DIRITTI E DOVERI DIGITALI


Su Repubblica di oggi esce una mia intervista a Roberto Santachiara. Eccola.

L’entusiasmo generale verso gli eBook non contagia necessariamente gli scrittori. E non solo quelli miliardari come J.K.Rowling, che non ha mai nascosto la propria diffidenza nei confronti del libro elettronico e che solo recentemente starebbe (ma, si dice, a carissimo prezzo) convertendosi al digitale. Anche in Italia c’è chi si dichiara prudente, almeno finché non si chiariscono le posizioni degli editori per quanto riguarda i compensi di chi scrive. Pochi giorni fa, l’invito alla prudenza è venuto da Roberto Santachiara, uno dei maggiori agenti letterari italiani: aspettiamo a cedere i diritti digitali dei testi, ha scritto ai propri autori (fra gli italiani, Wu Ming, Carlo Lucarelli, Roberto Saviano, Simona Vinci, Valeria Parrella, Letizia Muratori, Giordano Bruno Guerri, fra gli stranieri, Stephen King, Thomas Pynchon, James Ellroy, Jefferey Deaver, Ian McEwan, James Hillman). E gli autori si sono detti d’accordo. Perchè, in tanto tripudio per il sopravanzare dell’eBook, c’è qualcosa che ancora non è stato detto, e che penalizzerebbe proprio chi scrive. Cosa?

“E’ molto semplice – dice Santachiara – Ho ragionato sulla migliore offerta ricevuta per quanto riguarda i diritti d’autore sugli eBook. Un’offerta, peraltro, standard: perché quasi tutti gli editori, soprattutto i tre grandi gruppi italiani, si orientano sulla stessa ipotesi. Ovvero: nessun nuovo anticipo per l’autore, e una royalty attorno al 25%. Ma sul netto defiscalizzato, e non sul prezzo di download”.

Cosa significa esattamente?

“Faccio un esempio. Se un eBook viene venduto a 10 euro, il 20% va subito all’ufficio Iva. Da 10 passiamo a 8. Da cui si deve detrarre il 30% , ovvero 2,4 euro, per spese e sconti  ai distributori di rete. Restano 5, 6 euro. Ovvero, la cifra su cui viene applicata la royalty proposta. All’autore, dunque, arrivano 1,4 euro lordi a download.. Se ne deduce che tutti guadagnerebbero molto più dell’autore: senza il quale non ci sarebbe l’eBook, perché bene o male la sostanza dell’ intero business è data dall’opera letteraria. In un accordo serio, l’autore dovrebbe prendere il cinquanta per cento e suddividere i proventi netti con l’editore. Altrimenti, bisognerebbe mettere in copertina il nome del maggior beneficiario dell’operazione, e scrivere che il romanzo in questione è firmato da Carlo Lucarelli e dall’Ufficio Iva”.

Dunque, l’autore vedrebbe diminuire le proprie royalties per l’eBook nonostante ci siano meno spese oggettive?

“Infatti. Non solo ci sono meno costi nel produrre il libro, ma soprattutto non ci sono le rese e non c’è la gestione di un magazzino. Un libro che vende bene nel complesso può diventare un affare negativo per un editore se ha un numero di rese eccessive. Con gli eBook, l’editore non corre praticamente alcun rischio. Un panorama come quello che si va delineando è sintomo di un’assoluta mancanza di progettualità. Ed è assurdo, perché gli editori italiani non sono né isolati, né sprovveduti, né privi di rappresentanza parlamentare. Solo che, invece di ragionare sull’Iva, si sono dedicati a campagne a favore della lettura di dubbia efficacia. Quanto all’Aie, ad oggi non mi e’ ancora ben chiaro di cosa si occupi , dato che neppure sono riusciti a far rientrare l’abolizione delle tariffe postali agevolate per gli editori”.

Quindi condivide l’operazione di Andrew Wylie, la cui agenzia letteraria ha chiuso un accordo con Amazon per distribuire in eBook i propri autori?

“Credo che il caso Wylie ponga un problema serio. Wylie è un agente, e come tale deve essere l’intermediario fra l’autore e l’editore. Con questa decisione, è come se avesse preso il posto dell’editore stesso, ponendosi come concorrente degli altri editori che pubblicano eBook. E questo non è corretto. Sia pure con l’arroganza del grande gruppo, diventa logica la presa di posizione di Random House, che non considera più Wylie come fornitore. Ma c’è un’altra considerazione da fare: Wylie si è accordato per la pubblicazione di una parte dei suoi autori e titoli: il ciclo del coniglio di Updike, Il lamento di Portnoy, Lolita. A ben vedere, non c’è nessun testo che non sia più che consolidato, e neanche un esordiente. Dunque, Wylie vende i diritti digitali di opere su cui un editore ha già investito, selezionando, editando e pubblicando. E su questa operazione sono in obiettivo disaccordo: bisogna garantire agli editori un’opzione sui diritti elettronici dei titoli che hanno già in catalogo, perché hanno lavorato e rischiato su quei testi. Dal mio punto di vista gli autori pubblicati dall’editore sono un patrimonio dell’editore, ed è giusto che lo restino. Il che non significa accettare qualunque offerta, naturalmente. Ma quando l’editore offre un accordo insoddisfacente per l’autore, al limite se ne cerca un altro, non ci si sostituisce a lui.

E dunque, se Amazon le offrisse 35.000 euro per un titolo?

Andrei dall’editore del testo cartaceo e gli renderei nota l’offerta, chiedendogli di adeguarsi.

E per quanto riguarda i diritti digitali accordati? Si vocifera che l’eBook di Gomorra sarà fatto comunque.

“Ci sono dei contratti che alcuni miei autori hanno firmato prima di essere rappresentati da me: e, come è noto, gli editori fanno firmare agli esordienti dei veri e propri patti leonini. Quindi, purtroppo, nel caso di Gomorra la Mondadori ha legalmente il diritto, nonostante possa esprimere un mio parere negativo, di pubblicarlo in eBook. Altra cosa è quando si parla, genericamente, di diritti validi per “tutti i supporti a venire”.

