DESTRA, SINISTRA, LAGIOIA

Non se ne può più del giochino innescato dal Corriere della Sera, dite? Vero. Però a forza di leggere interventi e controinterventi non ci si trattiene, giustamente,  dal dire la propria. Lo ha fatto Nicola Lagioia sul Riformista. Così:

I quotidiani italiani hanno la capacità di far scadere l’orizzonte dei miei desideri dalla mezza fuga sui cui mi sforzo di tenerlo per motivi di prudenza a un regime fognario privo di pericoli o sorprese, in cui non si avrà neanche la fortuna di incontrare un coccodrillo albino. Così, l’unica cosa che posso augurarmi a contatto con le terze pagine o i supplementi settimanali è che il dibattito letterario offra più spunti di riflessione rispetto al disastro ecolalico di quello parlamentare. Ma si sa, l’Italia del xxi secolo è per adesso un lungo esercizio di frustrazione. L’articolo di Stefano Bucci uscito sul “Corriere della Sera” lo scorso 20 maggio (“Contro Piperno la sinistra sceglie Pincio”) sarebbe dovuto essere travolto da una slavina di pernacchie. Una comunità letteraria ancora sufficientemente alfabetizzata per leggere un romanzo, capace di raccogliere quel minimo di crudeltà che fa anche di un giornalista un individuo, avrebbe dovuto riempire Stefano Bucci di pacche sulla spalla, risate e perfida costernazione. O al limite (solo per gli audaci del “Foglio”, ad esempio) ricollocarlo per motivi redentivi al centro di un immaginario schiaffo del soldato che superi la contingenza dello spazio-tempo affidando ogni nonnismo alle manone sapienzali di Roland Barthes, di Harold Bloom, di Cesare Garboli, di René Girard. Dopo l’espiazione, naturalmente, sarebbe arrivato il perdono. Un po’ di vita, un minimo di coraggio con i capi-servizio, un debolissimo sforzo di affabulazione… Invece cosa accade? Accade che il contrario di ogni intelligenza che possa dirsi viva (lo slogan) si impossessa dei nostri giornalisti culturali portando l’ineffabile dilemma su cosa sia di destra e cosa di sinistra – un indovinello così mortifero da disseccare i corpi cavernosi di un ventenne quando lo si riferisce al sesso e annichilire le papille gustative del più raffinato gourmet quando lo si declina in senso gastronomico – a banalizzare due libri e due scrittori non banali. Sono usciti due romanzi, insomma, La ragazza che non era lei di Tommaso Pincio e Con le peggiori intenzioni di Alessandro Piperno. Sono i romanzi di due scrittori veri, sono due sforzi di intelligenza e abilità narrativa, sono due opere ambiziose. Di conseguenza, superando da ogni direzione la ristrettezza mentale, la banalità e il provincialismo in cui sembra costretto il nostro dibattito culturale, l’unico modo per affrontarli sembra quello di abbassarli al livello del dibattito stesso.

Il problema di Stefano Bucci e degli altri che hanno creduto di trovare un sistema tutto sommato agevole per tributare qualche migliaio di battute al facchinaggio quotidiano del lavoro culturale sta nel fatto che non hanno nessun amore o rispetto né verso i propri lettori e men che meno per la nuova narrativa italiana. Sono convinti che i lettori (il pubblico di merda) siano talmente sprovveduti e ansiosi di sterilità da voler perdere dieci minuti del proprio tempo dietro fiorite divagazioni spacciate per polemica culturale. In più, non riconoscono evidentemente agli scrittori delle ultime generazioni un vero ruolo interpretativo ma un misero valore sintomatico – in questo modo, non si parlerà di un romanzo per la sua dimensione estetica o per la sua forza linguistica, per il modo in cui reinterpreta la tradizione del genere e così via, bensì tirando fuori sempre più stancamente il metro della sociologia spicciola. Nemmeno si esce da questo circolo vizioso, temo, gettando acqua sul fuoco come ha fatto Filippo La Porta nel momento in cui ha salomonicamente saldato Piperno e Pincio ai lati opposti di una stessa medaglia, incastonata a propria volta da La Porta nella presunta incapacità per la letteratura italiana di produrre romanzi di buon livello. Agli scrittori italiani delle ultime generazioni – che probabilmente non hanno scritto ancora il proprio capolavoro – si deve riconoscere il coraggio di essersi gettati in imprese molto ambiziose e di averlo fatto con mezzi e risultati per nulla scontati. Solo per questo meriterebbero un dibattito che sia all’altezza delle loro opere. Capisco che alcuni critici sono troppo stanchi e disillusi per fare altrettanto (provare a scrivere il proprio Canone occidentale, il proprio Grado zero della scrittura, il proprio Menzogna romantica e verità romanzesca). La fine dei sogni può incoraggiare esilî dignitosi, non il continuo vilipendio del proprio lavoro. Per cui, amici critici dalla penna stanca, il mio è un invito che non potete rifiutare senza farvi del bene: alzate il livello della comunicazione, pensate che la vita è ancora piena di sorprese e, soprattutto, tornate a leggere i romanzi.

