Su Il Giornale (sì, esatto) è uscito qualche giorno fa un articolo interessante di Melania Rizzoli sulla presenza femminile in pubblicità: consiglio di leggerlo.
Qui, Silvana Mazzocchi recensisce Modi bruschi di Franco La Cecla.
Su Repubblica, Carlo Lucarelli recensisce La dea cieca di Anne Holt e fa una considerazione sulle protagoniste femminili del noir. Ovvero:
“Nel noir i protagonisti femminili hanno sempre avuto una particolare forza, se calati nella storia giusta, naturalmente: non è un valore assoluto. Non è una cosa di oggi, è dai tempi del giallo classico di Agatha Christie che succede, per esempio con miss Marple, ma è soprattutto col noir e col police procedural, con le storie poliziesche. Escluso l´hard boiled degli anni di Raymond Chandler – dove sarebbe stato storicamente molto difficile vedere davvero una donna condurre credibilmente un´indagine criminale – subito dopo arrivano una serie di detectives pubbliche o private di grande forza, che fanno la differenza.
Pensiamo alla giovane allieva dell´F. B. I. Clarice Starling ne Il silenzio degli innocenti, di Harris. Oppure alla anatomopatologa Kay Scarpetta dei romanzi di Patricia Cornwell. O alla detective privata Giorgia Cantini di Quo vadis, baby e degli altri romanzi di Grazia Verasani, solo per citarne qualcuna. Ma anche ai personaggi apparentemente secondari, come l´agente Amelia Sachs, che diventa le braccia e le gambe del grande criminologo Lincoln Ryme, tetraplegico bloccato a letto, ne Il collezionista d´ossa di Jeffrey Deaver.
Succede, io credo, perché nel nostro immaginario narrativo e anche nel nostro modo di ricordare la realtà una donna poliziotto è ancora una strana intrusa.
Fa un mestiere che ancora – nonostante le varie Angelina Jolie, Jodie Foster e Sandra Bullock, ma soprattutto nonostante questori, ispettori e agenti donna che vediamo al telegiornale – viene considerato un mestiere da uomini e questo dà ai personaggi una carica estraniante che dal punto di vista narrativo è come un trampolino che ti permette, scivolando sulla curiosità del lettore, di andare più a fondo nel personaggio.
Permette di temere più realisticamente per le sorti del personaggio in un universo narrativo in cui l´eroe, il detective, l´uomo con la pistola sembra sapersi difendere di più di una donna, per quanto armata e addestrata.
Permette di cambiare il punto di vista e di inserire elementi della vita quotidiana che una donna, di solito, si trova costretta a portarsi dietro più di un uomo, che può scordarsi dei figli, per esempio, o della casa, per essere solo un poliziotto.
Permette di farcela stare male, in quel mondo di uomini, anche se le piace il suo mestiere come il mare ai pescatori, sempre comunque un po´ emarginata, un po´ strana, un po´ sbagliata”.
E’ vero che, molto spesso, le protagoniste sono “sbagliate”. Penso all’infelicità di Kay Scarpetta, per esempio. O al dolore antico di Clarice Sterling. Mi chiedo anche se e come e quando le cose cominceranno a cambiare.
Ah, sì, Kay Scarpetta. Fu la mia traduzione di “Oggetti di reato” a farla conoscere in Italia…
Beh l’articolo è ficherrimo – lo confesso. E anche io avevo riso assai dinnanzi al trittico con furba. Tuttavia, sono bersagli secondari e che in una prospettiva politica sono pericolosi. nel senso che la difesa è facile: che deve fare uno per pubblicizzare creme pelli pruriti? li deve andare a parare. Un po’ come quando ci si lamenta che ci sono troppe donne nude nelle pubblicità de mutanne.
Ma il problema sono le donne nude nella pubblicità dei telefoni! Delle macchine.
