DETTAGLI QUOTIDIANI

Metropolitana, ore 8. Come sempre, prendere la linea A a Termini è una prova di sopravvivenza, ma ci si abitua a tutto, purtroppo. Un giovane uomo sbuffa e spinge. Una donna gli dice, garbatamente, che nel vagone siamo in tanti, e che purtroppo non può spostarsi. La risposta è: “Zitta. Muta. Non una parola”. Lei chiede perché. Lui dice: “Te meno. Te acchiappo per il collo e te scaravento fuori dal vagone”. Essendo una notoria cercaguai, gli dico che non ha il diritto di minacciare una cosa del genere. A quel punto, si uniscono altre donne. Il ragazzo, furibondo, tace.
Ma sì, ma certo, dettagli, come sempre, e come sempre cose che non vale la pena raccontare. Come l’episodio di quel raffinato docente universitario che ieri, all’improvviso e senza aver mai interloquito con me, mi invita su Facebook ad andare a fare la calza e a iscrivermi a un corso d’uncinetto perché le donne rovinano la cultura (e dal momento che il mondo ha un suo meraviglioso risvolto comico, quando ho raccontato sullo stesso social network la vicenda ho suscitato le ire di alcuni e alcune studiosi e praticanti d’uncinetto, che si ritenevano offesi perché avevo citato l’aneddoto).
Ma sì, ma certo, dettagli, sciocchezze, quanto rompi.
Eppure, è nella collera e nell’insofferenza  che ci si muove ogni giorno, donne e uomini.
Per questo bisogna lavorare anche sui dettagli.
Per questo, e vengo al punto, trovo importantissimi due fatti che risalgono a ieri.
Primo: la Nazionale di calcio scende in campo contro il femminicidio, con lo slogan “la violenza sulle donne è un problema degli uomini”.
Secondo: il rapper Mirko Kiave ha dedicato un brano sul femminicidio.  Agli uomini, dagli uomini. Questa è la strada.
(e viva l’uncinetto, non si sa mai!)
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15 pensieri su “DETTAGLI QUOTIDIANI

  1. Quasi dieci anni fa Esa cantava “tutti sanno quant’è dura mantener su un rapporto/un bacio in fronte alle mie amiche che hanno avuto un aborto/prende male quel che accade in ospedale/medici bigotti con la loro guerra aperta trattano le tipe ammerda/fermiamo sta crociata nel 2000, non è quando si umilia che s’insegna a metter su famiglia” (OTR, Soci per la vita)
    da appasionato sono contento che non sia sia perso questo spirito

  2. Lodevole iniziativa quella della nazionale di calcio. Pero’ lo slogan lo slogan “la violenza sulle donne è un problema degli uomini” non lo trvo del tutto esatto. Come la violenza sulle donne non e’ solo un problema delle donne, non lo e’ nemmeno solo degli uomini. E un problema di relazione tra i generi, tutti e due. Se avessero usato “la violenza sulle donne è ANCHE un problema degli uomini” mi sarebbe piaciuto di più. Ma va benissimo cosi’, l’importante è che si scalfiscano i muri dell’indifferenza e si cerchi di andare nella stessa direzione. Luca

  3. A quel signore lì dell’uncinetto puoi cortesemente far sapere che Umberto Terracini al confino lavorava a maglia?
    In topic
    Ci sono però dettagli positivi a girare nei mezzi pubblici: persone (uomini e donne) che aiutano a tirar su un passeggino con un bambino dentro. Gente che si ferma e chiede “ha bisogno di qualcosa?” se pensa che stai male o ti vede in difficoltà. Maschi che zittiscono maschi insultanti una femmina ignota a tutti.
    Buona giornata

  4. Ora non ricordo il nome, ma un’artista contemporanea abbastanza conosciuta utilizza texture realizzate all’uncinetto per rappresentare oggetti, personaggi umani, animali. Sono lavori interessanti.
    Questa cosa dell’uncinetto come insulto ricorda un po’ quel modo di dire ‘sei uno zulù’ in senso dispregiativo. Ha ben poco senso pensando che uno dei sistemi operativi più diffusi al mondo porta il nome di un termine etico della lingua zulu, molto profondo e per noi inimmaginabile, sul legame con gli altri e la condivisione.

  5. “A quel punto si uniscono altre donne”: avremo fatto un ulteriore passo avanti quando si uniranno anche, anzi soprattutto uomini, quando a stigmatizzare la violenza degli uomini saranno in primo luogo altri uomini. Non come difesa delle donne, sia chiaro, come presa di responsabilità, io credo.
    La Nazionale e lo slogan mi sembrano importanti, ricordano la campagna del fiocco bianco, che spero a questo punto dilaghi.

  6. Segnalo un articolo letto per caso (al bar) su “Donna moderna”, che parla proprio della presa di coscienza degli uomini in merito alla violenza. Si riportavano le testimonianze di alcuni uomini che stanno curando la loro aggressività in questo centro a Firenze: http://www.centrouominimaltrattanti.org .Che ve ne pare? Segno di un cambiamento possibile? Le testimonianze riportate degli uomini alle prese con la loro aggressività erano allo stesso tempo terrificanti e significative…

  7. Scrivo stavolta ma avrei voluto farlo molte altre. Mi viene forse perché quello che è accaduto in metropolitana è la situazione più vicina a quella che potrebbe accadere a ognuna di noi tra mezz’ora, domani, tra una settimana. O che magari ci è già accaduta. A me non ancora, a volte mi sento pronta a reagire, altre ho il presentimento della bratalità maschile.
    Zitte basta, questo è sicuro.
    Io scrivo alle amiche, firmo, ne parlo con mio marito, con qualche amico. Ho una piccolissima speranza nel cambiamento, che alimento con cura.
    Grazie Loredana, per quel che fai e come lo fai, anche alla Radio.
    E quel docente, poverino, poverino…