 

37 pensieri su “DESTRA, SINISTRA, LAGIOIA

  1. ma come La Gioia, pugliese, di solito così spiritoso! no, stavolta non sono d’accordo. ma come una delle cose belle di noi italiani è sempre stato il “Dai che parte stai?”. perchè tutta questa seriosità, fra le righe, lagio (lagioia)? perchè questa difesa “corporativa” del mestiere (altro carattere tipico di noi italiani), e questo attacco all’intera corporazione? non ti accrgi ma così fai scrittori/critici, invece che destra/sinistra, tesoro.
    no, non sono d’accordo neanche con te e mi dispiace, sigh! lagio, avevo fiducia.
    penso che l’una cosa – la politica – possa essere oggetto di discorso se/soprattutto se associata alla letteratura. se il problema dei critici è l’asservimento – e lo è -non è perchè fanno il giochino, ma perchè di “giochi” in generale, ne fanno pochi.
    un/a bravo/a critico/a – esattamente come un bravo scrittore/ice – è uno/a capace di leggere la tradizione, sì, ma anche di “guardare in faccia la realtà” e se questa oggi in Italia si riduce a questo destra/sinistra val la pena di farci sopra un discorsetto.
    POI, un bravo critico deve anche “scrivere il capolavoro”. ma già io non lo chiamerei così.
    ieri per esempio, il supplemento di Letture – edizioni paoline (? sigh) non era fatto male. quanto meno informava i lettori (edizioni paoline!)

  2. Chiarisco il mio pensiero, ma è la seconda volta che intervengo in un blog e forse non sono esperto sulla comunicazione rapida. Volevo dire che l’articolo di Bucci rientrava in una di quelle operazioni che tendono a creare interesse commerciale su un libro e che attendono perciò più al lancio di un prodotto che all’analisi della sua specificità. Niente di più.

  3. Mi trovo a Milano, in questo sabato di ponte, apro il compter e leggo di libri di destra e di sinistra. E’ vero che le provano tutte gli uffici stampa per vendere i loro prodotti e ogni tanto s’inventano qualche trovata divertente. Io credo che cerchino di fare il loro lavoro nei termini in cui è possibile farlo, ovvero abbassando il livello per raggiungere il pubblico che pensano possa essere interessato alla questione. Per quel che mi riguarda non trovo grande corrispondenza tra quello che gli scrittori italiani fanno e quello che la cronaca letteraria recepisce.
    Molti di noi provano a fare seriamente dei libri seri, a dispetto di noi stessi, del sistema commerciale e anche di quello dei critici.
    Non lo so, ma i problemi mi sembrano altri. Più che destra e sinistra, andrei a indagare sulla serietà e la furbizia.
    Filippo Tuena

  4. in soldoni, quali critici?
    pierlugi pellini e la signora lipperini non sono come quelli di cui parla lagioia e anche tuena.
    sul sito di wu ming e di evangelisti anche se sono scrittori a volte trovi delle belle recensioni.
    no, non mi piace, “I critici che ci leggono non sono all’altezza nostra!”, perchè è uguale a “Gli scrittori non scrivono opere alla nostra altezza!”, è identico.
    lo stesso Pincio a me piace di più come critico – è un complimento – mi piace Trevi, mi piace la Borrelli. potrei elencarne altri 100 (oddio, forse a 100 non ci arrivo ma non confondiamo: un quotidiano è giusto anche che scriva qualche cazzata che riguarda la letteratura! se no sarebbe polica: cazzate; cronaca: cazzate; interni: cazzate; e letteratura: cose serie?)

