Un episodio avvenuto ieri pomeriggio mi offre lo spunto per spiegare una presa di posizione già espressa qui e altrove. Non recensirò mai, per nessun motivo, un libro pubblicato da un editore a pagamento. Sono consapevole che in questo modo posso far torto all’autore e a un testo che potrebbe avere forza e ragion d’essere. Ma trovo che quella dell’editoria a pagamento sia una perversione che va combattuta.
Sono disposta – tempo permettendo – a leggere romanzi pubblicati in rete o attraverso il self-publishing: ma non sono disposta a giustificare l’esistenza di un mercato che vive attraverso l’inganno.
Perchè quando un editore chiede soldi, in ragione di migliaia di euro, a un autore, blandendolo e convincendolo di essere più che pronto per la pubblicazione, sta dicendo il falso: nella stragrande maggioranza dei casi quei testi non vengono letti nè editati.
So bene che pubblicare, a dispetto della caccia all’esordiente, è difficile. Ma esistono molte case editrici piccole e medie che valutano seriamente le opere di chi si rivolge a loro: può darsi che le rifiutino, certo. Ma con i rifiuti occorre fare i conti: se la strada scelta è quella giusta, prima o poi verrà un sì.
Scegliere un editore a pagamento significa che, almeno nella maggior parte dei casi, non si verrà poi presi in considerazione da un editore “puro”, nè da un critico: certamente ci sono state e ci sono le eccezioni. Ma sono eccezioni, appunto.
Per essere espliciti, su questo blog trovate l’elenco degli editori che chiedono contributi per pubblicare e di quelli “doppio binario” , nonchè il calcolo dei costi reali di un libro e una serie di consigli intelligenti. Seguiteli.
Mi scuso con l’autrice che ieri mi ha inviato il suo romanzo, che non leggerò: ma credo che questa sia l’unica strada possibile per porre fine ad una pratica non solo malsana per gli esordienti, ma perniciosa per tutti coloro che scrivono.
89 pensieri su “CONTRO GLI EDITORI A PAGAMENTO”
I commenti sono chiusi.
@e-: dalle testimonianze di chi già c’è passato. Sì, i forum, i blog e i siti sono la più grande risorsa di tutti noi.
Linda, anche vedere le cose coi propri occhi è una notevole risorsa.
io dico che il tuo lavoro è del tutto rispettabile, ma non dovrebbe essere “la bibbia”, in particolar modo perché si concentra su un solo aspetto del *lavoro* editoriale.
ripeto: c’è tantissimo grigio. ci sono editori che pubblicano romanzi delle proprie stager, editori che mentono sulle vendite effettive per non pagare i diritti agli autori, editori che lavorano in nero – o meglio fanno lavorare in nero – e/o non pagano chi lavora sui libri – e sono editori di ogni grandezza: grandi medi e piccoli.
è un discorso molto più complesso di: a pagamento -> cattivi; non a pagamento -> buoni.
che coinvolge l’intero Sistema [non solo editoriale].
questi sono i miei due cent.
ciao,
enrico
Enrico, non prendiamoci in giro: ci sono nomi di EAP ben noti da prima della lista di Linda. Non serve farsi mandare il contratto dall’autore. E basta con il benaltrismo, grazie (ben altri sarebbero i problemi di cui occuparsi). Cominciamo da questo.
Loredana, c’è qualcosa di male nel dire che l’editoria a pagamento è il fumo di un incendio che dovremmo provare a spegnere?
domanda diretta – per fare un esempio: è “rispettabile” l’editore che pubblica un autore a 0 royalties?
e-
@e-: che l’editoria a pagamento sia UNO dei problemi lo so benissimo. Ma è un problema molto grosso.
Secondo: oltre alla divisione in a pagamento/doppio binario/free c’è una bella discussione su ogni editore, dove ci sono testimonianze su pagamenti, qualità dei materiali, su tutto. Infatti è da lì che si è scoperto che un editore che nel contratto non chiede soldi impone l’acquisto dopo.
Poi, scusami, ma io penso che in un mercato saturo già di suo chi pubblica 1010 libri l’anno sia un problema. Un grosso problema.
Attenzione però anche agli editori che fanno i duri e i puri e poi ballano nel manico inventandosi agenzie di servizi editoriali con tanto di lettori a pagamento, editing da far pagare a caro prezzo e altre amenità.
