CARI AMICI, NON SEMPRE CHIARI COMPAGNI: SUL CASO BOLDRINI, CON DELUSIONE

In questi tre giorni ho letto tutto quel che potevo sul “caso” Laura Boldrini: la prima intervista, la dichiarazione successiva e le molte, moltissime reazioni. Cosa mi ha colpito? Che il frame è stato spostato immediatamente, dalla gran parte degli intervenuti, sulla rete libera e sul no a qualsivoglia “censura” alla medesima. In verità, sul punto bastavano le brevi e sensate parole di Stefano Rodotà (““La Rete non ha bisogno di una legge speciale, le regole ci sono già. Bisogna solo farle rispettare“), peraltro subito trasformate in “Rodotà contro Boldrini”, per liquidare la questione. Invece, la questione è diventata centrale, e il problema sollevato dalla presidente è stato confinato nell’angolino da chi si occupa di informazione e di rete, in alcuni casi minimizzato come espressione di innocuo cazzeggio, in altri inserito nella generale problematica dell’odio, in altri ancora agitato come una bandiera (le femministe ci faranno diventare meno liberi), in altri ancora osteggiato come espressione di una sinistra conservatrice che cerca l’abbraccio con la destra (vedi! Ferrara è d’accordo! E pure Gasparri!) per limitare la libertà altrui. Segnalo, fra i molti interventi, quello di Arianna Ciccone su ValigiaBlu (un bell’intervento, come tutti quelli di Arianna, ma che non “riconosce” la questione, e che la pone, anche inconsapevolmente, su un piano secondario). All’interno del post di Arianna è riportata una lettera pubblica che Vittorio Zambardino ha ritenuto di dover inviare a me. Non risponderò in particolare a quella lettera, ma proverò a delineare alcune sensazioni e le molte delusioni di queste ore. Prima, però, segnalo anche il bel post di Zauberei, che dice quasi tutto quel che vorrei dire io.
Passo indietro.
1986. Un anno strano e tremendo, come molti di quel decennio, quando le cose avvenivano ed erano molto spesso sanguinose, ma era come se non se ne avesse una percezione completa, perché l’idea generale era quella di un paese felice e potente, cui non sarebbe stato negato un futuro radioso. O almeno divertente. In quell’anno, dunque, ci furono scintille fra Stati Uniti e Libia, e l’embargo di forniture di armi da parte dell’Italia. Si sfiorò la crisi, ma lo Space Shuttle Challenger esplose in diretta televisiva con dentro la prima insegnante dello spazio, Christa McAuliffe, e per un po’ si parlò d’altro in effetti, e poi vennero il maxi processo contro la mafia e l’acquisto del Milan da parte di Silvio Berlusconi, e la morte di Olof Palme, e il caffè al cianuro di Sindona. E poi, certo, ci fu Chernobyl, e non molto dopo lo scioglimento dei Queen, e la prima mucca pazza. Ecco, in quell’anno in cui, in fondo, si cominciava a capire che le cose non sarebbero andate poi così bene come si supponeva, alla radio si udirono parole mai udite pubblicamente. Rottoinculocazzodimerdaaa,tuchetenevaiconquellatroiarottainculoinfigaaa, diocane, porcodio. Cosa era successo? Era successo che Radio Radicale, in grave crisi economica, aveva sospeso la programmazione ordinaria lasciando aperte tre linee telefoniche collegate a una segreteria per far sì che gli utenti potessero registrare le loro telefonate di solidarietà, che sarebbero state mandate in onda integralmente. Non andò così che in minima parte: quelli che andarono in onda furono, semplicemente, insulti. A volte con motivazioni più o meno esili (nord contro sud), nella maggior parte dei casi senza motivazione alcuna. Ne arrivavano mille al giorno: mille vaffanculo, mille accattoni-parassiti-parolai, pernacchie a ripetizione, accuse di “uomosessualità”, gag sessuali, insulti calcistici e insulti politici e molti insulti sessisti ma anche insulti all’ascoltatore che aveva appena riattaccato: “un gigantesco sfogatoio, in un’unica straordinaria trasmissione non-stop che concorrerà al “Premio Italia”, il più importante riconoscimento della radiofonia”, scriverà Panorama. Fu, in effetti, un esperimento importante, una prova generalissima non solo degli umori rissosi da sempre attivi nelle pance italiane, ma della possibilità di ottenere attenzione, e un istante di visibilità, attraverso l’odio: basta avere una tribuna pubblica, esprimersi con i giusti toni (i più livorosi possibile) e si diventa qualcuno. Certo, per perfezionare il meccanismo bisognerà aspettare la televisione, e soprattutto il Maurizio Costanzo Show, che della possibilità di ottenere fama attraverso l’insulto farà una filosofia. Seguiranno, come sapete, i reality, i talk e il trionfo degli haters.