  5. Scusami, Filippo Tuena, forse dovresti anche provare a chiarire che non tocca a Stefano Bucci (e al Corriere, e alle redazioni culturali dei giornali) attendere al lancio di un prodotto, ché sennò tolgono pane e lavoro agli uffici marketing e agli addetti stampa. Dovrebbero fare *altro* i desk culturali. O no?

  6. Scusami, Filippo Tuena, forse dovresti anche provare a chiarire che non tocca a Stefano Bucci (e al Corriere, e alle redazioni culturali dei giornali) attendere al lancio dei “prodotti”. Dovrebbero occuparsi di altro, no? ché così rubano il pane di bocca agli uffici marketing e agli addetti stampa.

  7. la seriosità non è sinonimo di serietà, ragazzi. ponte o non ponte. 🙂 e attaccare bucci- che io non so neanche chi sia – suona pretestuoso. c’è dell’altro.
    si può per esempio, pensare” Oggi ci sono – più – bravi – scrittori che sappiano fare i critici?”
    si può non concentrarsi troppo sulle recensioni che escono sui giornali? se uno parte dal presupposto che “il quotidiano” in sè sia una forma “cazzara” non capisco perchè prendersela tanto se quelli che ci scrivono di letteratura sono cazzari pure loro:-) non lo so, no lo capisco proprio. se uno ha letto un poco di Balzac lo sa che i giornalisti sono una speci infima. voglio dire, “Già detto! Andiamo avanti!”
    in quanto a la porta, per esempio – il cui lavoro non mi pare così scadente – uno deve accettare il fatto che a lui la narrativa italiana contemporanea non “piaccia tanto”.
    ho sentito dire, “ma perchè non fa altro?”. ma dico, che cazzo di domanda è?
    c’è orlando che harol bloom non gli sta a confronto. se dobbiamo fare questo sì, questo no.
    se non si dedica al contemporaneo prendiamolo come un segno, perchè orlando non è un cretino 🙂 facciamo che a ogni post ve ne dincio uno che mi piaccia, va bene?

  8. PERCHE’ AVETE TUTTO QUESTO INTERESSE PER QUELLO CHE DICONO I QUOTIDIANI?
    caso mai, e qui vengo a quello che è il “problema reale” secondo me, tutto italiano anche quello: non ci sono testate dove scrivano “anche” i professori universitari. anche lì, alcuni, certo.
    sui “maggiori giornali” chi ci scrive? boh. tutto un’amalgama. hai voglia a fare inserti e insertoni, poi chi ci scrive? la mamma della sorella, la sorella della zia, la zia della mamma. che dopo un po’ (sigh!, come è per la televisione diventano “firme” diventano “vips” e quindi: autorevoli! una cosa assurda!)
    e allora a me che la signora panettoni o il signor panettoni scriva di disturbando famiglie felici me ne frega ma fino a un certo punto. no starò in quella “famiglia”, va bene. ma che me ne fotte?
    invece certi – anche lì, mica tutti – professori universitari per il piccolo particolare che “studiano” la letteratura, – almeno alcuni – dovrebbero essere un po’ competenti, no? dove sono? boh.
    loro – a volte per sciccheria – non si abbassano a scrivere (vedi intervista a pellini su ilpostodeilibri.it) e li capisco. non avendo paura di stare in due camere e cucina. giovanni agosti è un altro che per un po’ ha scritto di letteratura, ed è storico dell’arte. poi, anche a lui, si vede che non interessa. io li rispetto, li leggo lo stesso con ansia ogni volta che vedo che scrivono qualcosa.
    oppure laura fortini. qualcuno la conosce? non sono miei amici.
    io sono “battitrice libera” ops! batto? 🙂