Paolo: quelli sono a pagamento, fine del discorso.
Paolo Pedrazzi: un altro intervento che dice “bisognerebbe occuparsi invece di” e davvero mi cadono le braccia. Occupatevi di tutto quel che volete, ci mancherebbe. In QUESTO post mi occupo degli Editori a pagamento. PUNTO.
Ce ne siamo occupati per anni: http://www.nabanassar.com/nonapagamento.html … adesioni ZERO. Alcune delle case editrici a pagamento, anche le peggiori, hanno maniere per pubblicare gratis: collane ad invito o concorsi a prezzo modico (che magari ti mandano pure dei libri in cambio della quota). Il “self publishing” 2010 e’ un altro passo avanti, con isbn, scelta della royalty / prezzo di copertina e print on demand nazionale. Lampi di Stampa ad esempio che poggia su Messaggerie e ho usato venti giorni fa. Certo, il mio volumino ha i suoi 4-5 typos da paura e non grande qualita’ cartacea, ma non sto a fare lo schizzinoso: ho preparato tutto in tre giorni, pagato 130 euro, ricevuto le 20 copie e spedite (dopo cortese richiesta autorizzazione) a chi mi ha seguito in dieci anni e chiedeva perche’ non avessi un volume a mio nome. E perche’, miei cari… tre giorni invece dei 6-12 mesi canonici di lettura, tiritere sulla collocazione, sull’editing, sull’opportunita’ in collana e millemila altre quisquilie per prodotti fin troppo densi che si e no venderanno 100 copie, ne’ piu’ ne’ meno degli omologhi in media e grande editoria.
l’editoria a pagamento è come la chirurgia plastica…se non riesco a trattenere il mio ego e pago 3000euro per un bel paio di tette nuove, la colpa non è certo del chirurgo. Firmi un contratto prima di pagare e sei maggiorenne, ergo sai a cosa vai in contro. E se non lo sai peggio per te che non ti sei informato. Insomma concordo con il sig Eco.
ah, dimenticavo. In gioventù confesso ho pagato, consapevole di farlo con una casa editrice che lo specificava e che sapevo bene che non distribuiva. l’ho scelto come si può scegliere di spendere 1000euro per comprarsi il telefonino nuovo di pacca. Ovvio che oggi non lo farei più.
ps1. Sono redattore per mangialibri e come scelta editoriale si è deciso di recensire anche le case editrici a pagamento. Sarà poi il lettore a giudicare.
saluti a tutti, in particolare a Giuseppe e Enrico.
non riesco più ad entrare in writer’s dream, mi dà pagina sconosciuta. Non funziona più il link?
Se uno ci fosse cascato, ma poi avesse ricevuto riscontri positivi non solo da amici, ma anche da persone qualificate, cosa deve fare ? Quel testo deve essere bruciato per sempre o può avere diritto ad una seconda (diversa) vita ?
Pasquale
P.S.
Condivido appieno l’intervento di Zauberei
Posizione ridicola e ottusa.
Il suo è solo puro pregiudizio, ritiene indegna di critica un’opera solo per le modalità con le quali essa è stata pubblicata… davvero lungimirante.
E’ il risultato che conta. Punto. Tutto il resto sono pippe mentali pseudo-intellettuali.
@Ayame: forse hai ragione su tutto, forse sei oggettiva e vuoi solo aiutare le persone a scegliere una buona casa editrice… ma i tuoi commenti su questo sito (e sul tuo) sono quasi sempre da fondamentalista e non emerge mai la voglia di capire ma quella di condannare senza appello.
Cos’è, mi allontano un momento e piombano qui i difensori dell’indifendibile?
Peggio ancora degli editori che pubblicano libri a pagamento sono coloro che
Ho un problema serio con Periodico Italiano (www.periodicoitaliano.info) che mi ha allontanato dalla redazione dopo cinque mesi di lavoro e si rifiuta di pagare quanto dovuto secondo contratto.
L’editore, Sofia Riccaboni, ha allontanato me ed altri dalla redazione con minacce di querele, vessazioni e presunte azioni legali, per aver fatto semplice richiesta di stabilire una periodicità nei pagamenti (per altro mai pervenuti in cinque mesi).
L’editore oppone muso duro a chiunque faccia richieste di pagamenti.