Questo non è sufficiente?

“A mio parere no. Se incidessi un libro sul marmo, sia pure col rischio di ottenerne un tascabile piuttosto pesante, potrei parlare di supporto. Se lo trasportassi su cera. Se affidassi le parole all’acqua che scorre, per essere poetici. Ma nel caso degli eBook non si può parlare di supporto”.

E se un autore decide di fare a meno sia dell’editore che dell’agente? Prendiamo il caso dell’americano J.A. Konrath, che per gli eBook pubblicati attraverso il suo editore cartaceo, Hyperion, guadagna meno di 5000 dollari l’anno mentre, vendendoli direttamente su Amazon, ne guadagna quasi 30.000.

“Ma Konrath è stato pubblicato comunque, prima, da Hyperion. E’ molto facile stabilire di auto pubblicarsi tramite Amazon quando c’è già stato qualcuno che ti ha lanciato in cartaceo. Voglio vedere cosa succederebbe a un autore totalmente sconosciuto se decidesse di vendere il suo primo romanzo su Amazon”.

Diffida degli ebook?

“No. Ma bisogna ancora capire molte cose, soprattutto per quel che riguarda l’Italia. Siamo un paese di pochi lettori, e quei pochi sono lettori forti che hanno come caratteristica la passione per l’oggetto libro. Ammetto di non saper prevedere il futuro. Ma per quanto riguarda il presente abbiamo un problema, e grave, di diffusione della lettura”.

Qualcuno sostiene che abbiamo un problema di scrittura, e che le agenzie letterarie farebbero la loro parte nell’omologare il gusto dei lettori.

“Ma in Italia non c’è questo presupposto predominio delle agenzie letterarie. Il numero degli autori italiani rappresentati da un agente è minimo. Nell’ottantacinque per cento dei casi, gli editori fanno un offerta diretta all’autore, con tutti i problemi che possono derivarne a livello di contratti per i primi libri.”

Comunque la crisi del libro, da tutti negata, esiste, a suo parere?

“Le vendite sono in media basse. Ci sono alcuni libri che esplodono e altri che non vendono niente. Insomma, punte elevatissime, buchi profondi, e poche cose in mezzo. Il problema vero della scarsa diffusione della lettura è, non nascondiamoci dietro un dito, la scuola. Se la si distrugge, come sta avvenendo, è difficile avere future generazioni di lettori. Un paese civile si giudica delle scuole e dalle carceri. Ognuno può valutare il grado di civiltà del nostro”.

90 pensieri su “DIRITTI E DOVERI DIGITALI

  1. Ciò che più mi rende incerto del formato eBook è il fatto che quasi sicuramente i libri, come tutti gli altri prodotti digitali, finiranno per essere scaricati illegalmente. Anche perché tra pagare poco Amazon e scaricare gratis da emule, la gente preferirà sempre la seconda.
    Basta vedere che fine stanno facendo musicisti e case discografiche.

  2. Bella e opportuna, questa intervista, l’ultima risposta è la chiave di tutto.
    Su Konrath l’impressione che ho avuto (soprattutto seguendo il suo frequentatissimo blog, una sola campana) è che la sua vicenda di “early adopter” sia il frutto di un rapporto da lui valutato assolutamente insoddisfacente con la sua casa editrice, anzi col mondo editoriale tradizionale nel suo complesso. I mezzi e le opportunità, adesso, ci sono (in USA l’ebook copre grossomodo un 8% dell’intero mercato librario, noi siamo lontani anni). Dunque si è buttato lavorando moltissimo anche dal lato del rapporto diretto con i suoi lettori e i numeri sembrano proprio dargli ragione. Da pochi mesi a questa parte sta guadagnando bene vendendosi direttamente su Amazon, intascando il 70% del prezzo dei suoi ebook (credo abbia una ventina di titoli digitali in vendita, oltre alla produzione cartacea, non è propriamente un novellino). Ci sono pro e ci sono contro, valutazioni deontologiche etc… ma questi sentieri inediti stanno spalancando le porte a un mondo nuovo, imho.
    Aggiungo, riprendendo la considerazione di The Daxman, che la politica dei prezzi rivestirà un ruolo fondamentale.

  3. Ottima intervista, e tesi trasparenti quelle di Santachiara. Anche se dubito che la partita “vera” dell’eBook si giocherà sugli autori di narrativa, vedremo.
    Nota sulla pirateria: uno dei punti dove si giocherà la partita sarà il rapporto costi/semplicità d’uso.
    Se con un device veramente buono e usabile da tutti, basteranno tre click scaricare libri & pagare una cifra che tutti reputano ragionevole la pirateria rimarrà un fenomeno marginale – scarica, converti, sproteggi, aggira… versus tre click & una cifra onesta? Se *voglio* proprio quel libro, pago volentieri per averlo subito e senza rogne (Kindle vende bene proprio così).
    Chiaro che se i lettori e gli autori percepiranno che chi vende l’eBook ci lucra senza offrire vantaggi, non si affideranno a questo “supporto”: non cedendo i diritti gli autori, non comprando i “device” o non comprando “file ePub” i lettori…

  4. Dubito, e ti pareva!
    Cara Loredana più che dubitare sono nascondamente prevenuto nel paragone confronto che si porta in essere-
    Per me il libro oggi come oggi è sempre il libro e qualsiasi cambiamento mi trova sempre sul chi va là.
    Interessi economici e praticità sono cose affari che difficilmente mi riescono simpatiche o antipatiche.
    Il libro con relativo contorno così come ora si presenta sempre mi affascina positivamente strega.
    Non sono sicuro che reggerei all’amore confronto cambiando materiale e modo di leggere-
    E’ poco vero cara Loredana il contributo che stavolta riesco a dare ma quando ci metto di mezzo sentimenti allora ragiono così o sragiono.
    Insomma sono un terribile sognatore conservatore.
    Cari saluti.
    dario.

