DI LIBRI GEMELLI, PER CONTINUARE

Si parla, lo fa Stefania Parmeggiani su Repubblica di oggi, della pratica del testimonial famoso, anche  cartaceo, che spinge un altro libro. In poche parole, Tessa e Hardin di After promuovono Orgoglio e pregiudizio, Anna Karenina e Cime tempestose, ovvero I classici di After.
Era già successo, e se ne era già scritto in un post di questo blog nel 2013: si può vedere la faccenda in mille modi, ma l’idea che un libro popolare possa promuoverne un altro andrebbe allargata non al solo mercato YA.
Nel post di ieri non l’ho scritto, e mi rendo conto che invece una delle questioni chiave della crisi editoriale è la pratica dei libri gemelli. In gergo, i libri gemelli sono quelli che vengono pensati e pubblicati quando emerge un filone che vende: Twilight ha successo? Moltiplico i libri con vampiri romantici per sfruttare le potenzialità commerciali che si sono aperte. E’ successo con Gabriel Garcia Marquez e con Harry Potter. Succede sempre, da qualche anno a questa parte. Il punto è che, da ultimo, succede troppo: sembra che la gran parte della produzione si concentri sui libri gemelli, e di conseguenza chi si troverà a promuovere quei libri (librai inclusi) dovrà richiamare il gemello del titolo che propone. Ouroboros.
Come sempre, la domanda è: “funziona?”. La sensazione è “no, non funziona, o non funziona a lungo”. E temo che ragionare per brevi periodi (“basta che funzioni fino a chiusura dell’anno”) sia il vero motivo del punto di rottura in cui ci troviamo. Punto di rottura, per chi lavora in ambito libresco, significa chiusura di sedi e smobilitazione del personale, e chi riceve mail con su scritto “da oggi la mia esperienza professionale con TizioCaio si conclude, addio e grazie per tutto il pesce”, lo sa benissimo.
Forse è una questione di fiducia. Fiducia nei lettori, per esempio. Sono abbastanza convinta che le giovani lettrici troveranno il modo di avvicinarsi a un classico, o lo abbiano già trovato, senza bisogno di cosmesi, e tanto meno dell’attore in copertina.  E forse, i lettori non vogliono leggere sempre la stessa cosa in diverse declinazioni.
Però, e qui la chiamata in causa riguarda chi scrive di libri, dovremmo guardare di più al fenomeno, e imparare a mettere in connessione le uscite: discuterne invece di ignorare (puah, un monnezzone!)  fino a diventare consapevoli di un fenomeno mentre accade, e non limitarci a suonare la lira sulle macerie fumanti.
Buon martedì.

11 pensieri su “DI LIBRI GEMELLI, PER CONTINUARE

  1. Proviamo a sintetizzare la discussione degli ultimi giorni:
    1) Editoria tradizionale/cartacea vs modello Amazon/digitale: nessun problema di coesistenza se non per gli addetti ai lavori che vedono erodere il loro stipendio o la loro esistenza professionale dalla razionalizzazione dei costi di produzione/distribuzione e dai meccanismi di selezione per passaparola oltre alla differente e transeunte gerarchia tra gli opinion maker. Spiace moltissimo per loro ma le carrozze, i lampioni a olio, e bla bla.
    Più in generale vale il seguente ragionamento: poiché nella vita dei lettori è impossibile leggere tutto (e non il meglio), non tutti vorrebbero comunque anche potendo, la maggioranza cerca svago e distrazione, ebbene, non si capisce per quale ragione la bulimia della produzione e l’effetto meteora dovrebbero nuocere alla Letteratura. Basta diventare adulti convenendo che questa regione dell’arte vive sull’arbitrio, accettando perciò che molti “capolavori” rimangano inediti così come di infiniti ne sono stati dimenticati nel corso delle epoche per svariate ragioni comprensibilissime; in questo caso si prende e si gode di quel che c’è e quel che non c’è non c’è. Questa la posizione realistica, banalissima nella sua constatazione.
    L’alternativa è crucciarsi ritenendo che la letteratura non sia frutto dell’arbitrio e delle sensibilità dell’epoca; di conseguenza si rifiuterà psicologicamente che ciò che per noi e i nostri amici affini è meritorio di lettura e ricordo per altri non lo sia e che venga dimenticato o addirittura finisca per non essere mai esistito. Questa prospettiva è tipica del mediatore culturale che altrimenti vedrebbe svaporare la già scarsa utilità del suo ruolo di animale guida o faro culturale. Anche qualora in buona fede, e spiace doverlo ricordare sapendo che per molti sarà osservazione cinica e miseranda, per lui vale il solito motto di Sinclair per cui è difficile far capire qualcosa a qualcuno quando il suo stipendio deriva proprio dal non capirla.
    Insomma, quasi ciascuno legge(rà) quel che gli capita e godrà in relazione al connubio tra propria esistenza biografica e testo occasionale. Si ritiene che la statisticamente la felicità del lettore diminuirà? Sciocchezze: se non avessimo acuto Picasso né avremmo avuti altri e avremmo goduto lo stesso masturbandoci sulle infinite occasioni di commento a uso relazionale, così come si fa da sempre in relazioen all’arte.
    2) Capisco la necessità di divulgare i classici usando i propri testimonial a contratto. Ma la domanda è: perché pagare i classici? Con quale diritto una casa editrice esercita diritti di esclusiva su titoli vetusti rifugiandosi magari nella pretestuosa imprescindibilità dell’aggiornamento di una traduzione? Qui, pirateria per principio perché un classico è ciò che è diventato cultura, a differenza dell’editoria contemporanea che deve ancora passare per il vaglio, e la cultura si fa gratis o non è cultura. Soprattutto in un’epoca che tecnologicamente lo consente.
    3)Biblioteche: chiunque abbia mai espresso pareri positivi verso l’istituzione in sé deve pacificamente ammettere che la pirateria libraria è la logica e naturale evoluzione del modello bibliotecario e se uccide un mercato editoriale, pazienza.
    Come si conciliano i due mondi oggi?
    Il mio commento sarà sicuramente inquadrato come insensibile, superficiale o tranchant ma vorrei comunque si capisse che queste sono beghe da tinello editoriale e se un modello di mercato, con buona parte della sua filiera, è prossimo all’estinzione non è con il cicaleccio tra colleghi o con la finta domanda intellettuale autoreferenziale che si riprodurrà. In fondo il tema può essere riformulato e affrontato più correttamente, oltre che più onestamente, in: consigli per cambiar lavoro.