Basti pensare che per ottenere una sua risposta in merito (nella quale minacciava querele e ci informava di aver passato la pratica nelle mani di un legale, di cui ad oggi non si hanno notizie) ho dovuto scrivergli ben 12 volte.
Questo per informare tutti. Troppo comodo guadagnare sulla pelle degli altri, infischiandosene allegramente della legge e del diritto.
mi sembra un po’ esagerata la posizione. quoto mario de santis in tutto, aggiungendo che tra le case editrici “free” c’è la Fazi, rea dei “100 colpi di spazzola”, nel cui finale l’autrice stessa ammette di aver trovato l’amore con quello che si rivelerà poi essere il figlio dell’editore. e nel dirlo sono sì rancorosa, e non me ne vergogno. come non mi vergogno di aver pubblicato con una casa a pagamento, esperienza da non ripetere non tanto per le spese – preventivate – quanto per l’inesistente opera di promozione che la casa editrice ha fatto nei confronti del mio libro, nonostante le ampollose promesse. se ho affidato il libro a loro è proprio perchè non sapevo nè volevo promuovermi, perchè credo fortemente che l’autore e il “venditore” siano due figure da scindere. purtroppo per entrare nelle grazie di certe case editrici, conoscenze a parte, l’atteggiamento giusto è quello di adeguarsi ai modelli di scrittura del momento (gli Ammanniti, gamberale, ect…) e inventarsi una scrittura il più possibile persuasiva, vendibile, poco importa se corrispondente al proprio sentire
Arta, andiamoci piano.
Scusa la franchezza, ma molto spesso dietro il rifiuto di un editore non a pagamento c’è anche la scarsa qualità del testo: che quasi nessuno è disposto a prendere in considerazione. Comprensibile e umano. Ma da qui a sostenere che le case editrici free pubblicano soltanto amici degli amici o scrittori omologati (Ammaniti omologato? Bah), ce ne corre. E io non lo permetto, peraltro.
Io, invece, del rancore mi vergognerei: e ci farei un pensierino su.
Grazie Loredana, a nome di tutti i traviati che corrono dietro un talento che forse non c’e’…. e non sarebbe questo il male maggiore. Il Male è l’Avvoltoio: ‘l’Editore’, o meglio lo Stampatore a pagamento.
Dico a tutti gli ‘esordienti’, a coloro che scrivono, che credono, giustamente, di aver del talento: Il Gatto & La volpe sono personaggi della Letteratura…. appunto.
saluti
gert dal pozzo
l’ammettere rancore è provocatorio: si mettono le mani avanti, perchè il rancore e l’invidia sono le accuse più frequenti e più stolte di chi non riesce a comprendere osservazioni banali (ma banalmente veritiere) sul mondo dell’editoria in genere. io personalmente (magari in futuro mi servirò anch’io della lista, chissà) se ho mandato qualcosa le rare risposte che ho ricevuto non facevano osservazioni sul mio modo di scrivere o sul mio “talento”. segno inequivocabile che non c’era nessuna volontà di leggere. è banale e un po’ riduttivo pensare che quelli che non pubblicano mai (e quelli che nemmeno vorrebbero farlo) producano sempre cose peggiori di quelli che vengono abitualmente pubblicati. l’editoria è un settore lavorativo come tanti,non migliore nè più illuminato. di ammaniti ho letto solo “branchie”(e magari mi è andata male), e mi è sembrato esempio perfetto di quel giovanilismo deteriore molto in voga da metà 90 ad oggi. poi certo, magari a. è migliore dei suoi epigoni, che però le “linee editoriali” hanno incoraggiato
p.s. ho scritto male e ho tagliato una frase ma credo si capisca. in tutto questo forse non si capisce che anch’io sono “idealmente” contro gli editori a pagamento e ne riconosco lo sciacallaggio. nel mondo reale però esistono ben poche alternative concrete, è bene che lo si sappia
Inequivocabile perchè? Non potrebbe semplicemente essere stato scartato? Non ho mai pensato, Arta, che tutti gli autori pubblicati siano migliori di quelli che non trovano un editore: ma non penso nemmeno che tutti gli autori inediti siano geni incompresi. Sarebbe altrettanto riduttivo, e scioccamente consolatorio.