  5. @ Paolo S e Sir Robin:
    Per quanto si possa scendere sul prezzo, non è che si possano superare certe soglie. L’editore e lo scrittore perlomeno dovranno ricavarci un euro netto da ogni download, spese escluse.
    Il problema è che, per quanto si possa scendere col prezzo (mettiamo, un libro, 4 euro), il lettore medio, tra andare su Amazon usando la carta di credito (che, tra l’altro, possiede solo chi ha uno stipendio più o meno regolare, quindi perlopiù adulti) e scaricare ancora più facilmente senza spendere una lira, preferirà comunque questa.
    La politica dei prezzi bassi hanno provato ad adottarla anche nell’industria musicale, in Italia pubblicando dischi di ultima uscita di artisti medi (non superstar – per intenderci gente tipo i Negrita) a 9.90 euro, ma non ha funzionato.
    Perché, ripeto, tra spendere 5 euro per qualunque cosa e spenderne 0, io lettore/ascoltatore/fruitore, preferirò sempre spendere 0.

  6. Be’, io i diritti per gli e-book li ho ceduti.
    Ma nella mia situazione – primi romanzi, casa editrice piccola – vedo solo i vantaggi di una maggiore e diversa diffusione, sono ben lungi dal pormi questioni economiche. 🙂

  7. A tal proposito, nel suo libro “Che fine faranno i libri?” (Nottetempo, 2010), Francesco M. Cataluccio fa un’osservazione che trovo molto interessante:
    “Gli scrittori e i saggisti non guadagneranno più con le vendite dei loro testi (che circoleranno sempre più gratuitamente in una rete vetrina del loro talento), ma con letture pubbliche e conferenze a pagamento. Si tornerà alla pratica degli aedi, dei ‘sublimi cantastorie’ come Omero o Ariosto, che declamavano le loro opere a corte o nelle piazze, e non vivevano certo dei diritti sui testi”.
    Detto ciò, immagino che i due sistemi (cartaceo ed elettronico) convivranno per un po’ di tempo, tempo in cui saranno soprattutto la saggistica e la poesia, più che il romanzo, a sperimentare il formato digitale e le sue possibilità.

  8. Daxman, secondo me una quota di pirateria c’è già e ci sarà sempre, è fisiologica: c’è sempre chi cerca ogni mezzo per avere la cosa senza pagare, come c’è chi compra le borsette di gucci tarocche a dieci euro.
    Anche ora che l’ebook non è così diffuso, ci sono già siti da cui è possibile scaricare gratis una gran quantità di titoli in formato digitale violando il copyright. Ma il lettore che oggi compra il libro cartaceo invece di andarsi a cercare gratis il file tarocco, non credo che domani potendo comprare comodamente e a prezzo ragionevole l’ebook originale si dedicherà sistematicamente alla pirateria.
    Poi è chiaro che il prezzo fa la differenza: non ricordo in quale paese del Sudamerica la pirateria cartacea è un’industria con un giro d’affari superiore a quello dell’editoria legale, anche perchè un libro “vero” costa un’enormità rispetto al reddito medio. Al punto che gli autori considerano un onore vedere il proprio libro piratato: significa che è molto richiesto.

  9. Concordo con Francesca: la pirateria è sempre esistita (quanti hanno finito l’università studiando su libri fotocopiati?) e nessuno è mai riuscito a ostacolarla, tanto più che i mezzi di protezione si trasformano spesso in un fastidio per i clienti regolari invece che per i “malintenzionati”.
    Inoltre, non è detto che la pirateria debba fare paura.
    Giusto ieri sul blog di Simplicissimus leggevo una discussione su questo articolo di ArsTechnica: http://tinyurl.com/y5kafl7 secondo cui gli esperti del governo US si stanno accorgendo che pirateria non è automaticamente uguale a “mancato guadagno”. Se un utente scarica una biblioteca da 10.000 volumi (o 100.000 canzoni) non è detto che, potendo, avrebbe acquistato altrettanto.
    Oggi ci sono molti scrittori che diffondono in copyleft le proprie opere (Cory Doctorow o, in Italia, Wu Ming e Kai Zen) e mi pare che questo non stia influendo negativamente sulle loro vendite. Se mai l’opposto.

  10. @ Daxman:
    “tra spendere 5 euro per qualunque cosa e spenderne 0, io lettore/ascoltatore/fruitore, preferirò sempre spendere 0.”
    Questo secondo me non è necessariamente vero, come provano diverse esperienze di questo genere. Ad esempio i Wu-Ming, che, corregete se sbaglio, hanno offerto gratis Altai in formato digitale (pur lasciando alcune settimane di vantaggio ai lettori paganti), eppure le vendite non ne hanno risentito. A volte i lettori pirati sono semplicemetne lettori in più, che altrimenti non leggerebbero mai il tal libro. E in un mercato dove il problema principale è essere conosciuti in mezzo all’offerta sterminata, potrebbe addirittura essere un vantaggio: a volte avere lettori in più anche non paganti è una forma di pubblicità gratuita. Magari alcuni di questi lettori in più apprezzeranno il libro e il prossimo lo compreranno, oppure passeranno parola in rete e genereranno ulteriori potenziali lettori di cui alcuni anche a pagamento.