  9. Anch’io sottoscrivo in pieno l’articolo di Lagioia. Se avessi dato retta alle ca… ahem, corbellerie sul libro di Piperno non l’avrei letto e non avrei avuto la conferma che noi italiani siamo un popolo di pettegoli, invidiosi e mediocri, che gioca a spendere quel po’ di rispettabilità internazionale che gli resta a far finta che ha capito tutto della politica. Con questo non voglio dire che il romanzo di Piperno è un capolavoro, ma semplicemente che trovo inutile e ridicola la campagna pro e contro che è gli è stata concertata intorno. Insomma dateci modo di acquistare libri (perchè di questo alla fine si tratta, no? Altrimenti leggeremmo solo i classici – meravigliosi – in edizione economica o dalla biblioteca) seguendo consigli di chi per lavoro e dedizione assaggia per primo il boccone, di chi è in grado di leggere tra le righe, di anticipare i tempi, di quello che vi pare, sulla base di giudizi di valore intrinseco; poi potranno essere del tutto soggettivi e non condivisibili, e sarà un metro per scegliere il critico, oltre che il libro.
    In quanto alle operazioni di marketing legate all’etichettatura destra – sinistra, è l’ultimo rifugio di chi vuole spingere romanzi destinati al lettore medio-forte, quello che disdegna la Litizzetto, per intenderci. Siamo sicuri che siamo tutti così imbecilli, lettori inesistenti, deboli, medio-forti e forti?
    Semplice lettrice

  10. Scusate, ma non ce la faccio più: de ‘sta storia, c’ho due piperni che non vi dico.
    @ SPETTATRICE:
    la blog-novel è al post da basso. ;-D
    Iannox

  11. kissinger ha detto che una cosa che una delle cose che non è mai riuscito a capire è la politica italiana.
    ed effettivamente, l’ostinazione alla contrapposizione spicciola di due schieramenti rimane un mistareo assoluto. questa tendenza a polarizzare in maniera semplicistica ogni cosa è davvero irritante, al di là delle intenzioni, buone o cattive che stanno a monte di tale atteggiamento.
    per quanto riguarda la critica letteraria il problema, secondo me, è che quella sociologia spicciola di cui parla lagioia è il modo sampre più diffuso di analizzare, discutere e presentare l’arte del narrare. questo genere di critici sono orfani ignoranti di una serie strutture interpretative di cui hanno si e no sentito parlare, roba che applicano un po così, come gli capita e come gli fa comodo.

  12. 1. bucci è un critico? non è una battuta. non so chi sia.
    2. effettivamente le contrapposizioni andrebbero scquacquerate (scusate le q ma me lo sono inventata in questo momento la parola) fini vota 4 sì e rutelli si astiene 🙂
    io voto come fini. berlusconi (& C) a roma hanno proposto delle agevolazioni per le abitazioni a veltroni &c. ho bisogno di una casa, pure. 🙂 scquacqueriamo un altro po’.
    vedete bene che di destra e sinistra ci resta solo il gioco.
    almeno lasciateci quello fatto dai non-critici.
    sì, effettivamente dedico troppo tempo a questo blog. ma preferirei che al femminile fosse declinata qualche altra cosa, non il mio cognome, grazie 🙂

  13. Piccolo ot
    Iannox di sotto una piccola precisazione sul viaggio
    ‘notte e besos in particolare a Lolip per la sovrumana pazienza

  14. @ SPETTATRICE
    Rispondo al piccolo ot, di sotto, ho risolto il problema, non ti preoccupare. Tutto a posto.
    Dio, mi faranno santo impenitente, sicuramente. ^___^”’ Se la Lippa non m’uccide prima che possa esser detto santo e pure impenitente con aggravante “recidivo”.
    ‘Notte
    Iannox

  15. io non credo che il problema sia un eccesso di “cilinica” da parte dei critici (o dei non-critici, come ci tiene a sottolineare angela). semmai, non è a un ginecologo che va paragonato il “recensore” a la Bucci, ma al patologo. mette il romanzo sul tavolo di marmo, un cadavere immoto da sezionare per stabilire le cause del decesso.
    le ragioni che lo hanno tenuto in vita fino a quel momento non gli interessano.

