AGGIORNAMENTO NUMERO TRE

Cifre fredde: i dati forniti dalla Polizia di Stato sugli omicidi in Italia dove la vittima è una donna dicono che le morti sono aumentate tra il 16% e il 22%, solo prendendo in considerazione i primi sei mesi del 2007.
Su un altro versante, l’Isfol ci racconta stamattina che “dieci milioni di donne in età lavorativa non hanno e non cercano un´occupazione. Il tasso di lavoro femminile è del 47 per cento (l´obiettivo fissato a Lisbona è di raggiungere il 60 per cento nel 2010, ma siamo ampiamente sotto la tappa intermedia). Il 63 per cento delle lavoratrici accede al posto con un contratto atipico, l´80 per cento del lavoro part-time è femmina e per ammissione delle stesse, nella maggior parte dei casi, non si è trattato di una libera scelta”.
Ps. Sto incontrando molte persone, in questi giorni. Uomini e donne, ragazze e ragazzi, insegnanti e genitori. La domanda  “e adesso che facciamo?” è la più frequente. Intanto, mi viene da dire, cominciamo a ricordare. Anche solo le cifre fredde.

5 pensieri su “AGGIORNAMENTO NUMERO TRE

  1. … inneggiamo all’esempio francese, con le babysitter “pubbliche” viste nell’ultimo film di Michael Moore eccetera? Ma ho paura di come un servizio del gener potrebbe venir interpretato all’italiana!

  2. Avrei voluto fare un commento a Ancora dalla parte delle bambine alla fine della lettura ma è impossibile. Sono solo all’inizio e sarà dura finirlo in fretta; ogni riga è densa. E si affollano cose da dire ad ogni pagina.
    Potrebbe essere un saggio, ma mi accorgo che lo leggo come si legge una storia; potrebbe essere la storia negli ultimi 30 anni delle donne che mi circondano, ma mi accorgo che lo leggo come se fosse la mia storia.
    Perché ero bambina negli anni settanta, perché ho letto Dalla parte delle bambine, perché ho fatto microscelte e compromessi, perché mi ritrovo stranita e amareggiata di fronte a che cosa sono, a come sono le mie coetanee, a come sono mia figlia e sue amiche. Perché mi chiedo se sono sempre stata vigile e consapevole di quello che stavo scegliendo.
    Parliamone, mi sembra che mi dica questo libro. Vediamo di capire come è andata. Vediamo di riuscire a sapere almeno che cosa è successo prima ancora di arrivare a poterci chiedere il perché.
    Ma sono solo all’inizio… e credo che ognuna di noi potrebbe scrivere dieci libri su ogni capitolo.
    Questo è un libro aperto, che vive.

  3. Ilse, grazie! Ma grazie dal rofondo del cuore. Era esattamente quello che volevo, scrivendolo: che fosse un libro “aperto”, e che non fosse un saggio. Non solo, almeno. Ti abbraccio!

  4. Ho quasi terminato la lettura di Ancora dalla parte delle bambine.
    Bisogna prenderlo per piccole dosi questo lungo elenco di esempi, perché mentre leggi te ne fai carico e ti senti mortificata per tutte le volte che non hai capito piccoli segnali, subdoli ammiccamenti.
    Certi mondi poi neanche li conosco; certe riviste, certi prodotti, certi programmi. Me ne sono sempre tenuta alla larga; ma era giusto tenersene alla larga, ignorarli come sottoprodotti culturali, quando invece stavano divorando tutto il mondo della comunicazione fino a diventare gli UNICI modelli proposti alle bambine e alle ragazze?
    Una testimonianza dal mondo della pubblicità dice a un certo punto del libro che la pubblicità non è colpevole, che la pubblicità deve andare sul sicuro e fa appello all’esistente, che quanto appare negli spot è solo la registrazione patinata di una situazione reale; sono molto perplessa, a me sembra molto più articolata la cosa. A me sembra che l’esistente sia un miscuglio disordinato di tante pulsioni e che la pubblicità vada a cercarsi apposta il peggio di quel miscuglio e su quello faccia leva, rendendolo, in un crescendo che ben conosciamo, soft, accettabile, divertente, di moda, inevitabile fino a elevarlo al rango di riferimento culturale.
    E ho un pensiero che mi turba leggero, mentre mi avvio alla fine della lettura: che l’andazzo degli ultimi anni così rovinoso per le donne sia stato generato casualmente in qualche ufficio marketing, che si sia cominciato a giocare su un po’ di retrogusto post-femminista, provando a riproporre qualche immagine tradizionalista e che la cosa abbia preso piede in una spirale che si autoalimentava: il mercato rispondeva e allora il prodotto veniva sempre più reso conforme alla specializzazione di genere fino alla caricatura e così via e così via. Questo potrebbe voler dire che più che prese di posizione culturali consapevolmente maschiliste, quello a cui assistiamo sia ancora una volta l’imporsi di un consumismo insensato fatto di marchi, di mondi immaginari, di icone slegate dalla realtà ma talmente roboanti nella loro imposizione mediatica da sostituire completamente la verità materiale delle persone.
    Insomma i soldi dietro tutto, spiace dirlo in questo modo così semplicistico e quasi volgare; insieme a una nuova presenza della donna nella vita sociale, io da bambina ho visto affermarsi altre bellissime idee che riguardavano anche gli uomini e la società tutta e anche queste idee sono state umiliate nei decenni successivi da una vittoria trionfale e pecoreccia del liberismo e dell’egoismo del benessere.
    Il dubbio che ho è: se vogliamo capire e reagire qual è il vero nemico cui dobbiamo rivolgerci?

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