  11. La questione degli e-book mi tocca da vicino e mi incuriosisce. Da un lato mi sembra una buona occasione per i c.d. “esordienti”, poiché si evita il rischio dell’invenduto..
    Parlo per me. Forse riesco a pubblicare la mia tesi in e-book. La cosa mi intriga. Se l’editore sarà onesto e si collabora insieme, io avrò l’opportunità di avere la mia prima pubblicazione, con spese ridotte, sperimentando tra l’altro un sistema nuovo e ancora semi-inesplorato. Spero che con queste novità soprattutto il sistema di pubblicazione cambi regime, perché a quanto mi pare, da novizia, non si sta in buona salute. Chiedo comunque pareri =)

  12. Confermo quel che scrive Francesca Violi, e integro:
    Altai è il primo dei nostri libri che abbiamo messo scaricabile anche in ePub, cioè il formato standard degli e-book reader come Kindle etc. Il formato preferito da chi scarica i nostri libri rimane il pdf, scelto da oltre il 90% degli utenti, ma l’ePub non è rimasto ignorato, anzi. Basta scaricarlo e metterlo sul Kindle, senza alcuna conversione di formato né passaggio intermedio, a meno che uno non voglia ri-impaginare per sue esigenze estetiche (è successo anche questo, su Simplicissimus è disponibile Altai in ePub con diversa impaginazione).
    Ecco tre dati da leggere insieme:
    – da marzo a giugno 2010, sommando i vari formati, Altai è stato scaricato più di 8000 volte.
    – da novembre a giugno 2010, Altai ha venduto più di 50.000 copie, nostro record di sempre per una nuova uscita.
    – Finora il nostro libro più venduto nel primo anno di presenza in libreria era stato Manituana che aveva superato di poco le 50.000. Altai le ha superate in sette mesi.
    La tendenza sembra essere questa: più in Italia la rete si estende e ramifica (cioè più aumentano le connessioni e la diffusione della banda larga)… più i nostri libri vendono.
    Ad alimentare questo circolo virtuoso sono soprattutto due cose:
    1) una presenza costante sul web da parte degli autori, con disponibilità e un impegno di svariate ore al giorno (su Giap, Twitter, Anobii etc.)
    2) il download gratuito dei libri.

  13. Intervista davvero interessante, grazie mille.
    Quoto la citazione di Francesco M. Cataluccio citata da Simone Ghelli.
    Se, come scrive Santachiara, l’eBook non ha supporto, allora la sua forma è più vicina a quella orale, che scritta.
    L’eBook mi fa sognare (anche se è ancora utopia) una cultura libera dal copyright (piccoli germogli di questo fenomeno sono già in rete e difesi dal simbolo Copyleft), con una sparizione graduale dell’Io gradasso dell’autore (invenzione, quella dell’autore, del tutto moderna) e dell’idea di plagio (altra invenzione moderna) mi fa sognare un autore unico, omerico; una scrittura che scivola libera di bocca in bocca, rimasticata, gustata, digerita, attraverso un processo di nuovo organico, vivo, imprevedibile.
    Internet (e l’eBook come derivato), diceva in un’intervita la Montalcini, è una delle più grandi rivoluzioni sociali dopo l’invenzione del fuoco, sconvolgerà radicalmente usi, costumi, cultura. Ragionare su come si possa monetizzare l’eBook, secondo me, è carino come cercare di far stare su un castello si sabbia e non vedere un’onda di dimensioni tsunamiche, arrivare.
    L’eBook non è un libro in un formato diverso, è l’inizio di un’epocale trasformazione sociale e culturale.

  14. Per molti anni ancora i due canali, cartaceo e digitale, conviveranno. Come ha spiegato il mio socio, noi WM da anni cerchiamo di innescare un circolo virtuoso tra i due canali, con risultati soddisfacenti, e questa è la prova provata che una contrapposizione – perfino “commerciale” – tra rete e realtà è del tutto falsa.
    La domanda che mi sembra porre Santachiara è: quale lavoro pregresso viene venduto nell’e-book? Quello dell’autore e quello dell’editore che lo ha precedentemente lanciato nelle librerie, che ha investito denaro ed energie nell’opera dell’autore stesso. Teoricamente, quindi, fatta salva una percentuale per chi rende possibile la vendita online dell’e-book e la quota di tasse allo stato, il restante del prezzo di vendita dovrebbe essere suddiviso fifty-fifty tra i due soggetti in questione. Abolendo la filiera produttiva, infatti, non si può continuare a ragionare come per l’oggetto cartaceo.
    Per chi come noi volesse continuare a rendere disponibili i propri libri gratuitamente mi chiedo se non si potrebbe immaginare uno scenario del genere: free download dei file di testo “bruti” e vendita online di e-book curati, impaginati in pdf e predisposti per i vari formati, corredati da immagini di copertina stampabili in buona definizione, etc. etc. Questo lavoro di corredo renderebbe giustificabile un prezzo di copertina per l’e-book e lascerebbe al lettore la scelta tra scaricarsi gratis una versione grezza e acquistare una versione più elegante, predisposta per gli e-book reader esistenti.
    Credo poi che la citazione riportata da Simone Ghelli contenga una prefigurazione interessante per il lungo periodo. Del resto nella musica sta succedendo proprio questo, no? Cioè uno spostamento dell’attività dei musicisti sulle performance dal vivo. Va anche detto però, che come diceva Keynes, sul lungo periodo saremo tutti morti…

  15. @ Anna C.
    I nostri commenti si sono incrociati. Un ritorno al ruolo “aedico” dell’autore (inteso anche come autore collettivo e anonimo) è uno scenario affascinante, che però secondo me non tiene conto di una cosa importante. Aedi, bardi e menestrelli, sono figure che appartengono a un’epoca pre-diffusione della scrittura. La civiltà contemporanea invece ha sviluppato invece proprio la scrittura a tutti i livelli (e in particolare quella digitale elettronica), nonché la lettura individuale, solista. Si tratta di una trasformazione antropologica rispetto alla quale non so fino a che punto (e con quali tempi) si potrà retrocedere.

