CORPI

“L’esistenza odierna di una «questione femminile» decreta il fallimento non delle lotte, bensì di ciò che doveva accadere dopo di esse – cioè l’innesco virtuoso, in Occidente, di un movimento del tutto spontaneo di appropriazione della vivibilità del mondo in quanto donna.
(…)

È uno stato di regressione – diritti buttati al vento, ma non platealmente: nel silenzio, nella routine, nell’ipocrita spontaneità del giorno che viene.

 (…)
Sfogliate le pagine culturali dei giornali, gli inserti letterari: alle scrittrici italiane (intendo le serie scrittrici e non i fenomeni di mercato) viene dedicato pochissimo spazio. Si ragiona assai poco su quanto le scrittrici fanno. Sembra che siano indistinguibili dai colleghi maschi, a parte il fatto che dei colleghi maschi si parla e di loro no. Invece non è così: c’è più arditezza, c’è più tragedia, c’è più capacità di erompere dalla consuetudine pacificante e pacificatoria con l’esistente”.

Sono stralci della prefazione di Giuseppe Genna  a Tu sei lei, l’annuale Best off di Minimum fax (qui trovate la prefazione per intero). Otto inediti di otto scrittrici: Donata Feroldi, Esther G., Helena Janeczek, Babsi Jones, Federica Manzon, Alina Marazzi, Veronica Raimo, Carola Susani.

I racconti sono belli. Alcuni sono molto belli. Ma mi resta un piccolo dubbio: nella grande maggioranza dei casi, si scrive intorno al corpo. Stuprato, deformato dalla gravidanza, sfiancato dal parto, irrigidito dalla morte, gonfiato dall’ossessione per il cibo, reso aereo da pigmalioni crudeli. Sempre il corpo, però: centro e spesso gabbia della scrittura “femminile”.

Magari, è un dubbio sbagliato: ma non sono riuscita a non pormelo. State bene.

52 pensieri su “CORPI

  1. Il corpo fa vendere.
    Siamo tutti, e tutte, un po’ guardoni e un po’ esibizionisti.
    Oltre il corpo niente, potrebbe essere, per una volta, il titolo di un’antologia al maschile… sul corpo.

  2. E’ dificile immaginare la questione del femminile senza la questione del corpo. Non a caso, storicamente, il femminismo eccetera.
    Poi è questione di declinazione, certo, ma mi pare che non si possa eluderla.
    Gabbie e trappole e pregiudizi non mancano certo.
    In che cosa, o dove, Lippa, tu intravedi un’altra starda per il femminile?

  3. scusa, alessandra c., ma cosa c’entra? davvero l’antologia di minimum fax non rientra per niente in quella retorica del corpo che fa vendere e che menzioni tu. e la lipperini la deve smettere di desiderare horror e libri di fantascienza femminili per rassicurarsi sul fatto che la letteratura scritta da donne è paritaria e non asfittica. le battaglie per i diritti delle donne passano per il corpo! ieri a roma ferrara stava a un convegno che parlava di moratoria sull’aborto. MI SPIEGO? la sottomissione delle donne passa per il corpo. gli esseri umani sono il loro corpo. in guerra sono i corpi che vengono mandati, uccisi, stuprati. non c’è altro oltre al corpo, almeno per chi è laico come me, e non crede nell’anima. e siccome il corpo delle donne è più debole, oggettivamente, le donne se ne rendono conto molto e più degli altri!
    e grazie a dio esiste giuseppe genna! non ho mai sentito dire né letto scrivere da nessun altro uomo, e uomo scrittore, quello che ha scritto lui in quella prefazione.
    alcuni racconti sono illegibili, ma l’operazione è degnissima, di grande valore.

  4. Paola,
    non ti scaldare e pensa esiste un’antologia di questo tipo al maschile? Lo dico senza polemiche, avendo partecipato a una raccolta con lo stesso tema.
    Il corpo dell’uomo va in guerra, ma spinto da un’ideale, ha una visione anche nel martirio o nella negazione del corpo stesso.
    Ora non ho letto l’antologia, quindi evito di fare riferimento a quest’ultima, però posso citare le altre, quelle uscite da quattro anni a questa parte. Le storie si riducono a un’analisi attenta del corpo nelle sue declinazioni più tristi, il resto è un puro accessorio o pretesto.
    Ti posso dare ragione quando affermi che sull’involucro della donna si sta combattendo una nuova battaglia morale, ma qui sta il punto. Un punto di vista che va spostato perché altrimenti rimane circoscritto.

