Siamo già al giorno dopo e altro ci distrae. Abbiamo lo scandalo Volkswagen, i morti e le morte di fama che approfittano del caso di Miss Italia per dire che la colpa è delle femministe, le Sentinelle che approfittano del caso De Luca per dire che noi li si vuole muti (ma quando? I libri li censurano loro, da quanto mi risulta). Abbiamo quelli che sono con De Luca però. Quelli che non sono con De Luca perché. Quelli che sono con De Luca ma per favore parlate di me.
A esemplificazione e corollario, scelgo di ritirarmi nelle parole di Franco Fortini. Quelle, perfette, scritte dopo la morte di Pier Paolo Pasolini (eh no, non era una questione di “erano altri tempi”: i tempi, care e cari, li fanno le donne e gli uomini che li abitano).
“Il solo modo decente di parlare di Pasolini, in mezzo al vocio autopunitivo di questi giorni, è quello di leggerlo. Il quotidiano che mi chiede queste parole ha avuto, rispetto agli altri giornali italiani, il grande merito di aver sempre lasciato intendere che, della poesia, non gliene importava nulla; e così facendo, di interpretare l’animo dei suoi lettori e ispiratori. Ho creduto per alcuni anni che a questo corrispondesse, più in profondo, una azione che mirasse, per sue vie, alla medesima meta della poesia. Mi rendo conto oggi che non è così; o, se lo è, questo avviene su una tale distanza che, in pratica, come dice Lu Hsun, «i politici desiderano uccidere i letterati».
C’è una qualità umana che odia la poesia, che sopporta a fatica la letteratura, che non sa e non vuole sapere quale luogo assegnarle nella città presente e futura. Ci si commuove per la morte di Pasolini più che per quella di un altro qualsiasi militante solo perché era l’autore di qualcosa che è, o può, diventare nostro; e allora questo qualcosa, questa eredità, guardiamola. Non vogliono saperlo perché questo farebbe crollare molte miserabili speranze e certezze. Non capiscono che quel crollo li indebolirebbe solo in apparenza, mentre in realtà li farebbe più forti contro chi sfrutta e strazia. Non capiscono che non siamo, noi poeti, i vostri nemici e che, se chiediamo qualche volta pietà per i nostri errori, è perché invero è il nostro modo di chiedere pietà anche per gli errori vostri. Per questo non ho nulla da dire per la morte di Pasolini che non sia stato detto in questi giorni, spesso egregiamente, dai miei colleghi in letteratura; fuor del consiglio di prendere i suoi libri di versi e di capirli. Gli sono stato amico per molti anni; avverso per altri; sempre ho cercato di intenderlo e amarlo. Ho in comune con lui la divisione, la duplicità di cui si fa, quando si fa, la poesia. Nel testo autentico d’altronde, come nell’attimo della morte, coincidono elezione e destino, scelta e inevitabilità. Meno commozione per Pasolini, più amore e intelligenza per quello che egli ci ha detto”.
4 novembre 1975, pubblicato il 5 novembre su Il Manifesto
Ne sono rattristato, ma non sorpreso. Il mondo politico, e ancor più quello letterario, italiani, si vendicano della propria marginalità aggredendo chi ha la spudoratezza di uscire dal branco. Lo aveva già scritto più di due secoli fa Vittorio Alfieri in “Del principe e delle lettere”. Ricordate la gazzarra per il Nobel a Dario Fo? Ma come! Il Nobel a un guitto! Questa meschinità italiana è magnificamente dipinta in una commedia di Goldoni (anche qui, più di due secoli fa! segno di un male incancrenito, incurabile, forse): Una delle ultime sere di Carnovale. Ripeto: non ne sono più sorpreso. Ma la trsitezza è tanta! Del resto, il più grande poeta italiano del secolo XIX, e forse, in assoluto, il più grande con il Petrarca (Dante è caso a sé), fu malamente beffeggiato durante la sua vita e anche dopo morto, in testa un altro letterato, tra i beffeggiatori: Tommaseo. E perfino il Manzoni non ebbe per lui che parole acide, quando concorse al premio fiorentino che lo avrebbe aiutato anche ecnomicamente. E anche allora, dietro le critiche, ammantate d’inopportunità ideologica e morale (morale! a un Leopardi!) c’erano l’invidia e il rancore. Povera Italia, come sei piccola!