  16. Parto dal nostro esempio, perché chiaramente è quello che conosco meglio.
    La parte del nostro reddito costituita da “performances dal vivo” (gettoni di presenza per presentazioni, compensi per seminari, master, workshop, docenze, “concerti” e reading musicati) è aumentata nel corso degli anni. E se pensiamo a quante “esibizioni” facciamo, si può senz’altro dire che la tendenza individuata da Cataluccio è reale. Lo scrittore è, in senso lato, anche un “menestrello”, un narratore girovago. Anzi, alcuni scrittori campano più di questo che di diritti d’autore. Non è il nostro caso, la grossa parte del nostro reddito viene dalle royalties dei libri. Tuttavia, come dicevo, l’altra parte è in crescita, anche se la maggior parte delle presentazioni è a rimborso spese e non ci guadagniamo nulla.
    Comunque, la tendenza è diffusa: Tiziano Scarpa, da solo, fa tante apparizioni dal vivo quanto noi; Stefano Tassinari, autentica macchina da guerra, ne fa quanto noi e Scarpa messi insieme; altri tengono corsi di scrittura, Lello Voce fa i poetry slam etc.
    Però, attenzione. Riprendo quel che diceva WM4: l’autore rimane. La “funzione-autore” (e scusate se cito di nuovo Foucault) rimane. Che sia individuale o di gruppo, comunque l’autore c’è. Viene invitato a esibirsi perché ha un percorso d’autore. Questo profilo è destinato a evolversi, a sfumare, a ibridarsi con spinte diverse, ma non scomparirà.

  17. @ Wu Ming
    Retrocedere no, sono d’accordo. Il solo fatto di scrivere la parola e non pronunciarla oralmente ha cambiato per sempre la forma della narrazione.
    Però, nel lungo termine (e che nervi che nel frattempo sarò bell’e che morta e non potrò assistere!), si può intravedere un cambiamento altrettanto epocale.
    L’eBook oggi è una prima traslazione rudimentale del libro in un altro formato. Ma le sue possibilità dinamiche (poter cambiare il corso della storia letta, inter-testi, collegamenti virtuali…) faranno sì che molto presto il libro come lo concepiamo oggi cambierà forma. Così, tanto per fare ipotesi giocose e futuristiche… basti immaginare un libro dove come un’Icaro involato alla Queneau, il protagonista, ad una seconda lettura, si stufa della moglie che ha e cambia vita. La rilettura di un libro non sarà più il vezzo di qualche innamorato della scrittura, ma una nuova forma di scrittura. Il lettore potrà intervenire, cambiare la storia, il suo battito cardiaco potrà girare la pagina su un nuovo scenario, o meno.
    Io vedo scenari alla Borges, libri infiniti, librerie labirintiche… E questo senza dubbio sconvolgerà la forma della narrazione così come la concepiamo oggi.
    Se il prodotto messo in commercio non sarà più un pdf, un prodotto rigido, definitivo, il copyright sopravviverà per poco.
    Nella musica sta già avvenendo qualcosa di simile. In certi tipi di Copyleft il brano messo in rete può essere usato liberamente dai fruitori, rielaborato, usato tutto o in parte per un nuovo brano…
    Cosa è di chi? in un sistema dove io posso intervenire con un clic sulla forma di quello che ho davanti?

  18. @ francesca viola:
    quello che tu dici sul rapporto prezzo/libri è la stessa cosa che si diceva sui dischi, ossia che la gente li scarica perché 20 euro sono troppi, blabla (cosa poi non vera, perché un disco, tra ore di registrazione, strumentazione, ecc., 20 euro li vale eccome). Nonostante oggi si vendano tantissimi dischi, anche “bestsellers”, a prezzi stracciati, non ha impedito che il downloading mietesse vittime.
    Inoltre, parli di pirateria come una costante che esiste da sempre e alludi alle fotocopie, ma c’è una differenza abissale con gli e-book. Una fotocopia, per quanto ben fatta, non sarà mai identica (nella qualità della carta e della stampa) al libro da cui è stata presa. Il file per e-book è sostanzialmente identico sempre, che sia scaricato legalmente o illegalmente. Quindi, ripeto, perché la *stessa identica cosa* (e rispondo, così, anche a Wu Ming 4) devo pagarla su Amazon o altrove, quando sul mulo posso averla gratis con una cliccata di mouse?
    Inoltre, così rispondo anche ai Wu Ming, i “Senza Nome” (come altri scrittori affermati) possono permettersi di rendere pubblico il pdf gratutito perché:
    1) Il loro libro è già presente nelle librerie ed è facilmente reperibile.
    2) Come conferma anche Santachiara, i grandi nomi sono tali perché sono stati già precedentemente su cartaceo.
    3) L’oggetto libro, rispetto al disco, continua ad avere un appeal fisico diverso dalla sua versione telematica, per cui, un mercato ce l’avrà sempre. Ma se si pensa di passare direttamente agli e-book e di terminare la produzione editoriale su carta, a mio parere si spalancano le strade della pirateria.
    @ Anna C.: io lascerei perdere le romanticherie sugli aedi e vedrei cos’è successo nell’industria musicale. Senza i guadagni sui dischi, gli artisti puntano tutto sui concerti, e inizialmente tutti hanno fatto i salti di gioia perché finalmente la musica sarebbe tornata alla sua dimensione più vera. Nei fatti è successo che gli unici concerti a cui è interessato qualcosa al pubblico sono stati quelli delle superstar che stanno in giro da almeno da una ventina di anni, e questi sono gli unici ad averci guadagnato qualcosa. Gli artisti di medio successo, per non parlare di quelli emergenti o di nicchia, si sono ritrovati con le gambe segate, e costretti a ripiegare suonando per compensi ridicoli in un’infinità di posticini piccoli in cui capita che ci suoni magari il gruppetto metal locale.
    Taccio, poi, sulle possibilità che ha, non dico un artista, ma una scena o un movimento musicale di emergere.

  19. Trovo detestabile la continua auto-propaganda dei Wu Ming in questo commentarium, d’altronde la loro presenza in rete ha per solidi contrafforti proprio Carmilla (dove c’è tutta una sezione dedicata alle loro sboronate) e Lipperatura, con la servizievole Lippa sempre a disposizione.