  5. nella prefazione a un’antologia di racconti di donne si faceva notare che i primi temi trattati dalle scrittrici del novecento erano prevalentemente sentimentali o familiari, ancora fortemente influenzati dal romanticismo e dal ruolo tradizionale. è stato duro, per le donne occuparsi del loro corpo, in quanto tale. mi pare tuttavia che poi si siano occupate anche d’altro: penso alla morante, ad esempio. mi pare piuttosto che lippa sottolinei una certa incapacità di progressione delle scrittrici attuali.
    non ho letto l’antologia perciò mi fermo qui. PiCì

  6. no, tu hai partecipato alla sex anthology, che non c’entra nulla con questa antologia, purtroppo. lì la colpa era degli editori, mica vostra. se non sbaglio poi l’introduzione era proprio a cura della lipperini, che tanto odia questi argomenti e il femminile stereotipato… comunque io non sono paola. e quello che ha scritto e a cui tu pensavi di rispondere credo sia paolo, un uomo.
    è vero, non esiste un’antologia al maschile così. ma sai che c’è? gli uomini palano di corpo parlando di guerra o di sesso, e quando parlano di sesso non fa mai scalpore. se una donna parla di sesso è una scrittrice erotica (e nella tua sex anthology si parlava soprattutto di corpo, ma vi appiopparono il “sex” in copertina facendovi un cattivo servizio… o buono per i diritti), se un uomo ne parla ossessivamente è uno che parla degli esseri umani in generale, della condizione umana metafisica.

  7. nella grande maggioranza dei casi, si scrive intorno al corpo. Stuprato, deformato dalla gravidanza, sfiancato dal parto, irrigidito dalla morte, gonfiato dall’ossessione per il cibo, reso aereo da pigmalioni crudeli. Sempre il corpo, però: centro e spesso gabbia della scrittura “femminile”.
    In questi termini… la gabbia la vedo anche io.
    Leggi la prefazione alla Sex Antology…
    E gira e rigira siamo al punto di partenza.
    Atenzione, non dico che non va bene parlarne, forese però stiamo ripetento schemi che invece dovrebbero essere smantellati.
    E qui, come Loredana, ho bisogno di confronto. Per capire se sia giusto e opportuno e se si può trovare una strada diversa.

  8. però magari vuol dire che il corpo è gabbia della CONDIZIONE femminile. capisci che intendo? non dico che sia giusto. ma finché è così è anche giusto che la scrittura ne sia testimonianza, forse.
    non è che quando abbiamo smesso di parlare di parto e di maternità abbiamo risolto il problema dell’aborto volontario. e smettendo di parlare di anoressia, perché editorialmente non è più di moda (e a me sinceramente mi annoia da pazzi), non avremo più donne capaci di accettare e interagire col proprio corpo.
    che cosa deve fare la scrittura scritta dalle donne? come mai non può fare il cazzo che vuole come fanno gli uomini che scrivono????

  9. Giusto, giustissimo concedere maggiore spazio alle scrittrici italiane, troppo spesso sottovalutate dagli editori in cerca di vendite facili. A (molto) parziale smentita di tale considerazione, la già discussa forza dirompente contenuta nelle parole di sangue di Babsi Jones, una per tutte. Ho amato il suo libro.
    Però non mi è chiara, gentile Loredana, la tua perplessità.
    Magari a noi maschietti queste scritture di corpi (e menti) femminili potrebbero offrire nuovi spunti di riflessione, non sempre possibili per ataviche difficoltà, di dialogo di coppia e di mille altre cose. Ci potrebbero far scoprire aspetti femminili sui quali non ci siamo mai soffermati, e quindi rivelarsi utili al recupero di qualche punto in classifica nel rapporto con la compagna. Non necessariamente guardando dal di fuori della gabbia stupendoci di ciò che accade all’interno.
    Dalle letture si impara sempre qualcosa, no?
    Ma c’è sempre, ‘sta gabbia dentro al corpo, ‘sto corpo dentro a una gabbia? Mettiamo il porco in gabbia!
    Avrò comunque il piacere di leggere la raccolta, alcune delle autrici non le conosco affatto. E Giugenna è una garanzia.
    Poi: il vecchio best off era un’ottima idea molto ben curata. Chissà perché sostituirlo da parte dell’editore e non affiancarlo a questa raccolta. E dare a quest’ultima un altro titolo.
    Infine, @ zohaira: se un uomo ne parla ossessivamente [di sesso] è uno che parla degli esseri umani in generale, della condizione umana metafisica.
    Puoi, senz’altro, illuminarci con citazioni o esempi in tal senso.

