Arrivano tante mail come quella di cui dirò. Arrivano a me, alla redazione, arrivano, immagino, a tutte le persone che si occupano di libri. Con varianti, certo: c’è chi chiede attenzione per un testo autopubblicato (e ha ragione: ma riecco l’antica domanda, come si fa a pescarlo fra i moltissimi?). C’è chi chiede, semplicemente, consigli.
L’autore della mail, che non nomino, non chiede neanche di essere pubblicato a tutti i costi. Chiede, però, “un modo meno cinico” di essere respinto, rispetto alla consuetudine del silenzio. Racconta, anche, che solo due case editrici su trenta hanno risposto dicendo che il romanzo non rientrava nei loro piani editoriali. Scrive anche, l’autore, che probabilmente il suo testo non aveva il giusto valore, e che è molto difficile autovalutarsi. Ma proprio per questo, aggiunge, “ci sono possibilità insospettabili in una altrui competente critica esplicita al proprio lavoro; possibilità che correggerebbero difetti di scrittura se solo gli editori leggessero anche gli sconosciuti”.
Antica questione, divenuta più stringente: gli editori leggono, ma non riescono a leggere tutto, perché la mole di proposte aumenta mese dopo mese. Ci sono le agenzie, ci sono gli editor che si offrono in rete e fuori. Ma l’ingolfamento riguarda anche loro. Sarebbe interessante, allora, riaprire la discussione sul self-publishing: funziona, non funziona, sono soddisfatti coloro che si autopubblicano? Riescono a farsi leggere, soprattutto? Mi sembra che se ne parli meno rispetto a un anno fa, o qualcosa di più, quando il self-publishing sembrava la via maestra.
Il panorama, del resto, è quello che ci dice Nielsen via Aie: se nel 2016 il mercato del libro cresce ( +0,2% per il fatturato dei libri di carta), diminuiscono le copie vendute, del-2,9% (circa 1,4 milioni di copie di libri di carta vendute in meno). E se cresce l’export di diritti di libri italiani all’estero (+11,7% nel 2015), e crescono i titoli (+6,5% quelli di carta, +21% quelli ebook), dice Aie che “la penetrazione della lettura di libri in Italia è tornata nel 2015 a crescere (42%), certo, ma tra le editorie avanzate registra la peggiore perfomance, confrontandosi con il 62,2% della Spagna, il 69% della Francia, il 68,7% della Germania, il 73% negli Stati Uniti, l’84% del Canada, l’86% del Belgio fino al 90% della Norvegia”.
Da dove si comincia, caro autore della mail? In questo momento, credo di non saperlo (e credo, in tutta onestà, che non lo sappia nessuno).
E c’è chi finisce a percorrere strade improbabili, per le quali non è affatto portato, e che del resto si interrompono praticamente subito.
Chiaramente non l’avrebbe fatto, preferendo di gran lunga strade battute e consolidate. Ma se, appunto, queste sono bloccate o ingorgate?
Purtroppo, pur sapendo più cose di prima, neanch’io ho la più pallida idea di cosa si potrebbe fare. Al massimo di cosa non fare.
Già credo anch’io che nessuno abbia una risposta. Vorrei però porre anche un’altra domanda: perché questo ingorgo di scrittura? La scrittura è un medicamento e come tale guarisce se dosato in maniera corretta, avvelena e può uccidere se la dose è troppo elevata. Occorre che tutti si ritorni a dare valore alla parola detta. La parola più importante, quella della preghiera e quella della poesia, va pronunciata per avere un valore, la parola deve arrotolarsi tra la lingua e il palato, solo così, ascoltandone il suono, la divinità (poesia e preghiera si confondono nei Salmi) porge l’orecchio. Quello che, imprudentemente, chiamo mio maestro, Mario rigoni Stern, mi ha insegnato che la parola detta viene prima di quella scritta. Omero non ha mai scritto. Quello che umilmente vorrei dire io è di uscire fuori, di smetterla di rimanere chiusi nelle proprie stanze con la sola compagnia di una tastiera. Muti, di lingua e di cuore. Vorrei che si tornasse a parlare a discutere, senza vergogna, e forse chissà come una medicina amara a scrivere. Naturalmente scrivendo qui oggi smentisco e contraddico clamorosamente tutto quanto. Un caro saluto Loredana. Andrea
Non so, Loredana, essendo uno (fra i moltissimi) che vorrebbe pubblicare un romanzo, che sogna diciamocelo, di poter diventare o essere uno scrittore, inizio a mal sopportare mail di cui parli.