  20. Questo che dici Anna C. di manipolare mondi e personaggi creati dagli autori accade già largamente (vedi fenomeno delle fanfiction). Tuttavia la cosa che a me colpisce di questo fenomeno è proprio la necessità di basarsi su mondi creati dall’alto…cioè, invece di inventare le loro storie, questi lettori vogliono giocare facendo variazioni su personaggi e mondi già “esistenti”, e noti a loro e ai colleghi fans. Poi tra loro il gioco è orizzontale, di scambio e condivisione, ma tutti i fans fanno comunque riferimento al mondo calato dall’alto, creato dall’autore.

  21. @ The Daxman,
    eppure negli USA gli e-book vengono comprati. Su Amazon hanno appena superato le edizioni in copertina rigida, come volume di acquisti. Sono file disponibili tali e quali anche nelle reti peer-to-peer, come bit torrent etc., ma se hai il Kindle è più semplice collegarsi ad Amazon in wi-fi e scaricare con un click. Non sempre il gratuito uccide il commercio, dipende. Persino nella musica, nonostante tutta la pirateria e lo streaming (pensa a una canzone anche moderatamente famosa e certamente la troverai su YouTube!), iTunes rimane un business più che profittevole. Io stesso acquisto musica su iTunes. I motivi sono diversi, uno dei quali può essere questo: voglio che l’autore venga compensato per il suo lavoro. E’ in fondo lo stesso motivo per cui la gente usa PayPal per farci donazioni. Dopodiché, quella degli e-book è e rimarrà ancora per un bel pezzo una fetta di mercato minoritaria. Su questo siamo d’accordo tutti. E’ a sua volta minoritario l’acquisto di libri on line.

  22. Il disco, la musicassetta e il cd sono “finiti” non solo per il loro costo ma per la loro “scomodità”. Se un cd costasse 2 euro gli preferirei comunque un mp3 da 2,5 euro, dato che non prende polvere, non si riga, occupa uno spazio quasi nullo…
    Credo che più che sui prezzi bisogna discutere sulla comodità se si vuole capire quanto e se si diffonderà l’e-book.
    Io ho comprato Altai in formato cartaceo, e me lo sono riletto in formato digitale, visto che è per me molto più agevole andare in vacanza con un Kindle piuttosto che con una dozzina di libri.

  23. @Wu Ming4: interessante l’idea del “raw” ebook free e di quello a pagamento più rifinito. Oppure quello a pagamento potrebbe avere “qualcosa in più” come suggerisce Anna C.
    Ma è solo uno step successivo e avanzato: dalla mia esperienza vedo ancora molta confusione e scetticismo tra gli editori.
    Dati alla mano, ci sono fasce di “forti” lettori meno avvezzi alla tecnologia, e sarà dura per loro muoversi verso l’ebook.
    @Daxman: anche peggio, perché il mercato musicale si è concentrato sulle comete (Xfactor, Amici) più che sulla qualità, spremendo il cantante di turno che sarà dimenticato fra qualche mese.

  24. Il mio invito, comunque, è a non essere né apocalittici né apologetici nei confronti della digitalizzazione dello scibile, processo che ha luci e ombre, ha un suo “Illuminismo” e un suo oscurantismo. Sarà una banalità, ma è di quelle che ogni tanto vanno ripetute.

  25. @The Daxman:
    non hai certo torto, ma da ex musicista posso dirti che senza la dimensione live, molte scene non sarebbero neanche nate.
    Ovvio che non si possono scorporare le varie dimensioni, che non si tornerà ai cantastorie di una volta (come giustamente sottolineava Wu Ming 4), né che il libro (qualsiasi sarà il supporto) scomparirà, ma la dimensione performativa tornerà a rivestire un ruolo importante (per molti già lo è), e personalmente aggiungo: e meno male!
    Si tratta insomma di raccogliere una sfida importante: quella di ristabilire un circuito virtuoso tra chi scrive e chi legge, che potrebbe essere anche un modo di esportare fuori dalla rete le modalità partecipative della rete stessa. Nel senso che queste trasformazioni potrebbero favorire un impulso verso questa opzione…
    (Ok, forse sono andato un po’ troppo oltre Keynes..)

  26. anna c., a tutti piace spendersi in romanticherie, ma sarebbe il caso di considerare i fatti e non solo le aspirazioni. io ho quasi terminato di scrivere un romanzo, ci ho messo un anno di lavoro, di sudore, di impegno, anno in cui non ho guadagnato nulla, visto che per portare avanti questo progetto ho lasciato il mio lavoro e ho pressochè finito i miei risparmi, risparmi venuti dalla pubblicazione di un precedente libro. la speranza è di venirne ripagato e provare a continuare, anno dopo anno, cercando di fare ciò che amo. se si applicassero i tuoi (bellissimi, per carità) principi io non potrei fare nulla di tutto questo. vai dal panettiere a chiedere che faccia liberamente circolare le michette, vediamo che risponde. e non mi dire che il paragone non regge perchè i libri sono il sacro fuoco della mente, perchè è con la farina che si vive.

  27. @ The Daxman
    Lo scenario che prefiguravo non si basa sulla tendenza, sul medio-lungo periodo, ma sul futuro imminente. Il mio era un po’ un’autotest. Io sono abbastanza pigro e non ho tanta voglia di scaricarmi un file di testo, impaginarlo per bene, stamparlo o adattarlo all’e-book reader. Di solito lo faccio con i testi introvabili che mi servono per studiare. Sono ancora uno a cui piace sfogliare un libro in treno o a letto alla luce della abatjour. Le abitudini cambiano e cambieranno, ovviamente, ma allo stesso tempo sono anche dure a morire. Giusto porsi il problema della tendenza, ma non bisogna sottovalutare il “frattempo” che può durare parecchio.
    C’è ancora molta gente (tra cui il sottoscritto) che quel lavoro di predisposizione del testo alla lettura elettronica lo lascia volentieri fare a un altro ed è disposta a sborsare qualche soldo (non troppi!) per avere la pappa pronta.
    Se così non fosse iTunes non esisterebbe proprio: la gente paga 99 cents i file musicali non solo perché ritiene giusto retribuire l’autore o subisce la propaganda anti-pirateria, ma anche per pigrizia, perché non ha voglia di mettersi a cercare, di verificare la qualità, di impratichirsi con nuovi programmi, etc. Teniamo conto che non tutti usano la rete nello stesso modo, e soprattutto non tutti ne sfruttano tutte le potenzialità.

