FAVOLACCE E IL PIFFERAIO DI HAMELIN. UNO.

In tanti mi avevano parlato di Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo. Molti di quei tanti mi avevano detto che era un film potente e bellissimo, alcuni di quei tanti mi avevano riferito dell’insofferenza di parecchi cinefili, altri ancora erano sconsolati per la cupezza del film medesimo.
Ora, io non sono certo una critica cinematografica o un’esperta di cinema, né mi rivenderei mai come tale: però, dopo aver visto e amato il film, e amato moltissimo, ho deciso di scrivere alcuni post, perché mi sembra che, giudizio estetico a parte, Favolacce tocchi nervi scoperti, e questi nervi scoperti, scopertissimi, riguardano il rapporto del mondo adulto con i bambini. Questo mi interessa molto, mi interessa da anni, ed è su questo che intendo scrivere.
Qui ci va l’attenzione allo spoiler, faccenda che detesto e a cui acconsento per amor di pace. Letto? Bene.

La storia raccontata in Favolacce è quella di alcune famiglie di Spinaceto, periferia romana. Non la periferia che nell’immaginario collettivo è il degrado da cronaca giornalistica o l’innocenza perduta di pasoliniana memoria. Semmai, siamo dalle parti del Contagio di Walter Siti, dove i desideri e le aspirazioni sono uguali per tutti, e ognuno desidera quello che Tommaso Labranca nel 2002 chiamava pluscool, la trasversalità fra quel che resta delle classi, l’aspirazione a un apparente stato di benessere. Dunque le famiglie non abitano nei palazzoni popolari, ma in certe villette a schiera con giardino che sono visibili in moltissime periferie romane (e non solo, suppongo: ma io parlo di quel che ho visto), e dove puoi fare il barbecue o installare una piscina e mangiare il cocomero con i vicini e amici. Un bel posto, si ritiene, dove fare figli. Le famiglie di Favolacce hanno infatti bambini. Ruotano anzi attorno a quei bambini, alla bella pagella che sono chiamati a esibire, al risentimento per i pidocchi che sicuramente qualche “pulciaro” ha diffuso. Quei bambini sono anche oggetto di sfogo violento, eppure sono altrettanto certamente amati in quanto proprietà da esibire: in quanto, come dice il padre di uno di loro, “sei come me”, sei la mia proiezione nel mondo, sei mio. C’è un insegnante di chimica nella storia, a cui i bambini si rivolgono quando provano a costruire una bomba, suscitando sgomento nelle famigliole. Quando il professore viene per questo licenziato, terrà la sua ultima lezione su un pesticida mortale che si trova facilmente in ogni giardino, e costa poco. Tutti i bambini, alle quattro del mattino, si suicidano, lasciando gli adulti nella disperazione e nell’orrore. Tutti tranne uno, il più timido, il più strano, che il padre ha portato via prima di quell’ultima lezione, e per questo, cresciuto, racconta la storia (o forse non è lui a farlo, ma non ha importanza).
In estrema sintesi, questa è la trama. E questa, a mio modo di vedere, è la rielaborazione di una delle fiabe più angosciose della tradizione. Parlo del Pifferaio di Hamelin, trascritto dai fratelli Grimm da una leggenda che nasce nel tredicesimo secolo in Germania, molto probabilmente nel corso di un’epidemia di peste. Il pifferaio viene chiamato dal borgomastro per allontanare i topi da Hamelin con il suo piffero magico, visto che i topi portano con sé il bacillo della peste. La cittadinanza si rifiuta di pagarlo, e nella notte, mentre gli adulti dormono, il pifferaio irretisce tutti i bambini col suono della sua musica e li porta con sé, facendoli scomparire per sempre. Tutti e 130, tranne uno, il diverso, lo zoppo, che non riesce a tenere il passo con gli altri e si salva, o almeno può tornare a raccontare quel che è avvenuto (cosa, poi? I bambini sono finiti nel fiume Weser come i topi? Attraversano le grotte di una montagna e si ritrovano in un luogo felice? Le varianti sono numerose, ma la sensazione è che il lieto fine di alcune versioni sia posticcio).
Ora, ognuno può giudicare la somiglianza delle due storie, favola e film, e identificare il pifferaio. Ma Favolacce apre tantissime questioni: la prima riguarda proprio il lieto fine delle favole, che in moltissimi casi riteniamo indispensabile, per noi e per i nostri figli. Ma nel momento in cui scrivo “per noi e per i nostri figli” dovreste avere un brivido, perché è esattamente questo che pensano convintamente i genitori di Favolacce. Che è uno specchio molto importante di chi siamo oggi. Ma di questo parleremo.

Un pensiero su “FAVOLACCE E IL PIFFERAIO DI HAMELIN. UNO.

  1. Una storia interessante, che forse è anche una denuncia sulla condizione del personale docente delle scuole , frustrato e a quanto pare soggetto a gravi patologie psichiatriche. Comunque secondo me nelle scuole ci sono anche molti bravi insegnanti….

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