Passo avanti.
Sono stata a Berlino, sabato e domenica. Ho incontrato, fra gli altri, uno scrittore italiano che vive in Germania da diverso tempo. Mi ha raccontato un aneddoto: “Un giorno ho fatto una battutaccia su una ragazza. Una battuta sessista, uno scherzo, naturalmente. Il mio interlocutore mi ha guardato e mi ha detto, più o meno, capisco che in Italia questo tipo di battute siano normali. Qui non sono molto gradite”.
Già questo dovrebbe essere sufficiente, ma provo ad andare avanti. Certo che esiste una problematica generale che riguarda gli odiatori. Ma cosa viene allo scoperto sulla rete? Che esiste un’Italia razzista e sessista. Non è colpa della rete, no, certo: e il caso di Radio Radicale lo dimostra. C’è un problema, però: ed è quello che avrei voluto vedere affrontato in primo luogo da tutti i cavalieri del web. Avrei voluto leggere cose di questo tipo: “fermo restando che non abbiamo bisogno di leggi, la presidente ha perfettamente ragione. Perché l’insulto non viene riconosciuto come tale? Perché viene sottovalutato?  Come possiamo intervenire?”. Intervenire non significa imbavagliare. Intervenire significa vedere il problema: e il problema che riguarda le donne, spiacenti, è il primo non perché esista una gerarchia degli insultati, ma perchè NON VIENE VISTO. E gli effetti di questa mancata visione sono sanguinosi: le donne muoiono, quasi tutti i giorni, ammazzate in quanto donne.
E no, non ci vuole una legge repressiva neppure sul femminicidio: ci vuole consapevolezza del problema, riconoscimento del problema. Per questo, ben venga la richiesta degli stati generali sulla violenza fatta da ferite a morte , ben venga l’osservatorio chiesto da anni e ora fatto proprio dalla ministra Idem. Sono i primi passi, indispensabili, urgenti.
Ma.
Non si può negare, a meno di essere ciechi, che la rete amplifica il sessismo, non foss’altro perchè l’insulto sulle pareti dei cessi viene prima o poi cancellato, mentre in rete resta per anni, visibile a tutti, anche ai figli o ai compagni delle donne insultate. Ma tutto questo, ancora una volta, non viene visto: un fotomontaggio diventa una burla, l’insulto diventa non una cosa di cui vergognarsi, ma un vanto, una spiritosaggine, una gomitata complice. C’è molto poco di cui vantarsi. Quando ho provato a raccontare, in privato, che io e tante altre donne come me che sono in rete da anni (e dunque la conoscono, care e cari) riceviamo di tutto, ogni giorno, quando ho provato a dire che quasi quotidianamente mi salta davanti agli occhi, mentre sono in onda con Fahrenheit, un sms che dice “fica fredda, prima o poi vengo a trombarti così ti cambio la vita”, che da quasi dieci anni girano in rete mie immagini sovrapposte al corpo di pornopoliziotte, che non poche squisite intelligenze (scrittori e critici) lasciano su pubbliche bacheche frasi come “inculiamola con una Barbie, dalla parte delle bambine”, la risposta, un po’ seccata per cotanto vittimismo femminista, è stata “ma allora togliti da Internet”. Come se, per stare in rete, fosse necessario sapersi fare la classica risata davanti a chi ti minaccia.
Faccio un altro esempio, molto più drammatico. Carmela Cirella aveva 13 anni, è stata stuprata da più uomini, si è ammazzata buttandosi dal settimo piano. Beccogiallo ha pubblicato un graphic novel sulla sua storia. Elisabetta Ambrosi recensisce il libro sul Fatto quotidiano. Nei commenti, si scatena l’inferno. Il padre di Carmela, disperato e disgustato, invoca aiuto su Facebook contro i diffamatori di una bambina morta. Finalmente, i commenti vengono tolti.
Una vittoria della rete buona contro quella cattiva? Ma neanche un po’. Perché il commentarium del Fatto rigurgita ogni giorno di odio nei confronti nelle donne, e si ritiene giusto e democratico e civile lasciare che quell’odio ribolla.
Cosa si fa? Ah, miei cari, non sono certo io a dirlo. Dovete dirmelo voi. Dovete prendere consapevolezza che il problema esiste e proporre voi non la soluzione, ma il cammino per arrivarci. Non una legge, ma l’assunzione di responsabilità.
Questo avrei voluto leggere, e non ho letto. Un invito alla responsabilità dalle migliori intelligenze della rete. Non l’ho letto, se non in pochissime eccezioni. E questo mi conferma una triste consapevolezza: il sessismo, in questo paese, alligna in primo luogo fra le persone colte, fra gli intellettuali, fra i cervelli pensanti. Gli stessi che dicono: “le donne sono la parte migliore del mondo”. Salvo fare spallucce quando vengono insultate, ogni giorno, ogni minuto, sotto i loro occhi.

