DI MICROFAMA, DI FARSI VEICOLO PUBBLICITARIO, DI AMAZON, FETICISMI E ALTRI GUAI

Dunque, sabato pomeriggio, Wu Ming 1 e la sottoscritta hanno parlato di Morti di fama, scritto, come sapete, insieme a Giovanni Arduino: per chi non c’era,trovate l’audio integrale della presentazione in fondo al post. Abbiamo parlato di molte cose, dal feticismo della merce digitale (partendo da un indispensabile post di Giap del 2011) alle misteriose classifiche che Amazon sforna a proposito del self publisher di successo (l’ultimo è stato appena tradotto in italiano e assai celebrato: Wool di Hugh Howey, autopubblicato, e poi tanto ben giudicato, e poi tanto ben venduto. E chi te lo dice? Ma Amazon, sciocchi). Abbiamo parlato di me-logo e di farsi brand di se stessi. Ora, non ce ne siamo accorti, ma è probabile che Hans Magnus Enzensberger sedesse in platea, perché su Repubblica di oggi appare un suo articolo dove dice, fra l’altro (traduzione di Elisabetta Horvat):
“Negli ultimi trenta o quarant’anni, con l’invenzione del computer e lo sviluppo di Internet, il potere politico della pubblicità ha assunto un’ampiezza senza precedenti.
Da allora sono sorti i vari mega- gruppi, con quotazioni in borsa che eclissano quelle dei vecchi mostri dell’industria pesante e del capitale finanziario. Siamo tutti iscritti nella lista dei loro clienti. Conosciamo i loro nomi: Google, Facebook, Yahoo! e così via. Uno dei loro principi fondamentali è non produrre contenuti propri. A ciò delegano gli altri media, o anche gli stessi utenti, pronti a fornire gratuitamente le informazioni e i dettagli della loro vita privata. Questo modello commerciale è finanziato esclusivamente dalla pubblicità: chi non fa vendere è condannato a perire. Nessuno dei motori di ricerca è indipendente e neutrale. Gli aggiornamenti sono regolarmente manipolati, i consigli strumentali e finalizzati agli acquisti. I bambini vengono adescati con proposte di giochi a premio e “rieducati” per essere trasformati in una platea di buoni piccoli clienti.
Certo, un gigante dell’e-commercio come Amazon deve tuttora accollarsi l’onere della spedizione di beni materiali. E anche oggi gruppi come Microsoft o Apple vivono della vendita dei loro software e materiali informatici. Resta comunque il fatto che per gestire miliardi di clienti serve la raccolta e l’elaborazione dei loro dati personali. A tal fine esistono oggi metodi matematici di gran lunga superiori a quelli utilizzati a suo tempo dai tecnici delle polizie segrete.
La pubblicità è dunque entrata in una nuova dimensione politica. I gruppi americani che dominano Internet sono alleati allo “Stato occulto”; i loro rapporti coi servizi segreti si fondano su interessi comuni molto concreti: come l’intelligence, anche i gruppi industriali hanno bisogno di tutte le informazioni disponibili per esercitare il proprio controllo sulla popolazione”.
Ma si sa, anche Enzensberger deve avere i suoi motivi per parlare così. Ascoltate l’audio, se volete, e discutiamone. Lo trovate su Radio Giap Rebelde.

12 pensieri su “DI MICROFAMA, DI FARSI VEICOLO PUBBLICITARIO, DI AMAZON, FETICISMI E ALTRI GUAI

  1. Sogno di veder entrare alla presentazione di un libro qualsiasi dei wu ming,carmelo bene,che esce dalla porta del cesso e gli si siede di fianco, e si confronta con loro su questi e tanti altri temi. Sono quasi sicuro, che alla fine di questa serata da sogno, ai wu ming passerebbe come minimo la voglia di non farsi chiamare per nome.Reclamerebbero un ‘io’ purché sia uno.

  2. “Ed io non voglio più essere io,
    Non più l’esteta gelido, il sofista
    ma vivere nel tuo borgo natio
    ma vivere alla piccola conquista
    mercanteggiando placido, in oblio
    come tuo padre, come il farmacista
    E io non voglio più essere io!”

