Buon Ferragosto. Su Repubblica, oggi, è uscita questa mia intervista, che vi porgo.
Il gioco è antico: radio contro carta, televisione contro radio, Internet contro tutti. E, all’interno della complessa nebulosa della rete, le distinzioni ulteriori si susseguono: blog contro forum, social network contro blog, Twitter contro Facebook. Naturalmente il sistema dei nuovi media non vive di schieramenti ma di integrazioni: altrettanto naturalmente, però, comincia una riflessione approfondita sulla diversità degli strumenti. E se Facebook pullula di scrittori, c’è chi se ne tiene a distanza e sceglie Twitter, come i Wu Ming.
Sono comparabili Twitter e Facebook? Wu Ming 1 e Wu Ming 2 pensano di no: “Come scriveva ieri un tizio, è come cercare di paragonare una torta a un aspirapolvere. Sono due strumenti/ambienti diversi, con logiche e finalità diverse. Secondo noi, Twitter non è principalmente un social network: l’aspetto relazionale c’è ma è secondario, conta di più la molteplicità e immediatezza dei flussi d’informazione. La domanda implicita a cui si risponde su Twitter non è: ‘Come mi sento oggi?’, ma: ‘Cosa sta succedendo ora?’, e si può stare ragionevolmente certi che, se succede qualcosa di grosso a Oslo, a Londra, in Val Susa o in Siria, Twitter è il primo luogo in cui se ne parlerà. Twitter è un luogo che fa parlare rete e strada, è un velocissimo aggregatore di notizie e coordinatore di persone attive in loco in quel momento. Lo si usa per fare ‘telecronache’ di eventi in corso (manifestazioni, sommosse urbane), grazie alle applicazioni per smartphone diventa strumento di auto-organizzazione di rivoltosi. Il limite dei 140 caratteri obbliga ad andare dritti al punto e spesso diventa un limite da aggirare creativamente, tutti insieme. Quando nel mezzo di un tumulto vedi affiorare un aforisma brillante, o un concatenamento di 2-3 messaggi che formano un perfetto epigramma, non puoi che dire: chapeau! Ci sembra che Facebook, come dispositivo, valorizzi altri usi”.
Twitter permette di rimanere centrati sui contenuti mentre Facebook è più ludico?
“Su Facebook il discorso di prima è invertito: c’è anche l’aspetto informativo, però rimane secondario rispetto allo stringere relazioni. Su Facebook, non a caso, si è ‘amici’; su Twitter, invece, si ‘segue’ il flusso dei contenuti di qualcuno, sovente un perfetto sconosciuto. Intendiamoci, il cosiddetto ‘cazzeggio compulsivo’ che secondo molti affligge Facebook si manifesta anche su Twitter, ma data la natura ‘debole’ e asimmetrica dei legami (ovvero: se io seguo i tuoi contenuti, tu non sei obbligato a ricambiare seguendo i miei), l’entropia è più facilmente evitabile. D’altro canto, su Facebook, proprio per la natura ‘forte’ dei legami, risulta più facile organizzarsi sul medio-lungo periodo. Su Facebook è più facile indire e promuovere un’iniziativa, mettersi d’accordo su luogo e orario, condividere il volantino etc. Ma una volta che si è lì, nel vivo della cosa, lo strumento da usare diventa Twitter”.
Perchè Twitter consente più di Facebook di poter instaurare un circolo virtuoso con un blog?
“Twitter non si presta assolutamente alle lunghe discussioni tra più persone, un po’ per il limite dei 140 caratteri, un po’ per la grande velocità dei flussi. Il link verso testi più articolati diventa indispensabile. Questo fa di Twitter un network ‘estroflesso’, proteso verso l’esterno, mentre Facebook ha l’ambizione di inglobare tutto quanto (mail, gruppi di discussione, risorse multimediali) e bastare a se stesso. Noi usiamo Twitter per segnalare non soltanto gli articoli su Giap, ma anche i più significativi tra i commenti in calce. In questo modo, moltiplichiamo i ‘punti d’accesso’ alle discussioni sul blog, che sono sovente chilometriche, e le rendiamo più facilmente seguibili. Un altro uso che facciamo del mezzo è montare insieme tutti i nostri tweet su uno stesso argomento e farne un articolo ‘ready-made’ per Giap.”
E’frequente che si usino i due mezzi contemporaneamente: chi si è quando si usa Facebook o Twitter?