28 pensieri su “CARI AMICI, NON SEMPRE CHIARI COMPAGNI: SUL CASO BOLDRINI, CON DELUSIONE

  1. La parte logica dell’analisi stà nel fatto che le leggi possono produrre rappresaglie contro l’odio, ma non possono interagire con esso.
    L’odio è il primo personaggio, è l’amore mancato, la speranza disattesa, il torto subito, una rivalsa per dire che anche io esisto.
    La diagnosi era semplice e alla portata di tutti, la cura impossibile in quanto il piede non può guarire continuando a portare scarpe strette.

  2. Cara Loredana, condivido in pieno quello che dici e resto io stessa perplessa (a dir poco) dinanzi al silenzio sul problema non visto… che non si vuole vedere! Ieri avevo scritto qualcosa su un mio post al riguardo e un mio amico dalla California si sorprende molto quando gliene spiego il perché. La prima cosa che mi ha chiesto è stata “ma il vostro governo che cosa fa?”, gli ho parlato della Boldrini, delle minacce e dei silenzi… era piuttosto perplesso.

  3. Allucinante scoprire che c’è gente che manda sms con quel carico di violenza senza alcuna consapevolezza o timore che con quel gesto si sta esplicitando come una intenzione di violenza reale. Io vorrei capire meglio come funziona in pratica la legge su questa cosa, del tipo se mi arrivassero messaggi come quelli che sono arrivati a te e giustamente scossa denunciassi la cosa, la Polizia non riesce a fare nulla? Mi sorriderebbero dicendo che si tratta di una burla e che è meglio togliermi dal web? Come è possibile che una persona che scrive (lasciando una prova e traccia ineliminabile ed esprimendo una cosa così non fraintendibile) una minaccia di volontà di farmi del male fisico in modo brutale venga vista con leggerezza? Anche perché già ricevendo e leggendo quel messaggio non è che dormirei più tanto serena per cui innescherebbe in me una preoccupazione a livello psicologico che in qualche modo è giusto venga risarcita. Bello il post, tutta la questione è davvero molto interessante, preoccupante e da indagare e legiferare con urgenza. E’ importante rendere pubbliche le frasi violente che vengono scritte, per studiarle come casi e capire di cosa si tratta, e per me ( ma per quasi tutti voglio sperare) questa è violenza e dovrebbe essere riconosciuta come tale! Complimenti ancora per il lavoro che stai facendo, tu e molti altri, considerando poi gli effetti collaterali, davvero un grande coraggio.