  10. Effettivamente, Alessandra C, l’alternativa al corpo è forse il virtuale disincarnato…
    Ma non viene in mente anche a te Motoko Kusanagi?
    (ci sarebbero da dire pakki di cose sulle donne e sui ginoidi e le cyborg insomma sui corpi per come li pensa sensei Shirow…)

  11. Una citazione per Plessus, da Alien 2:
    Un marine coloniale a una marine coloniale, che appena svegliata dalla sua capsula criogenica si è messa a fare trazioni alla sbarra.
    – Ehi Vasquez! Ti hanno mai scambiata per un uomo? –
    Risposta:
    – No. E a te? –
    😀

  12. Non ho studiato come te zohaira, nè guardo la tv. Però, siccome hai generalizzato puntando il dito contro, ti rimbalzo l’invito a far qualche riferimento per mera curiosità. E magari per essere più d’accordo con le tue affermazioni. Salute e saluti

  13. Discorso lungo, specie se fatto in un’automobile che mi sta fortunosamente portando a Napoli. Zohaira, calma, per favore. Non mi sembra di aver usato toni che giustifichino il tuo “La Lipperini la deve smettere”. Non ho parlato di genere, di horror e di fantascienza. Ho detto che si tratta di un’antologia con racconti di alto livello. Nonostante questo, ribadisco quanto detto: certo, il nodo della cosiddetta questione femminile passa per il corpo femminile medesimo. Da millenni. Altrettanto certamente, auspicherei che le scriventi affrontassero ANCHE altri argomenti. Il che non significa scrivere necessariamente fantascienza.
    Comunque, annichilisco. Ho espresso un dubbio, non una condanna. L’ho fatto PROPRIO perchè nell’antologia appaiono persone che stimo non poco, e che in alcuni casi mi sono vicinissime. E non è un mistero per nessuno l’affinità che mi lega da anni a Genna.
    Non mi pare di aver giustificato in alcun modo gli schizzi di veleno che arrivano fin qui, autostrada ROma-Napoli.

  14. Eh caro Paolo…
    Non a caso una delle mie autrici preferite è Pat Cadigan, in particolare trovo interessante il discorso portato avanti nel suo romanzo Mind Players.
    A dire il vero il mio approdo, la mia difesa, è proprio il corpo destrutturato del post-cyberpunk. Mi piacciono le donne rappresentate in quei testi, le protesi di Molly, gli innesti cerebrali di Angie o Juanita Marquez.
    Mi ritrovo di più in orde selvagge alla Tank Girl o alla Lubna, nella letteratura di genere, esclusivamente perché lascia più spazio di manovra nella rappresentazione. Ma questo è un mio pensiero è può, benissimo, non essere condiviso, perché non voglio ricadere nella solita dicotomia perversa genere vs letteratura.

  15. Leggerò Cadigan, Alessandra!
    “Condizione” è la parola giusta. Che io sia uomo o donna, il mio corpo è il fattore che condiziona le mie possibilità. Ma se su un corpo, sulle potenzialità fisiche si innestano condizioni socioeconomico-culturali, le possibilità di realizzarsi, anziché dispiegarsi, si ripiegano. E, volenti o nolenti, per le donne la maternità (tema sempre eluso da Shirow… interessante!) la potenzialità di generare nuovi corpi (vs la nuova coscienza potenzialmente sempre reincarnabile di Kusanagi+Puppetmaster… dna ridotto a informazione… stasera lo riguardo!) ha pesantemente a che fare con questo.
    Hmmm…

  16. Eh eh… ultima nota Shirow per oggi: i ginoidi Black Magic M-66: spietati robot da guerra, costruiti in forme femminili perché hanno il baricentro più basso… e distraggono i combattenti maschi!
    Quel genio disegna corpi attraenti solo per prendere in giro i maschietti: idiota (baka!), quella forma che ti eccita appartiene a un robot assassino, quell’altra a un cyborg che pesa 2,5 tonnellate. O comunque un disegno. Che, naturalmente, non hanno sesso, né bisogno di averlo!