“Si è la stessa persona, ma probabilmente cambia il fine contingente. E’ giusto fare esperimenti con entrambi gli strumenti. Una differenza che ci è parso di cogliere è questa: su Twitter è più diffuso un uso del mezzo ‘contro se stesso’, vale a dire che quando una scelta di Twitter (ad esempio, togliere una funzionalità o filtrare certi contenuti) irrita o delude gli utenti, questi ultimi si inventano prassi conflittuali che alterano i meccanismi del network. Molte delle funzionalità per cui Twitter è noto oggi sono nate da ‘ribellioni’ degli utenti a limitazioni iniziali. Un esempio di uso ‘conflittuale’ di Twitter riguarda il funzionamento dell’algoritmo dei cosiddetti ‘Trending Topic’, ovvero i temi più popolari e dibattuti su Twitter. Un mese fa, tutti gli strumenti di rilevazione indipendenti dicevano che ‘NoTav’ era la parola-chiave più usata in Italia, eppure non compariva nella finestrella dei Trending Topic. Compariva invece ‘saldi’, perché erano iniziate le svendite nei negozi. Ebbene, la comunità che stava facendo controinformazione sulla TAV ha iniziato ad aggiungere a ogni tweet la frase ‘nervi saldi’. In quel modo, chiunque cliccasse su ‘saldi’ trovava la telecronaca della manifestazione in corso a Chiomonte. Ciò vuol dire che Twitter ha una logica di fondo a cui è possibile resistere. Su Twitter ci si può impuntare. Sì, esistono anche utilizzi di Facebook ‘contro se stesso’, ma ci sembrano più sporadici, e capita sovente che la ribellione si paghi con l’espulsione dal network”.
sto imparando ad amare twitter.
Giornalisticamente parlando è utilissimo (come è utilissimo Linkedin per il lavoro).
Su Facebook si sta come si stava sulla piazza del paese, in parrocchia o alla sezione del partito: parole, cazzeggio ed una birretta.
Ci si reperisce e presto ci si dimentica.
Su twitter si informa. A nessuno verrebbe in mente di vagabondare in quel continuo aggiornarsi di flash… ora si sta espandendo anche foursquare che nasce per pubblicizzare luoghi, attività e sconti, ma che a ben uardare potrebbe essere usato a metà strada fra Twitter e Facebook…
l’intervista e’ interessante e ben fatta (sia nelle domande che nelle risposte).
a grandi linee seguo e condivido.
pero’ non e’ cosi’ vero che facebook possa essere solo uno strumento relazionale. anche su facebook si possono fare correre contenuti significativi.
ok, va bene, e’ come la piazza del paese, ma per quanto molti cazzeggino e bevano la birretta, altri sono in grado di produrre significati e contenuti non banali… (se poi uno non riesce a vederli il problema pero’ diventa sua, non del medium).
🙂
buona giornata a tutti.
Ma infatti nell’intervista diciamo esplicitamente che su FB si fa informazione, si organizzano iniziative ed esistono usi conflittuali del network. E diciamo che è importante farci esperimenti. Però la natura di FB è principalmente relazionale. Il rapporto contenuto-relazioni è invertito rispetto a Twitter. Inoltre, FB è un dispositivo più rigido, che mal tollera utilizzi ritenuti “impropri”. E cede subito alle pressioni dei poteri costituiti quando gli chiedono di rimuovere contenuti scomodi e/o trasmettere dati sensibili di utenti “cattivi”.
ma davvero c’è gente che pensa di poter sbarcare l’esistenza occupandosi del nulla? Credo si tratti della stessa astuzia di chi crea un problema per poi proporsi di risolverlo “professionalmente” . Lipperini, Sei un’illusionista come berlusconi. Sei della stessa pasta. Vendi fumo. Fahrenheit sta degradando. Davvero credi d’essere l’interprete della rete, un’acuta osservatrice della complessa fenomenologia mediatica? Nei tuoi interventi di acuto c’è soltanto la furbizia. Non credo tu riesca a leggere un libro dalla prima all’ultima pagina. Rubacchi recensioni e commenti e te ne fai un’idea. Ostenti capacità e conoscenza che non hai. Ti definisci giornalista e scrittrice e dovresti invece trovarti un lavoro, qualcosa per cui la società possa ringraziarti e retribuirti. Vivere in questo modo è come rubare risorse ad un paese già in ginocchio. Troppi, tanti parolai finanziati con risorse pubbliche. Avrebbero dovuto tagliare i finanziamenti ai giornali ed alla editoria parassita. Non credo sia giusto che un coltivatore faccia la fame e non riesca neppure a recuperare i costi dopo un duro lavoro di cui tutti noi usufruiamo quotidianamente. E cosa ci danno questa marea di parolai? Pretenderebbero di “fare informazione” o addirittura “cultura”, e desolatamente producono il nulla, il vuoto, quando non arrecano danni seri con i loro interventi pretenziosi privi di senso.