  4. “della possibilità di ottenere attenzione, e un istante di visibilità, attraverso l’odio: basta avere una tribuna pubblica, esprimersi con i giusti toni (i più livorosi possibile) e si diventa qualcuno.”
    …brava, questa per esempio calza perfettamente alla tua amica di Femminismo a Sud…
    “E no, non ci vuole una legge repressiva neppure sul femminicidio: ci vuole consapevolezza del problema, riconoscimento del problema.”
    Su questo invece non sono d’accordo.
    “Una vittoria della rete buona contro quella cattiva? Ma neanche un po’. Perché il commentarium del Fatto rigurgita ogni giorno di odio nei confronti nelle donne, e si ritiene giusto e democratico e civile lasciare che quell’odio ribolla.”
    Che si fa allora? Meglio nascondere la polvere sotto il tappeto?
    “Non una legge, ma l’assunzione di responsabilità.”
    E perchè non entrambe…scusa? Cosa lo impedisce?
    Gli uomini che si comportano in modo corretto, civile e ragionevole non hanno nulla da temere da una severa legge che reprima il Femminicidio.
    …o no?

  5. Cara Loredana. Non ho proprio nulla da aggiungere a questo tuo post. Gia’ nel pieno del clamore avevo scritto sul mio blog che io sentivo a pelle come si stesse mancando il bersaglio. Che c’entrano quelle oscenita’ e la gente che insegue la figlia della Boldrini con la presunta liberta’ dei delinquenti che si aggirano in rete ? Cosa c’entra internet con l’anima sessista e razzista da far schifo di tanti miei concittadini ?
    Ed invece mi stupisce (e tanto) leggere che certe cose vengono dette anche a te e da anni. Robaccia che io nemmeno a 15 anni pensavo. Ma chi e’ questa gente ? Ma come si permette di mandarti un SMS con quelle cose li’ ?
    Ma perche’ non posso uscire, chiamare a raccolta gente come me’, cercarli e trovarli. Ma non per menargli, che stiamo scherzando ? Ma per vedere se, dal vivo, hanno il coraggio di ripeterle queste cose.
    Mah… io non mi sono ancora ripreso da tutto questo schifo.

  6. ” Il padre di Carmela, disperato e disgustato, invoca aiuto su Facebook contro i diffamatori di una bambina morta. Finalmente, i commenti vengono tolti. Una vittoria della rete buona contro quella cattiva? Ma neanche un po’.”
    Forse non sarà stata una vittoria, ma non dimentichiamoci dei soggetti sofferenti come, appunto, il padre di Carmela. Eliminare quei commenti non è “una battaglia collettiva”, è soprattutto un modo per difendere queste persone che chiedono a gran voce di essere tutelate. Se una persona offesa chiede che venga difeso un suo legittimo diritto, non dobbiamo ascoltarlo?

  7. @Chiara: ma non vedi che stiamo proprio dicendo che è una questione di diritti e che se uno è stato offeso deve potersi ribellare senza che per questo si parli ogniqualvolta di censura?

  8. Loredana sono perfettamente d’accordo con te.
    A margine vorrei dire che l’altra sera mi è venuta in mente questa questione vedendo il film “Milk”, sull’attivista americano Harvey Milk: man mano che la sua figura diventa consosciuta, avendo l’ardire di candidarsi a consigliere di S. Francisco, lui gay dichiarato, e con in primo piano i diritti per la parità degli omosessuali, Milk riceve lettere minatorie. Una la appende come memento sul frigo: c’è un ritratto rudimentale di lui sparato da pistole, il membro che spruzza sangue; le minacce sono in chiave sessuale (ti taglio la cappella ecc.). Ovviamente lui ha sì paura, ma continua per la sua strada. Muore, si sa, sparato, durante il suo mandato di consigliere. Il grilletto non l’ha premuto l’autore della minaccia, ma un suo collega omofobo. Ma quello che il film secondo me dice è che quella lettera, e il gesto di sparare non sono cose separate, e non sono separate dal clima di odio violento per gli omosessuali appena hanno osato rivendicare con forza una visibilità, una dignità, dei diritti e non accontentarsi di vivere ai margini o nelll’ombra.

  9. Sì, però questo era inevitabile, perché la Boldrini non voleva solo parlare di un fenomeno e della percezione dell’insulto, ma ha espresso una volontà più o meno consapevole. Altrimenti non si spiega la risposta di Rodotà, e neanche la rettifica della Boldrini stessa.