  17. Ma non è solo il genere a costituire la possibilità di scardinare la gabbia. Yourcenar non faceva certo genere, per dire.
    Quel che intendo sostenere è che se non si trovano “anche” altre vie di scrittura, il corpo continuerà ad essere un centro assoluto, un momento di identificazione ideale con colei che scrive. Siamo fatti di corpo, ovvio: ma questo corpo si muove, agisce, fa esperienze che non sono sempre e solo riconducibili al materno o al sesso o al mistero nascita/morte. Questo corpo pensa. Esplora. Si interroga. Scopre.
    Quel che intendo dire è che mi piacerebbe che ad una donna saltasse in testa di scrivere “Hitler”, per esempio.
    Accade, per carità. E con questo discorso si rischia una generalizzazione (o peggio: una contrapposizione, la solita, letteratura versus genere) che non desideravo quando, con il post, volevo semplicemente interrogarmi sulla contraddizione che esiste fra la prefazione all’antologia, impeccabile, e parte della sua declinazione.
    Sì, sono arrivata a Napoli.

  18. condivido anch’io il dubbio… e non è difficile cogliere la questione posta dalla Lipperini: ad esempio, non mi pare che soltanto «che i primi temi trattati dalle scrittrici del novecento erano prevalentemente sentimentali o familiari, ancora fortemente influenzati dal romanticismo e dal ruolo tradizionale»… sono certo che tutti voi – mi rivolgo ai maschietti – avete conservato delle lettere d’amore ricevute dalle fidanzate (al liceo, all’università..): noterete facilmente come sono estremamente orientate al rapporto di coppia, al senso della relazione, alla gestione del sentimento… le nostre, invece, le ricordate? Io ne ho alcune (e ricordo gran parte delle altre): sono concentrate sul corpo.. la scrittura maschiale è ossessionata dal corpo femminile quando scriviamo alla nostra donna.. è tutto un florilegio di carezze, profumi, curve, paragoni con la natura… insomma.. io sono d’accordissimo con Alessandra C: quando vedo un’antologia femminile dove si scrive tanto del corpo.. mhh… comincio a pensare che sia una proiezione dell’editore e dei suoi interessi (maschili, maschilissimi).. proiezione introiettata nella donna.. fino a renderla così naturale da sembrare sua.

  19. Il dubbio lascia salva la possibilità che le autrici della raccolta di racconti – Ragazze che dovresti conoscere, ed.Einaudi, per dirne un’altra in cui i corpi, e qualche racconto, sono in e da primo piano – abbiano avuto davvero voglia, senza se e senza ma, di raccontarsi e raccontare di maternità e sensazioni, gestualità, sesso e visioni. Insomma, come scrivi giustamente tu, Loredana, il corpo che pensa, esplora, si interroga, scopre.
    E’ proprio qui, il punto, a mio avviso. Solo le donne sono così brave a scrivere di se stesse, così viscerali nelle riflessioni, così vibratili nel descrivere le emozioni, così tattili o violente nell’esporsi. Signore, raccontare del proprio corpo è innegabilmente la vostra specialità, continuate a farlo, per piacere, per cultura e per (di)letto, foss’anche solo per esternazione. Qui siete regine non detronizzabili. Impossibile non amarvi.
    Ora, però, per la legge delle pari opportunità e nella stretta attualità, piacerebbe trovare un maschietto che senza rendersi ridicolo e/o oggetto di sbeffeggiamenti e critiche femminili (non escludendo quelle maschili, per carità) fosse in grado di raccontare del proprio corpo bene quanto lo fa una donna. Mmmmhhh… Rimanendo curioso di quanto bene possa fare una donna nello scrivere un testo come Hitler. Posso fare anche qui: mmmmhhh…?
    Sulla quale opera quale, per inciso, attendo ansioso pareri autorevoli in quanto dubbioso sull’intraprenderne la lettura. La temo un po’.
    Un grazie alla padrona di casa.

