DIFFERENZE

A Milano, oggi, si discute di stereotipi di genere: qui.
La vostra eccetera è ben felice che si cominci finalmente a porre l’accento sulla necessità di un “cambio di passo” culturale insieme a quello sociale ed economico. Il che significa, tra le molte altre cose, cominciare ad agire sull’immaginario e sull’immagine del femminile.
Durante il convegno, per esempio, verranno forniti alcuni dati (Censis) su come le donne vengono rappresentate in televisione. Ovvero:
“La partecipazione delle donne nei programmi TV è prevalentemente collegata a temi poco impegnativi, frivoli, oppure a specifiche questioni femminili.
Gli uomini intervengono su tutte le aree tematiche (economia, politiche internazionali, politica, media e telecomunicazioni giustizia), le donne discutono soprattutto di questioni sociali, di costume e società, di cronaca e storie di vita.
Il contributo degli uomini valorizza il loro bagaglio di competenze sul tema in discussione: nel 66% dei casi sono invitati in quanto “competenti” (vs il 37% delle donne), mentre alle donne viene attribuita prevalentemente la funzione della narrazione di esperienze personali, testimonianze, storie di vita (nel 49% dei casi vs il 25% degli uomini)”.
Nel dettaglio (che riguarda le sette maggiori emittenti televisive nazionali):
La donna viene più spesso associata a programmi di:
Spettacolo e moda (31,5%)
Cronaca di violenza fisica (14,2%)
Giustizia (12,4%)
Quasi mai invece a programmi di:
Cultura (6,6%)
Politica (4,8%)
Realizzazione professionale (2%)
Altre cifre che verranno fornite oggi e che al commentarium sono ben note:
Nel 63,1% delle aziende quotate, escluse banche e assicurazioni, non figura alcuna donna nel Consiglio di Amministrazione. Considerando il numero totale dei componenti dei CdA, su 2.217 consiglieri, solo 110 sono donne, pari al 5%.
Nel settore pubblico va un po’ meglio, ma i vertici politici restano “maschili”: ministre e sottosegretarie sono solo il 20%, le deputate sono solo il 17%.
Le donne italiane sono in media pagate il 9% in meno degli uomini, a parità di lavoro.
La differenza di salario tra uomini e donne con ruoli dirigenziali sale al 26,3%.

Nonché:
Le donne italiane lavorano in media 7 ore e 26 minuti al giorno, di cui 5 ore e 20 minuti sono di lavoro in famiglia.
Gli uomini italiani dedicano alla cura domestica solo 1 ora e 35 minuti al giorno.
In Svezia le donne lavorano complessivamente meno: 6 ore e 54 minuti, di cui 3 ore e 42 dedicate alla famiglia e il resto al lavoro retribuito.

Da leggere, imparare a memoria e rivolgere a tutti coloro, uomini e donne, che sostengono che il mondo sta andando a rotoli da quando “le signore hanno lasciato il ragù per i consigli di amministrazione”. State bene, se potete.

18 pensieri su “DIFFERENZE

  1. Hm interessante.
    Mi piace molto il discorso sulla rappresentazione, ma bisogna pure lavorare su come noi viviamo il mondo della rappresentazione.
    C’è qualcosa nel concetti di stereotipi di genere che mi disturba da sempre, è un disturbo piccolo perchè so che è un concetto sacrosanto et necessario, e lo argomento accanitamente quando ve ne è la necessità. Ma quando interagisco in certo contesti (trad. it: femminste, sinistre, mamme oltranziste – tipo la mia) vi sento disconosciuta la mia maturità di scelta, il mio desiderio di essere in un certo modo. E’ un discorso lungo e mi sa che mi allargherei troppo. Spero che sia un po’ chiaro.
    Il mio ragù per dire, nun è gniente male.

  2. In letteratura il discorso sui recinti di genere è ormia considerato abbastanza superato. Non trovi che anche a livello umano sarebbe il caso di passare alle cosiddette contaminazioni di genere?:- )

  3. Scusa Lucio, ma mi viene da dire: che parlo a fare? Tu, ogni volta, sembri interpretare questi discorsi come un invito al separatismo. Di contro, io mi limito a sottolineare una realtà che è sinceramente drammatica. Hai voglia a parlare di contaminazioni, quando i dati sono quelli su riportati, o quelli riportati altre volte.
    Zuberei: verissimo. Libero ragù in libero stato.
    Ma la scelta, molto spesso, viene negata: qualora, per esempio, si desideri conciliare maternità e lavoro, questo paese non lascia molti margini…

  4. Beh, considerando che l’Italia è penultima in classifica quanto ad occupazione femminile (il 43% contro la media europea di oltre il 57), significa che il lavoro delle donne, in Italia, è di media soprattutto relativo alla cura della casa e della famiglia.

  5. – lipperissima, se me la metti sul piano pratico non fiato – la situazione è drammatica.
    – lucio angelini – sul piano teorico, che in letteratura i recinti di genere siano superati non lo credo affatto. In un certo senso perfortuna – ma peffortuna sono recinti con lo steccato basso. Ci saltelli.
    Ma se il recinto non ci fosse, donde proverrebbe l’effetto estetico del saltello? Questa è la mia continua sega mentale – mi rendo conto – riguardo il discorso sesso e genere, e il tema su cui di questi tempi cerco di lavorare.