E, a proposito di essere riduttivi: giudicare uno scrittore dal suo primo libro è legittimo, a suo parere? Branchie era l’esordio di Ammaniti, e venne pubblicato per un editore piccolissimo (non a pagamento) e diffuso via passaparola. La prego, parli di quel che conosce, non di quello che suppone o che le fa da scudo (vale anche per il “non ci sono alternative”, ecc.ecc.: sinceramente, io sono un poco stufa di queste lamentazioni generazionali sul mondo cattivo. Muovetevi, per la miseriaccia!).
Posizione ridicola, ottusa, da fondamentalista? Mah. Consiglio la visione di questo video e successivi http://www.youtube.com/watch?v=A2TXLPqg6M0
😀
“Tutti devono pubblicare il proprio testo”???
“Il contributo sia chiaro non è per la stampa delle copie”?
Da vedere.
Le scrivo perché condivido la sua posizione sull’editoria a pagamento però vorrei fare una breve considerazione sulla situazione dell’editoria in generale e spero di ricevere un suo commento. Sono stato segnalato due anni fa al premio Calvino per una mia raccolta di racconti;
dopo questo fatto(e dopo avere ricevuto la scheda di lettura con un giudizio con i quale si apprezzavano il contenuto e lo stile dei racconti) ho inviato il testo in lettura ad una serie di piccole e medie case editrici affidabili(Elliot, terredi mezzo, tra gli altri oltre all’agenzia letteria Nabu). L’agenzia letteraria li ha rifiutati perché,cito testualmente, troppo malinconici mentre la Elliot mi ha contattato sostenendo che pur apprezzando i racconti avevano già in programma un altro libro di racconti per il 2010 e quindi mi chiedevano di inviargli un romanzo. Dalle altre case editrici, anche successivamente contattate via email, nessuna risposta o solo rifiuti non relativi al testo ma in merito alla possibilità di leggerlo perchè i racconti in Italia non avrebbero mercato (ma allora Mozzi, la Parrella, Grossi, la Milone, Martini o lo stesso autore pubblicato dalla Elliot di cui non ricordo il nome?). La considerazione più semplice sarebbe che anche un premio come il Calvino non viene minimamente considerato attendibile dagli editori eppure per qualcuno sembra che abbia funzionato. Le ho riportato brevemente la mia vicenda solo perché ho la sensazione che nel mondo editoriale vi sia un disordine dove spesso prevalgono dei fattori difficili da decifrare, la stessa Gaia Salvadori del Calvino con la quale ho avuto una breve corrispondenza(anche qui cito testualmente), oltre ad incoraggiarmi a continuare, sostiene che i percorsi per la pubblicazione siano totalmente aleatori. Mi piacerebbe conoscere anche la sua opinione. Cordialmente, Matteo de Chiara
Di solito io recensisco anche le pubblicazioni a pagamento (con la stessa spietata sincerità con cui valuto tutti gli altri); sono d’accordo con quanto scritto nell’articolo, tuttavia ho trovato interessante anche l’intervento di Enrico sulle “zone grigie”.
In ogni caso, immagino che con “editore a pagamento” qui ci si riferisca nello specifico a quegli editori-stampatori che pubblicano qualunque cosa purché l’autore paghi (con le immaginabili conseguenze sulla qualità del testo),
Scusate, vorrei solo chiedere se ci sono problemi tecnici oppure il commento che ho inviato poco fa ora è sparito per qualche altro motivo?
Francesco
Mi dispiace Francesco, ma l’ho tolto. Libero di insultare me. Non libero di dare dei leccaculo a coloro che commentano qui solo perché non concordano con te sul fatto che l’editoria a pagamento è una fucina di premi Nobel. Grazie a risentirci altrove.
Figuriamoci, non mi aspettavo qualcosa di diverso.
Congratulazioni
francesco
e comunque non ho insultato nessuno.
Il commentarium. Dando a chi commenta qui del leccaculo. Tanto basta per entrare in moderazione permanente.