    1. Omar, non sei obbligato a interessarti di faccende editoriali. Sommessamente e cicalecciamente dico soltanto che il crollo di un modello, prima o poi, riguarderà anche i lettori. Saluti affettuosi e tinellici.

  2. @lalipperini: dici “dovremmo guardare di più al fenomeno, e imparare a mettere in connessione le uscite: discuterne invece di ignorare (puah, un monnezzone!) fino a diventare consapevoli di un fenomeno mentre accade, e non limitarci a suonare la lira sulle macerie fumanti”, e sono d’accordissimo, quello che francamente comincia a sembrarmi un’utopia è la capacità di concertare insieme soluzioni o riflessioni sull’argomento. Non mi sembra che negli ultimi anni la comunità editoriale si sia mossa in blocco né, mi pare, si sia fatta notare per una particolare attitudine all’autocritica.
    Al di fuori di spazi sinceramente motivati dalla volontà di comprendere le dinamiche che smuovono la produzione letteraria di questo nostro strano paese (annovero questo blog in quel prezioso serbatoio) la schiatta di “motivatori” della lettura in Italia negli ultimi anni pare essersi votata esclusivamente alla miope promozione pavloviana dei testi (quante recensioni copincollate dalle veline delle case editrici circolano ancora per i giornali? E a quanti scambi di favori tra scrittori e recensori assistiamo quotidianamente? E non parliamo poi di fior di supplementi in cui pur blasonati recensori continuano indefessamente a promuovere libri – che magari sono già in cima alla classifica e pertanto non avrebbero bisogno di eccessiva risonanza mediatica – riproponendo le stesse solite manfrine senza un guizzo originale che sia uno).
    Non ho alcuna intenzione polemica, giuro (sono parte di questo ingranaggio e ne ho da tempo, a malincuore, accettato alcune regole) però ammetto di essere abbastanza pessimista sulla capacità di riformarsi del settore, ecco!

  3. @lipperini oltre al Panta critica anche un Panta comunità! però impegnati 🙂
    Come organizzare una comunità di lettori “duri” e “puri” ?
    p.s
    “Motivatori” sembra ‘na cosa alla Big Brother… tipo Fahrenheit 451 alla rovescia… un universo parallelo dove leggere è imposto a tutti e bisogna leggere in continuazione, se smetti… intervengono i motivatori…

  4. Un saluto a Omar (riapri il tuo blog!) e alla Lipperini con una considerazione del tutto giuliva. Perché tutte queste dissertazioni sull’editoria? Per quanto mi riguarda, prima di vedere pubblicato il mio primo libro di scacchi, scrissi più di cento articoli in varie riviste specializzate. Poi spedii il malloppo alla casa editrice e mi andò bene. In caso contrario avrei continuato come prima senza sfruculiarci sopra. Ho letto i libri di Omar che mi sono piaciuti. Ha una bella inventiva di scrittura. Prima o poi troverà di sicuro un altro editore. Mi pare che si drammatizzi, in generale, anche troppo.

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