Le acidità di Tommaseo e Manzoni verso Leopardi (o di Manzoni verso Tasso, per dire), per quanto rancorose (nel caso di Tommaseo) e non condivisibili, erano cmq all’interno di legittime battaglie culturali: combattndo le quali, ci si può anche trovare dalla parte sbagliata. Come lo sono certe dissezioni chirurgiche della scrittura di Erri De Luca per dimostrare che i morceaux choisis sono “dannunziani” – ma anche, altre esegesi più corrette nel metodo (condivisibili o meno), fatte in altri tempi e soprattutto in altro contesto: quello, per l’appunto, della battaglia delle idee.
Altra, ben altra cosa è introdurre una presa di posizione solidale con un “premesso che scrive male, che è dannunziano, che una volta s’è messo le dita nel naso”: se si è solidali col suo “diritto di malaugurio”, perché il bisogno di confondere le acque tirando in ballo la qualità della scrittura? Cambierebbe qualcosa, se ad augurare la malasorte alla macchina della TAV fosse un Calvino, o un Pavese (come qualità di scrittura)?
Ma soprattutto: premettere che la sua notorietà e il suo successo sono frutto di una scrittura artificiosa, affettata, posticcia, insomma di una truffa intellettuale, davanti alle affermazioni del PM e dell’avvocato di parte civile, per i quali la notorietà e l’autorevolezza di Erri De Luca sono elementi determinanti nello stabilire una relazione di istigazione a delinquere fra le sue parole e gli atti che ne conseguirebbero (si noti: non la presenza, chessò, di un “pentito” che dichiari di essere stato traviato da De Luca, o di una sua frase appuntata sul diario di un condannato, o almeno inquisito, per “sabotaggio” – no, una deduzione meramente astratta, di quelle che Eco – uno che piacerebbe sentire, ma tant’è… – nel “Trattato di semiotica generale” definisce “fallacia inferenziale”), alludere all’impropria, artificiosa, disonesta autorialità di De Luca non è come dire – come fece Argan, sindaco di Roma – che il problema della repressione del dissenso artistico nell’URSS non esiste, perché quella che aveva appena visitato in mostra a Roma non era arte, ma solo una costruzione pseudococettuale?
se il riferimento è a Raimo, mi pare che la sua operazione (che si poteva risparmiare) è stata fatta per dire che alle parole si risponde con altre parole, non con un processo. Non credo che volesse svalutare l’arte per dire che non c’è dissenso artistico. E ovviamente non cambia nulla la qualità della scrittura. Mi pare che non regga nemmeno il discorso di Celestini, che dice appunto, “ma quale potere dello scrittore, magari avercelo”?, o più in generale questa idea che l’arte, la letteratura, giochino in un campo a parte. Può avere senso invece l’invito a visitare la valle, così si vede che quelle specifiche parole non hanno effetti, che non c’è relazione. Raimo sbaglia perché le parole si processano eccome, ed è giusto così. C’è la diffamazione per esempio, e si paga una multa. Si può discutere se e come vanno processate, e ci si può difendere dimostrando che in questo caso non c’è un’istigazione a delinquere. Però questo non è un gioco. Sabotare un’opera pubblica è reato, e del resto De luca e molti considerano criminale l’opera pubblica in questione e se ne prendono la responsabilità. Però si è voluto far passare le sue parole come opinioni, per difendere la libertà di parola. Ma qui non è in discussione la libertà di parola, ed è molto facile capirlo.
@ Stefano
ci sono molti, non uno solo, a esprimere solidarietà-premesso-che, e altrettanti a tifare per questo tipo di solidarietà pelosa. Abbastanza, da definirla una tendenza, e chiedersi a cosa questa tendenza fa segno.
Non ho capito, Girolamo, puoi spiegami a cosa ti riferisci?
Commuoviamoci e amiamo semmai i martiri innocenti, come i santi o gli asceti alla Gandhi piuttosto che per gli pseudo intellettuali come Pasolini che adescavano “ragazzi di vita” e sottoscrivevano lettere aperte dove accusavano un commissario martire di essere un torturatore e assassino.
