FRANCE SOIR ANCH'IO

Francesoir

Qui la notizia.
Qui l’articolo di Jean Daniel.
Qui sotto una delle vignette pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten.

Chargesdoprofetamaome4

Update: su Wikipedia aggiornamenti e collegamenti a siti che ospitano le vignette danesi.

115 pensieri su “FRANCE SOIR ANCH'IO

  1. Lisa, come già avvenuto io ti invito invece a non ritirarti. so che molto spesso, nei blog, ci si mette a dura prova gli uni con gli altri. Però, continuo a coltivare la mia personale utopia di andare avanti, nonostante. 🙂

  2. Scusate, ho abusato, della mia libertà di espressione, l’ho fatto anche per provocare, l’ho fatto nonostante non abbia neanche la terza elemntare, ma ben sapendo che anche gli indiani (India, soprattutto del nord) sono ariani.
    besos

  3. lisa, se la cultura islamica ha una tradizione di satira millenria non so, ma quelle persone citate esistono e adesso. Se tu ridi della loro tradizione millenaria vuol dire che la conosci, per favore puoi spiegarmi perchè escludi che abbiano avuto una tradizione di satira?
    besos
    chiedo ulteriormente venia per la provocazione ‘ariana’ anche se la parola non è strettamente legata ne ai nordici ne ai nazisti.

  4. Lisa, rimani. C’è bisogno di qualcuno che non appartenga al Quadrilatero di Allah e che, perdìo, non sia Borghezio 🙂
    Grazie a Loredana per essere stata l’unica giornalista bloggante ad aver raccolto l’appello, che è tutto fuorché un appello di destra, come si noterà dalla mia presenza, da quella di Neri, Lello Voce, Staino. Amos Oz ha ragione, e non è affatto un bel momento storico. Quanto alla Danimarca, sarà anche a rischio “xenofobia” (chi non lo è, e non solo in Europa?) ma risulta al PRIMO posto nella classifica mondiale per la libertà di stampa. Forse qualcosina vuole dire… (Se qualcuno ha voglia di leggere *molto* materiale, nel mio penultimo post c’è una rassegna stampa in aggiornamento.)

  5. per favore puoi spiegarmi perchè escludi che abbiano avuto una tradizione di satira?
    perchè per fare satira c’è bisogno di un sistema ufficiale “duro” contro cui scagliarsi. l’islam è obbedienza. a chi? a chiunque abbia la lingua lunga e voglia di menare le mani. come tutti i testi religiosi il corano è fatto per non dare mia una risposta precisa a qualsiasi domanda. il cattolicesimo, però, si è strutturato attorno ad una cosa monolitica che chiammaimo chiesa. getta dei dogmi che non sono passibili di facili ripensamenti. nell’islam manca un canone di interpretazione del corano. mancando questo è impossibile pensare di poter avere voci culturali forti sia contro che con. c’è sempre il rischio di dire fare qualcosa di sbagliato e finire male. si chiama teocrazia.
    grazie babsi. grazie loredana.
    ok spettatrice, pace fatta. solo una cosa, prima di dare del razzista o nazista o ariano a chiunque (in special modo alle nazioni del nord), ricordati che il “la” a hitler gliel’abbiamo dato noi italiani.

