CERCANDO UN ALTRO ANGELO (GUGLIELMI)

Si vota fra una manciata di giorni e io mi chiedo se esista un altro modo di parlare di politica. Ma anche di cultura. Ma anche di qualsiasi argomento. Ieri riflettevo su Facebook sul confronto televisivo tra Vera Gheno ed Emanuele Trevi pensando proprio, al di là del tema, alla prassi consolidata per cui si va in televisione per annientare l’avversario, e che si parli di linguaggio o di qualsiasi altro argomento a questo punto poco conta.
Salutammo la Neotelevisione di Angelo Guglielmi, quella che trasformò RaiTre dal 1987 al 1994, come il cambiamento necessario, come l’avvento di un progetto intellettuale e insieme popolare fino a quel momento inedito. E così era. Ma oggi non c’è un Angelo Guglielmi a ragionare sui progetti: e quelli che allora erano programmi o modalità innovative hanno oggi esasperato i toni e svuotato i contenuti, prendendo su di sé la brevità dei social, e rendendo inutile ogni possibilità di approfondimento reale.
E allora, come ci si informa, come si va al voto?
Tornerà utile, come al solito, David Forster Wallace, che nel 2003, ventuno anni fa, scriveva:

” Il 95% dei commenti politici, sia scritti che orali, è al momento inquinato da quello che si crede dovrebbe essere considerato politica. Il significato è diventato totalmente ideologico e riduttivo: lo scrittore/oratore ha certe convinzioni o affiliazioni politiche, e procede col filtrare tutta la realtà e far girare tutte le proprie affermazioni secondo queste convenzioni e legami. Tutti sono incazzati, esasperati e indifferenti al dibattito da un altro punto di vista.

(…)

È tutto diventato come Zinn o Chomsky, ma senza quell’immenso corpo di dati concreti a sostegno dei loro sermoni. Non ci sono più dibattiti (o “dialoghi”) complessi, caotici, estesi a un’intera comunità; si tratta adesso di discorsi politici fatti in maniera stereotipata in cui si predica al proprio coretto e si demonizza l’opposizione. Tutto è inesorabilmente bianco o nero. Siccome la verità è molto, molto, più “grigia” e complicata di quanto un’ideologia possa comprendere, tutta la situazione mi sembra non soltanto stupida, ma stupefacente. Guardare O’Reilly contro Franken è come guardare sport violento”.

Anche questo dovrebbe rientrare fra i compiti di chi agisce nella cultura: provare a cambiare i toni e i modi, a rifiutare alcuni format, a cercarne di nuovi. E’ difficilissimo, ma indispensabile.

Ps. Il blog verrà aggiornato saltuariamente: da lunedì inizio la mia ultima serie di Fahrenheit, e vorrei farla al meglio delle mie possibilità. Ma torno, eh.

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