CHIUDETE IN FRETTA I NOSTRI LIBRI. TRA FORTINI E CASTELLUCCIO.

“Quanto in lui e in me si agitò in quelle occasioni non può non apparire alcunché di incomprensibile, quasi al confine della mania, per un giovane d’oggi. Ma non eravamo né pazzi né fanatici. Eravamo, a poco più di dieci anni dalla fine della Seconda Guerra, nel cuore del secolo, ancora ricchi di qualcosa che — scrisse Pasolini — ci faceva piangere guardando Roma città aperta. Le lacrime non sono affatto un buon criterio di giudizio. Eppure mi piacerebbe sapere che cosa possa oggi far piangere un uomo di trent’anni, che tanti allora Pier Paolo ne aveva. E a uno o due di quei giovani anche vorrei dire: come si impara una lingua straniera, cercate di capire la lingua nostra, solo in apparenza simile a quella che ogni giorno impiegate conversando o pensando. Se ritenete che non valga la fatica, chiudete in fretta i nostri libri e l’età che li produsse; e buona fortuna”.
Franco Fortini, Attraverso Pasolini
La lingua nostra, temo, è già estranea. I fatti di queste ore e settimane lo dimostrano. Allora andiamo a cercare nelle pieghe dei fatti. Cerchiamo di comprendere la disperazione, ma di dare risposte diverse a quella disperazione. Ricordate, suppongo, cosa sta avvenendo a Castelluccio di Norcia.  Ora, in proposito, mentre i lavori per il Deltaplano vanno avanti, ai residenti vengono negate altre casette Sae. Ma di contro, come nel comunicato del WWF Perugia che riporto sotto, si prosegue nell’edificazione di quello che sarà, comunque, un corpo estraneo, cementificato e soprattutto difficilmente rimovibile. Leggete, intanto:
“Forse non siamo stati sufficientemente chiari, oppure tutto è talmente chiaro, … che ad alcuni conviene far finta di non capire!!!
La vicenda dell’Ecomostro di Castelluccio avversato dalla nostra associazione (che ha visto in due giorni oltre 20.000 visuaizzazioni), non attiene gli abitanti di Castelluccio (per i quali, purtroppo ancora non sono pronte nemmeno le piazzole per installare le casette), non riguarda i commercianti e gli imprenditori/artigiani di Castelluccio, chiunque essi siano.
Questo centro commerciale “alieno”, che deturpa in maniera stabile e irreversibile un’ambiente, un panorama, una visione estetica d’insieme, un’unicità mondiale all’interno di un parco nazionale, che è rimasta inalterata per millenni, …fino all’arrivo di certa politica, la quale, in occasione del tragico evento del terremoto, in arrogante solitudine ha deciso per tutti cosa fosse meglio fare, dove fosse meglio collocarlo, come fosse meglio realizzarlo.
Avremmo potuto avanzare mille critiche e sollevare dubbi circa questo metodo fintamente partecipato, ma abbiamo ingoiato il rospo, per non ritardare il rilancio economico della zona, per non ostacolare la ricostruzione, abbiamo chiuso gli occhi, anche su fatti gravi, …ma quello che non possiamo tacere e non ostacolare con ogni mezzo, in ogni modo, in ogni sede è:
LA MANCATA GARANZIA SCRITTA E PROGETTUALE CHE AL TERMINE DELLA FASE DI RICOSTRUZIONE (10-15-20 anni che saranno necessari) QUESTO ECOMOSTRO, ALIAS CENTRO COMMERCIALE, VERRA’ IMMANCABILMENTE SMANTELLATO ( E NON RICONVERTITO IN QUALCOSA D’ALTRO)!!!!
Il WWF di Perugia, non è di certo contro l’attuale necessità e provvisorietà dell’opera emergenziale, …MA CONTRO UN MODO TARTUFESCO DI FAR APPARIRE UNA COSA PROVVISORIA, SENZA NESSUNA GARANZIA SCRITTA CIRCA IL SUO “FINE VITA”, LO SMANTELLAMENTO E OVVIAMENTE… IL RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI!!!.