  6. io quello che non sopporto è la rappresentazione stereotipata che recita “conciliare famiglia e carriera”. ora, la maggior parte delle donne che lavora lavora non per la carriera ma per la pagnotta: assai poco poetica, assai poco liberatoria assai poco moderna. nel discorso pubblico pare che le donne lavorino solo perché, ormai emancipate, desiderano “realizzarsi” (anche qui: non sentite una nota falsificatrice e anche un po’ accusatoria? il lavoro femminile prende il posto del “mamma tu compri soltanto profumi per te” dei bei tempi andati). quanto poco spazio ha la banale ammissione che nella maggioranza dei casi le donne lavorano (o vorrebbero lavorare) per sbarcare il lunario? e quante donne delle pulizie esistono per una “donna in carriera?” credo che il discorso, sacrosanto, di genere se non assume come punto di partenza privilegiato quello delle classi sociali più deboli (e più numerose!) non arriva da nessuna parte. finisce per non interessarmi neanche. per intenderci: una donna manager (ma anche una donna “quadro”) se non ha l’asilo nido si paga la tata. una donna delle pulizie (ma anche una impiegata precaria) si impicca. ecco.

  7. Stimata Loredana, sono reduce da una fine settimana di discussioni accanite attorno a questo argomento: ho reso partecipe il mio ragazzo di alcune riflessioni, scaturite dalla lettura (benché solo all’inizio) di “Ancora dalla parte delle bambine”, dalla recente presentazione di un libro che ha come argomento fondante i rapporti sessuali e che in copertina reca un bel fondoschiena femminile, e da un po’ di chiacchiere serie fatte con un paio di amiche… Pur essendo il mio interlocutore un giovane dalla mente abbastanza aperta, che nel quotidiano non lesina pulizie e che si occupa normalmente dei lavori domestici, è stato difficile anche solo intavolare la discussione, che ad un certo punto è stata definita sostanzialmente una “sega”… come non valesse neppure la pena parlarne, come se parlarne non portasse comunque a niente “perché è sempre stato così”… Come se acquisire consapevolezza fosse nulla!
    Certo non si può sperare che la mentalità comune cambi in quattro e quattr’otto, ma almeno cercare dove stia l’inghippo questo si che si può cercare di fare!
    Le mie riflessioni sono partite dall’osservazione della pubblicità dell’Olio Cuore vista in tv dove si vede un bell’uomo mentre pesca. L’uomo viene richiamato dai suoi bei figlioli che presumibilmente lo avvertono che è pronto in tavola: questi prende una gran corsa, ovviamente salta d’un balzo lo steccato e si ritrova seduto a tavola davanti ad una sana insalatona sapientemente annaffiata di olio di semi dalla gentile e bella sposa, che, felice di aver atteso il consorte, dà l’idea di essere perfettamente appagata.
    Naturalmente non c’è nulla di male nel cucinare per qualcun’altro, io voglio preparare da mangiare per qualcuno, ma perché a quel qualcuno io voglio bene e non perché mi si dica che quello è ciò che mi compete! Ciò che mi fa orrore non è tanto la pubblicità in sé, quanto il fatto che quella pubblicità rifletta una certa mentalità, una mentalità a quanto pare ancora ben radicata. Questo mi fa orrore!

  8. paolab, c’è un piccolo dettaglio: che anche la donna delle pulizie guadagna meno dell’uomo delle pulizie e a casa lavora il triplo di lui che difficilmente prende permessi non retribuiti per curare i figli comuni o la casa comune

  9. Ho visto cose che voi donne in carriera non potreste mai immaginare: ho visto i friggitelli saltare, non scolati bene, con spruzzi di fiamme sulla padella della Lagostina e ho visto il lavello pieno di stoviglie lavate da te ma solo in teoria perché in pratica fanno più schifo di prima, incaccolate dopo aver mangiato la polenta, senza averle lasciate a mollo. E ho visto il pullover che mi hai dato tu morbido e lavato con perlana….. da me, a mano. Ho aspettato per tutti questi anni, più di quelli del pullover, un segno, un riconoscimento, un ruolo nella società e nella famiglia che non fosse “che mi spediresti questa lettera che io devo lavorare?”. E tutti questi momenti andranno perduti nello sciovinismo maschilista come veline sposate a calciatori ma solo di serie A. E’ tempo di manicure.

  10. Io lo sottoscrivo eccome il commento di Paolab. Però terrei i due temi (stereotipi di genere e difficolta pratico lavorative) intimamente interconnessi ma separati. E se si mette molto l’accento su uno a scapito dell’altro si finisce facilmente in errori. se le seghe filosofiche o psicologiche rimangono tali senza rimando alla concretezza, occuparsi solo della concretezza dei ceti più deboli senza riflettere sui mondi mentali di noi tutte, più deboli comprese alla fine ripropone vecchie discriminazioni, e vecchi classismi.
    Ah tanto so povere ci hanno da penzà alla pagnotta. Ah so semplici.
    Questo anche è mistificazione.

  11. Cercasi donna in carriera disposta a mantenere il marito. Si garantiscono: pranzi ben cucinati, casa in ordine, bimbi accuditi e aggiornamenti sui ‘gossip’ di quartiere.
    Blackjack.

  12. ciao 🙂 molto interessante il tuo blog, ho letto anche il tuo libro e lo tengo con gelosia nella mia libreria…
    Sono in disaccordo pure io del trattamento della donna nei media, sopratuto quando ci mostrano miss e veline (ho scritto anche una marea di post sul mio blogghetto), vorrei che un giorno la smettessero cm qst mercificazione e non si deve dare la colpa alle donne che si propongono come veline, visto che purtroppo sono state influenzate, ma a mass media che incoraggiano e promuovono la mercificazione e gl istereotipi.
    un bacio e buon otto marzo 🙂

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