  16. Il ginecologo a forza di guardare belle donne e carampane tutte insieme, alla fine finisce gay ringraziando dio che s’è sprecato di lasciargli almeno un grano di sale in testa e una goccia di miele nel cuore – o comunque da quelle parti, forse più in basso.
    Iannox

  17. @ Gian Paolo:
    “Il problema è che la maggior parte dei critici legge un libro come un ginecologo guarda una bella donna…”
    Io pensavo alla dissezione dei cadaveri, probabilmente per una personale vena di ottimismo, ma il punto è: mentre il ginecologo ha dalla sua una scienza e, di solito, nessun secondo fine, la critica letteraria non è scienza e si deve giustificare, di volta in volta, nei casi particolari, con le parole della persona in cui “si incarna”. Brevemente, se un critico letterario non dice nulla di interessante, ritengo che sia opportuno che taccia. Si è diffusa recentemente un’epidemia che ammorba un’alta percentuale di critici, e li costringe ad una sorta di ermeneutica del testo, ad un’idiota e comica opera di “disvelamento” che, in alcuni casi, toccherebbe solo allo scrittore, e più in generale non serve QUASI MAI a nulla.
    (forse sono OT)
    Ivan

  18. P.S.: mi correggo: a qualcosa serve. Ad esempio, a spiegare alla plebe incolta che il signor tal dei tali è un genio, fatto che altrimenti passerebbe inosservato: a dire ad alta voce una solenne falsitò (chiedo venia, ma sono stato costretto da cause contingenti a leggere Moresco)

  19. Tutto ciò che si può chiedere a un libro è di farsi leggere. Ad uno scrittore di scriverlo. Il resto è dibattito, che può essere alto e interessante come basso e banale. Ma questo non dipende né dal libro né dall’autore. Dipende da chi ne parla.

  20. @ Andrea: secondo me abbiamo un talento di coppia per l’incomprensione. Gadamer era un filosofo, nonché uno dei padri della moderna ermeneutica: difficile che parlasse a vanvera. E’ un malinteso “linguistico”: diciamo che molti critici arrivano a fare esegesi del testo (adesso, non mi dire che l’esegesi di Della Casa può essere utile: non ho dubbi), iniziativa già discutibile, come oracoli che “fanno le veci di”, come archeologi del significato. Ora, è bene chiarire, io non parlavo di ermeneutica fatta con competenza: anche perché, a parte la competenza, non si può fare ermeneutica “di tutto”. Volevo esprimere un concetto molto semplice: il critico tal dei tali, in vena di cazzate o di sponsorizzazioni, si alza una mattina e decide di spiegare al mondo che l’autore X nel libro Y cela una profondità di significato che agli sprovvisti di virtù oracolari sfugge, almeno fintanto che non venga spiegata o, più spesso, che non venga solo dichiarata. Più chiaro ancora? Ho letto, su Moresco, chi “dispiega” un universo di significati che non è né vago né sbagliato: non esiste, molto chiaramente (amo documentarmi, prima di fare una recensione). Esegesi o ermeneutica, gli abusi commessi dalla critica letteraria, soprattutto quando accampi pretese filosofiche da Bignami o giù di lì, sono una tragedia intellettuale di fronte alla quale la mia prima reazione è il voltastomaco.

  21. Tittyna: anche ammesso che tu abbia ragione, dichiarare la vacuità di certi scervellati non serve a cancellarli dalla faccia della terra, e spesso neppure a farli tacere: perciò, il dramma del lettore è di essere trasformato in spettatore di una messinscena in cui il dibattito può benissimo non avere alcun valore se non quello di trasformare miracolosamente in merce pregiata un oggetto insulso. Al mercato della frutta il disonesto banditore urla chiaro e tondo che “le sue mele sono le migliori” e distribuisce, deitro lauto compenso, anche qualche chilo di vermi. Sia chiaro, parlo di casi particolari, ma per nulla rari.

  22. Andrea e Ivan: dobbiamo organizzare una pizza, noi tre. Assistere a un vostro incontro deve essere un’esperienza impagabile!
    😉 G.