Senza girarci troppo attorno, avere dei ristoranti, bar, attività commerciali con affaccio e terrazza, con vista sul “Pian Grande” di Castelluccio, fa gola a molti e sarebbero disposti a spendere milioni di euro per uno spazio permanente (è come avere una vista unica su una delle 7 meraviglie del mondo).
Si dica chiaro, senza artifizi lessicali, se questo ecomostro rimarrà li per sempre!
Non ci sono garanzie scritte e se ci è permesso, il “biglietto da visita” della politica di oggi, ci autorizza a pensar male.
Se non giungessero entro breve, le richieste garanzie a tutela di un bene pubblico collettivo, il WWF Perugia suo malgrado, incaricherà l’Avv. Valeria Passeri oltre ad inoltrare diffida urgente alla Regione Umbria e Protezione Civile, a procedere ultriormente nel preparare un ricorso al TAR contro questo progetto, viste le numerose censure procedurali già individuate, ma anche contestuale richiesta di sequestro penale dell’area da parte dell’Autorità Giudiziaria, con ipotesi di violazioni penali a carico di ignoti (per il momento), ripercorrendo sostanzialmente, l’analoga e già nota vicenda dei fatti già accaduti a Norcia, di più, di valutare anche l’invio dei documenti necessari, per l’apertura di una procedura d’infrazione da parte della Corte di Giustizia Europea nei confronti dell’Italia (visto che buona parte dei denari per la ricostruzione, sono di fonte comunitaria).
Sauro Presenzini
Presidente WWF Perugia”
Esisterà dunque una strada per ritrovare la lingua comune? Una via che tenga conto del dolore e della solitudine di chi ha perso il paese, la casa, il lavoro, senza per questo azzerare ogni norma culturale e ambientale? Dove sta, questa via terza? Chi la costruirà, proprio ora?
“Il giornalista, lo scrittore, il collaboratore di una casa editrice o della televisione, l’insegnante, il ricercatore, quando abbiano resa esplicita la propria condizione di prestatori d’opera al servizio della mistificazione e dell’oppressione capitalistica, debbono sapere che la lotta per i contenuti del proprio lavoro, vale a dire per la qualità profonda di esso (una lotta che di fatto è inseparabile da quella per la organizzazione del sapere e per la sua destinazione), non solo non è inutile ma è la condizione per conferire un serio significato politico alle buone intenzioni degli intellettuali e per connetterlo quindi al generale movimento di massa.
Questa strada  è molto più ardua che non travestirsi da attivista politico e distribuire manifestini alla porta di una fabbrica ; è più difficile che scrivere un libro o produrre un film d’avanguardia ; è meno consolante che costituire un gruppo di rifiuto della società dei consumi o impiegare, per sostenere una posizione culturalmente più “avanzata”, il medesimo gergo elitario della corrente pubblicistica sociologico-politica, sempre più portavoce dell’ordine costituito
Vuol dire strapparsi a qualsiasi illusione di risultato diretto ; scegliere per il proprio lavoro la forma della metafora, suggerire – nel pensiero e nella immagine – la distanza che l’uso industriale e politico della cultura non concedono. È qualcosa che da cento anni è praticato dalla cultura che viene chiamata di destra e solo di rado, in modo esopico, da quella di “sinistra”. Bisogna rischiare continuamente l’ipocrisia introducendo la propria parola in qualsiasi contesto, evitando solo di scandalizzare chi non avesse ancora capito e cercando di trarre dal rigore e dalla qualità del proprio lavoro l’energia per resistere, in qualsiasi luogo, alle concessioni e corruzioni che ne altererebbero i significati”.
Franco Fortini, « Intellettuali e Nuova sinistra » (1972), in Id.Questioni di frontiera.

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