  6. Non per stemperare gli animi (non solo per quello, almeno), ma: potremmo provare a cambiare il punto di vista? Io ho l’impressione che, insensibilmente, tutti quanti in questa vicenda ragioniamo nei ternimi: “da che parte è giusto stare?”. Il che è per un verso banale, anche se certe banalità val la pena di ripeterle di tanto in tanto, per un altro poco utile. Ci sono strumentalizzazioni, c’è chi soffia sul fuoco, ecc. – ma cosa significano le manifestazioni di migliaia di mussulmani (che sono pur sempre una piccola minoranza, non dimentichiamocelo) contro la pubblicazione delle vignette? Per me, significa che da un quarto di secolo a questa parte (dalla rivoluzione iraniana), la storia ha smentito Weber, e noi non siamo ancora capaci di prenderne atto. Weber sosteneva che la modernità non avrebbe più conosciuto movimenti a guida carismatico-religiosa (tipo i contadini tedeschi guidati da Muenzer) per via della secolarizzazione. Beh, è il post-moderno, bellezza: l’occidente si è secolarizzato, il secondo-terzo mondo marcia a tappe forzate verso l’industrializzazione e la modernizzazione, ma il carisma religioso non solo riemerge, ma si dimostra un catalizzatore delle moltitudini (che a volte, con buona pace di Negri-Hardt, sono tutt’altro che simpatiche) altenativo al carisma politico, soprattutto quando la politica va in crisi. Ed è un quarto di secolo che, da Khomeini ad Hamas, passando per tutto quello che c’è in mezzo (compreso Wojtyla), noi illuministi occidentali apriamo la bocca e restiamo basiti. Ora, non si tratta di condividere le ragioni del carisma religioso, ci mancherebbe altro: si tratta di ragionare sapendo che dall’altra parte della linea di metà campo non giocano al nostro gioco, ma ne fanno un altro, che ha altre regole e altri criteri di conteggio dei punti. Lo so che tutto questo non è utilizzabile sull’immediato, ma è proprio l’incapacità di ragionare sulla lunga durata che produce questi conflitti (Bateson li chiamava schismogenesi). Per capirci, visto che stasera vado a rivedermi “Chi ha paura di Virginia Wolf”: se continuiamo a giocare due giochi diversi senza accorgercene, in primo luogo non ci capiamo (noi non capiamo le ragioni dei religiosi, loro non capiscono le nostre), in secondo luogo facciamo crescere l’isteria, invece di stemperarla. E’ ovvio che io ho il diritto di ridere della religione, compresa la mia, con buona pace di Socci, Fini e Ratzi. Però devo tener conto degli effetti che vado a mettere in moto, e magari chiedermi quali controeffetti mettere in atto: mica posso andare a Giakarta davanti a 10.000 manifestanti incazzati e dirgli che dovrebbero leggersi Voltaire, e magari anche Milton. Sempre che non mi accontenti di salvarmi la coscienza.
    Chiudo: la secolarizzazione non è arrivata a forza di vignette e mavalà, Lisa. Nietzsche lo aveva capito bene: il mondo non si scristianizzava perché lui annunciava che “Dio è morto”, al contrario lui poteva fare quell’annuncio perché il mondo si era già scristianizzato. Probabilmente la chiave di volta è nel rapporto con i mussulmani d’Europa (per i quali, incidentalmente, l’Europa è un po’ più del cocktail crocifisso+colonialismo+guerra), e nel rapporto che questi instaureranno con i loro correligionari del paese di provenienza. Probabilmente è un discorso che darà i suoi frutti nella prossima generazione: questa ce la siamo giocata malamente, e abbiamo perso la partita, quindi ci tocca vivere questo inizio di XXI secolo così com’è, possibilmente senza rimpiangere l’orchestra che suonava sulla tolda del Titanic.

  7. Lisa, ok, ho la tua opinione su quali sono le conseguenze di una religione di quel tipo, ma la domanda che facevo era un’altra e precisamente se conoscevi la storia culturale di un bel pò di paesi che noi sintetizziamo come islam e se conoscendola potevi dire che mai è stata prodotta satira e che mai quei popoli l’hanno praticata. Potresti citarmi a suffragio di questa tua tesi almeno episodi di condanna della satira (tipo versetti satanici ante litteram) o ricordare episodi di repressione. Sono vissuta in una società ancora agricola e piena di pregiudizi e di forme morbose di religiosità (ti assicuro che alcune persone che ho conosciuto sarebbero state in perfetta sintonia con i precetti di certo islam compreso il taglio delle mani o le frustate), ma la satira, la capacità di ridere e anche di prendersi in giro (pur in forme un pò strane) esistevano, eccome. E non ti nascondo che faccio fatica a pensare che ogni società (soprattutto se gravata da forme totalizzanti di religione o dominio) sia priva di una qualche forma di satira. Aspetto da te qualche riferimento storico in questo senso e nello stesso tempo cercherò di informarmi presso qualche nato nell’islam (non necessariamente islamico fondamentalista) per saperne di più.
    Ok per la pace fatta e adesso vorrei aggiungere qualche dettaglio alla mia provocazione:
    credo che farla abbia avuto un senso e che questo senso vada proprio nello sperimentare la libertà di espressione e i limiti e le rabbie che può suscitare. Provate un pò a immaginare se quello che io ho fatto a Lisa qualcuno lo facesse a tutta Lipperatura o a un gruppo sociale. O se fosse reiterato nei vostri confronti tutte le mattine (a ragione o torto): non è che la cosa vi porterebbe qualche disagio?
    e allora ragioniamo, sì, sulla libertà di stampa e di parola, ma non dimentichiamo che le cose dette e scritte hanno diverse valenze (tra cui l’insulto più o meno raffinato o rozzo) e che non necessariamente sono senza conseguenze e che non necessariamente (fermo restando il diritto che siano dette) sono difendibili. A mio avviso quelle vignette e molte altre cose razziste e xenofobe, pur esistendo ed essendo pubblicate, non sono difendibili e sono da condannare (non da non pubblicare) anche per impedire loro di partorire mostri che ben conosciamo e che non necessariamente sono stati (e sono) rivolti verso gli islamici, potrebbero presto essere rivolti verso la parte cosidetta ‘laica’ (e se si osserva bene può darsi che questo fenomeno sia ‘lateralmente’ e insidiosamente in corso).
    besos
    ps: comunque, a proposito di spiegazioni alternative rispetto all’aggressività islamica (la nostra lasciamola momentaneamente da parte) ecco qualche suggerimento dall’articolo pubblicato oggi su Carmilla:
    http://www.carmillaonline.
    com/archives/2006/02/
    001665print.html
    Che c’entra il popolo di Seattle con l’integralismo islamico? A prima vista, e soggettivamente, nulla. Sul piano dell’oggettività – quello della crisi nella sua complessità e globalità – molto. Sono due risposte alla crisi. Due risposte diverse e alternative tra loro. Semplicemente opposte.
    Così come l’integralismo islamico rappresenta il negativo speculare della globalizzazione capitalistica a guida statunitense, il movimento rappresenta il bisogno (e quindi anche l’interesse generale di classi e popoli) di superamento del capitalismo (e quindi anche delle resistenze “retro”, a sfondo religioso e/o nostalgico).
    Movimento e integralismo, quindi, sono in qualche modo figli indesiderati del capitalismo e sintomi della sua crisi attuale; ma con qualche decisiva differenza.
    Figlio di una “distorsione” fatale del meccanismo dell’accumulazione – quella per cui i percettori della rendita petrolifera non potevano e non possono reinvestirla in sviluppo industriale autocentrato – e dell’intervento dell’intelligence Usa in chiave antisovietica dagli anni ’70 in poi, l’integralismo islamico non è anticapitalista: è semplicemente antiamericano e antioccidentale. Rifiuta la direzione politico-economica del meccanismo, senza però curarsi di porre quest’ultimo in discussione. Non ha la forza – concettuale, industriale, militare – di sostituirsi all’egemonia esistente. Cerca perciò di invalidarne la possanza, la discrezionalità, la prepotenza; cerca di limitarne la presa su di sé. Riporta la guerra in casa ai produttori della guerra, sconvolgendone il sistema di vita, annichilendone il mito dell’invulnerabilità. Indebolendolo come mai prima, sul piano strategico. Ma non riesce neppure a pensare il rovesciamento di segno del dominio capitalistico. Non ha messaggio né prospettiva universalistici, se non quello – metafisico e limitante – della religione. È, quindi, disperatamente locale. È una resistenza, un’istanza di rallentamento, una difesa di interessi colossali, ma non generalizzabili. Ha già perso, prima ancora di cominciare la battaglia; ma può far molto male. Sia all’imperialismo che alla sua ipotesi di superamento.
    Forse l’ipotesi è sbagliata e le osservazioni pure (per quanto mi riguarda ci vedo cose vere), ma esce dal limitante Noi vs Voi che accomuna nel Noi (o nel Voi) forze, persone, ideologie spesso agli antipodi, ma incapaci ormai di uscire dal girone d’ inferno polarizzato sulla Civiltà da difende (e poco importa che si parli di quella di Kant affiancato per l’occasione a forza nuova) contro la Barbarie. Mi piacerebbe discutere di queste osservazioni (di odradek, non mie).
    besos