  10. Condivido ogni singola parola, Loredana. Ero in Spagna mentre la Boldrini veniva insultata e i miei amici erano allibiti, sia per il fatto in se’ (insulti diretti ad una personalità del governo che non vengono perseguiti in maniera efficace) che per il merito (insultata in quanto donna). Uno di loro, che ha vissuto in Italia a lungo, sostiene che l’immagine che della donna abbiamo in Italia, sia tra donne che uomini, è molto peggiore che in Spagna (che non è la Svezia…). Le donne in Spagna sono sì oggetto di comportamenti sessisti, ma la reazione di indignazione è immediata e puntuale, non come da noi, dove ci sono donne che riescono a ridere delle battute di Berlusconi.
    Quindi i due problemi vanno di pari passo da noi, alcuni individui si sentono liberi di insultare la Presidente della Camera in quanto donna perchè questo non è considerato reato dalla stragrande maggioranza delle persone nella nostra società, siano esse donne o uomini, e quindi pensano di poterla tranquillamente fare franca. Per lo stesso motivo, non si cerca di inasprire le sanzioni o dare strumenti maggiori alla polizia postale per smascherare e sanzionare pesantemente gli autori di tali messaggi.
    Partendo da questo dato, in rete l’anonimato (o il presunto tale, solo per il fatto che non vedi l’altro negli occhi) è il grande paravento dietro cui si nascondono tutti i vigliacchi. Non sarà giusto censurare, anzi, come l’esperienza di Radio Radicale insegna, è l’unico modo per portare allo scoperto la vera anima di molti individui, ma credo sia sacrosanto, necessario e impellente, in questa società sempre più social, snellire il lavoro della polizia postale e rendere più facile ed effettivo il sanzionamento. Bello sarebbe poter iscrivere gli autori di insulti su di una lista consultabile pubblicamente… visto che aspirano a qualche attimo di notorietà!
    E a proposito di censure in rete, sarà forse un pò OT ma vi invito a dare un’occhiata a questo:
    http://motherwiselife.org/2013/03/11/an-open-letter-to-facebook/
    Alcune cose vengono censurate in rete, ma non sempre sono le più oscene… anzi!

  11. Forse nei programmi scolastici, oltre agli auspicabili corsi di educazione sessuale e all’affettività (ci arriveremo mai?), bisognerebbe aggiungere qualche lezione concernente l’uso responsabile della rete (siti web, social, etc).

  12. Senti, io sono sconfortata, sono diverse volte che un mio conoscente, giovane, sinistrorso, attivista, scrive per il Fatto, Amsterdam è il secondo paese straniero in cui vive, e se posto qualcosa di tuo o di Zauberei o di Lorenzo o altri sul sessismo PROPRIO NON CAPISCE DI COSA STIAMO PARLANDO. E in questo non differisce dal mio consanguineo di estrema destra maschilista. Che forse adesso che si mette in politica pure lui se gli faccio notare che rischia che qualcuno che la pensa diversamente gli molesti per strada moglie e figlia come alla Boldrini, magari un minimo riesce ad identificarsi. Sempre con parole semplici e slogan brevi perché noialtri, si sa, scriviamo post troppo lunghi perché la gente abbia la pazienza di leggerseli.
    E si, ha ragione il collega tedesco, forse in Italia ci siamo assuefatti a tante cose che altrove semplicemente non è bon ton dirle da sobri e in pubblico, ma tante porcherie cominciano a sdoganarsi anche in Olanda e non mi piacciono punto.

