A PROPOSITO: LESSING

Tanto per dire, sta arrivando La comunità perduta di Doris Lessing, in uscita per Fanucci (27 febbraio).  Ripropongo qui la recensione di Geraldine Bedell per The Observer (gennaio 2007, via questo sito).

Doris Lessing è sempre stata una scrittrice affascinata dalle persone e dalle idee e nel suo ultimo libro, acquista una certa distanza da tutto il genere umano. Per essere più esatti, il suo ultimo libro tratta di una sorta di pre-umani.

Narrato da un senatore dell’antica Roma attraverso antiche testimonianze che sono esse stesse la raccolta di più antiche testimonianze orali, The Cleft è la storia dei nostri primi antenati, una specie di creature semi-acquatiche e lente, tutte donne.

Lessing sostiene che il libro è stato ispirato da un articolo scientifico in cui si afferma che la prima e basilare forma di vita umana fu probabilmente la donna. Questo, dice, ha coinciso con la sua idea che gli uomini potrebbero essere una sorta di variazione junior della specie umana. A loro sembra mancare la solidità delle donne, che sembrano essere dotate di una naturale armonia con le vie del mondo… Gli uomini al confronto sono instabili, irregolari.

The Cleft è una esplorazione di ciò che avrebbe potuto essere un mondo primitivo tutto femminile e del caos che nasce quando si da vita a dei ragazzi.

Harold Bloom una volta accusò Lessing di portare avanti “una crociata contro gli esseri umani di sesso maschile”, ma lei ha sempre resistito alla definizione di scrittrice femminista riuscendo a mantenere la sua obiettività con le donne come con gli uomini e senza paura di scorrettezza politica. Ci saranno senza dubbio alcuni (gli entusiasti delle grandi religioni monoteiste, per esempio, nelle quali il primato maschile sembra essere un ingrediente chiave) che leggeranno The Cleft come di una sorta di trattato femminista. Ma in realtà si tratta di un romanzo che sembra non avere alcun colore politico, al di là della dichiarazione che le donne sono venute prima. L’autrice suggerisce che la crudeltà e la capacità di auto-difesa hanno una grande capacità di sottomettere le donne, cosa che gli uomini usano a loro vantaggio.

The Cleft, come altri libri di Doris Lessing, si occupa di come le donne e gli uomini riescano a vivere fianco a fianco. Il suo ‘Clefts’ (il termine si riferisce sia alla sperone di roccia dove vivono, che ai loro genitali) è abitato solo da ragazze fino a quando, quasi senza preavviso, una di loro partorisce quel che pensano sia un mostro, con grumi e protuberanze dove dovrebbe esserci una fessura. Il bambino è portato via a morire su una roccia.

Col tempo iniziano a nascere diversi neonati maschi. Anche questi sono lasciati morire, ma molti sono salvati dalle aquile e portati vicino ad una valle, dove sopravvivono, allattati da una cerva. Le donne mutilano alcuni dei neonati, ma la maggior parte di loro si salva. Con il tempo, si sviluppano due comunità – una, a valle, disordinata e avventurosa, l’altra, nelle grotte sul mare, placida, sognante e semplice.

Il resto del romanzo – forse meno potente dell’idea centrale d’apertura – riguarda il lento intreccio di queste due comunità, il loro crescente bisogno l’uno dell’altro e la disperazione per la loro reciproca dipendenza. Le donne scoprono di non poter più fare bambini da sole, e la loro crescente esasperazione verso gli uomini riflette la loro incompletezza. Gli uomini vogliono partire per esplorazioni che mettono a repentaglio la vita dei loro figli e che sembrano essere, in larga misura, il tentativo di fuggire le responsabilità della paternità.

Vi è però un problema, e cioè che il romanzo racconta allo stesso modo tutti gli abitati del Cleft, per cui non c’è alcun personaggio particolare. Non c’è nessuna regola che stabilisca che un romanzo debba avere dei personaggi, ma la maggior parte dei romanzieri, per trasformare il mito della creazione in un romanzo, inizierebbe probabilmente a giocare con la psicologia di alcuni personaggi principali, semplicemente perché questo è il modo classico di scrivere un romanzo ed è ciò che lo rende accessibile. Le persone che abitano il Cleft agiscono, ma sono, in ogni caso, impossibili da capire più a fondo. Esse sono semplicemente troppo lontane da noi, non hanno alcun concetto di individualità, o amore.

Nel suo ritmo incantato, come in un racconto orale, Lessing sembra permettere che accada troppo e troppo poco. Generazioni vengono e vanno. Gli individui divampano, poi sfumano. C’è uno stupro e un omicidio, un vento devastante e una spedizione, ma il tempo vola via e i sopravvissuti inciampano in avanti. I romanzi non sono altro che un testamento dell’esperienza individuale, ma sembra quasi che Lessing stia cercando di rendere le cose difficili per se stessa.
Eppure, alla fine, il romanzo ci lascia un acuto senso di ambizione umana e di vulnerabilità allo stesso tempo. Nonostante l’assenza di personaggi e trama, Doris Lessing scrive in maniera toccante del desiderio umano di cambiamento, rivoluzionario ed evolutivo, e di quello verso alcune cose che vogliamo rimangano sempre uguali. E alla fine ci trasmette una forte convinzione dell’impermanenza di qualsiasi situazione in cui si trovano gli esseri umani e della paradossale natura immutabile delle relazioni umane.

2 pensieri su “A PROPOSITO: LESSING

  1. Forse Doris Lessing potrebbere obiettare ad Harold Bloom che molti maschi non appartengono poi tanto al genere: “umano”. Leggerò.

  2. Su Nazione Indiana hanno chiuso un dibattito sul testicolo di Franz Kafka, per riaprirne un altro sul secondo testicolo, di Arno Schmidt (dove si parla di Lessing, e in più vengono svelate le 4 cose che Goethe non poteva soffrire).

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