DONI (PER CHIARA)

Non è la prima volta, non sarà certo l’ultima che scriverò di Chiara,  Chiara Palazzolo, e non solo perché oggi Piemme manda in libreria l’edizione di Strappami il cuore nella collana best-seller: chi non ha ancora letto la trilogia di Mirta-Luna, ne approfitti (il primo, Non mi uccidere, è uscito in primavera, il terzo, Ti porterò nel sangue, dovrebbe seguire fra non molti mesi, così come, credo, gli altri libri di Chiara, fino al suo ultimo, Nel bosco di Aus).
Quando si dice che le parole degli scrittori sopravvivono loro, si afferma una consolante verità: i libri di Chiara continueranno a essere letti, di Chiara si continuerà a parlare (presto vi dirò di almeno due iniziative imminenti), ci saranno nuovi lettori che si avvicineranno alle sue opere. Ma sarebbe bello che, insieme, si ricordasse un modo di essere di Chiara che è rarissimo, specie in un ambiente letterario come il nostro, piccolo e rissoso e pronto a vendette striscianti o  alleanze fulminee e fragili nella speranza di ottenere una frase, un rigo appena, su un blog o una bacheca o, vedi mai, un foglio di giornale.
Chiara si è sempre tenuta fuori da questi giochi: non frequentava salottini né  presentazioni letterarie (o, se lo faceva, lo faceva per affetto, e mai, mai immaginando un ritorno). Chiara non aveva un blog, né un profilo Facebook (la sua pagina fan era gestita – e lo è ancora – da un’amica cara) né un account twitter. Infine, ma questo dovrebbe essere il primo punto, Chiara era generosa. Generosa con tutti coloro in cui intuiva una scintilla di talento. Il suo ultimo racconto, Ragazza che passa,  è uscito su una rivista on line, Speechless, ideata e gestita da ragazze giovani e in gamba: glielo ha regalato, potete scaricarlo da  qui.
Era generosa, sì. Perché non considerava la scrittura un mezzo per il successo o per la rivalsa. Lo aveva detto, del resto: “La scrittura è un dono. Un dono che ti cambia la vita e la rende in qualche modo diversa. Originale. Tua”.  E chi sente di aver ricevuto un dono, lo restituisce.
Chiara stessa, per me, è stata un dono meraviglioso.

8 pensieri su “DONI (PER CHIARA)

  1. e tu, Loredana, sei un dono per tutti noi. Chiara sapeva guardare oltre, non era ancorata alle meschinità, alle piccolezze. Per questo, mancherà ancora di più.

  2. Sempre belli questi tuoi ricordi di Chiara, devo ancora iniziare la triologia ma ho già i libri. L’unico che ho letto è La Casa della festa, che sembra perfetto per una riduzione teatrale, con uno stile ricercato che all’inizio mi ha stranito non poco.
    Quanto ai scritori gavrebbero di pensare meno ala vanità http://youtu.be/MPHw1QI3A_M

  3. Loredana,
    ti ho scritto la scorsa settimana dopo aver finito “Nel bosco di Aus” e ora sto leggendo il secondo titolo della trilogia di Mirta/Luna. Purtroppo sono arrivata a Chiara Palazzolo dopo aver letto il tuo post di agosto, peccato non averla “conosciuta”, ma tu fai da tramite.
    ciao
    Federica

  4. Che belle parole e che bel modo di restituire un dono. Dono, rarità, generosità sono tutte emozioni che avevo sentito ad una vostra presentazione. E mi ricordo di aver pensato proprio alla bellezza e forza del sentimento che vi univa e che contribuiva a creare tra quelle fredde pareti di pietra un’atmosfera accogliente e magica. Intensità che sarò felice di poter ritrovare nei suoi libri.

  5. E’ singolare come Loredana riesca a cogliere in pieno non dico il tratto letterario ma quello più personale ed intimo di Chiara , nel suo modo di concepire il senso della letteratura e quindi della vita ( vita e letteratura per Chiara erano un tutt’uno ) – Il senso del dono – il suo contrapporsi all’idelologia dello scambio e del profitto – erano stato oggetto di nostre lunghe conversazioni già negli anni Ottanta .Molti anni dopo – leggendo il bel romanzo della Nemirovsky che in qualche parte a quel sentire si richiama per poi giungere alle sue personali conclusioni – ci saremmo addentrate in parallelismi e contrapposizioni di vario genere…
    Non posso che essere confortata dall’idea che Chiara stessa – agli occhi di un fine critico – incarni in sè quell’idea e sostanza del dono che da sempre propugnava . Non posso che riconoscere che – per quello che mi è dato capire – il suo modo di essere del tutto totalizzante e autentico a volte poco inquadrabile – alla fine ne riveli il tratto distintivo , la sua estrema disarmante coerenza .

  6. Ho letto ad agosto “Nel bosco di Aus”, una storia di streghe per lo più pensate, quelle delle favole, nordiche in un bosco invece mediterraneo. E c’è il quotidiano femminile in una sua particolare e bizzarra accezione: non siamo forse delle streghe nel riuscire a far tutto, ognuna con i suoi trucchetti? Ognuna con i suoi errori, ognuna che possiamo ancora imparare proprio sul nostro terreno più familiare, la famiglia cioè dove non penseremmo di non aver bisogno di lezioni, che possiamo riconoscere gli errori e che nell’amore qualcuno, anche una strega dichiarata, può insegnarci quello che ancora non abbiamo capito. Ognuna un’isola e l’invidia – che l’autrice dichiarava per un verso essere il filo conduttore del libro – è una forza negativa che però ci spinge a uscire da noi stesse e a confrontarci con gli altri.
    Tra le diverse frasi-motto che costellano il romanzo scelgo “Non bisogna avere paura.”, che penso, anche per esperienza personale, possa essere stata suggerita a Chiara dall’incontro con la malattia. La paura ci blocca, sta lì anche nel quotidiano ‘normale’ quando tutto sembra andare bene e ce ne accorgiamo per lo più solo nell’emergenza, allora anche se in ritardo ci accorgiamo che non bisogna avere paura.

  7. “Chissà quale partita abbiamo giocato davvero, pensa, mentre continua a vedere Norma che sgomma via sulla sua macchina scura, piena di misteri e di cani ululanti. L’eterna ragazza clandestina in tutti i mondi – di qua e di là dal tempo. Lo sguardo ostile e il passo sghembo.”
    Chiara Palazzolo, “Nel bosco di Aus”

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