  8. mah, mai dire mai, se è questo che vuoi che ti dica spettatrice. magari potrei parlarti della storia dei giannizzeri e di come venivano arruolati (e di come le conseguenze si sentano ancora oggi a sarajevo e dintorni). o parlare del già citato rushdie. magari della poco simpatica (e secolare) abitudine di fustigare adulteri e omosessuali, che per la libertà di espressione non fa ben sperare. ma quello del rinfacciarsi il passato è un sistema buono per passare il tempo, non per discutere di cose serie. cioè di cose per cui la gente, come visto, muore.
    non credo nel noi contro voi. però, c’è sempre un però, giusto? come altro si può esprimere un’appartenenza ad un gruppo di affinità se non con la prima plurale? noi, il mio noi, siamo quelli per cui la carta dei diritti dell’uomo non è uno straccio. tutto qui.

  9. Lisa, quindi tu da quel noi (tutti quelli che si rifanno alla carta dei diritti dell’uomo) escludi anche un bel pò di europei, gente come borghezio o suoi affini per dire o anche una buona parte di governi che creano e gestiscono cpt o anche un bel pò di nuovi schiavisti legali e anche qualche istituzione religiosa (occidentale) oltre che una fetta di normali cittadini che al bar, tutti i giorni, fanno fuori (a parole) buona parte di detti diritti e della convenzione di Givevra. Invece in quel noi ci stanno bene anche persone che si rifanno all’islam, ma che sono umanissime anche se non sempre gradite ai regimi (non di rado filoccidentali) in cui hanno la sfiga di vivere. Chiaramente comprendi nel noi anche quelle umanissime persone che pur ignare dei diritti dell’uomo esistono dappertutto (dalla Danimarca al Pakistan) e che lavorano con istintivo ripetto dell’uomo e non di rado anche della natura.
    Bene, se è così allora adesso mi spiego il fraintendimento e mi aggrego al noi e spero che qualche difettuccio impertinente mi sia perdonato.
    besos

  10. secondo me i danesi hanno sbagliato e devono apertamente chiedere scusa è orribile ciò che hanno fatto i maomettani e se questi non chiedono susa succederà di peggio e non ci sarà modo di fermarli

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