A meno che, mi viene in mente adesso, l’intenzione sia quella di desumere uno schiacciamento del femminile sul corpo attivo più che mai. Può essere ma insomma ci sono esempi più eclatanti.
La parola ispettrice esiste.
Questo articolo mi avrebbefatto sorridere se avesse avuto un tono meno saccente e più satirico. Invece così l’ho trovato irritante per due motivi.
uno- non credo gli spot siano girati da uomini, ma da persone (M o F) informate dai loro clienti del fatto che la stipsi e l’incontinenza urinaria sono disturbi che colpiscono con assai maggior frequenza la popolazione femminile – per non parlare delle mestruazioni o delle perdite di fluidi vaginali.
due- sono d’accordo, le donne “vere” non sono ossessionate costantemente da queste cose, infatti pensano anche spesso e volentieri all’alone del deodorante sotto l’ascella, a depilarsi, a donare lunghezze da cerbiatta tibetana alle proprie ciglia, a rimpolpare i tratti del viso, a misurarsi il diametro delle cosce, a improvvisare sapidi manicaretti per i loro mariti, a profumare gli ambienti con fragranze armoniose, a sbiancare i tessuti senza rovinare i colorati o a scegliere le merende più nutrienti e sane per i loro figli.
Voglio dire che quasi ogni spot dipinge il prodotto che reclamizza come indispensabile e centrale nella vita umana, e quindi il grottesco è sempre in agguato…poi non voglio difendere a priori la pubblicità, ci sono spot davvero di cattivo gusto o offensivi per le donne, ma seriamente la mortificazione sta nel mestruo, la pipì o la pupù che rendono la donna meno “angelicata”?
Ma l’ha mai vista l’autrice la reclame della saratoga, quello con Giovanna la cameriera porno?
“Questo articolo …” intendendo quello di Rizzoli, non il post della padrona di casa.
Banale, forse, ma vale sempre la pena ripetercelo: “che può scordarsi dei figli, per esempio, o della casa”, questo potrà accadere quando anche gli uomini avranno piena e decisa consapevolezza che figli e casa fanno parte del proprio universo, così come il resto e con la medesima piena soddisfazione. Anche per rispondere alla domanda, triste retorica y final, di Lucarelli.
Che poi Il Giornale (sì, esatto) cominci a rendersi conto di alcune cose sposta poco perché sinceramente non credo nel ben predicare quando si razzola come si razzola… Aspettare per credere, semmai.
Mi scuso per il p.s. ma a proposito dell’articolo di Melania Rizzoli, segnalerei alcune perle maschiliste disseminate nei commenti (tipo un tizio che, ancora!, si lamenta di come “la vita di un uomo “normale” sia MOLTO più dura di quella di una qualsiasi donna”……..) così il quadro si compone meglio. Tanta strada nei miei/nostri sandali ma quanta ancora da fare. 🙁
Ma è che le donne sono il destinatario principale della pubblicità, sono quelle che possono consigliare gli stessi prodotti (con le debite differenze, ma la dentiera la portano anche gli uomini) a mariti, nonne, zie…
Poi, la medicina cinese ( e non solo) usava a volte delle statuette femminili per permettere alle donne di indicare il punto del corpo dove sentivano dolore o altro, senza doversi spogliare. Ecco le donne ora possono indicare lo spot giusto, senza dover andare dal medico!
Si, forse sarebbe ora di andare a curiosare ‘dietro’ le pubblicità. E vedere quanta ipocrisia, quante storture, quanto uso del famoso corpo delle donne viene fatto senza sentire un pigolio di protesta.
Qualcuno può anche non risentirsi se la pubblicità (propinata, tra l’altro, intorno alle 13,00) ma sentire messaggi di incontinenza di donne trentenni, di pannolini, di liberazione di intestino, di dentiere e così via mi infastidisce parecchio, oltre a nausearmi. E caso strano – sempre per via del corpo delle donne – le protagoniste di tutti questi imbarazzanti impacci sono donne/femmine.