  28. @The Daxman: solo una nota tecnica. Ora come ora, i libri vengono piratati fotocopiando pagina per pagina un libro di carta con uno scanner, e poi le scansioni vengono analizzate con un programma di OCR che le trasforma in un file word (e da lì epub eccetera).
    I programmi OCR sono tutt’altro che perfetti, e creano una marea di errori di tipografia e altri problemi. Perciò un ebook piratato è “imperfetto” tanto quanto le fotocopie di un libro fisico, e non ha la stessa qualità di un ebook legale e comprato. Di recente ne ho acquistati diversi, anche italiani (di Francesco qui sopra, e di Clelia Farris) e la qualità è tutta un’altra cosa a livello di copertina, impaginazione, cura tipografica eccetera.

  29. (daxman, io non penso affatto che sia giusto piratare i dischi perchè costano troppo, sia chiaro. E dire che ci avrei anche le mie ragioni, visto che mio marito sperpera ingenti sostanze in CD, per i quali nutre una forte attrazione fisica :-D)
    Sulla visione dell’autore come aedo, ecc. come lettrice non sono affatto convinta: un conto è la performance dal vivo di un musicista, che è manifestazione integrante della sua arte, direi quasi apoteosi. Mentre per me il momento più alto di uno scrittore è nella parola scritta, da godere in lettura individuale: insomma il suo ruolo fondamentale rimane quello di produrre il libro, secondo me.

  30. @Flash:i sì, ma considera che quasi tutti gli ebook sono senza DRM, per cui una volta che circola una versione “originale” la distribuisci su emule. Gioco finito. non c’è più bisogno di ricorrere ai vecchi meccanismi OCR.
    Io rimango della mia solita opinione: chi legge un mio libro piratato, non l’avrebbe comunque mai comprato. Quindi, tra il lettore zero e il lettore pirata preferisco il secondo.

  31. Bisognerebbe comunque iniziare a pensare in maniera differente: una volta sul mercato un libro in formato elettronico ha esaurito i costi di produzione… una volta per tutte e per l’eternità (per capirci). E’ cioè replicabile potenzialmente all’infinito. E può abitare siti, blog, piattaforme, social network e produrre incasso senza alcun costo aggiuntivo. Cioè non è un bene scarso, ma un bene inesauribile “per natura”. Ecco perché non ha alcun senso imporre prezzi alti: l’equità di una transazione si definisce in maniera biunivoca, piaccia o non piaccia. Il valore di mercato di un’opera non è direttamente proporzionale al tempo e alle risorse spese (di qualsiasi tipo) per produrla. Parlando esclusivamente in termini di commercio: un ebook vale non quanto riporta il suo prezzo “di copertina”, ma quanto riesce ad incassare dal primo all’ultimo dei suoi download. E’ fondamentale, allora, realizzarne un prezzo intelligente, che tenga conto di *tutto*.

  32. @Francesca Violi:
    Una precisazione: i due processi non si annullano a vicenda, nel senso che la lettura pubblica parte naturalmente da un testo scritto (definitivo o meno che sia), difatti Cataluccio arriva a questa ipotesi riflettendo su come lo scrittore potrà guadagnare dalla propria arte in un futuro in cui potrebbe non avere più incassi dalla circolazione del suo testo (il che è naturalmente ancora tutto da provare).

  33. personalmente, io credo che uno dei motivi per cui in Italia non si legge sia anche il prezzo esorbitante dei libri. Possibilità di creare maggiori lettori a pagamento più basso (e, perché no?, anche in un formato assai più consono ai giovani lettori – quando si tira in ballo la scuola sarebbe bene farlo utilizzando, insieme, due fattori essenziali, e cioè studi seri e non battute ad hoc e cognizione di causa) non può che aumentare, a lungo andare, la lettura… Come già ricordato per il caso di Altai… A me la paura del digitale sembra il riflesso condizionato del consueto provincialismo italiano, video killed radio star e via dicendo… Forse sarebbe bene prima provare, a mente fresca, senza nascondersi dietro un dito…

  34. Pingback: Cominciamo bene.
  35. Intervista molto interessante. E che mi fa capire che i banditi e i ladroni in Italia sono davvero ovunque: perche’ le offerte che cita Santachiara sono un furto nei confronti e dell’autore e del lettore.
    Si parva licet, porto la mia esperienza da lettore/utilizzatore di ebook. Sia io sia mia moglie abbiamo il Kindle dal luglio 2009. Da allora, scarichiamo quasi esclusivamente da Amazon, pagando in media tra i 5 e 9.99$ (viviamo negli USA). Ci rifiutiamo di pagare testi al di sopra dei 9.99$. Ma siamo bnen lieti di pagare per avere un testo curato, impaginato, con un indice appropriato. Molti dei testi che troviamo su Amazon sono disponibili piratati in giro per la rete, ma visto che riteniamo il prezzo di Amazon giusto, e DATA LA COMODITA’ di collegarsi al negozio online ovunque noi siamo, e acquistare l’ebook con un click, e averlo scaricato automaticamente sul Kindle SENZA doversi collegare al pc, non ci passa neanche per la testa di prendere libri piratati.
    Per dire: sono uno di quelli che ha scaricato Altai in epub per Kindle. Ma che rottura doverlo scaricare, trasferire su pc, etc…se ci fosse stata una versione scaricabile da amazon per 5 dollari, avrei preso quella.
    Io sono convinto che se anche in Italia fosse possibile scaricare ebook come lo e’ negli USA, senza collegarsi al pc, il rischio pirateria sarebbe di molto piu’ basso.
    Di sicuro pero’ la pirateria non si batte mettendo ebook in vendita a 15 o 20 euri. Perche’ se Mondadori o Feltrinelli credono di far pagare 15 Euri per un loro ebook (senza costi di stoccaggio, carta, distribuzione, invenduto…), vuol dire che vivono in Fantasylandia. Anzi, no: vuol dire che sono LADRI.