  20. a me sembra che le donne, anche oggi, parlino di molto altro a parte il corpo. poi che siano concentrate su temi legati alla donna, è vero. del resto anche lipperini, che è una donna, ha scritto dalla parte delle bambine. si vede che la condizione femminile le sta a cuore. agli uomini sta meno a cuore, mi sento di dirlo.
    il tuo ultimo intervento, lipperini, è aprioristico, prevenuto. è come dire a uno scrittore africano: non parlare dell’apartheid, c’è molto altro nel mondo, scrivi un romanzo su stalin, per esempio. allora:
    1. per me la condizione della donna è sempre quella di una minoranza. finché non si supera questo impasse, non me ne frega nemmeno molto che una donna scriva di hitler. e certo che l’uomo può farlo. tutto un livello di problemi che concentrano la donna per lui sono superati. non si sono mai posti, semplicemente.
    2. il tema NON fa il romanzo. o non solo. quidni il libro di genna può anche essere illeggibile.
    3. io credo che genna abbia VOLONTARIAMENTE scelto racconti che trattassero del corpo, come intenzione politica. ma di questo, per cortesia, chiediamo a lui. lo fai tu che sei sua amica, loredana? magari mi sbaglio, ma io ho creduto che fosse una scelta precisa, e dalla sua prefazione lo intuivo. ecco perchè il tuo intervento mi sembrava completamente in distonia.
    4. perché gli uomini scrivono di che cazzo gli pare e nessuno gli rompe i coglioni???
    ciao

  21. Sai cosa mi diceva ieri sera un’amica, Zohaira? Che se quando si tira fuori questo argomento le reazioni sono così, permettimelo, violente, significa che evidentemente “ci” fa male.
    Provo a risponderti.
    Zero: è proprio perchè la condizione femminile mi sta a cuore che torno ad occuparmi spesso di “scrittura femminile”. Vale anche per il punto quattro.
    Uno. Finchè non si cambia lo sguardo su noi stesse, nella minoranza restiamo. E con questo rispondo anche a Plessus, che senza volerlo mi dà ragione con quel “qui siete regine, impossibile non amarvi” , intendendo quando parliamo del nostro corpo. Mi piacerebbero meno corone, e forse meno amore: ma che non ci sia più un “qui”, che purtroppo è interpretabile come limite.
    2. Il tema non fa il romanzo, certissimamente. Ma l’omogeneità dei temi scelti, in generale e non nell’antologia in questione, fa il problema, a mio umile modo di vedere.
    3. Glielo chiederò, glielo sto chiedendo. E credo che, qualora fosse così, Genna abbia agito in buonissima fede e senza rilevare la contraddizione.

  22. @ Plessus:
    Tu dici: “Rimanendo curioso di quanto bene possa fare una donna nello scrivere un testo come Hitler. Posso fare anche qui: mmmmhhh…?”
    Se una donna scrittrice è brava nel suo mestiere, può benissimo scrivere di Hitler proprio come la Yourcenar ci ha raccontato in maniera splendida l’imperatore Adriano. Il punto è che la Wolf (Cassandra) e la Yourcenar (memorie di Adriano) hanno scritto diversi anni fa.
    In questi giorni sto leggendo l’Hitler di Genna ( a parer mio è veramente un ottimo libro) e mi sono ritrovata a fare lo stesso identico pensiero della Lipperini.
    Detto questo, esprimo un giudizio personalissimo e quindi opinabile: in genere evito libri scritti da donne in cui si parla di mestruazioni, primo bacio, primo amore, matrimonio, desiderio di maternità, rapporti figlia-madre o figlia-padre etc…Testi simili li trovo di una noia tremenda, anche se, ripeto, si tratta di un giudizio legato a gusti personali.
    Mi ritrovo così ad avere in mano i libri scritti da i “soliti” Genna, Evangelisti, Trevisan, Biondillo, Wu ming, Fois insomma, tutti uomini.
    Attualmente sto aspettando con grande impazienza, l’uscita in libreria dell’ultimo romanzo scritto da WuMing4 il cui soggetto sarà il leggendario Lawrence D’Arabia: “faccio il verso” alla Lipperini e mi domando “perchè ad una scrittrice donna non salta in mente di scrivere un romanzo su Lawrence D’arabia?”
    Ciao

  23. Quando le scrittrici donne si allontanano dal loro involucro e studiano, sezionano, quello dell’altro, in casi rarissimi con gli occhi dell’altro, producono testi sorprendenti, disturbati, come “Cadavere squisito” di Poppy Z. Brite.
    Per il resto bisognerebbe avera la forza di affermare che il mercato si aspetta dalle donne una letteratura di genere…. femminile. E bisognerebbe ricordare, dato l’altissimo numero di lettrici, che questo genere è aprezzatissimo.

