DUE AL MESE

Avviene a Ciudad Juàrez, dal 1993.
Se ne discute oggi pomeriggio a Roma, in occasione dell’uscita di questo libro.
Tanto per rimarcare il fatto che parlare di “guerra contro le donne” non è esagerato come sembra.
Questo l’incipit del primo capitolo:

“Fascicolo delle indagini preliminari n. 1780/93-05 in data 25 gennaio  1993. Un cadavere di sesso femminile di circa 16 anni, corporatura robusta, pelle bianca, capelli castani, 1 metro e 65 circa di statura, è stato rinvenuto nella colonia di Alta Vista. Il corpo presenta segni di violenza. […] Due ecchimosi nella regione del collo con profondi segni sulla parte laterale destra del medesimo, intorno al quale è stato avvolto e annodato un cavo elettrico. […] Causa della morte: asfissia per strangolamento. La vittima è stata identificata come Angélica Luna Villalobos, era incinta di sei mesi.”
È così, in poche righe, che le autorità descrivono le circostanze del decesso di quella che sarebbe diventata una delle prime “morte di Juárez”. Quarantotto ore prima un’altra ragazza, Alma Chavira Farel, ha conosciuto la stessa sorte, subendo violenze sessuali prima di essere strangolata. Eppure, negli archivi degli inquirenti non c’è traccia del caso, nessun dossier. Dalla scoperta di questi due corpi, nel gennaio del 1993, i rapporti di autopsia si susseguono. Più di un centinaio, tra bambine e giovani donne, vengono trovate uccise, a una media di due al mese.
Molte delle vittime sono state violentate, sequestrate e torturate con una violenza senza precedenti, e perfino a distanza di mesi i cadaveri portano ancora i segni dell’accanimento degli assassini.”

5 pensieri su “DUE AL MESE

  1. questa spaventosa serie di omicidi, è anche al centro dell’ultimo romanzo di Roberto Bolaño, 2666 (qui Ciudad Juàrez viene chiamata Santa Teresa). Per la verità nelle prime tre parti del libro, quelle finora pubblicate da Adelphi, gli omicidi non hanno ancora conquistato il centro della scena, cosa che dovrebbe avvenire nella quarta parte (“la parte dei crimini”). Già dal loro primo apparire comunque, l’orrore di questi omicidi avvolge completamente la scrittura di Bolaño, e finisce per inghiottire tutta la narrazione. La città di frontiera è una sorta di ultimo insediamento umano accerchiato dal deserto. Il libro mi è sembrato davvero impressionante.

  2. Gentile signora Lipperini,
    io sfortunatamente non ho letto il libro, anche se conosco a grandi linee la storia di Ciudad Juarez. Non avendo letto il libro, appunto, le porgo una domanda senza, mi creda, nessuna intenzione polemica, ma solo per provare a capire.
    Sono, come tutti, sgomento di fronte all’enormità di questa tragedia, e ancor di più di fronte al suo quieto, sistematico protrarsi. Ma mi domando (e se nel libro tale ipotesi viene scartata, o demolita, io non lo so): è così improbabile pensare che questo massacro sia, più che l’opera di un serial killer infaticabile, o di un gruppo altrettanto infaticabile di serial killer – eventualità remota, se non mi sbaglio: ho sentito dire che i serial killer agiscono sempre isolati – il risultato orribile di un mercato fiorente come quello degli snuff movies?
    Lei nel suo post parla di “guerra contro le donne”, e dio sa se ce ne sono, nel mondo, di casi che dimostrano la fondatezza di quella formula. Solo che qui, in questo particolare quadro, mi pare più probabile che la ragione sia un’altra. Non si uccidono e si stuprano e si torturano 400 donne con quel ritmo così regolare per una questione di maschilismo. Le aberrazioni omicide o solo violente del maschilismo sono da un lato più irregolari (raptus possessivi, gelosia, tutela del patrimonio, preferenze verso i figli maschi e così via), dall’altro persino più sistematiche (le bambine uccise alla nascita). Insomma, dietro quella vicenda a me sembra piuttosto profilarsi un qualche tipo di spaventoso commercio intorno alla carne umana o al dolore. Che sia carne e dolore di donna è particolarmente triste, ma come nel caso similare dei bambini, si tratta solo dei più indifesi, cioè dei soggetti più “comodi”.
    Magari però mi sbaglio, e l’inchiesta ha già scartato questa ipotesi. In tal caso mi scuso, e la ringrazio comunque dell’attenzione.

  3. Su questa tragedia, perché di tragedia si tratta, é uscito anche il film “Bordertown”. Un film americano, all’americana, con Jennifer Lopez e Antonio Banderas, che al di là di tutto merita di essere visto.
    Il problema di Juarez, sia pure non avendo letto il libro di cui parla Loredana Lipperini, e che comprero’, non é legata a un serial killer, quanto allo sfruttamento della manodopera femminile in una zona di frontiera dove si produce tutto il superfluo, il tecnologico per l’America. E sono le mani delicate delle donne ad essere usate per assemblare i marchingegni elettronici. Queste donne vengono pagate una miseria. Usate come macchine, e il loro corpo identificato come bersaglio da un universo maschile che non conosce remore ma solo ideologia di “consumo”. Sulla questione di Jurez da anni esistono comitati che si vanno battendo per portarealla luce questo orrore. La tv francese ha fatto anche un documentario molto interessante.
    E’ una storia terribile quanto emblematica, intorno alla quale dovrebbe stringersi la solidarietà di tuttele donne del mondo.

  4. la guerra contro le donne non è “il” caso isolato, ma la quotidianità con il pensiero che sulle donne è tutto permesso.
    Anche mettere in dubbio che 400 donne uccise con regolarità escano fuori dal concetto di “maschilismo”, perchè il comportamento criminale maschilista segue deteminati percorsi.
    Questo del percorso mentale è un po’ da Criminal Minds. Forse è utile per concludere un’indagine (ma nel caso specifico non mi pare abbia dato buoni frutti), ma non risolve il problema della violenza sulle donne che è diversa da tutte le altre violenze perchè le si somma l’abitudine (anche quando superata, negata o messa a tacere) al pensiero che la donna sia un entità o troppo forte o troppo debole o troppo perfetta o completamente imperfetta, da amare o da odiare, da prendere come punto di riferimento o da non considerare.
    Sempre troppo. Sempre ai limiti di quello che si può ammettere, concedere, accettare.
    E chiaramente anche per le ragioni socio-economiche dell’analisi di Stefania Nardini.

  5. Le condizioni socio economiche possono solo amplificare, estremizzare una “tendenza”, purtroppo! E cio’ che sta accadendo ai confini del Messico, in quel luogo preciso, lo si ritrova nei singoli casi di cronaca quotidiana in tutto il mondo.
    Vi segnalo anche questo sito:http://www.mujeresdejuarez.org/

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