  23. non vedo cosa ci sia di male in una ermeneutica del testo fatta in maniera competente, coerente e, quando è possibile, ispirata. penso al lavoro di gadamer su paul celan, ma perchè no, anche ad altri meno eminenti.
    all’autore spetta poco, pochissimo dal mio punto di vista.
    il problema, a mio avviso, non sta nell’interpretazione, ma nella classificazione. nella mortificazione dell’opera pur di inserirla all’interno di un ‘filone’ o ‘orientamento politico’. fare sociologia spicciola della letteratura, riconoscere nella scelta di un ipotetico ‘gruppo sociale’ una caratteristica intrinseca del prodotto letterario.

  24. @ SPETTATRICE
    L’aggiornamento della nostra blog-novel è da basso.
    Besos
    @ TUTTI/E
    Il sottoscritto – senza scherzare – è in partenza, destinazione Alaska. Quindi per un po’ non mi vedrete, ma non temete: purtroppo per Voi tornerò.
    Volevo ringraziare Tutti/e per le belle interessanti discussioni, e in particolar modo Loredana per la tanta pazienza dimostrata nel sopportarmi – e v’assicuro che non è per niente facile sopportarmi.
    A presto dunque, mentro faccio le valigie.
    Baci abbracci et inchini.
    Iannox

  25. gianni hai ragione, magari scopriamo che sulla pizza siamo totale sintonia. oppure, potremmo cominciare dalla base, sottile o doppia? per poi scontrarci sulla questione del cornicione, morbido e cresciuto, tipo pane, o bruciacchiato? e poi, il cornicione va mangiato o lasciato? e sulla pizza va la mozzarella o il fiordilatte? e l’olio? va messo prima della cottura o dopo? e così via…
    scherzi a parte, sono daccordo con roquentin, sui frequenti abusi della critica letteraria, e su quelli ancora più gravi di chi, in fondo, critico non è e grida letteralmente al capolavoro, all’opera totale senza poi faticare un po ad articolare uno stralcio di analisi. sembra che ci si occupi sempre meno dell’opera e sempre più di aspetti tangenziali, banalmente contingenti. dissento su moresco, ma lasciamo stare.
    p.s. gianni sulla pizza io ci conto sempre, stavolta però lasciamo il vomero, la collina, ce ne andiamo al gallo nero alla sanità, parcheggio in una grotta di tufo, design curato da un alieno cafone e stendipanni con tovaglie e tovaglioli spasi al caldo del forno. ovviamente ci si mangia meravigliosamente.

  26. @ roqquetin
    Tenterò di spiegarmi appoggiandomi alla stampella di Balzac (da “Papà Goriot”):
    “La critica (…) vecchia parassita dei festini letterari è scesa dal salone per andarsi a sedere in cucina, dove fa impazzire le salse prima ancora che siano pronte…”.
    Gli scrittori
    più “quot…ati”, le salse impazzite, invece li vedo come da descrizione fatta da Antonio Moresco nel bellissimo “La visione” (edizioni King Kamehameha Press):
    “Come se dei pesci che vivono in un acquario, potendo scrivere, raccontassero un sacco di cose ma non ci dicessero, non ci facessero capire che si trovano nell’acqua…”.

  27. @ndrea:
    Quello a cui ti riferisci è uno stralcio tratto proprio da LA VISIONE di Carla Benedetti e Antonio Moresco edito nel 1999 da King Kamehameha Press (oggi non esiste più).
    E’ un libro che, secondo me, dovrebbero ristampare.
    Pensa solo a questo: 11 Agosto 1998, il giorno più caldo del secolo. Milano. Piazzale Libia: Moresco e Benedetti su una panchina davanti a un registratore: due allora “clandestini” davanti alla “voragine della letteratura”

  28. E’ l’unica pubblicazione di Moresco che mi manca. Ma c’è un testo con lo stesso titolo in “L’invasione”, è una breve conversazione con Carla Benedetti (5-6 pagg.). “La visione” a cui ti riferisci, è la stessa conversazione più lunga?

  29. Uhm, Gianni, se ci capiti me lo prendi che poi ti do i soldi a Parma?
    Ma solo se sei comodo, altrimenti fa lo stesso, mi raccomando, che so che sei incasinato in questo periodo.
    ciao

  30. che pezzo meraviglioso: La gioia dell’intelligenza brillante. Erano anni che non leggevo roba di questo livello: sottoscrivo e applaudo Clap clap clap

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