Ho trovato e trovo bellissimo il progetto di Paolo Rumiz sull’Appia, ho letto i suoi diari di viaggio e sono felice che il ministro Dario Franceschini voglia dar vita a un Cammino che permetta di percorrere la strada e di riscoprirla. E spero che non sia il solo Cammino.
Siamo, come è noto, il paese delle Grandi Opere. Spesso inutili, sempre costosissime, troppe volte pensate non per il benessere dei cittadini ma per il guadagno di pochi.
Quel che è avvenuto nelle Marche con la Quadrilatero, e che sta ancora avvenendo nel silenzio quasi assoluto, è esemplare: una superstrada dai costi mostruosi, che fa scempio del paesaggio e isola i paesi che l’hanno finanziata per guadagnare una manciata di minuti di percorrenza.
La statale 77, fra poco inutile, sia dunque un Cammino: ha visto passare nei secoli papi, imperatori, regine, pellegrini, santi, avventurieri nel percorso da Loreto a Roma e viceversa. Restituisca ai paesi che sono o saranno tagliati fuori dalla Quadrilatero una centralità, una funzione, un’economia. Restituisca a chi viaggia il senso del viaggio medesimo, che non è nel panino dell’autogrill o nei trenta minuti in meno per arrivare a destinazione, ma è nei luoghi che vengono attraversati.
C’è un bel po’ di gente pronta a delineare il percorso. Parliamone.
Ps. Quella sopra è la parte nitida, o formale, o ufficiale, di questo post. Ce n’è una interiore e personale, e la metto qui. Quando si parla di cultura, in questi ultimi giorni, non viene in mente un bello spettacolo, specie se riferito al mondo letterario. Coltelli di lama lunga o corta, giochi di potere, maldicenze, terrore di perdere le briciole che si sono conquistate, piccole ambizioni maligne consumate nei commenti di un social, autoincensamenti, autoelogi del proprio talento e della fatica spesa ad affermarlo, miopia che non ti fa comprendere quanto chi ti circonda sia nutrito della stessa meschina ambizione e pronto ad affondare la lama a sua volta.
Posso andare avanti, e lo farei se servisse. Su una lama camminiamo, noi donne e uomini che ci occupiamo di cultura, e proviamo a immaginare che con i libri si possa costruire un mondo migliore: la lama della crisi economica, la lama della nostra crescente inutilità, perché come inutili siamo percepiti (come spiega la meravigliosa Azar Nafisi ne La repubblica dell’immaginazione). Per costruire quel mondo migliore, però, dovremmo essere migliori noi, e non affogare nelle piccole, narcisistiche miserie che ci consolano mentre il mare attorno alla zattera si fa sempre più agitato.
Io non mi ritengo migliore di nessuno. Voglio, anzi, conoscere e frequentare persone migliori di me, da cui continuare a imparare, e da cui avere motivi di speranza. La speranza è nei progetti comuni, quelli che potranno servire ai nostri figli e nipoti. La speranza e la cultura e i progetti vanno, devono andare, di pari passo. Altrimenti, annegheremo soli.
Buon giovedì, compadres.
Ecco, sembra che questi benedetti sentieri, le strade, le vie di pellegrinaggio, i cammini, insomma la viabilità che ha una storia stia andando di moda. Ancora poco da noi, meglio nel nord Europa, dove forse il buon welfare e la buona amministrazione hanno creato ormai un paio di generazioni più entusiaste e generose di noi nel dedicarsi al perdere tempo faticando pure su itinerari che non finiscono mai (tipo Helsinki-Roma…). In realtà i viandanti riportano a galla la storia dei luoghi e le storie, le loro e quelle della gente. Hanno bisogno di strutture semplici ma dedicate, anche questo non è da trascurare. E poi hanno il tempo secondo me, di raccogliere tante di quelle informazioni, che possono valorizzare qualsiasi angolo e terra di confine….Qui noi siamo in mezzo a un intrico di strade da disseppellire!
Forse -ma sogno- bisognerebbe inventarsi qualcosa che sappia rendere utili questi mostri per altri scopi rispetto a quelli per cui sono stati voluti e realizzati.
Forse potrei sbagliarmi, ma certi luoghi che sembravano “tagliati fuori” anche dal turismo “intelligente” sono tornati ad essere affollati, dopo la costruzione della famigerata superstrada: la mia frequentazione piuttosto sistematica dei Sibillini mi ha fatto notare da un paio d’anni a questa parte un aumento dell’afflusso di persone “forestiere”; e qualcuno nominava tra i motivi proprio la rinnovata facilità di raggiungere questi posti.
Lungi da me fare l’apologetica di queste “grandi opere” costruite al di fuori di ogni controllo e quindi di ogni standard minimo di compatibilità ambientale e di sicurezza (le famose “gallerie a cemento 12” della Quadrilatero parlano da sole!!): più pragmaticamente mi pongo il problema di come sfruttarle ora che comunque ci sono, che hanno drenato fior di risorse economiche e che non si potrà più ristabilire una situazione “quo ante”.