  13. Ho riflettuto molto, in questi giorni, ho letto molti articoli e commenti e status vari in fb. Sto leggendo anche molto, cercando di capire le motivazioni, gli sviluppi, le radici di questo odio contro le donne che permea la nostra società patriarcale. Sicuramente è importantissimo parlare e sviluppare la terminologia di genere, usare i termini “femmicidio” e “femminicidio” ha una portata enorme, l’ha avuta in Messico e nell’America Latina, l’avrà qui da noi, e si capisce dal livore e dall’accanimento di chi la rifiuta, ma anche da come si sta rapidamente diffondendo tra le donne.
    Su una cosa però dissento: vanno bene la responsabilizzazione, l’azione culturale e sociale, l’impegno delle tantissime donne che stanno lavorando all’interno dei movimenti femminili, femministi e di aiuto.
    Ma sarebbe importantissimo, e decisamente più immediato, anche l’inaspimento delle pene, anche solo con una aggravante, tipo “motivazione: odio di genere”.
    Il diritto crea la mentalità, o contribuisce a farlo: è stato un cambio epocale la cancellazione del delitto d’onore, così come lo è stato togliere lo stupro dai reati contro la morale, così come sarebbe importante nella nostra legislazione una legge contro l’omofobia.
    Con un tale gesto, lo Stato mostrebbe già da subito un atteggiamento di rigore, e di interesse alla fattispecie penale di cui si parla.
    Cosi come fece Marcela Lagarde in Messico, costringendo le istituzioni ad agire.
    Non sono per formazione e sensibilità una “forcaiola”, ma ritengo che una aggravante penale, disposizioni di Pubblica Sicurezza che sveltiscano la presa in carico delle denunce di stalking, un monitoraggio serio che riguardi tutte le violenze che affrontano oggi le donne in questo Paese, sarebbero già un gran primo passo…

  14. Prezioso intervento, Loredana, grazie.
    Mi colpisce anche il silenzio della corporazione giornalistica su Annunziata che intervista Cecile Kyenge. Un capolavoro significativo, anche per gli echi suscitati sul web, spesso vomitevoli. Facile difendersi dalle volgarità di Borghezio e soci, ma quest’altro tipo di volgarità (a mio parere molto più dannosa) viene assecondata o sottovalutata. Si tratta di una sottovalutazione assai contigua a quella che ha scandalizzato te, e vive di assuefazione al discorso volgare ma “colto”. Studio da vent’anni fenomeni di…diffidenza xenofoba, ma non mi sarei aspettato tanta condivisione di fantasmi che credevamo consegnati agli idioti di destra: a cominciare dall’ossessione suscitata dalla pelle nera.

  15. Non so Loredana quale possa essere il cammino. Sicuramente so che non può più essere molto lungo, non abbiamo così tanto tempo per metterci ad arzigogolare. Bisogna agire ora. So, intanto, che trovo aberrante il silenzio, quel che in questa vicenda non è stato detto, da parte di certi uomini, e certe donne anche, quelli che tu chiami in causa (scrittori, giornalisti, gente del mondo della cultura, ecc) ma non ho mai pensato purtroppo che far parte di quel mondo per mestiere garantisca l’essere persone migliori.
    Se poi vogliamo risalire alle cause mi sento persino banale a ripetere le solite litanie (per me, come padre e uomo e cittadino, sono fondamentali) sui modelli di genere, sull’educazione sentimentale, su come si costruiscono i riferimenti culturali (in senso lato) e di comportamento che ci guideranno nei rapporti, nel riferirsi agli altri. Ti assicuro anche che si fa parecchia fatica ad essere uomini rispettosi. Capita spesso che se ti sottrai alla battuta volgarotta e sessista, tu sia guardato con stupore, se ti va bene con una qualche sufficienza. In fondo che c’è di male, è solo uno scherzo, una battuta, si dice. Io purtroppo non sono convinto di questo (qualche collega uomo mi dice che sono troppo rigido), non vedo le donne come tagli di carne ed è faticoso ogni volta ricordarlo anche ai più “smaliziati”, quelli che a una “bella” battuta volgare non si sottraggono mai.

  16. “Morta sabato scorso 4 maggio per arresto cardiaco in seguito alle troppe percosse ricevute da un uomo. Si tratterebbe del marito della donna.”
    http://www.ilquotidianodellacalabria.it/news/cronache/712727/Reggio–donna-muore-per-arresto.html
    Cara “Loredana Lipperini” sei ancora convinta che non siano necessarie leggi repressive del Femminicidio ma che basti riconoscere il problema, prenderne consapevolezza, assumersene la responsabilità,­ e amen?
    Nel frattemo le donne crepano. Le altre però. Non tu che pontifichi dal tuo angolino al sicuro…

  17. “E no, non ci vuole una legge repressiva neppure sul femminicidio: ci vuole consapevolezza del problema, riconoscimento del problema. Non una legge, ma l’assunzione di responsabilità.” (Lipperini)
    Immaginate se si dicesse che non ci vogliono misure repressive per le rapine in banca o agli uffici postali. Ma che ci vuole solo consapevolezza e riconoscimento del problema. Assunzione di responsabilità…

  18. Cassandra, faccia un esempio di cosa intende per legge repressiva, ovviamente che funzioni anche per quelli che dopo aver ucciso si suicidano.