    Gozzano, infilato da Bene in Shakespeare/Laforgue:
    http://www.youtube.com/watch?v=HiqFCdi3uFc

    Bene lo studiavamo e citavamo tantissimo ai tempi dei Transmaniaci, ormai più di vent’anni fa. Ci avevano mandati in visibilio, in particolare, il saggio che gli aveva dedicato Deleuze, dove parlava della poetica dell’amputazione, e la ripetuta visione su VHS del “Riccardo III”, che ci sembrava portare in scena nel modo più potente tale poetica, a cui poi ci ispirammo per molte cose “blissettiane”. Parlavamo molto – non sempre a proposito – della “macchina attoriale”.

    In quegli anni Bene l’ho visto dal vivo tre volte. L’ultima volta leggeva Campana al Teatro comunale di Ferrara.

    E comunque: prot!

  3. La vostra prima mezza-volta in televisione da Lerner è stata quella che Bene avrebbe definito ‘sgenio e regolatezza’. Un mezzo evento pieno.Avete emesso scorreggine di stato ben oltre ogni più ottimistica previsione. Non c’era il ‘vuoto’ a riempire le vostre voci registrate,c’eravate voi e credevate d’esserci per giunta,e quel che più rattrista,v’era entusiasmo non troppo celato al cospetto di Lerner. Criptofascismi,entertainment,movimenti radicali…e le ciance sul sociale,sui poveretti movimenti radicali,poverini,a cui il grillo ha tolto il nido. Anziché ringraziarlo il grillo parlante e de-pensato,d’avervi tolto un fardello come le ciance sui movimenti,sul sociale…,niente,non c’è stata storia.Immensamente mondani. Come i vostri ‘Consigli per riconoscere la destra sotto ogni maschera’. A quando un manuale su come trovare gli amanti nell’armadio?Ma Bene sarebbe almeno orgoglioso e contento di una cosa: andandolo a vedere dal vivo,studiandolo,almeno….non c’avete capito un cazzo. Evviva!

  4. Complimenti per il progetto e grazie per l’upload di questa interessante presentazione. Bisogna procurarsi questo libro 🙂
    Concordo pienamente con le idee di WM1 e Loredana: lo sfruttamento cognitivo dell’utente è ripagato con un piatto di lenticchie.
    Avendo di recente assistito a delle lezioni di marketing/comunicazione crossmediale, ho compreso ancora meglio come la “profilazione” non sia una pratica di indirizzamento dei consumi, ma di condizionamento del desiderio e del Sé. Parafrasando Zizek: il web non ti dice cosa desiderare, ma come desiderare. Un ruolo secondo me essenziale è svolto dalle interfacce (GUI). Quella di Facebook come quella di Amazon sono, nella loro essenzialità e spersonalizzazione grafica, lo specchio dell’ideologia che promuovono. La timeline in continuo aggiornamento, i “contenuti consigliati”, i pulsanti sociali, l’onnipresente a barra di ricerca ecc. La nostra visione è programmabile e programmata per “produrre” più bene cognitivo possibile. E’ quindi essenziale riscoprire un approccio “materialista” alla rete, poichè come ricordava Kittler “there is no software” 😉
    Il self-publishing secondo me trascende il suo significato strettamente editoriale: nell’universo mediatico in cui viviamo, non siamo individui se non interiorizziamo una certa dose di self-marketing. E questo è inquietante, perchè lega la produzione di capitale alla produzione del Sé!
    Un saluto,
    N.
    PS: è grazie ad un commento di WM1 su Giap se ho scoperto e mi sono appassionato al “capolavoro vivente” Carmelo Bene, di cui trovo continui riferimenti nelle loro operazioni. Non c’avranno capito un cazzo, ma lo hanno dissimulato molto bene 😉

  5. Con lo spostarsi massivo verso device portatili si perde anche molto il senso dello “smanettare”, dell`uso conflittuale dello strumento, del farsi account a cazzo sui social perche` poi molte app connesse non funzionano.. nome e cognome, come predica facebook

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