Tanti altri di quell’epoca ancora in vita (scrittori, registi, giornalisti) sono biechi e cattivi maestri che con le loro calunnie hanno seminato zizzania, e morte.
Poi, come il diavolo che si traveste di angelo di luce, si atteggiano a intellettuali camuffandosi con infima poesia e beceri sofismi o peggio facendo la morale a cittadini ben più retti di loro.
@ Stefano
Mi riferisco al fatto che non solo Raimo su minima e moralia, ma molti altri, anche prima di lui, su web e social, hanno assunto la stessa posizione: solidarizzare, ma premettendo che la sua scrittura ecc. ecc. E che quindi non si tratta di un singolo, ma di una tendenza: che è quello che mi sembra voglia dire con i suoi post di oggi e ieri questo blog.
Quand’ero piccino facevo il presepe e una presenza fissa era il pastorello che sostanzialmente ignaro e indifferente a quanto accadeva nella capanna al centro della scena, si preoccupava unicamente che le pecorelle rimanessero ben compatte e non si disperdessero. Mi suona così familiare quanto vedo accadere qui attorno, c’è grande preoccupazione di evitare la dispersione del gregge letterario, che deve marciare compatto nella corretta direzione (corretto come ben si sa è anche meglio che giusto) e guai a chi diserta o a chi devia anche di poco o a chi si attarda a brucare un buon trifoglio. E non ci si preoccupa più di tanto di quello che dovrebbe starsene al centro, cioè la sensatezza, la compiutezza, la robustezza intellettuale di certi discorsi.
Picobeta, il pastorello che si preoccupa che il gregge non si disperda a favore delle meravigliose, utilissime, strepitose Grandi Opere, magari sei tu. Te lo sei mai chiesto? E, ancora una volta, mi piacerebbe sapere chi sei davvero e perché invadi il web difendendo il Tav.
L’intimo legame che stringe l’esistenza di picobeta alla TAV lo conosciamo bene, Loredana… chissà: forse è una ruspa parlante o una carica di dinamite che non ha esaurito le onde sonore dopo la deflagrazione in un costruendo tunnel e le trasforma in parole… chissà! Come tu scrivesti una volta “noi, si vive di misteri”!!! 🙂 🙂 🙂
Battute a parte e tornando seri: Manzoni ha descritto bene il meccanismo delle vittime di un potere che si azzuffano tra loro, no? Il grave dei cosiddetti “letterati” italiani è che non hanno minimamente capito che, PRESCINDENDO dalle opinioni di De Luca e dal suo stile, quel processo stabilirà un pericolosissimo precedente per CHIUNQUE scriverà pubblicamente su qualsiasi cosa. Non hanno cioè capito che la loro -la nostra- libertà di parola è rimessa seriamente in discussione dato che la cosiddetta “giustizia” potrà tutelare sempre meglio e sempre più invasivamente ed efficacemente chi è già in posizione di forza contro il dissenziente di turno. Quanto sarebbe bello osservare i vari Raimo in una situazione analoga a quella di De Luca!… Così, per vedere come si difenderebbero e -di nascosto- l’effetto che fa.
L’intervento di Picobeta, chiunque egli sia, mi pare ineccepibile. Da una parte ci sono quelli che vorrebbero tutti gli intellettuali schierarsi apertamente con Erri De Luca ma dall’altra ci sono gli intellettuali che non si schierano per niente (ognuno avrà le sue ragioni). Questo è un dato di fatto. Come scrissi altra volta propendo per la completa libertà di espressione (ergo dalla parte di De Luca) ma sulla TAV, per esempio, non sono così negativo (i vantaggi in futuro potrebbero superare gli svantaggi del presente). Ed ecco un altro aspetto del pensiero, pur sbagliato che sia.
«Ormai da qualche tempo si ha la sensazione di una complessiva forzatura dell’azione penale quando si leggono le imputazioni ascritte ad alcuni intellettuali o che l’autorità giudiziaria torinese formula nei confronti di giovani e meno giovani protagonisti delle lotte contro la costruzione della linea ferroviaria. Quasi che l’autorità giudiziaria torinese si considerasse investita non solo e non tanto del compito di reprimere i fatti penalmente illeciti, ma anche, immediatamente, della tutela dell’ordine pubblico, così contribuendo, a fianco di tutta una serie di poteri forti interessati alla realizzazione dell’opera, a che i lavori si svolgano rapidamente.