  19. Mah, sinceramente detto, il flame è l’ultimo dei miei pensieri, a me interessa discutere e confrontarmi e cercare di capire come si può intervenire e che cosa si può fare per fermare un massacro che non è solo di cronaca nera, ma quotidianamente si attua in molti campi della nostra vita.
    Ho una formazione umanistico-giuridica (lasciamo da parte quella teologica, anche se mi fa comprendere molte cose del fronte patriarcalista) e questo sicuramente influenza anche il mio pensiero.
    La legge non ha solo un fine ed un aspetto repressivo, serve anche a proteggere interessi ritenuti importanti dal legislatore. In questo caso la dignità, la vita e la sicurezza di cittadine italiane (e cittadini italiani, perché tutti sono coinvolti, nella realtà del femminicidio).
    E nei miei incontri con le donne che lavorano nei centri antiviolenza, ho percepito spesso la sensazione di un sistema che è inadeguato, che non riesce ad attivarsi tempestivamente, nel caso di denuncia di stalking, che quasi sempre precede i femminicidi.
    Come donna lesbica, poi, seguo da anni i tentativi finora vani di fare approvare una legge contro l’omofobia, un’aggravante, una qualche forma di protezione e di stigmatizzazione sociale di comportamenti, dichiarazioni e atteggiamenti discriminatori.
    Poi, è chiaro, ci saranno sempre persone che vedendomi per strada mano nella mano con la mia compagna, ci grideranno dietro “lesbiche di m…, vergognatevi”. Ma sempre meno, saranno, perché i diritti camminano in avanti, e non si fermano.
    Così come, temo, ci saranno sempre pubblicitari o prelati che ci diranno se come dove e quando possiamo mettere il rossetto…
    Accosto le due situazioni perché ritengo che siano facce della stessa medaglia.
    Poi, come insegnante, è chiaro che vedo quanto carente sia la nostra bella scuola pubblica, in risorse, preparazione dei docenti, aggiornamento…c’è una montagna di cose da fare, e bisogna cominciare da subito, da ieri, perché quello che si sta facendo è ora affidato alla volontà delle persone, di chi ci mette tempo, studia, cerca, inventa, e non è supportato dalle istituzioni.
    Ma le due strade non si contraddicono, secondo me, incontrandosi nel fine e negli scopi. Questa è la mia modesta opinione.

  20. @ Luisella
    penso che parti da un approccio problematico, ovvero l’idea di intervenire per fermare un massacro: non stiamo parlando di mafia o di terrorismo. sono crimini commessi da gente comune, non per particolari interessi, ma per problemi personali. I vari interventi sono tutti di aggiustamento, agiscono in tempi lunghi. Ma una volta approntati quelli legislativi, quelli in ambito socio-sanitari, e quelli in ambito scolastico, poi non c’è più molto da intervenire. Abbiamo un sistema giudiziario a pezzi, una legge sullo stalking di cui dobbiamo ancora capirne gli effetti. Ma ad esempio oltre alla lentezza dell’intervento, o gli\le stalker vengono messi all’ergastolo, gli tagliamo le mani, li segreghiamo in casa, li trasferiamo da un’altra parte con l’obbligo di firma; oppure oggi tornano a molestare, perché a qualcuno avrà fatto bene la denuncia o la reclusione, a qualcun’altro\a no, senza un percorso di cura serve a poco.
    e in genere si affronta il problema solo dal punto di vista repressivo, che in sé può anche essere giusto, solo che è più una reazione di chi non sa bene che fare e intanto fa il muso duro.