  8. Quoto Barbara. Ognuno di noi incappa più volte, spesso nel corso della stessa giornata, in episodi di sgradevolezza estrema, e giustamente li denuncia. Il rischio, però, è quello che queste notizie raggiungano una massa tale da creare una specie di sindrome dell’assedio. Come disse una volta Vauro a proposito della guerra cosiddetta intelligente, “cinque morti sono tanti morti”, intendendo che un bilancio ìn vite umane non è mai accettabile, per quanto poche siano le vittime; vero è, però, che siamo 60 milioni, e per quanti sforzi si facciano non sarà mai possibile azzerare questo numero, e ancor meno quello delle “semplici” aggressioni fisiche o verbali. Il che non deve essere una scusa per non provarci del tutto, ad azzerarlo. Dove esistono numeri mi piacerebbe vederli, ma purtroppo, benché sia il mio mestiere, confesso di non avere mai il tempo di cercarne, raccogliendo l’invito di ieri di Zauberei a mettere in campo anche la propria professionalità. Invece una piccola riflessione vorrei dedicarla al mancato intervento maschile in difesa della malcapitata, perché secondo me qui davvero emerge la scarsa duttilità del mio genere di appartenenza rispetto alle emozioni, soprattutto violente. Se chiedete a un uomo, nove su dieci vi risponderà che in quei casi il rischio che un intervento maschile provochi una rissa che altrimenti resterebbe confinata alle (male) parole è altissimo, e quindi se non si verifica una vera e propria aggressione fisica è meglio lasciar correre. Spesso questa è una vigliacchissima scusa per farsi gli affari propri, ma non sempre. Perché è vero che due uomini, quando entrano in forte contrapposizione, si sentono quasi obbligati a passare alla minaccia fisica, non riuscendo a percorrere altri sentieri per gestire il conflitto e non contemplandone lo smorzamento, ma solo l’escalation. Un paio d’anni fa un energumeno che riteneva di essere stato affiancato troppo da vicino dall’autobus sul quale anch’io viaggiavo lo seguì fino alla fermata, lasciò lo scooter, salì a bordo e prese a insultare il conducente, che per l’appunto reagì con le mani invece di cercare vie d’uscita laterali. Intromettendomi nella scazzottata io ne presi dall’una e dall’altra parte, senza che nessuno dei due si premurasse di stabilire una tregua, quanto meno per cacciare me fuori dalle scatole: premeva troppo l’urgenza di sconfiggere il rivale, per poter vedere altre possibilità. A raccontarla così pare banale e magari comica, ma in quell’episodio ho davvero toccato con mano (e con altre parti del corpo che ne uscirono contuse, ahimè) come i miei congeneri, se esiste questa parola, non solo non vedano, a priori, altra via di confronto che non sia quella aggressiva, ma non sfruttino nemmeno le occasioni che si presentano a loro posteriori per uscire dal conflitto (in quel caso, l’intervento di un – velleitario, purtroppo – peace enforcer). Mi scuso per la lunghezza del commento, che non era nelle intenzioni.

  9. c’era qualcuno che insinuava che una quota non indifferente di frustrazione verso le donne era causata dalle madri stesse.Potrebbe essere un punto da sviluppare(di certo nelle guerre non sempre incruente che seguono le separazioni qualcosa va a toccare l’osso dei protagonisti di queste vicende loro malgrado).Detto sempre non per giustificare la violenza,cosa che da parte mia non accadrà mai,ma per alimentare una discussione a 360°
    http://snuhfiles.com/sound/police-mother.mp3

  10. Scusi, diamonds, non c’è “qualcuno” che insinua, ci sono 100 e passa anni di psicoanalisi che studiano i meccanismi genitori/figli e i risultati stanno in una bibliografia ormai vastissima che va appunto dal vecchio buon Freud (che neanche possiamo liquidare con un calcio in culo) fino ad Alice Miller (una delle più lucide menti femminili della psicoanalisi moderna, assolutamente critica nei riguardi del metodo freudiano, specie per quanto riguarda la colpevolizzazione dei figli attraverso il famigerato “complesso di Edipo”). Il punto è sempre lo stesso, di queste cose non si parla abbastanza. E neanche si parla del perché non se ne parli.

  11. il risentimento verso le donne è causato dallo stimolo sessuale non appagato. uno vorrebbe bombarsi piu donne possibili ma non piace abbastanza per poterlo fare e sentendosi rifiutato inizia a provare odio.
    mi sembra incredibile che nel 2012 si debba ancora precisare questa semplicissima verità.

  12. A proposito di interventi per fermare la violenza quotidiana…
    Nel 2006 è stato fatto un esperimento in un parco pubblico, due attori, un maschio e una femmina, recitavano una lite, anche venendo alle mani… gli sperimentatori hanno osservato le reazioni dei passanti.
    Qui potete vedere il video:
    http://abcnews.go.com/Primetime/video?id=2754248
    Nel complesso l’uomo che maltratta la donna ha sollecitato più interventi e disapprovazione da parte dei passati, mentre la situazione inversa, in cui la donna maltratta l’uomo, non ha suscitato alcun intervento, anzi, alcuni passanti guardavano la scena con gesti di approvazione.
    Che conclusioni possiamo trarre dall’esperimento?

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