CASTELLI D'INVERNO

Molto tempo fa, Leonardo Sciascia scrisse:
“C’è un vecchio film comico in cui Macario, maestro elementare, entrando a scuola trova sulla lavagna questa scritta: «il maestro se l’intende con la figlia del direttore ». Macario legge, poi con un sorriso ispirato, vagheggiante, si avvicina alla lavagna e scrive: «magari!». Tutta la polemica che si agita contro gli intellettuali – ogni volta contro il loro silenzio o contro le loro parole – dovrebbe, da parte degli intellettuali, avere questa sola risposta: «magari!». Magari, cioè, gli intellettuali potessero nel nostro paese avere quel ruolo che le polemiche gli attribuiscono, contare davvero quanto sono accusati di contare. Ma non hanno contato mai nulla, non hanno avuto mai un ruolo. Machiavelli diceva: «non ti fanno nemmeno voltare una pietra». E affidandoci a questa immagine possiamo dire che appunto il voltare le pietre, e lo scoprire i vermi che ci sono sotto, è il massimo che gli intellettuali hanno potuto fare nel nostro paese: esercizio solitario, e a loro rischio e pericolo.”
Ora, qui non si tratta neanche più e soltanto di intellettuali: si tratta di distorsione o di approccio iper-velocizzato alla lettura. Tra i commenti Facebook al mio post di ieri, alcuni hanno recepito soltanto una parte di quanto scritto per reinterpretarlo nella chiave “editori contro traduttori”. Che è una situazione reale, e da discutere, e presto: ma non è, in questo caso, il focus. E mi ha dato da pensare, perché è qualcosa che accade di continuo, e accade a tutti noi: leggiamo quello che ci interessa leggere, capiamo quel che ci interessa capire, anche se siamo persone avvertite e colte.
Dunque, la questione non riguarda gli intellettuali, ma l’intelletto.  Intelligere, come lo intendeva Dante, comprendere, capire.
Ne parleremo nel week end de I giorni della merla, a Macerata, da domani a domenica: questa volta il piccolo festival  che curo con Lucia Tancredi ha come tema  Il Castello d’inverno, un po’ Kafka, un po’ Jackson. Ci saranno Giacomo Papi, coi castelli assediati di un mondo distopico, dove la cultura è inganno, l’ignoranza è scambiata per innocenza. Stefania Auci presenta “I leoni di Sicilia”, il romanzo dell’anno,   nel castello degli antenati. Marcello Fois racconta dell’amicizia come fede e come azzardo, nel “rigido e impassibile cielo di gennaio”.
Perché alla fine, forse, parlarsi permette di capirci di più rispetto allo scrivere. E questa potrebbe essere, anche, una sconfitta su cui riflettere.
A lunedì.

Un pensiero su “CASTELLI D'INVERNO

  1. Non parliamo di sconfitta che ha un suono definitivo e senza speranza. Ma è vero che parlarsi ha tutto il non verbale ad aiutare. Quindi è un po’ più difficile sfuggire al punto e capire solo quello che si vuol capire. Scrivere ed essere compresi è più difficile

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