Senza contare le innumerevoli pubblicità che fanno sembrare le donne delle assatanate che devono necessariamente esporre il loro corpo per il godimento del maschietti. Sottolineo che sto parlando non solo della pubblcità TV, ma anche quella dei giornali (tutti, compresi i c.d. giornali di tendenza) e quella che è disseminata per le strade con enormi cartelloni.
Per quanto mi riguarda, quando c’è la pubblicità (ed il 99% è del tipo di cui sopra) cambio subito canale. I agiornali, purtroppo non mi permettono questa scelta e tantomeno i cartelloni.
Secondo me non è giusto che una tizia qualsiasi si becchi 300.000 al mese (al mese!!!) per il solo merito di essere stata per 30 anni la compagna di un tizio ricco. Un tetto e 3000 (tremila) euro al mese per un dignitoso sostentamento dovrebbero essere più che sufficienti (anche nel caso inverso: lei ricca, lui povero). Ma figuriamoci se la Lipperini può pubblicare un simile pensiero controcorrente. Meglio occuparsi dell’infelicità di Kay Scarpetta.
Trovo “interessante” anche un altro spot in cui la tizia è alle prese con problemi domestici reali (mandare il figlio a scuola, fare il bucato) che evidentemente la stressano. Qual è la soluzione? Ingurgitare la patata scacciapensieri mentre sullo sfondo una grande quantità di schiuma sta invadendo l’appartamento, probabilmente per un guasto alla lavatrice. Ma lei, rapita dall’obnubilante patata evidentemente galleggia altrove. Ritratto di una perfetta imbecille.
Stavolta non è il corpo ad essere umiliato ma la mente. Trovo la cosa sconcertante e persino un tantino (spaventosamente) innovativa.
Ma le donne (???) che si prestano a fare quelle umilianti pubblicità (per soldi, per visibilità, etc.) di cervello, in ogni caso, ne hanno pochino pochino! Tutte, compresa quella dello yogurt!
Ma il libro di La Cecla non è vecchio di dieci anni? Io ho un’edizione del 2004, per la Bruno Mondadori, ma pare che la prima sia stata dieci anni fa, nel 2000. Nessuna menzione di ciò, né nell’intervista né nel sito dell’Eleuthera. Mah?
Ho letto la recensione della Mazzocchi e l’intervista a Franco La Cecla, da cui traggo un passo cruciale:
“Il Femminismo è stata una rivoluzione straordinaria dei diritti della donna, una visione universale dell’assurdità della dominazione maschile e un movimento per l’assunzione della differenza. E’ diventato un movimento omologante – molto spesso schiacciando l’identità femminile verso quella maschile – e soprattutto è diventato una morale, è stato assunto come norma sociale, condanna dell’identità maschile e distruzione dello spazio del desiderio tra uomini e donne (ridotto a qualcosa da giudicare moralmente). Il grande problema del femminismo oggi è che è diventato il discorso ipocrita del potere senza avere creato una vera parità di diritti. E’ stato “consacrato” come politically correct e ha perso per questo il suo mordente. E’ stata Elizabeth Badinter, una femminista storica, a dichiararlo. Sembra che solo il desiderio femminile sia buono, corretto, morale, in qualunque sua forma. Il maschio desiderante è considerato immorale, incapace di vero desiderio positivo. Questa situazione, paradossalmente, affida al maschio di oggi un ruolo nuovo: quello di salvare il desiderio dall’omologazione, dalla sua assunzione dentro “un buon fine”. Il femminismo è diventato cattolico e americano, il desiderio maschile è, invece, fuori norma.”
Lo impiccheranno all’albero maestro?
🙂
e invece di “rasa il pratino” wilkinson che dite? da un po’ che sto canticchiando il motivetto…. 😀
http://www.youtube.com/watch?v=Psu32WsNbds