La sensazione è rafforzata dal fatto che nei processi della Val di Susa più di una volta è intervenuta la Corte di Cassazione non solo per annullare singoli provvedimenti dei magistrati torinesi, ma anche per precisare i principi ai quali essi dovrebbero ispirarsi. Così, di recente, la Cassazione si è pronunciata sulla misura cautelare emessa il 5 dicembre 2013 nei confronti di quattro attivisti No Tav per i delitti di «attentato per finalità di terrorismo» e «atti di terrorismo» ai sensi degli articoli 280 e 280 bis codice penale; e ha annullato l’ordinanza. In altra occasione la Suprema Corte era intervenuta con una sentenza del 7 settembre 2012 per ricordare che l’ordinamento, a parte i fenomeni associativi di tipo mafioso, non tollera automatismi di carcerazione preventiva collegati alla sola gravità dei fatti, ma richiede un giudizio di pericolosità per ogni imputato, e che nella scelta di una misura restrittiva eventualmente necessaria occorre partire dalla valutazione dell’efficacia di quelle meno afflittive, prima di giungere alla più grave misura del carcere.
È auspicabile che si apra presto un dibattito su queste tematiche, non solo fra i giuristi, in quanto le scelte della magistratura torinese e i relativi contrasti investono ormai il ruolo del giudice».
Giovanni Palombarini, già Procuratore Generale della Repubblica, un anno fa (l’integrale qui).
Comunque sono convinto che se un intellettuale di destra finisse sotto processo per aver invitato gli italiani ad affondare i barconi di immigrati con dei droni armati gli intellettuali italiani rifiuterebbero di difenderlo esattamente come con Erri De Luca. Probabilmente direbbero pure che scrive male.
@lipperini
1) C’è chi afferma che l’intellettuale ha diritto/dovere alla parola contraria
2) C’è chi afferma che tutti gli intellettuali devono pronunciare la stessa omogenea, compatta, corretta parola
Se a dire 1) e 2) è la stessa persona allora io vedo una insanabile contraddizione
E poi 2) è un aperto e pressante invito a un aderire a un conformismo e ogni conformismo ha i suoi depositari e i suoi guardiani, così come lo avevano le pecorelle del mio presepe.
@Luca Perilli
De Luca ha querelato Silvio Viale per un tweet che non gli è piaciuto
http://www.associazioneaglietta.it/2015/05/18/querela-di-de-luca-a-viale-liberta-di-opinione-vale-solo-per-scrittori-nel-2013-viale-fu-contro-querela-di-ltf-a-de-luca/
LTF ha denunciato De Luca per un invito al sabotaggio
Posso concludere che seguendo il suo ragionamento LTF vuole il bavaglio per gli scrittori e De Luca lo vuole per i ginecologi, perché questa è la specializzazione dello stimatissimo dottor Viale?
Non le è infine chiaro che decine di intellettuali si sono opposti alla TAV (il più delle volte capendone poco, visto che sono apprezzatissimi esperti, ma in altri campi), da Mannoia a Celestini, Strada, Fo, Mattei, Revelli, Mercalli, Pepino eccetera e che nessuno di questi, pur talvolta oppositori fieri e di lungo corso alla TAV, ha subito conseguenze legali per le loro sacrosante anche se inesatte affermazioni. Non dovrebbe essere difficile trovare la differenza tra quanto affermato da De Luca e quanto affermato dagli altri succitati personaggi.
Tenga poi presente che la TAV si scava con le tunnelling machine o talpe e non con esplosivo o dinamite. Ripeto infine che la vicenda TAV mi affascina e mi coinvolge perché è una inesauribile e copiosa sorgente di affascinanti, scaltre, raffinate distorsioni e contorsioni linguistiche.
Si continua a entrare nel merito del dibattito sulla TAV ma non si coglie la gravità di quanto sta accadendo “de jure”… Per questo De Luca non riceve la giusta solidarietà e i giudici finiscono con l’assumere un ruolo poco consono (grazie a girolamo de michele per la citazione di Palombarini).