Questo Saverio dev’essere uno con un romanzo nel cassetto che non è riuscito a farlo leggere a (o apprezzare da) Loredana.
Wu Ming 1, thanx per il commento.
Ok, seguo e credo che siamo d’accordo su tutto. L’analisi e’ ineccepibile e condivisibile. Questo detto, alla categoria interpretativa proposta secondo me se ne puo’ aggiungere una seconda.
Nel mondo dei social media (siano essi twitter, facebook o quello che si vuole) ci sono due tipi di utenti. Quelli che potremmo definire “mainstream” e quelli che usano il medium per verificarne i limiti, i nervi scoperti, i punti di possibilie frattura e rottura. Questo secondo gruppo di persone (per quanto limitato, diciamo che si attesta tra lo 0.1 e l’1% degli utenti complessivi), e’ super interessante.
Rispetto ai social media contemporanei, il passaggio culturalmente rilevante (come e’ capitato per qualsiasi altro medium nei passati cinquemila anni di civilta’ umana) e’ quel signore (o signora) che si sveglia al mattino e gli viene in mente di mettere in crisi il sistema consolidato, gettando cosi’ le basi per procedere verso il passaggio successivo (in un gioco di corsi e ricorsi che e’ sostanzialmente infinito).
Mi immagino che anche Gutenberg (o Marconi o Graham Bell o i Fratelli Lumiere alla fine del primo spettacolo) avranno avuto il loro Saverio (che piu’ che una persona reale, e’ una condizione dello spirito) che avra’ iniziato a vomitare insulti. Questo ripetersi over e over delle stesse situazioni, condizioni, dinamiche e meccanismi, questo ripetersi che si ripropone sempre uguale da quando stavamo a cro-magnon (e immagino che andra’ avanti senza problemi fino al landing su alpha centauri e oltre) a me sembra meraviglioso.
Sui social media quello che c’era da dire e’ gia’ stato detto cinquant’anni fa da quel fascistone che era Marshall McLuhan (che pero’ nonostante fosse un fascistone era uno dalla vista lunga), in alcuni passaggi di Debord, sintetizzato in maniera straordinaria da Duchamp.
I Fantastici Quattro che avevano capito tutto con decenni d’anticipo li conosciamo. Sono Joyce, Duchamp, Debord, McLuhan. Da li’ in avanti il mondo si divide tra quelli che si occupano del nulla e quelli che non riuscendosi a fare una ragione che essendo il mondo nothing more than nulla , e’ difficile occuparsi di altri cose.
Buona domenica a tutti + grazie per lo scambio.
Ehm, Debord definì McLuhan “l’imbecille più convinto del suo secolo”. Non voleva far parte dei Fantastici Quattro, evidentemente 😀
N.B. Preciso, a scanso di equivoci, che per me Debord ha torto, e simili giudizi lapidari potrebbero essere usati contro chiunque, anche contro di lui.
si e’ vero. ma poi arriva duchamp che con una celeberrima quote si sistema tutto: “I have forced myself to contradict myself in order to avoid conforming to my own taste”.
(speriamo che debord non abbia mai partorito definizioni in merito a duchamp senno’ siamo punto da capo).
anche poi, beccarsi da debord che sei l’imbecille piu’ convinto del secolo e’ una medaglia al merito mica male…
Sì, Wu Ming: l’ipotesi è quella. Oppure uno della gang dei bimbiminkia 🙂 Sono tre giorni che commenta firmandosi Luca, Stefano e vari altri nick. Il caldo fa male.
Per un gruppo di blogger e lettori con ci leggiamo e discutiamo più o meno reciprocamente Facebook è lo strumento per discutere, preparare o proseguire post o conversazioni, dare una voce più articolata a chi un blog suo non ce l’ ha ma contribuisce enormemente alle discussioni nei commenti. Su Twitter non mi trovo ancora, forse ci sto da poco, è estate e devo ancora vedere come mi può servire.
Adesso stiamo cercando di capire se anche google+ potrebbe rappresentare il modo di mettere insieme certe cose che facciamo su FB con la flessibilità rispetto ai follower non reciproci di twitter, se qualcuno ha idee o consigli su dove capirlo meglio, ringrazio.
Comunque FB rappresenta anche a livello professionale un mezzo di comunicazione più flessibile e immediato di linkedIn.