Oh che bello sentire parlare molte persone che pubblicano con editori altolocati. Sembrano anime pie. Tutti credo siano d’accordo che pubblicare a proprie spese sia deprecabile, ma sentire giornalisti, figli di personaggi illustri, fare le anime pie. È impossibile, vabbè diciamo improbabile, entrare nel mondo della grande editoria se non sei qualcuno. Non facciamo finta di niente, non facciamo come gli italianucoli di qualche anno fa che dicevano che la raccomandazione non esisteva. Cara Loredana Lipperini la sua biografia parla chiaro. Lei “Giovanissima ha diretto l’agenzia di stampa Notizie Radicali ed è stata fra le prime voci di Radio Radicale, passando poi a Radio Rai, per la quale ha condotto numerosi programmi incentrati sulla musica classica.” etc etc. Vogliamo illuderci che una giovanissima giornalista legata alla politica non avesse santi? Nulla toglie che lei possa essere bravissima… Aspetto gli strali
Strali no, un po’ di pena per chi pensa che le vite altrui corrispondano al disegnino che ci si è fatti nella testa sì. Comunque le fornisco le informazioni. Sono stata nel partito radiicale dal 1976 al 1978. Ho dato le dimissioni dalla segreteria nazionale al congresso di Bari di quell’anno. Sono l’unica esponente di quella dirigenza a non aver fatto una carriera politica e parlamentare. Quanto all’inizio della mia collaborazione con Radio Rai, è andata così: ero al lavoro a Radio Radicale, dove, quasi gratuitamente, facevo contemporaneamente conduzione e messa in onda al mixer, quando arrivò la telefonata di una funzionaria Rai, Patrizia Uva, che cercava voci di giovani conduttori delle radio private per una trasmissione del pomeriggio. Ho risposto al telefono, sono andata a fare il provino e mi hanno presa. Caro Luigi, se avessi avuto un solo santo in paradiso nella mia carriera professionale avrei vissuto forse con meno ansia e mi risparmierei quella attuale che riguarda il mio molto esiguo conto in banca. Però ho almeno l’orgoglio di aver messo in pratica quello che mi raccomandava mio padre, che non era personaggio illustre ma un impiegato del ministero dei Traspori: non dover dire grazie a nessuno. Abbia una buona giornata, e una buona vita. E, se accetta un consiglio, riservi la sua rabbia per altri obiettivi.
Mi infilo con discrezione in questa valanga di commenti e pongo una domanda:
chissà che qualche procuratore non inciampi in questa conversazione.
E’ vero o non è vero che Lipperini lavora per la repubblica, dunque ilmiolibro.it?
E’ vero o non è vero che il miolibro.it propone pubblicazioni (con distribuzione presso le librerie feltrinelli) a pagamento?
E’ vero o non è vero che tra tutti gli editori a pagamento ilmiolibro.it non è inserito in questi elenchi?
E’ vero o non è vero che ilmiolibro.it ha solo vantaggi da questi elenchi?
Non so se è così, ma dopo tante battaglie sul conflitto di interessi è possibile che questo sia un vero e proprio conflitto di interessi?
E’ possibile che questa lista crei dei danni a degli editori serissimi e dei vantaggi al gruppo editoriale l’espresso-repubblica per il quale lavora la lipperini?
Questo commendo nasce da una valutazione semplice: se eliminiamo queste case editrici che chiedono soldi per pubblicare, cosa accadrà?
Salveremo la cultura italiana?
Non credo, io credo che continueranno a pubblicare a pagamento inviando i libri sul sito de ilmiolibro. L’obiettivo sta per essere raggiunto (so di editori che chiudono, di licenziamenti, di un momento davvero difficile). Non so se c’era un disegno, ma lentamente tutto si materializza: se parli male di tutti gli editori che pubblicano naturalmente nessuno più pubblica con questi.
Esistono delle missioni, delle battaglie da fare: per esempio la lotta alla mafia, alla corruzione, alla fame nel mondo, tante battaglie che vale la penna di combattere. Ma questa battaglia, questa contro i piccoli editori di nicchia sta monopolizzando il mercato in una sola direzione.
Dentro questa lista ci sono persone perbene, oneste che lavorano, serie, impeccabili. Io temo i paesi che vivono sulle liste di proscrizioni, oggi tocca a me, domani tocca a te. E’ pericolosissima questa finta battaglia tra il bene e il male.
Questi tribunali sommari mi fanno venire i brividi, ma vi rendete conto di quello che state facendo?
Perché?
L’Italia era il paese degli incantamenti e dell’educazione, della civiltà e dell’equilibrio. State rendendo volgare il paese del galateo, incivile il paese della civiltà.
Ogni lista, ogni elenco di proscrizione toglie anni di evoluzione e rende tribale e violenta una civiltà.