  21. @Shane
    a me sembra davvero un massacro, visto i numeri dei femminicidi dello scorso anno, quelli del 2013, e la violenza verbale che spesso incontro nel web e nella vita reale quando affronto questi argomenti.
    Concordo con ciò che dice Loredana più sopra, e nei suoi libri, e trovo importantissima l’azione quotidiana che svolgono lei, Michela Murgia, Lorella Zanardo, Chiara Lalli, Barbara Spinelli ed altre sul web, in giro per le scuole, sui giornali (troppo poche, direi, ancora).
    Anche io, nella mia piccola città e nel piccolo lembo di mia vita, mi muovo ogni giorno remando contro questa ondata, cominciando sempre da me, da uno sguardo severo e critico sul mio linguaggio, sulla mia capacità di ascoltare i miei alunni e le mie alunne, sulle cose che non so e non so fare per cercare di essere alla loro altezza.
    Ma se penso alla storia di questo Paese, a come alcune leggi hanno cambiato il modo di percepire e di pensare e di comportarsi, se penso ad altre leggi, vigenti in Italia ma di quasi impossibile attuazione, come la 194 sull IVG, rimango del parere che l’aspetto legislativo sia importantissimo.
    Come è importantissimo l’articolo 3 della Costituzione, nella sua seconda parte: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
    Credo davvero, e lo penso ancora, che le leggi formino la mentalità: abolire il falso in bilancio, depenalizzare l’aborto, approvare la legge sul divorzio breve, introdurre il reato di stalking, il Concordato con il Vaticano. punire lo stupro come reato contro la persona e non contro la morale, depenalizzare l’omosessualità, formulare una legge contro la tortura (forse gli agenti che hanno ucciso Aldrovandi se la passerebbero peggio, se ci fosse…)…nel bene o nel male, le leggi cambiano la percezione dello Stato ed il modo di vivere nello stesso.
    Ribadisco, non sono giustizialista, al contrario, forse sono un po’ idealista quando penso che lo Stato può dare un segnale, riconoscendo nel femminicidio un fenomeno sociale, non una serie di omicidi a caso per problemi personali di un qualche centinaio di uomini…

  22. @ Luisella
    sono d’accordo sul fatto che rappresenti l’espressione di un fenomeno sociale, ma sono singoli uomini ( o donne ) a commettere il crimine più violento di cui parliamo. Per cui la manovra per intervenire è troppo ampia. Si passa dal tuo lavoro, o da quello di chiunque sul piano culturale alla legge. Ma anche una legge che ponga l’aggravante per femminicidio ( superando la probabile incostituzionalità ) o magari una estensione alla violenza di genere come pure per il reato di omofobia, di per sé non garantisce nulla. Sono punti che vanno messi certamente, ma in questa discussione credo se ne sia parlato per l’aspetto dell’aggravante. Il punto è che come per il reato di stalking ( fra gli effetti di questa legge ci sono anche le controindicazioni: una persona che è stata in carcere poi si può anche vendicare in maniera ancora più grave ), l’azione legislativa esprime un modo di vedere la questione. Per cui certamente legge e lavoro sul sociale vanno di pari passo. credo che le discussioni in genere siano tra chi sostiene l’introduzione del reato di femminicidio, che magari abbia un’aggravante, oppure l’introduzione della discriminazione di genere.

  23. Scrive Luisella:
    “Ribadisco, non sono giustizialista, al contrario, forse sono un po’ idealista quando penso che lo Stato può dare un segnale, riconoscendo nel femminicidio un fenomeno sociale, non una serie di omicidi a caso per problemi personali di un qualche centinaio di uomini…”
    .
    Macché idealista, tu chiedi una cosa normalissima.
    L’art. 3 cost. obbliga lo Stato (“È compito della Repubblica”) a porre in essere leggi che ristabiliscano l’uguaglianza sostanziale. Se esistono (ed esistono) problemi sociali chiamati ‘femminicidio’ ‘omofobia’ ‘transfobia’, che colpiscono alcune classi di cittadin* penalizzando le opportunità di svilupparsi come persone e portecipare all’organizzazione della comunità, allora lo Stato DEVE tutelare quelle classi con norme appropriate, anche penali. Ma ci mancherebbe.

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