Tutto sta a capire che tipo di mezzo è più funzionale alla nostra comunicazione, se usi FB per comunicare con la tua vicina o le persone che vedi quotidianamente, stiamo parlando di un sms gratis, fondamentalmente. Se invece ti serve per andare oltre alla distanza fisica nel comunicare con persone che perseguono obiettivi comuni o comunque ti sono affini e che senza tutto quello che il 2.0 ci permette non avremmo mai conosciuto, frequentato, apprezzato, che dire, stiamo ancora a sentire gente che demonizza queste possibilità semplicemente perchè nè a livello fisico nè a livello mentale è capace di uscire dalla piazzetta del suo paese?
Personalmente trovo Twitter detestabile: un interminabile elenco di link, per dar retta ai quali bisognerebbe non avere altro da fare tutto il giorno. Ci capito sì e no una volta al mese. Frequento di più Facebook, ma in definitiva sto tornando ai libri. Trovo bellissimo, per l’esempio, il recente libro di Sergio Garufi. Finalmente una novità italiana notevole, e tutti sanno che non sono un capolavorista alla Genna, che recensisce qualsiasi cosa al superlativo assoluto.
nel dubbio alcuni mesi fa mi sono cancellato da facebook. la mia cosiddetta home page, era sempre piena di status tipo “se non mi vedete per un quarto d’ora è perché devo controllare che il sugo non mi si attacchi alla pentola”; “torno tra un’ora, porto il cane a pisciare”; “vi ricordo che se volete acquistare il mio romanzo che nessun editore ha voluto perché troppo avanti e troppo di denuncia intitolato Come il nucleare sconquassa la menaopausa delle cavallette, potete pagare attraverso postpay…”; “berlusconi è un maiale, bersani è un’ameba e venezia è bella ma non ci vivrei”.
Beh, Debord diceva anche che il fascismo è “arcaismo tecnicamente equipaggiato” …
Probabilmente nessuno dei fantastici Quattro avrebbe voluto sentirsi parte del gruppo …
In effetti non dovrebbero essere raggruppati.
E poi, insomma, paragonare gli inventori di Facebook o Twitter a Gutemberg, Marconi, Bell o i fratelli Lumiere, mi sembra un zinzino esagerato …
Mi sembra più che altro l’ennesima frammentazione e velocizzazione dell’informazione, ad usum consumatori.
Se poi con Twitter ci organizzano qualche rivoluzione colorata, beh, mi sa che i peones ci entrano di sguincio in tutto questo …
Basta solo che manchi l’energia elettrica e si torna alle matite colorate …
Ma finché l’energia elettrica c’è e (quasi) tutti la usano per comunicare, è giusto interrogarsi su limiti, caratteristiche, pregi e difetti dei mezzi che usiamo, e sperimentarne utilizzi consapevoli, che possibilmente ne contrastino certe logiche inerziali e compensino l’utilizzo che ne fanno i vari poteri costituiti.
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Per un rapido ripasso del dibattito degli ultimi mesi, sull’equivoco delle “Twitter Revolutions” rimando a quest’intervento di WM2:
Disintossicare l’Evento, ovvero: come si racconta una rivoluzione
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Sul rischio di “feticizzare” i mezzi che usiamo, rimando a questa bella discussione:
Note sul referendum, i social network e il “popolo della rete”
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Sul “dirottamento di hashtag” #notav nervi #saldi:
Nervi #saldi in Val di Sherwood: cronaca di una giornata #NoTav
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E questo è lo “storify” (cronistoria) del dibattito contrassegnato #facebookisnotFB, nato come consultazione pre-intervista (proprio l’intervista riportata qui sopra) ma subito esploso e vissuto di vita propria.
Suppongo che Saverio sia un liberale … o uno statalista?
In ogni caso mi sa che è uno che le lenticchie fa fatica a portarsele a casa … benvenuto nel club, fratello.
Ah, Internet, che permette agli umili di sbeffeggiare i potenti e ai potenti di sbeffeggiare gli umili (che, se sono come il povero Saverio, se lo meritano ampiamente)…
E perché il povero Saverio meriterebbe di essere sbeffeggiato? Invece il disagio va ascoltato … può essere salutare per tutti.
Una delle poche cose belle di Internet è che rende inesistenti i piedistalli. Si può fingere di essere tutti uguali. Con gli stessi diritti. Le stesse attitudini. Le stesse legittime aspirazioni.
Finita la connessione, l’illusione svanisce.
Ci sono limiti. Saverio ha già detto che facciamo tutti orrore. Abbiamo chiaro il concetto, ma il risultato è che stiamo parlando di questo signore e non del tema affrontato nel post. Quindi, il signore commenterà altrove, da ora in poi.
il bello della lippa è il suo carattere accomodante :-). bentornata, eh!