La discrezione è minima, mi sembra. Mi dispiace Sara, ma io non sono una dipendente di Repubblica ma una collaboratrice (peraltro, delle pagine culturali e non di altri settori dell’azienda) e, se ha la pazienza di scorrere gli archivi, ho spesso preso posizioni diverse da quelle dal giornale per cui scrivo. Ribadisco, inoltre, che sia io che altri che, come Michela Murgia, hanno pubblicato le liste, lo hanno fatto per solidarietà con chi le aveva compilate (Writer’s Dream) e che era stato sotto attacco e minacce per anni. Non ho alcun interesse a pubblicare le liste: solo, come vede, molte seccature e molte accuse di complottismi. Tengo però a dire una cosa: lulu.com, ilmiolibro e iniziative simili sono stampatori, ovvero pubblicano on demand. Non promettono distribuzione, promozione ed editing, a differenza della stragrande maggioranza degli Eap. La pregherei, infine, di riflettere prima di rivolgere accuse di interessi privati ad altri evocando generici “procuratori”: il web è libero, ma la diffamazione è e resta un reato. Buona giornata.
(rimando qui una rilfessione) le liste di proscrizione non ti fanno paura?
Ogni volta che appare una lista il mantello della democrazia subisce uno strappo.
E’ un valore quello del confronto civile che non ci deve sfuggire, a parte questo: è vero o non è vero che ilmiolibro si pone sempre più come un editore a pagamento (senza allusioni, ci mancherebbe!)?
E ora vado al dunque di una discussione pericolosissima (mi riferisco alle liste medievali) è possibile che ci siano altri 50 editori a pagamento non inseriti e che ci speculano sul fatto di non essere presenti perché la lista non è aggiornata?
E’ possibile che tra questi editori inseriti nelle miserabili liste ci siano persone perbene che adesso non sono più a pagamento?
Come vedi la mia riflessione è più articolata: viviamo in democrazia, ma la libertà d’espressione non deve essere usata come una clava per ferire la società civile.
E’ stato spiegato in infinite sedi che questa non è una lista di proscrizione, bensì un servizio agli scrittori esordienti: in questo modo è stato concepito da chi ha compilato l’elenco, in modo da non lasciare adito ad equivoci. La libertà di scegliere non viene toccata né compromessa. Quanto agli aggiornamenti: libero di segnalare, con prove. Quanto agli editori che attualmente non sono più a pagamento, non hanno che da dirlo: sia io che Michela Murgia abbiamo tolto, dietro segnalazione, diversi nomi. Ben più corretti, a mio parere, sono stati gli editori che hanno semplicemente ammesso e motivato di pubblicare solo a pagamento o anche a pagamento. Se la pubblicazione dietro compenso è lecita, non si vede perché negarla. E se pubblicare a pagamento è altrettanto lecito da parte di un autore, non si capisce perché debba reagire come se fosse stato diffamato. Grazie, chiudiamola qui, cortesemente.
Io sto tentando di segnalare (con prove). Perché non ammettere che ilmiolibro.it è un editore a pagamento (hai visto il concorso?)?
Il concorso suggerisce di pubblicare con ilmiolibro, il vincitore ha come premio la pubblicazione con feltrinelli.
In pratica la suggestione di pubblicare con Feltrinelli è tale che tanti partecipano!
Partecipano 50 mila (1 vince) è più facile fare 6 al superenalotto!
Questo certamente non è un servizio tipografico. Sembra più una promessa editoriale e non è certo un servizio alla cultura.
Non voglio dire che ci sia qualcosa di sbagliato, ma li metto sullo stesso livello degli editori a pagamento.
I miei amici lo sanno: non sono qui per difendere nessuno, ma amo la chiarezza…
Tu scrivi: “ilmiolibro e iniziative simili sono stampatori, ovvero pubblicano on demand”
E allora perché non parliamo del servizio di distribuzione (a pagamento) presso il circuito feltrinelli.
In pratica ilmiolibro offre una certa distribuzione (che in pratica è solo essere presenti su un catalogo – mi pare) nel circuito feltrinelli.
Io penso che il servizio non è un puro book on demand ma dietro la promessa di distribuzione (ma ripeto, mica è detto che il libro è davvero distribuito materialmente in libreria) si celi il vero volto de ilmiolibro.it che non fa nulla di male (ci mancherebbe altro) ma secondo me si comporta a tutti gli effetti come gli editori a pagamento.
Questo per mettere qualche puntino e per togliermi qualche sassolino (fa anche rima 🙂