecnologia allora devi proporre un’altra spiegazione che non può essere ‘culturale’ o ‘ideologica’, visto che di pensiero femminista in Iran o Sudafrica o Filippine se ne vede pochino.
    Non mi sono contraddetto affatto.

  36. @alice
    l’assurdità te la sei cercata, ho cercato onestamente di spiegare meglio la mia opinione e mi hai risposto con una trovatina…che non c,entrava nulla, e ti ho risposto nel tuo stesso linguaggio.

  37. @eleas: tu consideri mezzadonna una donna senza figli, e già solo questo descrive tutta una visione del mondo, delle persone e delle relazioni umane organizzate che per quanto mi riguarda offende la libertà, la dignità delle persone e delle scelte. Ma non ho infierito perché sarebbe inutile e per rispetto a chi ospita queste discussioni.
    Ti senti forte perché di questi tempi siete in tanti così, ma per favore, se veramente io fossi dittatoriale persone che si permettono di dire mezzadonna sarebbero in carcere.

  38. La risposta di alice a me pareva più che sensata al contrario della tua risposta. L’estinzione dell’umanità forse a te è indifferente ma, suvvia, non credi che per la maggior parte delle persone questa sia, un idea come dire.. inaccettabile?

  39. Elas mi pare considera “incompleta” la vita di chi non ha figli ed è comprensibile, è molto difficile dare un senso alla propria vita ed aggrapparsi allo scopo biologico è la cosa più facile da fare. Cosa credi che ci possa essere di più importante e bello nella vita se non i figli?
    Elas considera esattamente sullo stesso livello uomini e donne che senza figli non potranno vivere appieno la vita.

  40. @simona. anche se c’è stato una discussione tra me te ed Elas, ci tengo a dirti che io non condivido i suoi punti di vista. se la cosa ti può interessare. la mia opinione rimane quella del primo commento.

  41. Secondo me è un tantino ridicolo mettere in relazione scelte come fare o non fare dei figli con l’economia del pianeta, è proprio psicologicamente falso. Non lo fa nessuno, e credo anche che per tutti, il tema della riproduzione della genitorialità sia un cardine esistenziale. Nel mio pensiero utopistico mi rendo conto, io vorrei che tutti operassero una scelta elaborata psicologicamente (che poi avviene in tanti casi eh) in un senso come nell’altro, ma dire che la centalità della riproduzione sia una frescata culturalmente indotta mi pare fuorviante.
    Il problema è che questa cosa è messa addosso alle donne e di meno agli uomini, un po’ questa cosa ha anche origine nel corpo, e non porta lontanto negare questo fatto – ma certo c’è un gran bisogno di ripensare il tutto e anche per gli uomini.
    POi non so, ognuno vede la realtà filtrata dalla propria esperienza: io ero una che non voleva figli e devo dire, sono sicura, che sarei stata contentona assai senza figli. Ho fatto un figlio perchè mio marito lo desiderava molto e all’inizio è stata una scelta molto cerebrale e per niente sentita, molto pensata – e non priva di terrori sparsi. Ero convinta che sarei stata incazzata nera e cattivissima, io femminista cronica, egoista e chi più ne ha più ne metta. Ma gli è che ora mi piace molto e ne farei altri. Sono fulminata da questa esperienza emotiva e intellettuale. Questo cambiamento della mia percezione di me inevitabilmente mi fa pensare quando una donna mi dice che non vuole dei figli. Non perchè non la prenda sul serio e non è detto che lei sia come me. magari fa un figlio e lo prende a padellate. Ma c’è qualcosa di esistenziale e filosofico che quando arriva lo riconosci. Non so dire meglio di così. E credo che valga per le donne e per gli uomini.
    Mi piacerebbe in sostanza che si ritornasse a parlare di servizi collettivi di diversi modi collettivi di concepire lo spazio della vita del lavoro delle cose che contano – perchè è anche molto triste sentire delle amiche che hanno per esempio 2 figli e sentir loro dore che lo farebbero un terzo figlio ma il mondo lavorativo – magari perchè i loro mariti sono con contratto a termine – glielo impedisce. A me pare una cosa molto triste.
    E comunque quoto Milena D. e trovo la fantastica citazione di Troisi molto a proposito.

  42. @ wan alice etc etc..se volete seriamente discutere di scelte personali, di laviro, di questioni concrete va benissimo. Se volete spaccare il capello in quattro su boiate come l,estinzione del genere umano o giocare al branco, non mi interessa ed é perdita di tempo per tutti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto