Tanto per capire di cosa stiamo parlando a proposito di libri per adolescenti, specie se femmine. Da Francoforte arrivano i dati dell’Associazione Italiana Editori. Ovvero, come scrive Vanna Vannuccini su Repubblica:
“I livelli della lettura in Italia restano drammaticamente bassi: solo il 44 per cento degli italiani – dai sei anni in su – legge almeno un volume l´anno, più di cinque italiani su dieci non aprono mai un libro. Ma un filo di speranza viene dai ragazzi (e soprattutto dalle ragazze, che leggono molto di più dei maschi della stessa età). Leggere un libro, entrare in libreria a dare un´occhiata, continua ad avere un significato accanto agli altri comportamenti diffusi tra i giovani come mandare sms, chattare su internet e ascoltare l´ipod. I ragazzi dai 6 ai 17 anni leggono 13 punti in percentuale più degli adulti, anche se c´è il timore che poi diventino come i loro padri: la percentuale dei lettori, che è del 63,6 tra gli undici e i quattordici anni, scende al 55,8 tra i quindici e i diciassette”.
Ulteriore tassello al discorso che si sviluppa nei post di questa settimana. La rappresentazione del maschile è quasi altrettanto disperante di quella femminile nei prodotti (altro non sono) per teens. Sfogliando il magazine di Maya Fox, si nota che i maschi sono presenti come: 1) velini. Ovvero, gallery di “bei figaccioni” in costume da bagno, corredati da consigli su come conquistare quel determinato – presunto – tipo di ragazzo 2) partner sessuali. Il che sarebbe scontato: quel che intendo dire che anche per il maschile il pendolo oscilla fra principe azzurro e portatore di “maledetti spermatozoi” (sto citando a braccio e non sono le parole esatte, ma sono molto simili: era la didascalia in uno pseudo-discorso sulla contraccezione). 3) picchiatore. A dimostrazione ulteriore di come una questione culturale possa divenire rapidamente prodotto, ci sono pagine dove Maya Fox insegna l’autodifesa e un articolo sulla violenza. Talmente sbrigativo e superficiale da risultare quasi controproducente sulla rappresentazione del maschile.
Altro? Sì: consigli di abbigliamento per il “lui” che avesse imbarazzanti erezioni pubbliche.
Nota. Da quel che si legge in fondo al giornalino, alla sua redazione hanno collaborato svariate psicologhe. Come?
Nota 2. Una citazione fatta da Michela Marzano su Repubblica di oggi torna molto utile: “Albert Camus diceva che, a partire dal momento in cui si utilizzano male le parole, si introduce nel mondo una sofferenza supplementare”.
C’è da dire che, rispetto magari a dieci anni fa, anche il panorama letterario per ragazzi è più vasto (sulla qualità non mi esprimo).
Amiche di una generazione precedente mi raccontano che spesso leggono avidamente anche i cosiddetti young adults, quasi a recuperare le letture che a loro, alla mia età, non venivano offerte. Se tra tutte queste storie di vampiri e compagnia bella ci sono davvero dei titoli validi, magari i prossimi dati saranno più incoraggianti. Tempo fa facevo un discorso con Lara Manni, a proposito del fenomeno Twilight e della sua ripercussione sul rapporto giovani e lettura. Ne avete parlato anche qui?
Di Twilight a volte si è parlato anche qui, ma ben venga la riproposizione del discorso, Iku.
Il mio problema con questi post è che si occupano di campi che non conosco. E come posso dire se le psicologhe (tutte femmine?) hanno lavorato bene o male?
Mi rendo perciò conto solo di un problema, non so come farei per risolverlo diversamente: il campo non mi attrae ecco. Ma insomma. La psicologhitudo ci ha presente che eros è una questione fondamentale, un bel po’ l’essere umano parecchio tanto l’adolescenza. Tutti gli psicologi evolutivi concordano sul fatto che l’adolescenza è il momento in cui emerge il sistema motivazionale sessuale. Il problema è che gli stereotipi culturali lo proporrebbero come UNICO sistema motivazionale. Allora come si fa? Come si fa venendo in contro a i linguaggi e i miti e i desideri dei più giovani? Al loro lessico mentale?
Ecco c’è una specie di attrito, anche nel caso di chi come me è d’accordo nel rilevare il problema.
Intanto, Zaub, mi verrebbe da dire che sposare ciecamente il lessico adolescenziale non è una buona soluzione. Persino Tre metri sopra il cielo non usa quel lessico: ne usa uno molto semplificato, ma non ne fa la parodia. Secondo: la sessualità non può e non deve identificarsi nell’esibizione di figaccione e figaccioni, anche perchè è un tantino più complessa della sfilata fotografica di pezzi di carne.
Già questo sarebbe un buon punto di partenza.
Grazie per i dati, Loredana. Credo che siano importanti per farsi un’idea del fenomeno.
Riguardo ai modelli maschili sono sempre stata convinta non solo che ci sono ma che bisogna lavorare anche su quelli e capire perché “è come se non ci fossero”, cosa che mi è sempre sembrata molto preoccupante.
Una cosa che non capisco, per esempio, è perchè non esista una tradizione di ‘gender studies’ anche per quel che riguarda gli uomini e perché alcune donne li abbiano visti, anche se solo come ipotesi, con molto sospetto.
Ho letto secoli fa ‘Soggetto nomade” e non so se ricordo male, ma mi pare che pure la Braidotti fosse molto critica a riguardo. Ma potrei sbagliarmi.
Certo che bisogna lavorare su quelli: è vero che i modelli femminili sono drammatici, e che la situazione delle donne è terribilmente difficile, specie in Italia. Ma i modelli maschili emergenti rischiano di provocare catastrofi anche peggiori.
Il problema è, come credo di aver detto in ogni possibile occasione, è che sono gli uomini a doverli individuare e denunciare. E non perchè siano “fatti loro”: ma perchè fanno parte del loro vissuto. Continuo a sperare che qualcuno scriva il famigerato “Dalla parte dei bambini”.
citazione densa ed evocativa…gli uomini, si, dovrebbero farsi carico di indagare i modelli che li riguardano, ma non facciamo lo stesso errore che molti di loro hanno fatto e fanno ancora nei confronti delle donne, ossia di lasciarli soli nel percorso…
…ma neanche quello di accudirli. 🙂
A proposito di Twilight, ho condotto una specie di sondaggio, attraverso tre forum, per cercare di capire il fenomeno, chi coinvolgeva e in che modo (http://dreamsummoned.myblog.it/archive/2009/04/15/risultati-del-sondaggio-twilight.html). Per me Twilight è e resterà sempre un fenomeno, più che un libro, dannoso per il panorama letterario. Ne abbiamo discusso su Anobii: tutte quelle ragazzine che prendono in mano Twilight e continuano a rileggerlo all’infinito, perché “non ci sono altri libri così”, pensando che sia la bibbia e che quello è il massimo della scrittura, non leggono “un libro”. Leggono qualcosa che, a mio parere, travalica il confine tra libro e film. Non sto citando il film di Twilight, poco me ne interessa. Molte ragazze lodano il modo in cui Twilight riesce a catturarti. E’ logico! Non si tratta di una vera e propria storia, ma di un collage di situazioni amate dalle ragazzine, una specie di sogno collettivo. C’è poca immaginazione, nella lettura di Twilight, perchè si tratta di situazioni che le ragazze hanno in mente da sempre, che fanno parte della loro fantasia. Questo è l’effetto di Twilight: ti fa sedere nella tua mente e ti ri-proietta ciò che tu stessa hai in testa.
Quanto hai ragione, Lippa. Questi modelli maschili che ci vengono imposti producono maschi frustrati da una continua “ansia da prestazione”.
“Dalla parte dei bambini” è proprio un libro che manca, oggi.
Gianni, e cosa aspetti? 🙂
Iku, molto interessante quello che dici. Ed è una conferma soprattutto per quanto riguarda il post-Twilight. Perchè se quel libro nasce probabilmente in modo onesto, come una storia raccontata da una scrittrice, quelli che sono venuti dopo, o che comunque vengono pubblicati in Italia ora, mancano di onestà. Sono il collage effettuato al solo e unico scopo di raccattare euro da un determinato pubblico. Legittimo: ma va anche detto che è così.
Non so se sono pienamente d’accordo. Ok, i libri che escono ora sui vampiri (che siano riproposte o nuove proposte), sono sicuramente spinti dall’avidità, dal desiderio di cavalcare quest’onda di passione per i vampiri, quindi ora usciranno finché dura e finché c’è pubblico.
Però non me la sento di giustificare la signora Meyer. Per me lei sapeva cosa faceva: io me la vedo, in un certo senso, intenta a costruire a tavolino la storia. “Qui ci metto questo, che fa figo…qui ci metto quest’altro…”. Io il libro l’ho letto, e non mi ha dato nulla. Sarà magari una mia opinione, soggettiva quanto volete, ma anche se lei non si aspettava tutto quel successo, io credo che certe cose di Twilight siano volute, e non sentite.
Sono giovane, mi dicono, e ingenua. Ma io credo nelle cose sentite.
Questo non potremo mai saperlo, temo 🙂
Sicuramente gli altri libri della saga sono scritti per cavalcare l’onda, e si sente. Il primo aveva, secondo me, un po’ di freschezza: considera, poi, che in America esiste un genere codificato, il paranormal romance, libri “rosa” con elementi fantasy. Il dramma è che in Italia vengono spacciati per fantasy, o horror, senza specificare la distinzione. Che è importante.
parlando dell’esperienza maschile, spero di non essere OT.
Davanti alla stazione Termini campeggiano da anni i manifesti di Armani, in alcuni di essi l’addominale scolpitissimo è un must. Il corpo maschile è in fase di oggettificazione, viviamo in tempi di narcisismo lo sappiamo, di reality show etc… Pensavo che queste fossero cose risapute, trite e ritrite, ma sentire mio cugino a 10 anni bramare un corpo munito di ‘tartaruga’ mi ha fatto venire i brividi. Dopotutto oggi i bambini decenni sono imbambolati davanti alle vetrine di footlocker e non a quelle dei negozi di giocattoli. E quando arrivano a 19 anni, mollerebbero volentieri l’università per un ‘trono’ a uomini e donne, parole loro. Di appena ventenni che si pompavano in palestra pronti per il provino ne ho conosciuti almeno 4 in questi anni mariadefilippiani.
Cioè il corpo maschile si sta lentamente, inesorabilmente, oggettificando come quello femminile (esagero?), ma non so se possiamo gioirne. Che in questo clima nonculturale si mettano addirittura a leggere qualcosa di diverso dal Codice da Vinci (che tutti hanno sul comodino ma nessuno finisce) mi pare più che logico.
Chiedendomi del per perché non ci si ponga il problema dei modelli maschili, non intendevo sostiturmi agli uomini né accudirli in un alcun modo. Non penso che ssiano fatti esclusivamente loro, perché poi un modello suggerisce/impone dei comportamenti che riguardano pure le donne, ma che siano loro a doverli individuare su questo non ho dubbi.
Ma perché avevo detto qualcosa di diverso? 🙂
Ma no Valeria, rispondevo a Roz che invitava a non lasciarli soli. Ho capito benissimo quello che volevi dire e sono d’accordissimo.
Andrea, altro che OT! E’ esattamente quel che volevo dire: c’è un enorme problema che riguarda i modelli maschili. Ed è centrale anche quello, nella riflessione sui generi.
E, no, non dobbiamo affatto gioirne: dobbiamo preoccuparci.
Mi ha colpito in particolare quanto LL ha scritto in un commento: “sposare ciecamente il lessico adolescenziale non è una buona soluzione”. Sono d’accordo: non lo è mai. Parlare ai ragazzi non significa parlare come i ragazzi. In questa operazione non c’è davvero onestà. C’è molto di manipolatorio. Di poco professionale qualsiasi sia la professione (psicologo o scrittore o insegnante o altro). E’ comprensibile (ma non per questo sempre giustificabile) che tenda a questo il linguaggio della pubblicità, non dell’educazione, e nemmeno della letteratura. I ragazzi non scorgono con facilità l’adulto che c’è dietro le pagine che leggono o il manifesto che vedono. Spesso non riescono a distanziarsi dall’autore, ma si immergono nella storia come se si raccontasse da sola. Nel mio mestiere, tutte le volte che posso e che ne ho l’occasione, cerco di smontare il giocattolo, svelare il gioco messo in atto, spingere a supporre le intenzioni di chi c’è dietro. Non vedo altre alternative concrete, per aiutarli a difendersi un giorno dietro l’altro. Ma è poco, pochissimo, lo so.
Non è poco affatto. Smontare il giocattolo è compito nostro. O meglio: compito nostro è fornire loro gli strumenti, e sono certa che proseguiranno benissimo da soli. Però bisogna farlo.
Ciao Loredana, ciao a tutte/i,
la prossima settimana linkerò le ultime riflessioni di Loredana e vostre, per lanciare una proposta di almeno un paio (forse più) tesi di laurea magistrale sulla rappresentazione delle figure femminili e maschili nella letteratura per teens.
Non ho avuto purtroppo un secondo di tempo per commentare anch’io, in questi giorni, ma vi darò notizie appena avrò trovato i laureandi o le laureande giuste.
Ho in programma un paio di conferenze in scuole medie superiori in giro per l’Italia, nei prossimi mesi, e aprirò anche lì la discussione.
Se son rose… che fioriscano con i più giovani, magari.
🙂
Un abbraccio,
Giovanna
…a proposito di stereotipi e psicolog*:
http://www.tv.mediaset.it/mondotv/news/news_3619.shtml
disperante
Psicologhe ancora a parlare di principesse e cenerentole? Vabbè, la fonte non è esattamente neutrale…