Sarò forse un illuso, ma sono convinto che se uno scrive un buon testo, se non ottimo, la sua bravura verrà riconosciuta. Certo, bisogna anche essere umili, e capire cos’è l’editoria, i suoi tempi, gli eventuali silenzi.
Ma perché, dico, devo aspettarmi che, inviato un manoscritto all’Einaudi, questa, che già lo legge, debba avere il tempo (e il denaro) per rispondermi. Sinceramente non capisco.
E così anche per piccole case editrici.
Voglio avere una valutazione del mio testo, un consiglio, un aiuto: ok, ci sono strade solide da percorrere, anche a pagamento (e davvero non ci vedo nulla di male a pagare qualcuno che con professionalità, usa il suo talento per analizzare il mio testo: perché lo dovrebbe fare gratis?). Naturalmente bisogna avere l’accortezza di non spedirlo al primo che capita.
Ma anche qui: abbiamo un sacco di mezzi per informarci. Facciamolo.
Perché continuare a piangerci addosso? Ah, quello ha voluto dei soldi per leggere il mio romanzo! Tragedia! Non è una tragedia, magari quello è parte del suo lavoro, e se c’è chiarezza d’intenti – e non parlo di ami edulcorati per false pubblicazioni o quelle zone d’ombra delle editrici a pagamento – si paga anche per quello.
Faccio un esempio: se finirò il mio romanzo (o quel che sarà), io prima di mandarlo a una casa editrice, ho idea di farlo prima leggere a un editor mio amico, uno che tra le altre cose fa anche quello di mestiere: ma mica mi sogno di farglielo fare gratis! Poi, dopo che avrò ascoltato la sua valutazione, eventuali consigli, etc, lo spedirò alla casa editrice più adatta, e aspetterò i sei canonici mesi. Se arriverà una chiamata: ci sarà da festeggiare. Altrimenti, ci sono molte strade, anche quella che il mio romanzo non valga abbastanza.
Ma, vi prego, finiamola di piangerci addosso!
Andrea
Ops, due Andrea che si firmano Andrea. Il primo comunque benché non sia la stessa persona (la signora Loredana che tutto vede lo sa) concorda con il secondo Andrea, perché alla fine,
Se c’è una strada sotto il mare
prima o poi ci troverà
se non c’è strada dentro al cuore degli altri
prima o poi si traccerà.
Vale per cose un po’ più alte, ma può valere anche per i nostri sogni.
Di nuovo un caro saluto a lei Loredana e a Andrea.
Andrea
non ci sono modi meno cinici, ci possono essere errori di valutazione. ma rimane il fatto che la maggior parte degli inediti fa schifo. detto questo se ti interessa essere letto ti autopubblichi e ti adoperi nella diffusione. se vuoi pareri professionali paghi. se vuoi essere pubblicato speri. funziona cosi e nn potrebbe essere altrimenti, anche in Norvegia. e’ bello che si scriva di piu, nn per questo e’ bello quello che viene scritto.
Scusatemi, il secondo Andrea, che ha scritto alle 10.41, sono io, ovvero Andrea G. Non mi ero accorto dell’omonimia, perdonate.
Forse appariro` troppo pragmatico, ma penso che in ogni caso per non fomentare illusioni dovresti insistere sulla questione per cui salvo si parli di un aspirante autore/autrice molto giovane (che possa spendersi a titolo quasi gratuito investendo il proprio tempo in ruoli di contorno contigui alla propria vocazione) e che sussistano certe circostanze non e` il caso di puntare sulla scrittura per il proprio sostentamento. E in ogni caso, anche se volesse giocarsi le sue carte giocandosele fino alla fine, di cercare riscontri positivi esterni gratuiti e spietati(sperando di trovare nel contempo recensori all`altezza della situazione)