@Stefano Trucco: incitare all’uso di efficacissime armi di distruzione contro individui inermi “rei” di fuggire da situazioni economiche e/o sociali per noi inimmaginabili è un po’ diverso che combattere un’opera pubblica giudicata dispendiosa, inutile e deturpante: si chiamerebbe hate speech e dovrebbe suonare rivoltante per chiunque conservi un briciolo di umanità e di buon senso. E comunque, anche in quel caso, bisognerebbe provare un nesso ben preciso tra parole e azioni (esattamente quel che nel caso specifico di De Luca non c’è!). Mi vien da dire che tremerebbero Chiese ed ecclesiasti, visto che uno dei motivi più potenti di “passaggio all’azione” nella Storia sta proprio nel sentirsi “autorizzati da Dio” a commettere violenze e atrocità…
Aggiungo carne al fuoco del dibattito concludendo che Fortini ha in fondo più ragione di tutti… leggete qua:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=22200#more-22200
Di materiale per riflettere ce n’è tanto, ma quando si muove un organo dello Stato, le cose cambiano di molto.
@ Girolamo, capito, grazie
@ Luca
per ciò di cui è accusato De Luca, non bisogna provare nesso tra parole e fatti, se fosse dimostrato il nesso infatti sarebbe accusato anche di concorso nel reato. Ma qui è accusato solo di istigazione a delinquere. L’esempio di Trucco è pertinente, solo che per te una cosa è giusta e un’altra no. Ma così o smonti alla radice lo Stato oppure ti attieni alle regole. Ora dimmi se Adinolfi cominciasse a dire che bisogna sabotare gli ospedali in cui si effettuano interruzioni di gravidanza cosa diresti. Non so, ma non penso che ci possa essere libera azione in questi casi. Si può migliorare il processo decisionale, ma una volta che la decisione è presa basta, altrimenti viene meno il patto sociale. Che può anche essere, non dico che sia meglio o peggio. Però qui mi pare che di fondo ci sia l’idea che dato che una comunità non vuole una certa opera allora ha ragione. Cosa diresti nel caso in cui sempre più genitori si rifiutassero di vaccinare i figli?
@Stefano: si sta processando un’opinione e perdipiù valutandone alcune parole senza contestualizzarle. Ma non in senso politico (come va di moda dire oggi), bensì in senso stretto, cioè astraendole. Se passa un principio del genere, saremmo in un regime peggiore del fascismo.
Di gente che “istiga” in Italia e altrove ce n’è a bizzeffe ma nessuno le tocca (giustamente): pensa per esempio alla “truffa culturale” (così l’ha definita la cattolicissima ministra Giannini) della cosiddetta “Teoria del Gender”, caso similissimo a quello della diffidenza verso le vaccinazioni che tu citi ad esempio. E comunque anche tu confondi hate speech con resistenza a qualcosa di imposto da un potere forte e percepito come profondamente ingiusto o dannoso (non è un caso che uno degli argomenti “forti” dell’avv.Amato è proprio la resistenza a una presunta imposizione dall’alto di questa inesistente Teoria Gender!).
Le opinioni devono poter essere sempre espresse, anzi, la loro espressione deve essere tutelata da uno Stato democratico (e non osteggiata o limitata!); sono gli eventuali atti concreti a costituire un reato. Semmai il vero problema è come garantire il pluralismo delle idee anche per contrastare quelle più inaccettabili moralmente o socialmente oppure per smontare quelle false. Come ho scritto due post sopra, se si processasse chiunque potrebbe istigare a delinquere, bisognerebbe mettere in galera tutti gli ecclesiastici, tutti i giallisti, tutti gli autori di fantasy, molta parte dei politici, ecc. perché ad essi qualcuno si sarà pur sempre ispirato per le proprie azioni delittuose.
Per chi conosce il francese, consiglio vivamente la visione di questo interessante documentario:
http://www.lcp.fr/emissions/droit-de-suite/vod/151402-les-nouveaux-desobeissants
e del dibattito che ne è seguìto:
http://www.lcp.fr/emissions/droit-de-suite/vod/174279-nouveaux-revoltes-heros-ou-hors-la-loi
Notare che queste trasmissioni sono state prodotte e diffuse dalla rete televisiva dell’Assemblea Nazionale francese… impietoso il parallelo coi canali tv di Camera e Senato (per tacere della Rai, naturalmente).