  36. @ simone ghelli : “i due processi non si annullano a vicenda, nel senso che la lettura pubblica parte naturalmente da un testo scritto”
    sì, naturalmente…dico solo che la lettura pubblico ecco, mi sembra un di più, come gli extra nei DVD . Cioè, è che non mi piace l’idea che chi ha scritto magari un libro bellissimo debba non guadagnare su quello ma invece su qualcosa che ne è un po’ un sottoprodotto, che secondo me non può dare al lettore di più di quanto dà il libro stesso. Ma è una mia rigidità mentale.

  37. @ povna, sì, sarebbe meglio provare. E infatti l’editore… ci prova. E una volta che un contratto è firmato, le condizioni sono quelle. Se il contratto ha un’impostazione vecchia, non tiene conto delle specificità dell’ebook e impone termini sfavorevoli all’autore, allora io dico: l’editore ci prova, ma l’autore non abbocca. Vendere i diritti e-book a queste condizioni non avrebbe senso.
    Credo si debbano evitare la fretta e l’ansia. E, più in generale, occorre saper rallentare strategicamente certi processi. Non esiste un’unica velocità che tutti debbono accettare (quella stabilita dall’alleanza tra tecnologia e grandi corporation). L’innovazione dobbiamo cercare di influenzarla noi con le nostre scelte, in modo che non sia vantaggiosa solo per chi è già in vantaggio.
    Per dirla con Mario Tronti, è importantissima la dimensione del “frattempo”, la dimensione creata da questo rallentamento dei processi in cui “puoi riscoprire le tue forze, ritrovare le soggettività alternative e comporle in forme organizzate, storicamente nuove. L’accelerazione produce sì moltitudini potenzialmente alternative, ma queste si bruciano immediatamente. Non reggi l’accelerazione, se non hai ancora la forza per organizzarle nell’immediato e sulla durata.”
    [Questa riflessione Tronti la fa in polemica con Toni Negri, secondo cui lo sviluppo va assecondato comunque sia, in tutto e per tutto, laissez faire il capitale ché il comunismo è dietro l’angolo, è lo sviluppo stesso a lavorare per noi etc. Una concezione lineare ed escatologica della Storia.]
    Adesso con gli ebook siamo in un frattempo. C’è chi tenta di forzare in una direzione che appare sbagliata, quella forzatura è meglio fermarla o rallentarla in attesa che le condizioni migliorino.

  38. L’ultimo album dei Radiohead ha venduto più del precedente (distribuito normalmente): era stato messo in offerta sul loro sito, con un prezzo che poteva essere scelto liberamente dall’acquirente.
    http://en.wikipedia.org/wiki/In_Rainbows
    Certo, guadagnano di più Lady Gaga e Madonna, ma chi ci dice che sarà così anche in futuro? L’esperienza dei Radiohead, o di tutti quegli artisti che sono nati direttamente in rete, by-passando le industrie musicali, sono fenomeni ancora marginali, ma chi ci dice che non siano i primi casi di un cambiamento nei costumi?
    Non dimentichiamo che il pubblico di domani sarà un pubblico nato e cresciuto col naso dentro internet.
    Non ne sono sicura, ma secondo me l’errore è pensare che il consumatore preferisce non pagare che pagare.
    Un mio amico lavora per un sito dove vengono scaricati software: oltre che di pubblicità, il sito vive grazie al fatto che con due versioni identiche del software, poste una accanto all’altra, una gratuita, l’altra a pagamento, il 90% del pubblico sceglie misteriosamente quella a pagamento.
    In America la maggior parte dei programmi (serie televisive, documentari…) viene offerta al pubblico in streaming ad un prezzo molto basso. Anche in questo caso è dimostrato che il pubblico preferisce pagare che piratare.
    Pubblicità, offerta libera, letture pubbliche, donazioni, aste, io credo che si troveranno mille e altri modi per remunerare il lavoro degli autori. Per ora ci manca solo la fantasia e l’abitudine a un mercato diverso.
    Va bene che gli autori facciano valere i loro diritti anche sull’eBook, ma a me sembra un peccato che, in luogo di una competizione di propietà di interessi tra Iva, editori e autori, si perda la grande occasione che un libro digitale porta con sé: cioè quella di non considerare il libro solo un prodotto (alla stregua del pane e dello yogurt).

  39. @Francesco: beh, ad esempio il tuo Gothica contiene un social-DRM che è un buon deterrente alla diffusione incontrollata (in pratica sulla copertina viene “stampato” il mio nome, in quanto titolare della carta di credito e il mio indirizzo e-mail: non avrei problemi a prestarlo a un amico, ma da lì a metterlo on line per tutti ce ne corre).
    Ma la questione in realtà non è nemmeno questa: lo sviluppo degli ebook è ancora all’inizio, personalmente sono ottimista, anche perché ho visto che da quanto uso un e-reader non ho diminuito di una virgola gli acquisti in libri… anche se cerco di comprare più ebook e meno carta, perché in casa non ci sta più uno spillo.
    Sono invece più perplesso all’idea che il libro cambierà. Ipertesti e multimedialità esistono da un bel pezzo, ma io non ho visto tutti questi cambiamenti. Certo, esistono nuove forme di narrazione, ma il libro-romanzo non penso che sia destinato a sparire (un Philip Roth o una divina commedia a bivi? mah…).
    E anche sul ruolo di scrittore-aedo ho qualche dubbio: in fondo lo scrittore è interessante per quello che scrive, per le sue idee, non per le sue doti di attore o istrione. Per la mia esperienza, ci sono scrittori eccezionali negli incontri e presentazioni, e altri molto molto meno.

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