  24. sono d’accordo con te, loredana, quando dici che si dovrebbe cambiare lo sguardo su di noi. ma il modo in cui mi sembra tu lo proponga è… maschile. è lo sguardo di un maschio che mi guarda. il problema è più radicale.
    è per me più interessante che un uomo trovi nelle sue corde una donna che ha scritto da donna – e ha parlato di corpo, o di amore, o di maternità, convinta di parlare all’universo intero, uomini donne gay trans ecc – piuttosto che una donna scriva come un uomo. ci fa male, sì. fa male alle donne. fa male alle scrittrici. tutte volevano (vogliono?) scrivere come un uomo. è un complimento dire: sembra scritto da un uomo. ancora oggi, perdio!
    il problema sono gli uomini. sono cristallizzati, incrostati.
    genna è diverso. genna in quell’antologia ha detto: ti leggo in quanto donna. ti leggo perché in quella peculiarità inflazionata di scrivere come le donne e quindi parlare di corpo e di sesso e di parto, lì io vedo che c’è la traccia di una possibilità PER TUTTI, UOMINI E DONNE COMPRESI.
    ma magari ho frainteso.
    non capisco che intendi quando fai riferimento alla buona fede di genna? chi l’ha messa in dubbio? non io, anzi.
    d’accordo su quanto dici rispetto a quel che dice plessus.

  25. No, no, no, Zohaira. Mai detto che una donna debba scrivere come un uomo, accidenti. E sinceramente il fatto che tu mi definisca “maschile” mi deprime un po’.
    Io sono io. Persona, prima che femmina: almeno, è quel che desidererei si pensasse di me, o come io penso me. E come penso le donne e gli uomini con cui vengo a contatto. Io voglio essere letta, nel caso, per quello che scrivo, non per il sesso a cui appartengo: tutto qui, e non è pochissimo.
    E’ esattamente per questo che trovo che il far coincidere la scrittura “delle donne” con la scrittura “del/sul” corpo sia limitante. Per questo dicevo che mi piacerebbe che una donna scrivesse “Hitler”, o che un uomo scrivesse “La mano sinistra delle tenebre” (Ursula Le Guin: e in questo caso non cito il libro in quanto genere, ci tengo a sottolinearlo, ma per la storia che viene raccontata. Esemplare, per la discussione in corso).
    Ps. No, nessuno ha mai messo in dubbio la buona fede di Giuseppe. Preciso per essere chiarissima e non equivocata. 🙂

  26. lalipperini, ti mando un altro ringraziamento, stavolta da parte della mia amica Edyth che si è vista pubblicare il suo racconto sul blog di Barbara Garlaschelli, grazie alla tua segnalazione di qualche post fa.
    Scusate l’off-topic. Ora fuggo, sennò mi fate nero… 🙂

  27. La cosa che più ho amato del libro di Loredana è stato proprio lo smascheramento di alcuni “ambiti” in cui le donne che scrivono sono (sarebbero?) “regine non detronizzabili”. Penso non solo al corpo ma a tutta l’area del “sacro-taumaturgico-cura degli altri”. Mi ci è voluto un po’ a capire che questi ambiti potevano diventare (e spesso – quasi sempre – lo diventavano) altrettanti steccati.
    Credo che ci sia un problema di aspettative, anzitutto da parte di chi pubblica: io lavoro nell’editoria e spesso si rivela un ambiente sessista quanto un club londinese. Insomma, per ribaltare la metafora di Zohaira, è come se un sudafricano che ha scritto un romanzo su Stalin se lo vedesse rifiutare con la motivazione “sei sudafricano, no? e allora perché non parli di apartheid?”

  28. Beh, in proposito ci fu una famosa intervista di André Brink a Pulp, che così commentò, nell’altrettanto famoso convegno “Scrivere sul fronte occidentale”, Marco Drago: “Brink dice che è contento che non ci sia più l´apartheid così può scrivere i romanzi come piace a lui e cioè con meno attenzione al sociale e più attenzione ai ghirigori del suo cervello. Dice che adesso si sente davvero uno scrittore. Prima, per essere letto e premiato, doveva sempre fare l´impegnato”.

  29. Infatti. E d’altra parte pochi mesi fa la Comencini ha scritto un romanzo sul post-comunismo, tutt’altro che “corporeo”. Così come il recente “Il circo capovolto” della Magnani, sullo sterminio dei Sinti.

  30. Intervengo in qualità di curatore dell’antologia TU SEI LEI. Perdonate la stringatezza, ma ho una febbre da cavallo e fatico a digitare. Come promesso in questo thread, Lipperini mi ha contattato e mi ha chiesto ragione della contraddizione che lei rilevava tra la mia prefazione e il carattere dei racconti antologizzati. Va detto che c’è un punto fondamentale (quanto a me) della prefazione, in cui asserisco che, personalmente, nell’atto stesso dello scrivere, nel momento topico e preciso in cui si scrive, non riesco a ravvedere la possibilità di determinare alcun genere, né femminile né maschile, bensì una disposizione ad accettare possibilità immaginali che emergono o che sono evocate. E’ nell’immaginario che può darsi un’eventuale differenza: eventuale, non certa. A parte l’argomento di ogni singolo racconto dell’antologia, che, a parte alcune eccezioni, non mi pare riprendere assolutamente tematiche esclusivamente corporali o “femminili”, la questione può anche essere posta in questo modo: lo sguardo della Wolf nelle sue “Premesse a Medea” è femminile o politico o apocalittico, oppure è tutto questo assieme? Ciò che spero l’antologia intercetti è uno sguardo del femminile, che è uno sguardo non superficialmente salvifico. La salvezza a cui alludo risiede nella creazioni di forme e nelle prospettive assolutamente innovative (senza di necessità essere sperimentali) che le autrici italiane stanno mettendo in campo in questi anni. Quest’atto è politico, poiché sfida la censura contro la complessità letteraria, a favore della silenziosa e ubiqua dittatura del leggibile, del calcolabile e del calcolato. Quanto al corpo: è o non è immaginario? Il corpo, nella mia opinione, è l’immaginario. Un corpo che dà vita eietta immaginario e io non vedo nella variazione su questa sorgenza uno scandalo. E’ certo che io stesso vorrei occuparmene (e lo farò), è certo che uno scrittore come Antonio Moresco scrive avendo perno proprio il tema del parto. Ciò che intendo è che le scrittrici italiane hanno la possibilità (e spesso la sfruttano) di toccare qualcosa che non è femminile: è universale. Prendiamo Parrella e il suo romanzo LO SPAZIO BIANCO: è proprio il parto, il rapporto tra vita e morte che guidano la scrittura, snodandola tra verità che sono importi della tragedia classica – questo determinerebbe un’eventuale retroguardia di Parrella?
    Per concludere, ciò che penso è che non è lo spostamento di tematica a determinare un’eventuale “parità”, che tra l’altro mi sembra un’equalizzazione astratta se distante da pratiche che, prima che letterarie, devono risultare sociali. E’ da ricercare piuttosto l’intercettazione di universali e l’emissione di forme adatte a questo tempo, che scardinino l’esistente ormai fossilizzato. n questo, credo, le scrittrici italiane stanno ben oltre le page di Zadie Smith e andrebbero riconosciute totalmente nel loro valore – e ringraziate per questo.

  31. Grazie a Giuseppe per il chiarimento (va anche detto che a me qualche piccolo dubbio resta: per esempio sul fatto delle pratiche sociali che dovrebbero precedere quelle letterarie, e sul concetto, sia pure non superficiale o biecamente sociologico, del salvifico femminile).
    Per Alessandra: a me è capitato di peggio. Qualche settimana fa stavo facendo una ricerca su google. Inserendo “scrittrici horror”, il solerte motore di ricerca ha risposto “Forse cercavi SCRITTORI horror”…:)

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